BEST

D.K. METCALF

D.K. Metcalf non ha mai nascosto l’ambizione di diventare uno dei più grandi ricevitori di sempre, e l’etica lavorativa di certo non gli manca. Non difetta nemmeno della puntualità quando la situazione di partita si fa complessa, come dimostrato nell’ennesima circostanza dove riveste il ruolo di risolutore – chiaro, assieme a Russell Wilson – di tutte le problematiche dei Seahawks. Seattle incassa un colpo dopo l’altro in difesa racimolando statistiche da record negativo, siamo già quasi a quota 2.400 yard al passivo, ma lo strapotere offensivo dimostrato dalla truppa di Pete Carroll è puramente una questione d’èlite oltre che il principale motivo del 5-0 attuale, e Metcalf è senza esitazione uno dei protagonisti primari.

Lo ha dimostrato anche domenica notte nel thriller vissuto contro i Vikings, una gara che lo ha visto chiudere con 93 yard in 6 ricezioni e due determinanti mete, tra cui quella della vittoria sigillata a venti secondi dal termine. Non si tratta solamente di ricevere una meta di 6 yard senza provare un minimo timore nei confronti del momento della verità, c’è molto di più. C’è la sicurezza di sparare in alto il pallone in situazione di quarto e dieci con la gara da vincere, e trovare dall’altra parte dell’arco le sicure mani protese di un atleta che ha già dalla sua parte la statura e la possente struttura fisica, e che a queste abbina pure un’elevazione che lo pone sistematicamente in vantaggio contro qualsiasi defensive back.

Poi, il capolavoro finale. Ben sei delle undici azioni giocate dai Seahawks in un drive finale che ha coperto 94 yard sono andate verso Metcalf, e non c’è stato alcun modo di impedirgli la ricezione vincente – ancora su un quarto down, tanto per allentare la pressione – nonostante la direzione della chiamata decisiva fosse chiara e prevedibile. Russell Wilson ha completato la vittoria in rimonta numero 34 di carriera, un numero che dimostra le innate capacità di leadership del più grande quarterback che sia mai passato dalle parti di Seattle, e le ultime due portano il marchio di un wide receiver destinato a diventare ciò per cui sta lavorando così duramente, un giocatore determinante e fisicamente unico, quello a cui affidare tutti i palloni che scottano anche quando la difesa se lo aspetta.

Missione compiuta anche stavolta, ed i Seahawks provano già a scappare con il bottino della Nfc West.

CHASE CLAYPOOL

Se gli Steelers sono riusciti  a mantenere stretta la loro imbattibilità, lo devono sicuramente alla loro più recente selezione di secondo round. Chase Claypool scendeva in campo solamente per la quarta volta nella sua verdissima carriera, precedentemente titolare di 151 yard ed una meta, prima di fare a pezzi qualsiasi record personale e giocare una partita che in futuro potrebbe non ripetersi più. L’esplosione del rookie parla di quattro touchdown totali, tre su ricezione ed uno su corsa, per un fatturato totale di 116 yard di total offense e la responsabilità della segnatura che, a tre minuti dal termine, ha messo al sicuro un vantaggio che gli Eagles erano in qualche modo riusciti a portare ad una esigua distanza di due punti.

Claypool ha salvato una gara contraddistinta da una prestazione difensiva scadente, attraverso la quale Pittsburgh ha quasi sprecato 17 punti di vantaggio concedendo 258 yard su passaggio ad un quarterback in piena crisi che poteva peraltro su una batteria di ricevitori piena di rincalzi, che ha potuto contare sulle 10 ricezioni per 152 yard con annesso touchdown scritte sui libri di storia da Travis Fulgham, non esattamente il ricevitore più minaccioso che il roster avversario potesse proporre.

La brillante giornata della matricola, oltre a segnare un record ogni epoca per la franchigia, evidenzia la bontà delle chiamate offensive ed il relativo, cauto utilizzo di Ben Roethlisberger, rientrato dalla nota operazione al gomito ed assai efficiente nonostante le azioni quasi mai vadano troppo in profondità in termini di gittata. Claypool fornisce quell’elemento fisico ed atletico che permette pericolosità una volta giunti nelle ultime 20 yard, e tutta una serie di situazioni dove ci si può permettere un lancio corto con susseguente guadagno post-ricezione, una situazione ancor più agevolata se accompagnata dalla marcatura di un linebacker, un errore abbastanza vistoso commesso da Jim Schwartz, defensive coordinator degli Eagles, in occasione del quarto e decisivo touchdown segnato dal rookie.

Una prestazione incoraggiante, che pone Claypool sulla mappa degli osservati speciali in vista dei prossimi impegni degli Steelers, che possono vantare una consistenza d’alto spessore nella gestione del cronometro, nel limitare il numero di errori (un solo intercetto sinora scagliato da Big Ben), e nel detenere il decimo posto di lega per punti segnati, quando da ben 24 partite consecutive non se ne segnavano più di 30. La matricola è senza dubbio un bell’aiuto per un quarterback in là con gli anni e reduce da una delicatissima operazione, ed un necessario passo in avanti per una batteria ricevitori può permettersi di pazientare per i problemi fisici di Diontae Johnson ed uno Smith-Schuster fermo a 28 yard su quattro prese.

Gli Steelers veleggiano ora a quota 4-0 con una gara da recuperare, ed il prossimo impegno porta il nome dei sorprendenti Browns, che dovranno fare attenzione alla nuova minaccia della Steel City.

LAS VEGAS RAIDERS

E’ stata una domenica da incorniciare quella dei Raiders, che hanno portato a casa una vittoria all’Arrowhead Stadium per la prima volta negli ultimi otto anni. Tira aria nuova nella franchigia e non solo per il trasferimento nella città del peccato, la gara vinta contro i Chiefs rappresenta uno di quegli appuntamenti da non mancare per un campionato di successo e per marcare la propria presenza dopo anni passati a riaggiustare i pezzi ed inseguire proprio i ragazzi di Andy Reid, per i quali i silver & black non hanno mai costituito una reale preoccupazione, perlomeno dato il 22-103 a favore di Kansas City negli ultimi tre scontri diretti.

I ritmi di Patrick Mahomes ed annessa carovana non sono facili da seguire per nessuno, parliamo del top della lega e di un’andatura che può facilmente far presagire una nuova fuga verso il Super Bowl. Las Vegas ha dimostrato che il nemico numero uno non è imbattibile, uno scenario già scoperto dai Chargers qualche settimana fa in occasione di un altro incrocio d’armi divisionale, esiste il modo di ingabbiare il quarterback più forte della Nfl e basta farlo per il tempo sufficiente a mettere più punti di lui a referto. Questa la lezione imparata ed eseguita sul campo da Derek Carr e soci, con la difesa capace di porre in stallo ben quattro serie di giochi consecutive nella ripresa, elemento determinante nel costituire la differenza nel punteggio finale di un’autentica sparatoria. L’importante poi è metterne una quarantina dall’altra parte del campo, e la miglior versione offensiva del Gruden in seconda edizione ha semplicemente risposto presente.

Se Al Davis fosse ancora tra noi si sarebbe certamente divertito nell’osservare il touchdown di 72 yard firmato dal rookie Henry Ruggs III e la presa da 59 di Nelson Agholor, giocatori frutto di mosse di mercato eseguite con il punto esclamativo accanto, in pieno stile just win, baby, e via a sfrecciare nel rettangolo verde, a tutta velocità. Domenica si sono difatti visti tutti i motivi per cui Gruden e Mayock hanno preferito selezionare Ruggs rispetto ai più pubblicizzati Lamb e Jeudy, ed il perché si sia scommesso su un ricevitore in netta difficoltà come Agholor, un ragazzo che ha rischiato da vicino il tracollo della carriera a causa dei numerosi e sanguinosi drop commessi nell’esperienza a Philadelphia, un chiaro segno della sua mancata crescita.

D’un tratto risalgono anche le quotazioni di Carr, protetto in maniera eccellente dalla sua linea offensiva e in grado di lasciar andare il braccio in piena libertà, mettendo a punto le idee offensive predicate ma raramente realizzate da Gruden e mettendo su uno spettacolo che scaccia momentaneamente tutta la ferocia delle critiche di una situazione per molti prossima al divorzio, un’aria di ultima spiaggia cacciata via con 347 yard, 22 completi su 31 tentativi, e 3 passaggi da touchdown. Sono esattamente i  numeri che i Raiders cercavano da lungo tempo dal proprio quarterback, gli stessi che possono far compiere il tanto desiderato salto di qualità ad una franchigia che ha tanto bisogno di tornare in alto.

HONORABLE MENTION: CLEVELAND BROWNS

Con un anno di ritardo i Browns sono diventati la squadra in grado di rispettare i vecchi pronostici, e stanno viaggiando a ritmi elevati in virtù delle quattro vittorie consecutive riportate dopo il brutto esordio contro Baltimore, oggi apparentemente un lontano ricordo. I Browns sono versatili in attacco, divertenti, capaci di distribuire bene le ricezioni e profondi tanto da potersi permettere di rendere anche senza Nick Chubb in campo, e se difensivamente tendono ancora a concedere molto bilanciano il tutto con i 12 palloni sinora recuperati, attualmente il miglior dato Nfl della particolare categoria, sopperendo ai loro difetti. Ne deriva il primo 4-1 degli ultimi 26 anni, quando a guidare la franchigia c’era un certo Bill Belichick.

WORST

SAN FRANCISCO 49ERS

Se nelle scorse settimane esisteva quantomeno la scusante relativa alla montagna di infortuni che i Niners hanno dovuto superare, non significa necessariamente che la squadra di Kyle Shanahan non abbia più problemi rispetto a quanti dovrebbe averne. Nell’anno in cui Russell Wilson è ancora un gradino superiore rispetto agli anni precedenti ed i Rams stanno lentamente ritrovando la loro forma da squadra in grado di valere i playoff, San Francisco ha già perso tanto terreno e non lo deve certo ai soli bollettini medici.

La difesa ha concesso 436 yard ad un attacco che nemmeno possiede un gioco di corse di qualità elargendo un rating quasi perfetto a Ryan Fitzpatrick, che ha estratto dal suo personale cilindro una di quelle gare magiche dove non sbaglia nulla contrariamente al suo profilo medio di giocatore molto propenso al turnover. Il reparto offensivo ha messo su uno spettacolo altrettanto indegno, il gioco di passaggi ha fruttato la miseria di 128 yard contro una delle peggiori difese contro i passaggi di tutta la lega, con l’aggravante del misero 20% di conversione nei tentativi di terzo down, un dato vicino allo scoraggiante. Il tabellino finale, con ben 43 punti a favore di Miami, rende perfettamente l’idea della totale inefficienza offensiva dei Niners, e di come la difesa abbia compiuto una preoccupante regressione contro una squadra di medio-bassa caratura.

La situazione quarterback deve aver fortemente preoccupato Shanahan al punto di affrettare il rientro di Jimmy Garoppolo, autore della peggiore uscita di carriera ed evidentemente limitato dai problemi patiti alla caviglia. Il titolare è stato rimosso durante l’intervallo dopo aver compilato un rating di 15.7 lasciando il posto ad un C.J. Beathard senz’altro più efficiente, che non ha tuttavia potuto risolvere la situazione di stallo che ha avvolto un attacco troppo propenso all’errore, con un fumble perso ed un quarto down non convertito nel periodo conclusivo del confronto. I Dolphins hanno dominato il cronometro con troppa facilità apportando uno scompenso a loro favore di ben 14 minuti, altro segnale della mancanza di continuità dei californiani.

C’è da rimettersi immediatamente al lavoro e affrontare un calendario assai tosto affrontando un 2-3 che mette tanta incertezza sulla stagione dei campioni uscenti della Nfc: stanno difatti per arrivare due sfide divisionali determinanti contro Rams e Seahawks e confronti con squadre di alto livello come Packers, Patriots e Saints. Serve un livello di resa molto superiore a questo, infortuni o meno, pena il trovarsi a rincorrere la concorrenza partendo da una posizione troppo arretrata.

ATLANTA FALCONS

Il campionato dei Falcons era già di basso profilo durante il suo primo mese di svolgimento, ma in occasione della più recente sconfitta contro i Panthers, la quinta consecutiva per aprire l’anno, la situazione ha decisamente toccato il fondo. Come sempre paga il capo allenatore, che ha la responsabilità di vegliare su tutti i giocatori del roster e dirigere lo staff, e quando in campo non funziona davvero nulla la mannaia cala inevitabilmente sulla testa di chi coordina le operazioni, conseguenza che in questo caso ha incluso anche il principale costruttore del roster che andò al Super Bowl, il general manager Thomas Dimitroff.

Il proprietario Arthur Blank riparte da zero, stanco di assistere a rimonte settimanali che rendono la squadra lo scherzo preferito dei giornalisti, di vedere partite dove il punteggio scappa via subito e non c’è la minima competitività da opporre. La sconfitta contro Carolina assume proprio queste ultime sembianze, con 20 punti consecutivi al passivo dopo l’iniziale vantaggio per 7-0, un touchdown generato da pessimi angoli di placcaggio che hanno permesso la realizzazione della meta di 57 yard di D.J. Moore dopo un lancio corto, una mancata copertura di Mike Davis, lasciato completamente libero in endzone nell’ennesimo collasso difensivo, ed un Matt Ryan fermo ad un passaggio vincente nelle ultime tre uscite, protagonista di una gara qualitativamente povera errando continuamente nella misura delle sue conclusioni.

I Falcons restano all’asciutto in termini di vittorie nonostante la miglior partita di Todd Gurley dal dicembre di due anni fa, ovvero l’ultima occasione in cui aveva superato le 100 yard in singola partita, nonostante abbiano recuperato tre membri delle secondarie dimostrando che nemmeno gli infortuni possono essere una giustificazione se non parziale rispetto al disastro complessivo, e nonostante abbiano tenuto Carolina a soli tre punti per tutta la ripresa, avendo già concesso troppo nel primo tempo (17 i primi down concessi nei trenta minuti iniziali) e non riuscendo a traslare tale efficienza in attacco, con un quarterback irriconoscibile, fermo al 56% di completi e colpevole dell’intercetto subito in endzone nel quarto periodo, un altro segno che la testa in questo momento non c’è proprio.

PHILIP RIVERS

A giudicare dall’andamento della prima stagione di Rivers ai Colts, sembra che il declino del quarterback sia proprio inevitabile confermando una discesa cominciata nelle ultime due stagioni trascorse con l’uniforme dei Chargers. Anche la gara di domenica contro i Browns ha apportato la congrua dose settimanale di esempi, sottolineando una prestazione complessivamente povera che ha visto nuovi lanci infilati a forza in finestre che non esistono, fato appesantito dalla facile adattabilità delle difese nei confronti di un regista assai poco mobile e che risulta quindi più agevole da mettere a terra quando non lo si costringe a gettare via il pallone, andando a mortificare la presenza di una linea offensiva di prima qualità, di un congruo numero di playmaker offensivi, e di una difesa assai progredita rispetto a due o tre stagioni fa.

I Colts non possono essere considerati competitivi se non migliorano l’efficienza nelle ultime 20 yard, una responsabilità il cui peso ricade maggiormente sulle spalle del quarterback. Un giocatore come Rivers non fornisce difatti la possibilità di creare schemi particolarmente creativi o finte in grado di sbilanciare la difesa, anzitutto perché servono doti atletiche superiori che possono effettivamente costituire la differenza tra il realizzare un touchdown ed accontentarsi di un field goal, proprio quello di cui l’attacco di Indianapolis sta soffrendo più di tutto, e come confermato dal ventinovesimo posto detenuto nelle conversioni di terzo down in posizione interna alle ultime venti yard.

Sono cambiate molte dinamiche nel gioco degli ultimi anni e le difese sono molto più veloci, i draft prediligono giocatori atletici specializzati nell’apportare pass rush, e Rivers è diventato troppo facilmente attaccabile a causa del declino fisico di un giocatore che non è mai stato conosciuto per le doti di uscita dalla tasca. Una sola meta in nove drive offensivi non è una statistica che permette di giocarsela se non contro le squadre davvero pessime, e non possono essere sottovalutati i due intercetti con cui il quarterback ha concluso la sua gara personale, uno dei quali ha fruttato un touchdown a favore di Cleveland.

Una firma illustre di offseason, che sembra tuttavia più dannosa che altro.

HONORABLE MENTION: CINCINNATI BENGALS

Purtroppo per i Bengals non sussiste la fortuna di poter affrontare settimanalmente squadre come i Jaguars, e ci si deve conseguentemente scontrare con la durissima realtà divisionale, che domenica ha mostrato un impietoso confronto con i Ravens. Dopo i progressi mostrati nelle ultime tre settimane Joe Burrow ha trascorso un pomeriggio da incubo grazie soprattutto all’inefficienza della linea offensiva, che ha concesso 7 sack, mentre la difesa si è fatta disintegrare dalle corse dei Ravens andando a concedere due giocate superiori alle 30 yard. A Cincinnati è di nuovo calata la notte fonda.

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