Cari lettori, ora possiamo veramente dire di averle viste tutte: quanto successo ieri fra Raiders e Jets rappresenta ovviamente il nostro punto d’inizio per l’analisi ed il riassunto settimanale e nonostante i – vani – tentavi di oggettività questa volta sono discretamente furioso, anche se un minimo contento per i tifosi dei Raiders.
Che sto dicendo?
Iniziamo.

Lasciamo perdere quanto successo negli altri cinquantanove minuti, cinquantanove minuti nei quali i Raiders non hanno sicuramente dato l’impressione di essere una squadra da playoff o, perlomeno, di meritarli: mettiamo tutto da parte.
Mettiamo da parte il trauma cranico rimediato dal povero Frank Gore, la prestazione storica di Darren Waller – 200 yards e due touchdown per l’irreprensibile tight end – ed i seri problemi di concentrazione con i quali i Raiders stanno affrontando il mese più importante del calendario, catapultiamoci immediatamente alla giocata della partita: 3&10 per i Raiders sulle 46 dei Jets, il punteggio recita un sorprendente 28 a 24 New York ed al termine delle ostilità mancano solamente una manciata di secondi.
In una condizione del genere, non ci vuole certamente un genio, era lapalissiano immaginarsi che i Raiders avrebbero cercato immediatamente la end zone nel complicato tentativo di mettere a segno il touchdown della vittoria e considerando quanta erba si trovasse fra pallone e sei punti il lancio dell’Ave Maria era l’unica speranza degli ospiti di tenere a secco di vittorie per almeno un’altra settimana questi storici Jets: lancio dell’Ave Maria, ne abbiamo visti a bizzeffe, come si schiera la difesa?
Un po’ come vuole, ecco, ma senza ombra di dubbio mettendo quanta più umanità possibile in end zone in modo da smanacciare un pallone che per forza di cose sarà spinto proprio lì: no, questo è troppo facile per una squadra allenata da un cumulo di geni del calibro di Gase e Williams, che gusto c’è a difendere una Hail Mary servendosi della prevent defense, una formazione creata appositamente per situazioni del genere?
Gregg Williams, non assolutamente il vostro allenatore medio, ha optato per un cover zero blitz reso possibile da OTTO blitzer che hanno di fatto costretto i tre cornerback impegnati con i ricevitori a difendere a uomo senza poter contare sul prezioso aiuto dei safety: Carr è riuscito a sopravvivere nella tasca quanto bastava per far esplodere un lancio molto arcuato nella disperata ricerca di Henry Ruggs, scelta al primo round del draft principalmente a causa della spaventosa velocità che ci ha permesso per mesi di paragonarlo a Tyreek Hill.
Ruggs, giocatore come appena visto giusto un po’ veloce, non ha avuto problemi a far abboccare al double move il proprio marcatore ed a guadagnare quel metro di separazione che gli ha permesso di esaudire con le proprie mani l’efficace preghiera di Carr: touchdown della vittoria, 31 a 28 Raiders.

Capisco che a questo punto i Jets vogliano assolutamente poter contare sulla prima scelta assoluta ad aprile, capisco che un’eventuale – inutile – vittoria avrebbe complicato i loro sogni di gloria, capisco che con i Jaguars inchiodati a quota uno “rischiare”  di vincere sarebbe stato più deleterio che altro, ma perché essere così sfacciati? Perché non provarci nemmeno?
Credo che nelle parole di Marcus Maye, ottimo safety che quest’anno sta dando l’anima per una causa che non interessa più a nessuno, si possa cogliere tutta l’amarezza, la rassegnazione e l’incredulità suscitate dall’orribile scelta di Williams: nell’intervista a fine partita Maye ha sottolineato ben otto volte che a suo avviso la difesa avrebbe dovuto essere stata schierata in modo completamente diverso al fine di portare a termine un lavoro che, molto semplicemente, chi di dovere non voleva portare a termine.
Negli ultimi quindici anni, secondo ESPN, in 252 situazioni analoghe – ovvero lanci della disperazione a tempo pressoché scaduto – questa è la prima volta che un allenatore decide di lanciare contro il quarterback più di sei rusher e, visto il risultato, credo sia piuttosto semplice capire il perché.
Mi dispiace per i giocatori che, poveracci, stanno dando l’anima per gente a cui non interessa più assolutamente nulla.

Statement win per i Cleveland Browns che con una prima metà semplicemente esagerata hanno avuto la meglio sui Tennessee Titans: il 41 a 35 finale rischia di essere fuorviante poiché 14 dei 35 punti totali di Tennessee sono stati messi a segno negli ultimi due minuti di gioco quando Cleveland, forte di un vantaggio difficilmente rimontabile, ha deciso di togliere il piede dall’acceleratore. Ai Browns per vincere “sono bastati” trenta minuti di Baker Mayfield formato MVP, in quanto l’ex-prima scelta assoluta ha vivisezionato la secondaria avversaria con quattro touchdown: la difesa, poi, ha tenuto i padroni di casa a secco limitandoli a sette deprimenti punti che hanno portato le squadre all’halftime sul 38 a 7. Nella seconda metà Cleveland si è “limitata” a controllare il vantaggio insistendo sulle corse e contenendo l’ovvia sfuriata di Tannehill e compagni. È spesso stato oggetto di più o meno motivate critiche nelle quali si è arrivati addirittura ad analizzare i suoi peli facciali, è stato definito bust senza possibilità d’appello dopo una deludente seconda stagione boicottata dall’inesperienza di chi lo allenava: credo sia ora di rivalutare Baker Mayfield in quanto attribuire il 9-3 dei Browns solamente al gioco di corse o alla brillantezza di Stefanski sarebbe terribilmente ingiusto e pigro nei confronti di un ragazzo che settimana dopo settimana si sta sempre più caricando la squadra sulle spalle, ed a ragione. Ieri Mayfield, nella partita più importante della carriera, per trenta minuti ha predicato un football Mahomico che con ogni probabilità varrà ai Browns una qualificazione ai playoff che per i loro standard basterebbe a convincere l’amministrazione locale ad organizzare una parata simile a quella fatta dai Cavs dopo la rimonta ai Warriors: se solo non ci fosse il Covid-19…

Buona vittoria dei Colts che soffrendo un po’ più del dovuto sono riusciti a scrollarsi di dosso dei buonissimi Texans: 26 a 20 il punteggio finale di una partita che Indianapolis è arrivata ad un paio di yards di distanza dal perdere, in quanto Watson su 2&goal dalla linea delle 2 di Indianapolis non è riuscito a addomesticare uno snap prontamente recuperato dalla sempre opportunista difesa di Indy. Buonissima la prova di Philip Rivers che, coadiuvato da un Taylor che ci ha ricordato come mai durante l’offseason ci fosse piaciuto così tanto, è stato preciso e cauto con l’ovale evitando i tipici errori: sugli scudi pure il torero Hilton, autore della prima vera partita a la Hilton della stagione con 8 ricezioni, 110 yards ed un touchdown.
Spiace per Watson.
Vittoria importante ma non certamente esaltante quella dei Dolphins, che contro dei volenterosi ma scarni Bengals si sono portati a casa un prezioso 19 a 7: con Tagovailoa nuovamente under center Miami – nonostante buonissimi numeri – ha faticato tremendamente su terzo down convertendone solamente uno in tutto il pomeriggio. Ad onor del vero lo scarto poteva essere esponenzialmente superiore, ma al momento i Dolphins faticano tremendamente in red zone: una vittoria rimane una vittoria e questa è la loro ottava, non credo abbiano particolari ragioni per coltivare rammarico.
Avviso alla popolazione: tenete distante il vostro quarterback rookie da Bill Belichick se non volete compromettergli la carriera traumatizzandolo e togliendogli ogni singola certezza acquisita finora. Grazie ad un gameplan perfetto e ad uno special team letteralmente speciale, New England ha annientato i Chargers con un lapidario 45 a 0: Cam ha fatto danni principalmente con le proprie gambe ed aiutato da un paio di touchdown dello special team – punt return e field goal bloccato riportato in meta – ha condotto i suoi a quella che per forza di cose è stata la vittoria più tranquilla del loro 2020. Solidarietà per il povero Herbert, costretto a vedere fantasmi per tutto il pomeriggio.

Continua la marcia dei Chiefs, questa settimana passati 22 a 16 sui Broncos: come suggerisce il punteggio finale il Sunday Night è stato più combattuto di quanto si potesse pensare grazie alla tenacia dei Broncos che sono riusciti a limitare l’attacco dei Chiefs ad un solo touchdown. Denver, nel finale, non è riuscita a mettere insieme un drive in grado di costringere Mahomes ad una rara rimonta che sarebbe stata resa possibile ad un paio di atipici errori in red zone: capite perché non è mai facile giocare contro una rivale della propria division?

Vittoria maiuscola dei Rams sui Cardinals: il 38 a 28 finale non rende giustizia a quella che a mio avviso è stata una partita dominata dai losangelini capaci di arginare efficacemente un Kyler Murray che dopo l’Hail Mary ad Hopkins pare essersi un po’ perso. Los Angeles ha sfoggiato dell’ottimo football complementare muovendo le catene con efficienza e costanza, impedendo a Murray di entrare in ritmo: sopra di soli tre punti a poco più di dieci primi dal termine, L.A. ha messo in ghiaccio la partita prima con un pregevole touchdown di Henderson e poi con una fondamentale pick six di Hill.
I ragazzi di McVay ci sono.
Clamoroso a Seattle: i New York Giants di Colt McCoy sono passati con grandissima personalità e carattere sui Seahawks con un inaspettato 17 a 12. Seattle ha faticato enormemente a muovere le catene e New York, sotto 5 a 0 all’intervallo lungo, ha messo insieme nel momento più importante della giornata due scoring drive che hanno permesso al sempiterno Alfred Morris di trovare gloria personale con un rushing ed un receiving touchdown: la sveglia a Seattle è suonata troppo tardi con un bellissimo touchdown su ricezione di Chris Carson e Wilson, ad un drive dal vincerla, ha dovuto alzare bandiera bianca al cospetto di un pass rush che lo ha tormentato per tutto il pomeriggio. Attenzione a questi Giants, squadra incredibilmente solida e ben allenata e, a questo punto, in fuga nella propria division.

Soffertissima ma fondamentale vittoria per i Vikings, passati ai supplementari 27 a 24 su dei buoni Jaguars: un paio di piazzati sbagliati da Bailey – fra cui quello della possibile vittoria – ed un touchdown Jags con annessa conversione da due punti ad un minuto dal termine avevano trascinato ai supplementari una partita che Minnesota avrebbe dovuto trovare modo di vincere ben prima, ma per loro fortuna durante i tempi extra Glennon ha clamorosamente mancato Chark centrando invece Harrison Smith che consegnando il pallone all’attacco in pienissima zona field goal ha messo Bailey nella posizione di trovare redenzione con un comodo field goal da 23 yards.
Minnesota ora come ora è ai playoff a scapito degli smarriti Cardinals: pensate dove potrebbero essere con un paio di svarioni in meno qua e là.
Niente da fare, i Bears non ce la fanno. Sopra di 10 a quattro minuti dal termine Chicago ha prima permesso a Detroit di ricoprire l’intero campo per il touchdown del -3 e poi, ad un primo down di distanza da una vittoria molto importante per le aspirazioni playoff, Trubisky ha commesso un sanguinoso fumble nella propria metà campo permettendo così a Peterson di giustiziarli con un comodo TD. Il drive della disperazione degli orsetti è sfumato quando su 4&1 Montgomery non è stato in grado di spingere il pallone oltre l’immaginaria linea del primo down e così Detroit ha vendicato con un ottimo 34 a 30 la beffarda sconfitta rimediata ad inizio campionato.

Continuano a vincere i Saints di Hill che grazie alla miglior prestazione della carriera del controverso quarterback sono passati 21 a 16 sui Falcons: New Orleans ha costruito il proprio vantaggio con pazienza e disciplina, evitando qualsivoglia tipologia di errore e limitando egregiamente l’attacco dei Falcons che a dire la verità aveva pure trovato un modo di renderla interessante con il touchdown del -5 a sette minuti dal termine. Su 3&2 sulle 13 dei Saints Davis ha annichilito il tentativo di corsa di Gurley causando una perdita di 7 yards, mettendo così Ryan nella scomoda posizione di dover convertire un 4&9 per tenerli in vita: il tentativo di farla vincere a Jones, purtroppo per lui, non ha portato a nulla in quanto il passaggio si è spento a terra.
Interessante vittoria per i Green Bay Packers, passati 30 a 16 sui Philadelphia Eagles: interessante? Certo, in quanto Pederson ha spedito in panchina il povero Wentz sul 20 a 3, dando così ad Hurts il primo assaggio serio di NFL: il rookie era anche riuscito a galvanizzare la squadra con un pregevole touchdown su quarto down bissato da un incredibile punt return di Reagor, ma Aaron Jones ha messo il risultato in ghiaccio grazie ad un fantastico TD da 77 yards che ha ricacciato gli ospiti sotto di due possessi a pochissimo dalla fine. A questo punto sarà interessante assistere agli sviluppi della saga Wentz, in quanto è piuttosto facile affermare che con Hurts under center l’attacco degli Eagles abbia performato ad un livello ben superiore: New York, nel frattempo, sta prendendo il largo.

 

7 thoughts on “Il riassunto della tredicesima domenica del 2020 NFL: miracoli e regali

  1. Baltimore si ritrova dopo i cowboys con tre partitacce su 4. Browns in gran spolvero, jags che non sono cosi squadra materasso e giants in risalita. Ne vedremo delle belle

  2. Ciao Mattia avrei una domanda, ma i Saints non avevano preso Jameis Winston ? come mai sta giocando Hill? è per scelta tecnica (cosa per me assurda visto il talento di Winston) o per altri motivi extra campo?
    Grazie.

    • Hill è da tempo inserito negli schemi dei Saints, io credo che finché vince il posto è suo

    • Winston è una macchina da intercetti (Bridgewater è due categorie sopra) e Payton ha deciso di andare ground and pound finchè non torna Brees, alternando il veterano fermo come un semaforo a Hill che corre come un pazzo in modo da rimbecillire le difese avversarie. Finchè la difesa dei Saints tiene, tutto ok. Jameis può continuare ad ammuffire in panca. Hill non sarà mai titolare per un’intera stagione, ma per sostituire Brees ci vuole qualcuno del livello di… per esempio Mayfield, il quale non è mica scarso: ha solo giocato in una squadraccia che finalmente quest’anno ha trovato una compattezza decente.

      Come tutti gli anni, le squadre in formissima a ottobre (Ravens, Bears, Cardinals e offensivamente i Seahawks) a dicembre perdono i pezzi e a gennaio addio.

      La difesa dei Giants è tornata impressionante: se avessero pure l’attacco, chissà.

      • Io continuo a ritenere che Winston sia tremendamente sottovalutato, al di là degli intercetti (molti dei quali avvenuti in serie in un unica partita) è sempre stato in top 10 per yard e touchdown lanciati. Peccato sia finito cosi

        • Una delle tante prime scelte con carriere buttate nel wc: l’elenco è sterminato, da Haskins a Darnold passando per Mariota (Manziel non fa testo: caso psichiatrico). Il talento non è sufficiente, altrimenti RG3 sarebbe diventato una superstar.

  3. Che bello vedere Giants e Redskins tornare a giocare davvero per contendersi il posto ai playoffs e la division più triste degli ultimi anni! Hanno giocato bene e creato due begli upset, soprattuto gli ex Redskins che sotto 0-14 hannomesso su una grande partita! Su Gase non dico più nulla dopo averlo visto all’opera due anni coi miei Dolphins: per me è solo uno psicopatico sopravvalutato, cui non si dovrebbe affidare mai più una panchina NFL!!! Tutta la NFL ride su quel blitz finale del suo degno compare defensive coordinator…. I miei delfini giocano male in attacco e fanno fatica, poco da dire. Tua ha giocato bene gli ultimi due quarti, ma manca il gioco sulle corse del tutto e mancano ricevitori decenti, a parte Parker. Finora il calendario ha aiutato, ma adesso ci saranno 4 partite davvero toste…e vedremo. In ogni caso, vedere una difesa feroce, gente motivata, gente assetata di sangue, facinorosa, rissosa, un allenatore con le palle e un’organizzazione che lo segue ciecamente…. a Miami era un secolo che non si vedeva. Flores ha ridato un’anima a una franchigia che era orami diventata il paradiso dei deficienti o il buen retiro al sole di giocatori ormai sul viale del tramonto. I problemi restano e il gioco spesso latita. Ma arriviamo da 20 anni di nulla quasi, quindi va bene così!!

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