L’ultima presenza al Superbowl di New Orleans nel febbraio 2010 contro Indianapolis, ha segnato la loro prima vittoria del Lombardi Trophy e, per me personalmente, il primo Superbowl che ho guardato completamente in diretta. La spettacolarità dell’evento in generale, e il classico fascino e carica emotiva che trasmette il vincitore, hanno fatto sì che la bambina dodicenne che muoveva i suoi primi passi più decisi nel mondo del football, rimanesse in qualche modo ‘folgorata’ dai Saints e dall’MVP della serata Drew Brees. 

Essendo ancora nel processo di comprendere il football e di comprendere l’inglese in maniera quantomeno accettabile, il nome di Brees – e poco più – è sempre stato captato dalle mie orecchie e, man mano che gli anni passavano e che il mio inglese migliorava, oltre alle lodi riservate nei confronti del QB, ho notato un costante incremento di domande riguardanti la tenuta del suo braccio. L’inizio di questa stagione, che ha visto la sconfitta contro i Raiders e i Packers rispettivamente nella seconda e terza settimana di regular season, ha riportato in superficie dubbi sempre più concreti sul ‘braccio di Brees’ e su quanto potesse ancora essere al servizio della franchigia come lo era stato un tempo. 

Dalla week 4 in poi Brees si è curato di mettere a tacere ogni dubbio portando a casa vittoria dopo vittoria, e non solo: nel tanto discusso match della week 9 contro Tampa Bay, è stato l’assoluto vincitore tra i due colossi over 40. Vincitore sì, ma con qualche colpo di troppo e, plot twist finale, non è stato il suo braccio a cedere ma, letteralmente, il suo polmone e le sue costole. Il colpo di grazia è stato inferto la settimana successiva, sotto le fattezze di Kentavius Street (DE) nella prima metà della partita contro San Francisco. Il quarterback di New Orleans, infatti non è rientrato in campo nel secondo tempo e al suo posto è andato Jameis Winston che, famoso tanto per i suoi lanci fenomenali quanto per i suoi intercetti, è comunque riuscito a chiudere la partita 27-13 senza problemi. 

Lunedì mattina le condizioni di Brees sono state rese pubbliche e, con 11 costole rotte e un polmone collassato, è divenuto chiaro che la Who Dat Nation non lo avrebbe visto giocare per più settimane consecutive. Nonostante abbia percepito “il [suo] corpo non rispondere a nessun comando”, Brees è ottimista: spera di poter tornare in anticipo come è accaduto l’anno scorso dopo l’infortunio al pollice, ma è consapevole di “voler[si] riprendere completamente e non tornare in campo al 70% con il rischio di farsi ancora più male ed essere costretto ad un’uscita permanente”. Voci di corridoio stimano un suo ritorno nella week 14 contro gli Eagles. Sta di fatto che Sean Payton deve decidere chi tra Winston e Hill aprirà le danze contro i Falcons. 

Tra fan e commentatori sono quasi tutti certi che Winston sarà il titolare, perciò la notizia di Taysom Hill come starting quarterback giunge come una non troppo piacevole sorpresa. Critiche e meme affollano twitter chiedendosi cosa sia preso all’head coach dei Saints, ma la risposta non è difficile da trovare: Sean Payton voleva capire quanto davvero fosse versatile, e quante abilità ancora nascoste riservava il giocatore definito “Swiss army knife” – coltellino svizzero. Prima di domenica Hill aveva già occupato – tra le tante altre – la posizione di QB per alcuni schemi di gioco, ed entrava in campo con un passing rate di 55.6%, con 10 lanci completati su 18 tentativi nella sua carriera. Payton voleva capire se e quanto avesse la possibilità di indossare il camice da laboratorio e dare forma ad un nuovo potenziale quarterback.

Come dicono gli americani Hill ‘came and delivered’. Una performance molto più che soddisfacente: 18/23 lanci completati per 233 yards, 2 touchdown e, come se non bastasse, 10 corse per un totale di 51 yards, con un solo turnover. Brees sottolinea come durante la settimana di allenamento – in cui, per una volta, il numero 7 si è concentrato solo sui meeting per i QB e l’Offensive walkthrough bypassando quelli per gli special teams – Hill si sia sempre dimostrato diligente e disciplinato e come questo si sia tradotto in campo: il movimento, la percezione del campo, il ritmo e il tempismo erano tutti presenti. 

È necessario però fare un passo indietro e osservare la partita nella sua integrità prestando i dovuti omaggi alla difesa. Matt Ryan ha subito 8 sacks e 2 intercetti e, come ormai è chiaro, se si ha una difesa che non concede punti e tiene sotto pressione l’offensive line e il quarterback avversario, allora anche l’impatto dell’attacco nel punteggio finale – 24-9 – va ridimensionato un attimo (nulla togliendo a ciò che dicono le stats). 

Certo è che, se Taysom Hill continua a giocare da quarterback in questo modo, Payton può tranquillamente permettersi di ruotarlo con Winston a piacimento per, eventualmente, riproporre gli stessi schemi e trick plays che prima vedevano protagonisti i numeri 9 e 7. In attesa del ritorno di Brees, i New Orleans Saints possono comunque procedere con determinazione e il morale alto nella scalata verso la conquista del primo posto della National Football Conference aggiudicandosi, in questo modo, il bye per la prima settimana di playoffs. Possibilità resa ancora più tangibile dalla recente sconfitta di Green Bay contro i Colts. Osservando anche la schedule delle 6 settimane successive, il riposo nella prima settimana di post-season deve rimanere l’obiettivo dei Saints anche con il QB titolare fuori uso per un po’. 

New Orleans non è nuova alle avversità – come qualsiasi altra squadra in questo sport – e, ancora, non è nuova a perdere il QB nel bel mezzo della stagione. L’anno scorso, nonostante l’infortunio al pollice di Brees, hanno primeggiato nell’NFC South division, quest’anno, dopo la rivelazione di Hill, il ritorno di key players come Thomas, la consistenza di giocatori come Sanders e Kamara e della difesa in generale, possono permettersi di puntare più in alto e valutare – chissà – se Hill ha la possibilità di diventare il futuro volto della squadra. 

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