BEST

KYLER MURRAY, DEANDRE HOPKINS

Chiaro che nella mente rimane impressa la spettacolarità dell’ultima azione giocata dai Cardinals, con la quale il missile lanciato in aria da Murray ha trovato le mani protese di Hopkins per il touchdown della vittoria annullando le immani fatiche dei Bills nel portarsi in vantaggio a 34 secondi dal termine di un match entusiasmante ed equilibrato.

Il quarterback di Arizona sta davvero dimostrando di valere oro crescendo a dismisura, è un’arma offensiva potentissima e difficilmente limitabile, una combinazione di forza nel braccio e velocità nelle gambe che sta mettendo in crisi le difese di tutta la lega. Murray ha diretto ancora una volta in maniera sapiente ed efficace l’attacco ad alto ritmo di Kingsbury mostrando al professionismo che per l’ennesima occasione le idee collegiali hanno diritto di cittadinanza anche al piano di sopra, gli scetticismi sono crollati dinanzi ad una gara completa e versatile, che ha visto una percentuale di completi del 68% con 245 yard, una meta ed un intercetto, oltre a 217 yard complessive su corsa, 61 delle quali firmate da Murray in persona unitamente alle due decisive mete che oramai sono un piacevole appuntamento fisso. Difatti, solamente in una partita di questo campionato il ragazzo non ha segnato personalmente su corsa, ed il suo parziale è giunto a quota 10 mete oltre alle 17 lanciate su passaggio.

Giocatori come Hopkins sono strutturati per realizzare momenti esattamente uguali a quello vissuto domenica, quei talenti che danno sempre la possibilità in più di crederci anche quando è ormai tutto perduto. Ci vuole un pizzico di fortuna ma pure tanta concentrazione, piazzarsi in endzone in un momento di tale confusione con tre uomini addosso è esercizio tutt’altro che facile da svolgere, così come trovare il tempismo giusto per saltare correttamente e avere la meglio sui difensori che cercano di battere a terra il pallone. L’azione è già storia: Murray riceve lo snap e si muove verso la sua sinistra, evita un placcaggio, si avvicina alla linea laterale e fa partire un pallone perfetto che viaggia per una cinquantina di yard, ben tre Bills non riescono nemmeno a deviare l’ovale quel tanto che servirebbe, Hopkins riceve e tiene stretta la presa al petto come se fosse la cosa più naturale del mondo, ricordando a tutti che di miracoloso non c’è proprio nulla, ha solo fatto ciò che tutti si aspettano faccia ogni domenica grazie al talento che gli è stato donato.

Le gesta di Murray e Hopkins proiettano i Cardinals in una situazione di comando divisionale a tre squadre, il cui nodo principale verrà già sciolto giovedì notte in occasione dello scontro diretto con Seattle, molto pericolosa perché reduce da due sconfitte consecutive. I Seahawks sembravano imprendibili, ma Arizona sta giocando un campionato di qualità anche superiore rispetto a quanto preventivabile, e nulla a questo punto può più essere dato per scontato nella competitiva Nfc West.

RAMS DEFENSE

Non si può definire in altra maniera se non spettacolare la performance della difesa dei Rams contro il candidato Mvp ed uno degli attacchi più potenti della Nfl, una prova che oltre ad aver permesso il successo in singola partita ha riaperto completamente ogni discorso riguardante l’egemonia della division contro una rivale diretta. La gigantesca prestazione difensiva dei Rams ha costretto Russell Wilson ad accontentarsi di una partita solamente mediocre, nessuna speranza di rimonta, nessuna giocata spettacolare, solo tanta frustrazione per i turnover accumulati e le grandi giocate messe in atto da un reparto che ha disputato una gara al massimo delle sue possibilità.

Determinante è stata l’asfissiante marcatura applicata su DK Metcalf da parte di Jalen Ramsey, che quando non fa le bizze fuori dal campo va ricordato pur sempre ricordato come uno dei migliori corner di tutto il panorama professionistico. Ramsey ha annullato l’arma totale dei Seahawks limitandolo a due ricezioni per la miseria di 28 yard (ambedue peraltro avvenute in fase di marcatura a zona) costringendo Wilson a rivolgersi altrove per tentare di raddrizzare la seconda partita consecutiva dove Seattle ha giocato nettamente al di sotto delle proprie potenzialità. Importantissima pure la gara di Darious Williams, arrivato al professionismo senza passare dal draft e determinante nel portare a casa due intercetti, nonché salvando letteralmente una meta sicura dalle mani di Tyler Lockett grazie ad una spettacolare deviazione in volo, e imprescindibile il contributo di Leonard Floyd, esploso con tre sack ed un fumble ricoperto, il terzo turnover del difficile pomeriggio dei ragazzi di Pete Carroll.

Un lavoro complessivamente eccellente, con Seattle limitata a 16 punti – solamente 3 in tutta la ripresa – nonostante la media stagionale di 34, Wilson tenuto a secco per passaggi da touchdown per la prima volta nel presente torneo e lasciato ad un rating di 57, sei sack complessivi che portano finalmente segni di vita da parte dei linebacker esterni, e 333 yard di total offense contro un reparto che ne mette 400 a gara ad occhi chiusi. Impressionante.

NICK CHUBB

Qualche settimana fa tra queste stesse righe si parlava di quanto sarebbe servito Nick Chubb ai suoi Browns in una partita come quella contro i Raiders, dominata da un maltempo che sconsigliava caldamente di mettere per aria il pallone a causa del forte vento. La situazione si è ripetuta la scorsa domenica in occasione della visita dei Texans, che a Cleveland hanno sperimentato l’inclemenza del meteo locale in una gara cominciata in ritardo proprio a causa dei lampi che gravitavano attorno allo stadio appena prima del kickoff, creando i presupposti per un altro piano di gioco devoto quasi esclusivamente alle corse.

Stavolta Chubb era presente e rientrava dopo ben quattro partite di assenza, un grande macigno da sopportare per una squadra così abituata e agevolata dalla sua produzione da essere chiaramente conscia di non potervi rinunciare troppo a lungo. Si sa, in gare condizionate dall’inospitalità del clima è fondamentale sbagliare il meno possibile, porre la massima attenzione ai dettagli, ed i Browns hanno trascorso la maggior parte della contesa a gestire un vantaggio di 3-0 difendendo con estrema consistenza e cercando di non far lanciare troppo Mayfield, una strategia ottimamente sopperita dalla capacità produttiva di un backfield capace di offrire due back in grado di passare le 100 yard grazie ad un martellamento che ha visto ben 38 chiamate in loro direzione.

Chubb ha segnato il touchdown dell’allungo definitivo nel quarto periodo in una gara dove dieci lunghezze di distacco possono essere insormontabili proprio a causa delle enormi fatiche offensive vissute da entrambe le franchigie per tutto il pomeriggio. Il talento proveniente da Georgia ha fatto registrare la prima meta su corsa di squadra dal momento della sua assenza in poi – particolare assai significativo – in un drive dove sono arrivate due sgambate di 11 yard ciascuna fino alle 9 yard che gli hanno consentito di oltrepassare la endzone, poi ha finito i Texans con un big play dei suoi di 59 yard uscendo dal campo ad un passo dal traguardo, eseguendo un’intelligente e cosiddetta football play che ha consentito a Cleveland di congelare il possesso a gestire il cronometro a piacimento, un bel modo per mettersi a servizio del collettivo anziché gonfiare le statistiche personali. In ogni caso, sono arrivate alla fine 126 yard ed una meta in 19 portate, che oltre alle 104 messe assieme da Hunt sottolineano come un backfield produttivo costituisca la soluzione offensiva ai lunghi problemi dei Browns, che quando corrono con questa efficacia vincono spesso e volentieri.

HONORABLE MENTION: INDIANAPOLIS COLTS

L’affermazione contro i Titans dello scorso giovedì è una di quelle che potrebbe salvare un intero campionato, dato che la squadra di Frank Reich era attesa proprio a questo varco divisionale per dimostrare di valere i playoff. I Colts hanno giocato una gara di enorme caratura cancellando gli avversari dal campo per tutta la ripresa, rompendo la gara in due grazie alla positiva prestazione di Nyheim Hines, a segno con due mete, e alla giocata di special team che ha portato alla segnatura di T.J. Carrie, azione dalla quale Tennessee non si è più psicologicamente rimessa in sesto. Una delle migliori gare di Philip Rivers in questa uniforme, con otto differenti ricevitori a bersaglio e pochissimi segni delle forzature che hanno minato Indy per tutta la prima frazione di campionato.

WORST

BEARS OFFENSE

I Bears le stanno tentando tutte, ma i risultati non variano e le sconfitte si sommano dando una migliore idea della reale identità di squadra. Poco importa se dall’equazione si toglie Trubisky per inserire Foles e se Nagy decide finalmente di delegare le chiamate dei giochi al suo coordinatore offensivo, Bill Lazor, la squadra è pessima in attacco ed al momento non esiste rimedio per una falla di così grandi proporzioni. La difesa continua ad offrire prestazioni di rilievo – lunedì notte Dalvin Cook è rimasto a 96 yard in 30 portate prive di mete – mentre la controparte offensiva si blocca completamente dinanzi alla endzone, risultando penultima di tutta la lega per efficienza nelle ultime 20 yard, chiudendo il Monday Night con la miseria di due field goal contro la difesa dei Vikings, un reparto che tutti in precedenza avevano perforato con estrema facilità.

Le enormi difficoltà offensive si sono traslate in sole 149 yard di total offense in un’era dove chiunque tende a scrivere a referto cifre assai molto più consistenti, dopo una prima frazione promettente i Bears sono letteralmente spariti confezionando un disastro che ha portato a nessun primo down e due yard in negativo nelle tre serie giocate nel terzo quarto, per un totale di 32 yard se sommata la produzione totale del secondo tempo. Dopo l’ennesima prestazione mediocre di Foles e le frustrazioni di un Allen Robinson sostanzialmente ignorato in endzone ora si chiama a gran voce il ritorno di Trubisky, attualmente infortunato alla spalla, ma ci si dimentica troppo facilmente di tutte le critiche cui l’attacco era in ogni caso soggetto quando il buon Mitch si trovava ai comandi del reparto.

La realtà sembra parlare chiaro, Chicago non può prendere in giro nessuno e alla fine i nodi sono arrivai al pettine con la quarta sconfitta consecutiva portando il bilancio in pareggio, 5-5, il che rende un’idea senz’altro più veritiera dei reali valori proposti dal campo. Si pagano le scelte fatte in sede di draft nel corso del 2017, quando si salì per Trubisky ignorando la disponibilità di Watson e Mahomes, e l’andamento dei fatti suggerisce che sia giunta l’ora di ripartire daccapo, con un nuovo quarterback, un running back che riesca a sollevare il backfield dalla mediocrità, e reparti come linea offensiva e ricevitori maggiormente attrezzati di talento, dato che attualmente ci sono troppi giocatori nella media, che non riescono a fare quella differenza che tanto aiuterebbe l’attacco a raggiungere anche solo la linea della decenza, rendendo i Bears assai più competitivi di quanto siano ora.

DENVER BRONCOS

Proseguono i guai dei Denver Broncos, che vedono allinearsi gli astri che conducono alla quinta stagione consecutiva senza postseason, una responsabilità cui John Elway dovrà prima o poi far fronte rispondendo alle scelte sino a questo momento effettuate soprattutto nel ruolo di quarterback. Quella contro i Raiders non è stata una partita, è stata un’autentica disfatta nella quale i Broncos sono crollati sotto tutti i punti di vista del gioco, uno sventolio di bandiera bianca avvenuto proprio nello scontro più sentito dell’anno.

I vuoti a roster sono tanti e nemmeno l’orgoglio può arrivare a colmarli, Drew Lock ha giocato una gara colma di errori giungendo sotto il 50% di completi commettendo ben quattro intercetti, e per la quarta occasione in sette partite giocate il rating è rimasto sotto il 60. Essendo il gioco di corse un non-fattore è chiaro come Lock sia maggiormente esposto ad errori quando si trova a lanciare per 47 volte, e la difesa è spesso costretta a cedere sotto il peso della stanchezza a causa dell’eccessiva quantità di circostanze dove deve fare immediatamente rientro in campo dopo un turnover, perdendo in termini di lucidità. Non ha certo aiutato il dover affrontare il consistente gioco di corse proposto da Las Vegas, con Jacobs e Booker autori di 193 yard – e quattro mete in combinata – che hanno macinato gli avversari in particolar modo nella ripresa, quand’è diventato chiaro che le risorse dei ragazzi di Fangio erano state lasciate, loro malgrado, negli spogliatoi.

Si tende correttamente a guardare il quarterback prima di ogni altra cosa e le prestazioni di Lock sono tutt’altro che incoraggianti soprattutto dal punto di vista dei turnover commessi, ma se poi si getta un’occhiata anche dall’altra sponda si comprende come la difesa sia una delle peggiori di lega nel portar via il pallone agli avversari, frutto anche di una pass rush che domenica ha lasciato operare Carr senza colpo ferire, ed unendo le due considerazioni non possono che emergere conclusioni più che logiche. Sarà una offseason molto interessante e decisiva per Elway, perché i margini di errore sono oramai ridotti all’osso se relazionati alla tradizione vincente della franchigia, e la pazienza non è eterna. Servono risposte urgenti, e non solo per la posizione giocata in gioventù dal grande John.

PHILADELPHIA EAGLES

Qualora la Nfc East non fosse ridicola abbastanza, gli Eagles hanno posto la classica ciliegina sulla torta riuscendo a far sembrare i Giants una vera squadra di football. Ancora una volta Philadelphia è stata condizionata dai numerosi problemi offensivi, nonostante Carson Wentz abbia giocato la prima partita dell’anno in esenzione da turnover l’attacco ha prodotto una figura più che magra non riuscendo a convertire nessuno dei nove terzi down giocati contro una difesa che in materia aveva concesso in precedenza il 48%, un chiaro segno della sopravvenuta disconnessione offensiva che Doug Pederson sembra proprio non riuscire a risolvere. Non quest’anno.

A testimonianza della mancanza di produttività gli Eagles hanno trascorso tutto il primo tempo senza riuscire a segnare una meta, e per riuscire a sbloccarsi si sono dovuti affidare esclusivamente le corse di Sanders e Scott. Spesso si sono complicati la vita da soli, ritrovandosi a dover giocare un quarto e dieci sotto di sette punti a quarto periodo inoltrato, solo per veder cadere a terra l’ennesimo pallone carico di inutili speranze a seguito di un drive finalmente promettente. Mai la difesa è riuscita a fermare i Giants quando ce n’era bisogno, Daniel Jones ha collezionato diversi big play e giocato una gara inconsuetamente priva di palloni persi, trovando anche il tempo per completare una corsa di 34 yard direttamente in endzone.

I ragazzi di Pederson sono stati dominati sotto molti punti di vista da una delle peggiori squadre della Nfl, non un bel segno per una compagine che mantiene per puro miracolo la vetta divisionale ma che ha nel contempo concesso ad una concorrente di livello scadente di avvicinarsi di più alla competizione di questa inetta Nfc East. Per una volta Wentz non ha forzato nulla ed è uscito illeso dal pericolo dei turnover, ma non è servito nemmeno questo per venire a capo della complessa stagione di Philadelphia, destinata a vivere sul filo del rasoio finché non arriveranno i rinforzi. Ma allora sarà già offseason, e chissà come saranno andate le cose nel frattempo…

HONORABLE MENTION: CHASE YOUNG

Rookie mistake, certo, ma di quelli che costano le vittorie. I Lions le hanno tentate tutte pur di farsi rimontare anche in questa occasione, e grazie alla valorosa prestazione di Alex Smith, alla prima partita da titolare dopo aver rischiato l’amputazione della gamba infortunata, ci sono riusciti. Il field goal che Dustin Hopkins ha infilato dalle 41 yard ha cancellato definitivamente un divario arrivato anche a 21 punti lasciando soli 16 secondi sul cronometro e la prospettiva di poter vincere la partita al supplementare contando sull’inerzia positiva, ma Young ha elargito una del tutto inutile spinta a Stafford con il pallone già in viaggio da un po’, ottenendo in cambio 15 yard di penalità. Sono bastati un completo di altre 9 yard ed il piede del sempre affidabile Matt Prater, che ha spedito Washington di nuovo nell’inferno della sconfitta con una conclusione di 59 yard. Una lezione da ricordare.

 

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