BEST

TENNESSEE TITANS

Capita spesso di dover dimostrare tutto nell’esatto momento della verità e proprio domenica i Titans erano chiamati a scacciare il ricordo della dolorosa sconfitta divisionale contro Indianapolis, una gara piena di gaffe a carico degli special team e terminata con un secondo tempo offensivamente in bianco, che aveva consegnato la momentanea condivisione della vetta nella Afc South. La posta in palio nel secondo scontro stagionale tra le rivali era dunque altissima, in particolar modo relazionando il tutto ad una corsa alla Wild Card che si profila complessa se non altro per l’alto numero di squadre concorrenti – per giunta dal record stagionale assai simile – con il rischio del passo falso costantemente dietro l’angolo.

I ragazzi di Mike Vrabel hanno fornito la migliore delle risposte proprio nel momento di maggior bisogno. Scacciata la mini-crisi (1-3 tra fine ottobre e metà novembre) e raggiunto nuovamente il ritmo ideale grazie alla trasferta di Baltimore, i Titans hanno letteralmente cancellato dal campo i Colts con una prova dominante, fatta di estrema consistenza offensiva, qualche decisione più aggressiva del solito, ed una difesa capace di scoprire i nervi più delicati di Philip Rivers. Determinante, come sempre, la prova di un Derrick Henry protagonista di 140 yard su corsa e 3 touchdown nel solo primo tempo di gioco, permettendo una gestione della ripresa assai tranquilla ed una gara complessivamente accurata da parte di Ryan Tannehill, firmatario di 221 yard, una meta ed un solo sack subìto, chiudendo i primi trenta minuti sul 35-14 grazie ad un’audace conversione-chiave di un quarto down e quattro.

Il reparto difensivo ha giocato in maniera esponenzialmente più aggressiva rispetto alla prima gara, portando quintali di pressione ai danni di un Rivers che quando è di fretta tende chiaramente a forzare. Nella frazione di gara intercorrente tra il secondo ed il quarto periodo i Titans hanno concesso solamente 54 yard di total offense in sette possessi permettendo due inutili mete a buoi già scappati, a coronamento di una prestazione difensiva che ha concesso solamente il 38% in termini di conversioni di terzo down registrando inoltre l’intercetto di Breon Borders e cinque passaggi complessivamente battuti a terra. Sono numeri importanti per una difesa che non ha mai dimostrato di poter realmente contenere nessun attacco avversario, un fattore destinato a fare la differenza quando sarà il momento di capire se Tennessee possa davvero valere il Super Bowl.

TYREEK HILL

Tyreek Hill ha fatto a pezzi la difesa dei Buccaneers rubando il palcoscenico alla tematica principale di questo atteso scontro tra leggende affermate e futuri Hall Of Famer, facendo pagare a carissimo prezzo la tattica scelta per questa giornata dal defensive coordinator avversario Todd Bowles. Approfittando difatti di una serie di marcature in singola copertura, con il safety più profondo spesso incaricato di pattugliare la metà opposta del terreno rispetto al posizionamento del dinamico wide receiver, Hill ha siglato mete di 75 e 44 yard nel solo primo quarto chiudendo il medesimo periodo di tempo con 7 ricezioni per 203 yard. Il catalizzante scontro tra Brady e Mahomes si è sostanzialmente chiuso nei primi quindici minuti di gioco, con i Chiefs in vantaggio per 17-0 senza mai più guardarsi indietro ed il giovane prodigio dei Chiefs impegnato a trascorrere il primo tempo collezionando un numero di yard maggiore rispetto a quello che The Goat è riuscito ad assemblare nella totalità della sua prestazione.

Hill ha messo in ghiaccio la partita nel terzo periodo, riportando nuovamente a 17 lunghezze di distacco una contesa il cui punteggio finale di 27-24 non racconta per niente il reale andamento. Il terzo touchdown di giornata è arrivato con un altro big play di 20 yard portando al culmine la frustrazione del cornerback Carlton Davis, che nel triennio trascorso nel professionismo Nfl non aveva di certo mai vissuto una giornata così pesante da digerire. Il ricevitore di Kansas City ha chiuso la gara con 13 palloni catturati sui 15 a lui indirizzati, 269 yard e 3 spettacolari mete, ottimale contributo per una produzione complessiva che ha registrato 543 yard, il 50% di terzi down convertiti, e un decisivo +13 nel confronto tra i due tempi di possesso.

L’ultimo mese di gioco offerto da Hill è assolutamente impressionante e parla di 582 yard complessive con 8 touchdown a corredo, ma l’aspetto più importante delle evoluzioni di Cheetah è la rilevanza di ognuna delle sue ricezioni nelle ultime tre gare specifiche, portate a casa dai Chiefs con uno scarto complessivo di soli nove punti. Le recenti eruzioni agonistiche del piccolo ma tosto ricevitore lo portano direttamente al secondo posto della classifica delle yard prese su passaggio con 1.021, oltre alle 13 mete già collezionate con altre cinque partite da disputare. Un contributo enorme per una squadra che sta viaggiando ai soliti insostenibili ritmi raccogliendo la decima vittoria stagionale, continuando instancabilmente ad inseguire quegli imbattuti Steelers che sentono tuttavia immancabilmente quel pericoloso fiato sul loro collo sempre più vicino.

ANTONIO GIBSON

Tra le poche note liete presenti a Washington è oramai divenuto impossibile non notare il crescente livello di prestazioni del rookie Antonio Gibson, poliedrico giocatore che la squadra aveva scelto in occasione del più recente draft con l’ottica di schierarlo da running back dinamico nonché da ricevitore aggiunto, sfruttandone le grandi doti atletiche e la notevole velocità di base. Le intenzioni della dirigenza si sono traslate sul campo con maggior efficacia proprio nell’ultimo mese di gioco, dopo un inizio assolutamente difficoltoso causato dalla prevedibilità delle chiamate offensive e dal giustificabile adattamento del ragazzo all’atmosfera professionistica, facendo emergere frutti così interessanti da produrre addirittura 11 mete, un risultato impensabile anche nella migliore delle ipotesi.

Gibson ha scelto il Thanksgiving Day per sfornare la sua miglior prestazione della giovane carriera contro ciò che è rimasto dei Dallas Cowboys, facendo registrare 115 yard su corsa, 21 su ricezione e 3 mete totali facendo leva sul migliorato sistema di bloccaggio operato dal fronte di Washington, molto più sostanzioso nell’impedire ai difensori di raggiungere le corsie esterne rispetto all’inizio di campionato con la conseguente apertura di maggiori spazi per giochi superiori alle 10 yard. Tale sistema ha visto l’attacco posizionare Gibson e McKissic contemporaneamente in due dei tre touchdown appena menzionati cercando di distrarre la difesa con movimenti pre-snap e finte, predisponendo i blocchi della linea e del tight end Logan Thomas in modo da creare quella situazione di uno contro uno dove la matricola da Memphis diventa difficilmente battibile in velocità, aumentando di conseguenza le probabilità di terminare il viaggio in endzone.

Il progredito livello delle prestazioni di Gibson diventa fondamentale per variare un attacco poco produttivo e nel quale la girandola di quarterback non permette di trovare una soluzione in grado di fare la differenza di gara in gara, per quanto emozionante ed encomiabile sia il ritorno in campo del grande Alex Smith. Un fattore molto positivo è rappresentato dall’ulteriore possibilità di sviluppo insita nel giocatore, che deve ancora migliorare molto in fase di protezione sui passaggi e per questo non viene inserito spesso nelle situazioni di lancio obbligato, dove potrebbe invece costituire un’opzione dinamica in grado di ricevere corto ed esplodere verso la conversione del down. Ma con il tempo arriveranno anche questi progressi, intanto c’è da rimanere sicuramente soddisfatti nei confronti del sessantaseiesimo giocatore scelto nel draft 2020.

HONORABLE MENTION: D.K. METCALF

La checklist di D.K. Metcalf è assai estesa, e raramente il fisicamente mostruoso ricevitore dei Seahawks dimentica di far pagare il conto a chi ha deciso di non sceglierlo in uscita dal college. Tra i nomi della lista dei colpevoli compare sicuramente quello dei Philadelphia Eagles, affrontati nel Monday Night e distrutti dalle 177 yard registrate su ricezione da un giocatore che avrebbe fatto certamente comodo alla squadra della città dell’amore fraterno data l’attuale e lacunosa situazione nello specifico reparto. Metcalf ha raccolto il 76% delle yard prodotte dai passaggi di Russell Wilson in dieci ricezioni, la maggior parte delle quali effettuate su diretta marcatura di Darius Slay, diventando il Seahawk più veloce di sempre a superare la barriera delle 1.000 yard stagionali (11 partite). Le sue 1.039 yard valgono il primato assoluto Nfl nella specifica categoria statistica, e Seattle riprende la vetta solitaria della Nfc West a quota 8-3 approfittando della contemporanea sconfitta dei Rams. La prossima volta, meglio non riferirgli di non essere ancora ai livelli di Megatron…

WORST

LAS VEGAS RAIDERS

Pessima figura quella riportata dai Raiders ad Atlanta, conseguenza di una partita dove la squadra è stata sovrastata sotto tutti i punti di vista presentandosi chiaramente impreparata all’appuntamento con un avversario che fino a quel momento aveva vinto solamente tre partite e giocava senza due superstar, Julio Jones e Todd Gurley. Il 43-6 al passivo nasce soprattutto dai turnover, che hanno dato luogo a 20 dei punti segnati da Atlanta, avvenuti tramite errori in serie che hanno tolto qualsiasi tipo di inerzia all’attacco guidato dall’erroneo Derek Carr, responsabile di tre fumble – e siamo a quota 29 in carriera quando il fumble medesimo genera anche un turnover – ed un intercetto riportato in endzone.

I Falcons hanno giocato una partita ammirevole togliendo a Las Vegas l’arma principale, l’imposizione del gioco di corse, facendo registrare agli uomini di Gruden la peggior prestazione stagionale con sole 40 yard all’attivo, con Jacobs e Booker a combinare per 2.7 yard a portata in dodici tentativi, cifra ridotta dall’esigenza di dover rincorrere il punteggio sin dalle prime battute della partita. 5 turnover totali (c’è un fumble perso anche da Jacobs…), altrettanti sack al passivo, 141 yard di penalità a dimostrazione di una disciplina tutt’altro che eccellente, e il 25% di riuscita nelle conversioni di terzo down sono tutti numeri ben esemplificativi della più sgraziata delle uscite stagionali dei silver & black, una prestazione complessiva incredibile se rapportata all’ottimo attacco visto in campo solo una settimana fa contro i Chiefs, quando Las Vegas era giunta ad un nulla dal bissare l’unica sconfitta sinora a carico di Kansas City.

La battuta d’arresto annuale ci sta per tutti, il football americano non è mai stato una scienza perfetta e si presta a capovolgimenti di fronte molto più spesso di quanto si pensi proprio per la natura stessa del gioco, tuttavia c’è un tempo anche per questo e i Raiders paiono averlo sbagliato in pieno, dato che si trovano nel vivo della corsa ai playoff della Afc in una giornata dove quattro delle loro concorrenti dirette hanno vinto condannandoli al parziale nono posto della classifica di Conference. La povera caratura messa in campo dai Falcons di quest’anno non aiuta, e rende la lezione ancora più severa: mancano cinque partite, e i Raiders non sembrano la compagine da postseason che aveva dato indicazioni molto differenti da queste nella prima frazione del presente torneo.

JARED GOFF

Nonostante i Rams abbiano vinto la settimana scorsa contro Tampa Bay portando a casa uno scontro chiave della Nfc, l’ultimo mese di gioco di Jared Goff è risultato tutt’altro che soddisfacente. Los Angeles ha perso una gara fondamentale contro i rimaneggiati 49ers cedendo sotto il peso dei turnover commessi dal quarterback, responsabile di tre palloni persi comprensivi di un intercetto riportato in meta per aprire il secondo tempo. Gli errori ci stanno, ma non dovrebbero essere così evidenti se relazionati all’esperienza del regista californiano e alla sua immagine di giocatore-franchigia, se non altro perché i due intercetti hanno evidenziato problemi di mira non indifferenti ed il fumble perso fa parte di un non applicato bagaglio di fondamentali in fase di protezione della palla. Il computo personale di Goff sale così a sei intercetti e quattro fumble lasciati per strada sommando le ultime quattro gare assieme.

Nasce così l’ennesima partita che per i Rams assapora più che altro da occasione perduta, in quanto la difesa si è peraltro fatta in quattro per tenere a galla un risultato che all’inizio del terzo quarto vedeva un passivo di 14-3. Per segnare finalmente una meta ci è voluta proprio un’azione difensiva – firmata da Troy Hill – grazie alla quale Los Angeles ha ripreso inerzia e segnato dieci punti nel giro di sei secondi effettivi, riuscendo poi ad acciuffare addirittura il vantaggio grazie ad un drive per alimentare il quale sono risultate determinanti le gambe del rookie Cam Akers. I Rams hanno poi giocato due serie di giochi nel quarto periodo senza ricavarne frutto alcuno, collezionando 34 yard complessive e due punt proprio nel momento in cui avrebbero potuto creare il distacco decisivo, dando il là ai due field goal decisivi messi a segno da Robbie Gould.

La narrativa della stagione losangelena si sta delineando in maniera sempre più definitiva, ed i racconti scritti all’interno parlano di una squadra che continua a gettare alle ortiche le numerose possibilità offensive sperando che la forte difesa arrivi a metterci sempre una pezza. Impossibile decifrarli questi Rams, capaci di giocare in maniera maestosa contro Seattle e aggiudicarsi la sfida di cartello contro Tampa Bay, per poi lasciare per strada entrambe le gare divisionali contro San Francisco facendosi ammazzare dalla pass rush dei Dolphins nel mezzo. Il livello delle prestazioni di Jared Goff purtroppo incide in negativo e non per la prima volta in stagione, c’è inoltre sempre da tener conto che nei playoff, qualora arrivassero, si paga tutto il doppio: continuando così, di strada si è destinati a farne poca.

MITCH TRUBISKY

Chi chiamava a gran voce il ritorno in campo di Mitch Trubisky per risolvere tutti i mali stagionali dei Bears si è dovuto ricordare in fretta e furia i motivi della sua retrocessione a backup, occorsa in occasione della terza partita di campionato. Chicago ha rimediato l’ennesima figuraccia dell’anno incassando la quinta sconfitta consecutiva e confermando che dei Packers non si vede nemmeno la targa, tant’è la differenza qualitativa tra le due storiche rivali. Mai in partita, la franchigia si è nuovamente affidata ad un quarterback che ha lanciato l’ennesimo intercetto di carriera su una giocata profonda e destinata in endzone, perdendo poi il pallone trasformato nel quarto touchdown del primo tempo di Green Bay creando l’irraggiungibile parziale di 27-3.

Il ritorno in campo dell’ex-North Carolina ha sortito gli stessi identici effetti prodotti da Nick Foles, i Bears sono rimasti offensivamente assenti per tutto il terzo periodo di un campionato dove il reparto ha segnato la miseria di sette punti sommando tutti i terzi quarti sinora giocati. Nella prima parte della ripresa sono arrivate solamente 9 yard totali in dieci giochi accompagnati dal secondo intercetto di giornata, scavando un fossato giunto al divario del 41-10 al seguito del quale Chicago ha segnato due delle mete più inutili del suo campionato.

La squadra di Matt Nagy ha imparato con sofferenza la differenza tra il poter schierare un vero franchise quarterback o meno, dato che si possono solamente immaginare i picchi di frustrazione raggiunti standosene ad osservare Aaron Rodgers evoluire come solo lui sa, e l’impressione è che urgano decisioni riguardanti tanto il principale ruolo dell’attacco quanto le figure di allenatore e general manager, dato che il primo era stato pubblicizzato come innovatore offensivo, ed il secondo si porta sulle spalle il peso di quella trade-up già all’epoca ritenuta eccessiva, lasciando per strada pari-ruolo del livello di Watson e Mahomes. Non resta che azzerare tutto, e prestare maggiore attenzione in futuro.

HONORABLE MENTION: LA GESTIONE DI DENVER-NEW ORLEANS

Non stiamo certo a sindacare il fatto che i quarterback dei Broncos avrebbero potuto adottare misure protettive più ristrette evitando di radere al suolo la loro disponibilità a causa del Covid, ma ci risulta comunque ridicola la decisione presa dalla lega nel forzare lo svolgimento della partita tra Denver e New Orleans dando luogo ad uno spettacolo squallido, a maggior ragione correlando il tutto ai ripetuti spostamenti dello scontro tra Baltimore e Pittsburgh, il che sottolinea una modalità operativa poco coerente. Oltre che falsare il risultato finale la Nfl si assume rischi troppo grandi nella vendita del suo prodotto, dal momento che l’improvvisazione nell’inserimento del povero Kendall Hilton nel ruolo di regista pro-tempore ha portato ad un completo su nove tentativi, 19 yard, e due intercetti, una situazione indegna e non certo per responsabilità riconducibili al giocatore. La gestione di un intero campionato in fase pandemica è quanto più difficile possa esistere e lo comprendiamo perfettamente, ma qui si rischia davvero di cadere nel grottesco.

 

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