BEST

PITTSBURGH STEELERS

In queste settimane si è parlato moltissimo dei Browns, della loro miglior partenza dai tempi di Bill Belichick, e delle loro ritrovata creatività offensiva. Tuttavia, a testimonianza del fatto che che certe cose possono anche non cambiare nonostante una situazione migliore della precedente, la lezione rimediata all’Heinz Field di Pittsburgh non solo conferma la particolare inviolabilità del fortino di casa Steelers – giunti alla diciassettesima vittoria interna consecutiva contro Cleveland – in quanto incide soprattutto la modalità con cui è stata impartita la sconfitta, una sonora lezione che porta con sé tutto quel particolare gusto di ridimensionamento ancor più godibile quando si tratta di rivalità storica.

E’ stata la prima affermazione stagionale di Big Ben e soci contro un avversario dal record vincente, ed in completo silenzio rispetto alle rivali più blasonate gli Steelers hanno portato a quota 5-0 il loro straordinario e sottovalutato inizio di campionato, seconda miglior partenza della loro storia e traguardo raggiunto per la prima volta negli ultimi 42 anni. Pittsburgh ha giocato un’eccellente gara difensiva mettendo letteralmente in ginocchio Baker Mayfield, esposto a colpi durissimi e mai entrato in partita, come suggerito dalla sua mediocre prestazione personale. Il quarterback dei Browns è crollato sotto tonnellate di pressione, più di metà delle azioni di passaggio l’hanno visto con un difensore pericolosamente vicino a sé in una gara che gli Steelers hanno preparato secondo tradizione, in maniera aggressiva in difesa e concreta in attacco.

Il reparto difensivo, che dovrà fare a meno di Devin Bush per il resto del cammino, ha concesso agli avversari una sola conversione di terzo down in dodici tentativi rimediando alla figuraccia offerta la settimana scorsa contro Philadelphia, le giocate positive sono giunte a grappoli – tra cui l’intercetto riportato in meta da Minkah Fitzpatrick – e il dominio di giocatori come Watt, Heyward e Dupree si è visto ad occhio nudo, anche senza necessariamente cercarne le statistiche finali.

Pittsburgh ha dominato anche nel gioco a terra, con James Conner a fornire 5 yard per portata ed un backfield che ha complessivamente prodotto 129 yard su 37 tentativi sommando complessivamente tre mete, tra cui la gradita segnatura di un Chase Claypool ansioso di fornire conferme dopo la strepitosa prestazione di una settimana fa. Gli Steelers trascorreranno quindi un’altra meritata settimana da imbattuti in attesa dei succulenti impegni contro Tennessee e Baltimore, che vista la situazione di grazia vissuta dalla squadra di Mike Tomlin diventano automaticamente incontri di cartello per le prossime due settimane.

TAMPA BAY BUCCANEERS

La più grande sorpresa della sesta giornata riguarda senza dubbio i Buccaneers, che hanno asfaltato dei Packers considerati dagli addetti ai lavori come la miglior squadra Nfl, con l’aggiunta del pepe rappresentato dall’ottica della stuzzicante sfida tra Tom Brady e Aaron Rodgers. La difesa ha rivestito un ruolo determinante, tenendo duro dopo aver concesso i primi 10 punti della gara agli ospiti senza più però voltarsi indietro fino al momento del triplice zero sul cronometro,  i Bucs hanno intercettato Rodgers per due volte nel giro di due soli drive ribaltando il risultato grazie alla meta difensiva di Jamel Dean ed al susseguente intervento vincente di Mike Edwards, il quale ha raccolto una deviazione di Carlton Davis e riportato il pallone sin sulla linea delle due yard, dalla quale un Ronald Jones in grande spolvero ha realizzato la segnatura del 14-10.

Proprio Jones ha alimentato una giornata offensiva di rilievo superando le 100 yard per la terza gara consecutiva, rispondendo a modo suo alla folta presenza di alternative nel backfield ponendo un evidente punto esclamativo per quanto riguarda il ruolo di responsabile del maggior numero di portate, e fa piacere poter rivedere Gronkowski in formato Patriots (78 yard ed una meta) incidendo in maniera ottimale in una gara di tale importanza. Non è nemmeno servito un Brady da cinque passaggi da touchdown per infilare 38 punti consecutivi – 7 dei quali procurati dalla difesa, va detto – è bastata una prestazione fatta di 17 completi su 27 per sole 166 yard, dimostrando che l’assenza di palloni persi, fattore che aveva piegato i Bucs in più di qualche circostanza in questo inizio di campionato, può costituire tutta la differenza del mondo. Zero, oltre che il numero di turnover commessi, rappresenta anche la cifra di sack subiti e penalità fischiate, sottolineando una prestazione corale davvero impeccabile dinanzi ad uno degli impegni più importanti del calendario.

Il capolavoro è stato completato da una difesa capace di tenere Rodgers sotto il 50% di completi con sole 160 yard a referto e due intercetti per un rating di 35.4, statistiche alle quali vanno aggiunti i quattro sack totalizzati dalla pass rush. Tuttavia, il dato più impressionante riguarda le 144 yard concesse nei drive che hanno portato agli unici punti segnati dai Packers, in particolare quando rapportate alle 210 di total offense, cifra che fornisce un’idea realistica di come la difesa di Bruce Arians abbia letteralmente chiuso le serrande dinanzi ad un attacco che non aveva mai segnato meno di 30 punti in precedenza. Gli ultimi dieci drive di Green Bay hanno fruttato una yard e mezzo di media per gioco, ed il fronte difensivo ha tenuto anche senza il prezioso contributo di VIta Vea, fuori per la stagione, limitando Aaron Jones a 15 yard in 10 chiamate su corsa e 41 in totale, un numero straordinario in relazione alla nota produttività del running back.

RYAN TANNEHILL E DERRICK HENRY

I Titans hanno eretto un capolavoro offensivo in una gara divisionale molto delicata contro i Texans, nella quale hanno rischiato più volte di salutare la loro imbattibilità. L’attacco di Tennessee sta letteralmente salvando capre e cavoli considerando gli enormi vuoti difensivi, per il momento la squadra di Mike Vrabel vince segnando più di quanto non subisca e la formula continua a funzionare, soprattutto grazie ai due principali responsabili di un reparto capace di registrare ben 601 yard di total offense ai danni dei poveri texani.

Henry è il running back più dominante di tutto il panorama professionistico, fisicamente imponente e troppo veloce per essere preso, una combinazione letale per qualsiasi difesa. Quando la squadra ha bisogno della marcia in più lui arriva, si mangia quasi tutto il campo portandosi a spasso quei muscoli con enorme disinvoltura, si fa 94 yard tutte d’un fiato e nel giro di una sola azione si permette di ribaltare un risultato sempre posto in discussione dalla grande giornata di DeShaun Watson. Si pensa spesso a lui quale back in grado di imporre il fisico contro chiunque dimenticandosi delle grandi doti atletiche che lo contraddistinguono, ma la sua completezza viene costantemente ricordata a tutti quando crea un gioco da 53 yard in overtime, costruendolo per la maggior parte attraverso il guadagno post-ricezione. Ci si permette infine di schierarlo nella Wildcat Formation per l’azione che vince la partita, tanta è la sicurezza che quelle 5 yard rappresentino una distanza dalla quale sia impossibile fermarlo.

Ryan Tannehill è un quarterback rinato, che sta giocando il miglior football di carriera affermandosi come uno dei migliori interpreti del ruolo di questa stagione. La statistica più impressionante che gli si può leggere addosso è il 12-3 di record da quando, un anno fa, è entrato in possesso del ruolo di titolare al posto di Marcus Mariota, l’audace mossa che ha permesso a Vrabel di cambiare per sempre l’andamento di un campionato terminato ad un passo dal Super Bowl. 364 yard, il 73% di completi, 4 passaggi da touchdown ed un intercetto, e soprattutto la lucidità mentale di guidare un drive partito dalle proprie 24 yard con 1:45 da giocare e farlo terminare direttamente in meta, ricevendo lo snap con 7 secondi rimasti senza prima aver chiamato un timeout, e centrare perfettamente le braccia protese di A.J. Brown per i punti del pareggio.

Non solo un piacere per gli occhi, qui si vince sul serio e pure in grande. E domenica arrivano gli Steelers…

HONORABLE MENTION: BRANDON MCMANUS

In un pomeriggio dove i Broncos hanno fronteggiato i Patriots sostanzialmente alla pari, tutta la differenza del mondo è stata costituita dal sempre affidabile piede di McManus. Le statistiche offensive di Denver sono mediocri, solo il 28% di terzi down convertiti, nemmeno 300 yard di produzione totale, due turnover, cifre cui si aggiunge l’aggravante caratterizzata da Drew Lock, che ha tentato di gettare al vento la partita nel quarto periodo facendosi intercettare in serie consecutive. Tutti i punti dei Broncos sono derivati dalla precisione del loro kicker, che ha centrato i pali per due volte da oltre le 50 yard realizzando uno degli upset di giornata grazie ai sei field goal totali messi a segno in altrettanti tentativi, ciascuno dei quali determinanti in una gara terminata con soli sei punti di distacco. A volte, schierare il kicker che da solo vince la partita è un lusso che non tutte le squadre Nfl possono permettersi.

WORST

KIRK COUSINS

Ci sono settimane dove Kirk Cousins è semplicemente dannoso, non di certo l’investimento pluri-milionario con cui i Vikings ritenevano di aver sistemato per un po’ di tempo la posizione di quarterback. Quest’ultima è stata una domenica assai dolorosa dove tutti i limiti della squadra di Mike Zimmer sono emersi con decisione, su tutti una difesa che non riesce oramai a contenere più nessuno. Tuttavia il peso rivestito dagli errori di Cousins, che si è fatto intercettare al primo lancio su una conclusione orribilmente corta ed ha fatto registrare altri due intercetti prima dell’intervallo, non può essere sottovalutato.

Non aiuta certo la narrativa della gara, i Falcons arrivavano dal repulisti generale che aveva testimoniato il doppio licenziamento di Quinn e Dimitroff ed affrontavano questo nuovo impegno del tutto privi di vittorie, in piena crisi d’identità e senza particolari prospettive di raddrizzare la stagione. Proprio per questo Minnesota pensava di aver trovato l’occasione propizia per una redenzione da trovare in fretta dopo un inizio che definire sotto le attese non può rendere correttamente l’idea, ma non sono mai stati in partita contro una squadra mediocre, ad una sola settimana di distanza dall’aver letteralmente messo sotto i Seahawks prima di uscire sconfitti al foto-finish, ed ora campeggiano desolatamente nell’ultima piazza della Nfc North a quota 1-5, la stessa di Atlanta e Washington, tanto per chiarire.

Tante responsabilità vanno su un quarterback che ha collezionato 10 intercetti, peggior dato Nfl all’attualità e parte delle motivazioni per le quali questo attacco è irriconoscibile rispetto ad un anno fa. I turnover commessi nel primo tempo sono sfociati in 17 punti a favore degli avversari, e le 343 yard con 3 mete con cui Cousins ha terminato la partita rimangono statistiche che non possono realmente raccontare l’andamento della gara perché ottenute quando ormai nulla contava più, e casomai utili ai soli fini del fantasy football.

Urge raddrizzare la nave prima di diventare il backup più pagato della lega, evento che avrà certamente luogo se i ritmi dei turnover dovessero continuare ad essere così vertiginosi.

WASHINGTON FOOTBALL TEAM

Washington raggiunge la quinta sconfitta consecutiva dopo la gara di apertura contro Philadelphia, sempre più un miraggio, concedendo la prima vittoria stagionale ad una delle peggiori squadre di tutta la Nfl, i rivali New York Giants. Tanti, forse troppi i problemi da risolvere per Ron Rivera, che pur di vincere ha scelto di giocare alla mano l’azione decisiva della gara anziché andare per l’extra point del supplementare, non ottenendo frutti dalla sua scommessa. La totale assenza di playmaker offensivi non permette all’attacco di mettere carne al fuoco, Kyle Allen ha senza dubbio giocato meglio di Haskins ma è anche vero che migliorare le prestazioni precedenti nel ruolo di quarterback non rappresentava un’impresa da titani.

Su Allen pesano due turnover che hanno aperto la porta a due mete dei Giants – una offensiva ed una difensiva – ed un’esitazione importante nella conversione da due che avrebbe dato accesso alla seconda vittoria di campionato, uno scramble appena accennato dal quale il regista è indietreggiato prima di gettare il pallone a vuoto. Dal punto di vista offensivo si continua a brancolare nel buio, non c’è nessun accenno ad un gioco di corse stabile. Le chiamate per l’atletico Antonio Gibson sono troppo prevedibili ed il rookie spesso si ritrova mezza difesa addosso ancor prima di cominciare a capire quale direzione prendere, dietro Terry McLaurin c’è un vuoto preoccupante per via di una batteria di ricevitori costretta a racimolare touchdown occasionali da una girandola di protagonisti che forse nemmeno giocherebbero titolari altrove, e gli errori costosi, come il fumble ritornato da Tae Crowder che ha di fatto deciso la gara, continuano ad accumularsi in maniera preoccupante.

La difesa ha tenuto Daniel Jones a 112 yard complessive spegnendo completamente l’attacco avversario per tutto il secondo tempo, un compito tutto sommato non difficile trovandosi a fronteggiare il peggior reparto offensivo della lega assieme a quello dei cugini Jets. Sono state tuttavia le singole giocate a fare la differenza, come la run-pass option che ha completamente sbilanciato il fronte difensivo permettendo a Jones di percorrere quasi mezzo campo in totale libertà, ed il 7/11 concesso in conversione di terzo down rappresenta una statistica troppo pesante per l’economia generale di una gara decisa da uno scarto di un solo punto. Resta inoltre il fatto che il rischio corso da Rivera è stato troppo alto ed è costato molto caro, dato che l’ipotetica ed improbabile corsa al primo posto divisionale, resa possibile solo dall’inettitudine di tutta la Nfc East, è così terminata ancor prima di cominciare.

NEW YORK JETS

I Jets hanno vinto in diversi settori statistici la gara contro i Dolphins: hanno tenuto di più il pallone, hanno commesso meno turnover, hanno corso per 5 yard in più. Solo, si sono dimenticati di vincere la gara. E soprattutto, nessuna di queste statistiche è riuscita a togliere lo zero dalla casella dei punti segnati nell’ennesima figuraccia di quest’anno disgraziato, che vede la franchigia in un limbo infernale data la volontà della proprietà di non effettuare cambi di allenatore a stagione in corso, seppure non ci sia motivo di pensare che il destino di Adam Gase sia giunto a definitivo compimento.

Nella settimana in cui Le’Veon Bell si è accasato ai Chiefs, a New York restano solo le macerie di una stagione originariamente volta ai progressi di Sam Darnold, assente per la seconda settimana consecutiva per l’infortunio rimediato alla spalla, e che invece è caduta sotto il peso di tutte le aspettative a causa di una conduzione tutt’altro che brillante, un aspetto non certo imputabile all’attuale general manager Joe Douglas. Non sono d’ausilio nemmeno le distrazioni infra-settimanali, partite con le critiche nei confronti della poca consistenza degli allenamenti proposti e proseguite con i messaggi criptici rilasciati da Gregg Williams, incapace di assumersi qualsiasi tipo di responsabilità criticando implicitamente l’attacco. Tutti segni di un ambiente semplicemente pronto ad esplodere fragorosamente.

La squadra non è competitiva, se il confronto con Miami poteva rappresentare una flebile speranza di potersi confrontare alla pari, allora ci si è sbagliati di grosso. Nessun punto a referto, un’altra prestazione al di sotto delle 300 yard di total offense, un misero 11% di realizzazione di conversioni di terzi down, ed un solo ingresso nelle ultime 20 yard, peraltro infruttuoso. Difficile fare di meglio con la versione declinante di Joe Flacco in campo, costretto a lanciare 44 passaggi completandone poco meno della metà solo perché Gase non ha tenuto fede alle dichiarazioni fatte in settimana, quando aveva annunciato grossi cambiamenti solo per dimenticarsi ancora una volta delle corse, sprecando peraltro l’occasione di mettere alla prova La’Mical Perine. Ed è dura cercare di tenersi a galla con improbabili protagonisti come Berrios, Smith e Griffin, quest’ultimo promosso a tight end titolare dopo le immani difficoltà dell’ex-promessa Chris Herndon, un trio che ha apportato solamente 48 yard in quattro ricezioni.

Difficile andare avanti con soli sei touchdown offensivi, motivo principale per cui i Jets si trovano sotto in media di 14 punti all’intervallo di ogni gara, aumentando l’improbabilità di poterne vincere anche solo una ed incutendo terrore in Trevor Lawrence, che rischia seriamente di essere scelto da un’organizzazione catastrofica dalla quale tutti vogliono solo fuggire.

HONORABLE MENTION: LOS ANGELES RAMS

I Rams sono partiti in maniera molto convincente e per loro si sono spese parole importanti, descrivendoli come al rientro in forma Super Bowl. A giudicare dalla gara contro i 49ers, appestati dagli infortuni e ai limiti della crisi d’identità, la squadra di Sean McVay è tornata sulla terra, comprendendo come il calendario della Nfc West sia in realtà molto più duro rispetto al 3-0 sinora rimediato contro i materassi della Nfc East. Se la connessione tra Goff e Kupp non funziona, e se il piano di gioco avversario riesce con successo ad escludere Aaron Donald dalla pass rush, è dimostrato che per i Rams cala la notte. Aspettiamo con grande curiosità il Monday Night contro i Bears per testare la capacità di reazione dei californiani.

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