Baltimore Ravens

Non mi piace usare iperboli – forse -, ma la stagione che stiamo per affrontare sarà di fondamentale importanza per i Baltimore Ravens e Lamar Jackson: dopo aver dimostrato di non essere un running back, togliendosi pure lo sfizio di portarsi a casa un MVP a soli 23 anni d’età, Jackson dovrà dimostrare di riuscire a replicare in postseason quanto fatto durante la regular season.
Come ogni dual-threat quarterback il numero 8 dei Ravens è un giocatore estremamente polarizzante, comicamente in grado di generare inutili dibattiti sull’Internet circa l’ontologia della posizione: ognuno è libero di avere la propria opinione sul buon Lamar, l’unica cosa che occorre sempre tener ben presente è il fatto che sia uscito sconfitto solamente in tre delle 22 partite di regular season giocate da titolare e sì, sono consapevole che questa statistica strida con le due sconfitte su due in postseason.
Con un po’ di lucidità – e studio di film – si può però facilmente comprendere il fatto che le colpe della sconfitta contro i Titans non siano da additare esclusivamente a suo carico poiché fra drop, pessime scelte da bordocampo e… scusate, credo di averne già parlato abbastanza in questi mesi.

In pieno stile Ravens post-rivoluzione Jacksoniana, la forza motrice dell’intera squadra sarà il gioco di corse, confermato e ritoccato durante l’offseason in quanto all’ottimo trio Ingram-Edwards-Hill è stato aggiunto J.K. Dobbins, fit schematico pazzesco per il reparto di Greg Roman che molto probabilmente prima o poi soffierà ad Ingram la maglia da titolare; per quanto concerne il gioco aereo quest’anno la volontà sembra quella di far volare l’ovale con maggior convinzione facendo più affidamento sui wide receiver, in modo particolare sul rinvigorito e finalmente sano Hollywood Brown, da mesi indicato come credibilissimo candidato ad una breakout season: a dividere con lui le fastidiose attenzioni delle secondarie avversarie oltre al promettente Boykin ed ai veterani Snead e Moore ci saranno i rookie dalle mani sicure Proche e Duvernay, selezionati proprio per scongiurare il rischio che pure quest’anno la stagione possa essere decisa da sciagurati drop.
Nonostante l’addio di Hayden Hurst credo che il pacchetto di tight end di Baltimore possa ancora essere considerato uno dei migliori della lega, in quanto ad affiancare l’affidabile blocker Boyle ci sarà un Mark Andrews voglioso di oltrepassare per la prima volta in carriera quota mille yards.
Tutto ciò senza dimenticare il fantastico, versatile, unico ed inimitabile Patrick Ricard, full back all’occorrenza defensive tackle a cui solo coach Harbaugh poteva trovare un ruolo in questa lega.

La linea d’attacco, probabilmente il vero fiore all’occhiello dei Ravens versione 2019, dovrà trovare un modo per sopravvivere al ritiro del futuro Hall of Famer Marshal Yanda: per il momento il candidato numero uno al posto di guardia destra sembra essere l’esperto e massiccio D.J. Fluker, anche se non dobbiamo escludere a priori i giovani Phillips e Bredeson.
Il duo Brown-Stanley proteggerà Lamar Jackson dai furibondi attacchi dei pass rusher avversari tentando di confermarsi come una delle migliori coppie di tackle della lega, mentre a completare il reparto facilmente troveremo Bradley Bozeman come guardia sinistra ed uno fra Patrick Mekari ed il rientrante Matt Skura come centro.

Come detto circa un centinaio di volte da marzo a questa parte, la missione principale della scorsa offseason è stata quella di ridurre al minimo le probabilità di disastri come quello occorso contro i Titans e gli innesti di Calais Campbell e Derek Wolfe ribadiscono piuttosto chiaramente tale concetto: nonostante l’età avanzata Campbell rimane un playmaker assolutamente in grado di decidere l’esito di una partita con la propria brillantezza ed il fatto che sia riuscito ad inanellare stagioni perlomeno da Pro Bowler in quel disastro di Jacksonville ci fornisce un’indicazione piuttosto esaustiva circa la qualità del giocatore e della persona.
L’addio di Michael Pierce si farà sentire principalmente nel momento in cui Baltimore sarà chiamata a difendersi dagli attacchi via terra avversari, ma la combo Williams-Wolfe credo sarà in grado di non farne rimpiangere l’assenza: di Wolfe mi intriga particolarmente l’abilità nel portare pressione al quarterback avversario che gli ha permesso di concludere il 2019 con 7.0 sacks in dodici sole partite.

Il corpo linebacker potrà contare anche quest’anno su un Matt Judon fresco di Pro Bowl e voglioso di guadagnarsi il tanto bramato – ma a mio avviso non totalmente meritato – contratto della vita: il pass rush, in ogni caso, non dipenderà solo da Judon poiché giovinastri come Ferguson, Bowser ed il rookie Harrison avranno modo di giocare parecchi snap nella speranza di affermarsi come risposta definitiva ad un problema che perseguita Baltimore dallo scioglimento del duo Suggs-Dumervil, anche se attenzione al veteranissimo McPhee ché in un modo o nell’altro al quarterback sa ancora arrivarci.
A capitanare il centro della difesa troveremo la scelta al primo round Patrick Queen, linebacker con tutte le carte in regola per portare avanti la ricca tradizione nella posizione, affiancato molto probabilmente da L.J. Fort: le aspettative su Queen potrebbero forse essere eccessive ma visti i mezzi atletici e cognitivi non pretendere tanto da un giocatore così talentuoso non avrebbe assolutamente senso.

Da dove posso iniziare con la secondaria?
Mi permettete di tornare velocemente all’addio di Earl Thomas? Perché vi sto chiedendo il permesso?
Signori, i Ravens sono una franchigia giovane che nei 25 anni di storia è – circa – sempre stata ai vertici della AFC grazie soprattutto ad unione d’intenti, coerenza e cultura: che senso avrebbe mettere a repentaglio gli equilibri dello spogliatoio per un giocatore che non ha mai dimostrato di voler adattarsi al nuovo regime schematico?
La secondaria dei Ravens è incredibilmente profonda e talentuosa, e nonostante DeShon Elliott non avrà mai lo stesso appeal di Thomas se potenzialmente potrebbe essere più congeniale al loro schema che senso ha tenersi in seno una bomba ad orologeria come l’ex Seahawks?
Dilungarmi su questo reparto mi pare poco sensato, soprattutto dopo averne parlato in lungo e in largo in separata sede, ma non potendomi esimere dal dovere contrattuale, facciamo una breve carrellata: il duo titolare sarà composto dagli ottimi Peters e Humphrey, probabilmente affiancati da Tavon Young ed il jolly Jimmy Smith, a cui guarderanno le spalle il sopracitato Elliott e Chuck Clark, l’ottimo Chuck Clark.

Confermatissimo pure quest’anno il trio delle meraviglie Tucker-Koch-Cox, o come preferirebbero loro Wolfpack.
Come già anticipato in apertura, per i Ravens questo è un anno fondamentale nel quale, senza nascondersi dietro sottilissime dita, l’obiettivo deve per forza essere sollevare il Lombardi a febbraio: ovviamente per rendere realtà tutto ciò sarà necessario cominciare a vincere partite a gennaio, ma con un roster così profondo e ricolmo di talento questa teoricamente non dovrebbe essere una missione impossibile, anche se in NFL, specialmente quest’anno, le certezze sono merce rarissima.


Cincinnati Bengals

La premessa con i Cincinnati Bengals è piuttosto semplice: una volta raggiunto il fondo, teoricamente, si può solo risalire.
Questa frettolosa massima, nella vita come nel football, non è necessariamente vera e nonostante la storia dei Bengals ci abbia insegnato che essere ottimisti non ha assolutamente alcun senso, per una volta tanto i loro tifosi si approcciano alla stagione con comprensibile e legittimo entusiasmo: Joe Burrow signori, Joe Burrow.
Chiedere la luna ad un rookie non ha alcun senso, ma dopo aver assistito al dominio perpetrato lo scorso anno su qualsivoglia forma di competizione le aspettative sulla prima scelta assoluta sono alte, ed a ragione: Burrow, oltre che infinitamente talentuoso, sembra pure possedere tutte quelle intangibles che un vero franchise quarterback deve poter esibire.
Lancerà i suoi intercetti, cadrà nelle trappole tese da navigatissimi defensive coordinator, subirà i suoi sack, sbaglierà letture, ma posso garantirvi che Burrow è l’uomo che serviva a Cincinnati per porre fine all’odiosa inerzia nella quale erano precipitati nell’ultimo lustro.

Il meritato rinnovo contrattuale che legherà Mixon ai Bengals per i prossimi cinque anni permetterà all’ottimo running back di giocare spensierato e macinare yards come fatto negli ultimi due anni, anche se è inutile dilungarsi sul running game in quanto il reparto che tutti stanno attendendo è il corpo ricevitori messo a disposizione di Burrow.
Oltre al rientrante Green – potenzialmente arrugginito ma stiamo sempre parlando di A.J. Green – troveremo l’ottimo Tyler Boyd, reduce da due stagioni consecutive oltre quota mille yards nonostante un passing game quasi sempre bulimico, affiancato dall’intrigante Tee Higgins, giovane scelto al secondo round del draft con un probabile futuro da WR1: il giocatore che più mi affascina, però, è senza ombra di dubbio Auden Tate, ex scelta al settimo round fantastico nel vincere le fifty fifty jump ball.
E John Ross? Il velocissimo ricevitore, dopo aver dimostrato di essere in grado di ricevere l’ovale, dovrà trovare un modo per restare sano e dare a Burrow un deep threat potenzialmente senza eguali.
Chiuso il capitolo Eifert, il tight end titolare per il momento sarà C.J. Uzomah, anche se a questo punto coach Taylor ha valide ragioni per attendersi un salto di qualità da parte di Drew Sample, tight end selezionato al secondo round dello scorso draft ma capace di concludere la stagione da rookie solamente con cinque ricezioni.

Dopo anni di frustrazioni, infortuni e vera e propria incompetenza, la linea d’attacco è attesa da una stagione molto delicata ed importante che trova in Jonah Williams il perfetto esempio: la scelta al primo dello scorso draft, dopo aver saltato la stagione da rookie a causa di un grave infortunio alla spalla, si trova costretto a performare fin da subito in una posizione in cui come ben avrete presente è alquanto difficile rendere al meglio da subito.
Dall’altra parte della linea troviamo il disastroso Bobby Hart, giocatore la cui presenza in NFL non mi risulta ancora comprensibile, mentre partendo da destra troveremo Xavier Su’a-Filo come guardia destra, Trey Hopkins come centro e Michael Jordan come guardia sinistra: se siete storditi dall’assordante suono di sirene non preoccupatevi, è totalmente normale, poiché l’esclusione di Billy Price dalla formazione titolare non può lasciar sereno nessun tifoso di Cincinnati che nutriva ben altre aspettative da un giocatore selezionato al primo round del draft.

Attendersi sostanziali miglioramenti dal reparto difensivo potrebbe avere poco senso, ma non possiamo non apprezzare lo sforzo – standard piuttosto bassi, lo so – compiuto dal front office in offseason: il pezzo da novanta è indubbiamente D.J. Reader, ottimo run defender in uscita dagli Houston Texans che va ad aggiungersi ad una rotazione ricolma di potenziale e talento completata dal futuro Hall of Famer Geno Atkins – non iniziamo nemmeno il dibattito -, Sam Hubbard e Carlos Dunlap.
Reader sarà chiamato ad un’impresa difficile in quanto dovrà trovare un modo per rendere impermeabile un reparto che lo scorso anno concesse circa 150 rushing yards a partita, il peggior dato della lega: a tal proposito Cincinnati ha ingaggiato l’esperto Mike Daniels, buon run defender in grado di dare il proprio contributo su primo e secondo down.

Moltissimi interrogativi attanagliano il corpo linebacker, anche se non potrebbe essere altrimenti in quanto escluso il veterano Bynes troviamo quasi esclusivamente giovani come il sophomore Pratt o i rookie Wilson e Davis-Gaither: quanto detto prima circa l’incapacità di difendere le corse risulta ovviamente valido anche per i linebacker, mai mostratisi capaci di rallentare la metodica marcia con la quale gli avversari lavorarono ai fianchi la fiacchissima difesa dei Bengals versione 2019.
Prevedere miglioramenti rispetto a quanto fatto vedere l’anno scorso è piuttosto facile, poiché si potrebbe dire con certezza quasi scientifica che il corpo linebacker fosse il reparto più inetto di una squadra a tratti impresentabile.

La secondaria partirà con un grave handicap, ossia l’assenza dello strapagato Trae Waynes che a causa di un infortunio al pettorale sarà costretto a saltare gran parte della stagione: al suo posto molto facilmente troveremo qualcuno fra i neo-arrivati Alexander e Sims, alternative non sicuramente esaltanti che molto probabilmente non saranno in grado di incutere timore nel cuore dei quarterback avversari e farli desistere dalla tentazione di direzionare l’ovale al ricevitore da loro marcato.
Dall’altra parte del campo ci sarà l’un tempo promettente William Jackson III alle cui spalle troveremo l’ex Saints Vonn Bell e Jessie Bates III, giocatore che dopo un’ottima stagione da rookie è tristemente regredito nel 2019.
A calciare l’ovale qua e là ci penseranno il kicker Bullock ed il punter Huber mentre il long snapper sarà ancora una volta il veteranissimo Clark Harris.

Non ha senso parlare di playoff o chissà cosa, sei vittorie potrebbero bastare a ribadire che finalmente questa franchigia sia direzionata verso qualcosa anche solo lontanamente inscrivibile al campo semantico del successo e, soprattuto, che quel Zac Taylor in panchina non sia l’ennesima imitazione venuta male di Sean McVay ma una brillante allenatore con il quale Burrow andrà a formare un indissolubile binomio potenzialmente in grado di risvegliare l’entusiasmo in una fanbase spesso bistrattata.


Cleveland Browns

Morte, tasse e che il prossimo anno sarà quello buono per i Cleveland Browns: ah no?
Dopo un 2019 decisamente deludente i Browns si affacciano all’imminente stagione con una sola certezza, ovverosia che l’hype da solo non è in grado di vincere partite di football americano: quanti di noi – me probabilmente compreso – avevano pronosticato una stagione da circa dieci vittorie ed il conseguente ritorno in pompa magna ai playoff?
Purtroppo per loro, tutti i tifosi e vari simpatizzanti la gestione Kitchens ha fatto passare per idiota chiunque che, molto matematicamente e freddamente, sommando i vari addendi era convinto di ottenere un risultato soddisfacente: in tutto ciò, cosa ci si può attendere da Baker Mayfield?
Decisi e decisivi passi in avanti rispetto al disastro della scorsa stagione?
Personalmente reputo assolutamente possibile una seconda, meno fragorosa, breakout season in quanto credo che Stefanski e l’approccio run first siano esattamente tutto ciò di cui l’attacco di Cleveland e Mayfield abbiano bisogno per ritrovare la retta via: avete presente quanto fatto lo scorso anno con Kirk Cousins a Minnesota? Una cosa del genere, più o meno, forse: lo so, sono piuttosto conservativo ed incerto, ma come si può essere convinti di qualcosa con i Cleveland Browns?

Mi aspetto grandissime cose dal duo Chubb-Hunt, facilmente il miglior one-two-punch della lega, ed anche se Hunt ruberà portate a Chubb – frustrando nel mentre milioni di fantagiocatori – sono abbastanza convinto che l’ottimo RB dei Browns avrà il modo di racimolare qualcosa come 1300/1400 yards, anche perché quest’anno molto probabilmente correrà dietro una linea d’attacco sensibilmente migliorata rispetto a quella del 2019: i due innesti più importanti dell’offseason sono stati i tackle Wills Jr. e Conklin, il primo arrivato tramite la scelta al primo round al draft mentre il secondo aggiunto – e pagato profumatamente nel mentre – via free agency.
Oltre che a fluidificare il running game i due tackle avranno anche modo di fornire una protezione decisamente più adeguata a Mayfield, ad onor del vero condannato a giocare dietro i pessimi Robinson e Hubbard, tackle assolutamente inadeguati; il centro della linea d’attacco rimarrà immutato con Teller guardia destra, Tretter centro e l’ottimo Bitonio guardia sinistra.

Il receiving corp, se ci concentriamo solo sui wide receiver, si presenta pressoché identico a quello della scorsa stagione: c’è grande attesa per l’annata del riscatto di Odell Beckham Jr. reduce da un deludente primo anno in Ohio ricolmo di drop, apatia ed una fastidiosa assenza di target. Jarvis Landry continuerà, come sempre, a fare il suo dovere senza ricevere particolari lodi mentre Rashard Higgins dovrà guardarsi le spalle dal rookie Donovan Peoples-Jones.
Novità molto importanti invece nel ruolo di tight end, in quanto a fianco dell’evanescente e spesso insipido Njoku troveremo Austin Hooper, arrivato dai Falcons per permettere a Stefanski di giocare con il 12 personnel – un RB e due tight end -, anche se facilmente il rookie Harrison Bryant potrebbe addirittura dargli l’opportunità di schierare il 13 personnel – un RB e tre tight end – in modo da creare mismatch da sfruttare a ripetizione.

Il reparto difensivo si presenta grosso modo uguale a quello dello scorso anno con la più grande novità riguardante Myles Garrett, fresco di rinnovo contrattuale e voglioso di lasciarsi alle spalle a suon di sack il brutto episodio che lo ha visto protagonista lo scorso anno: ad aiutarlo nella sua missione di distruzione ci sarà Olivier Vernon, reduce sì da una prima annata piuttosto sottotono ma ciò nonostante sempre minaccioso.
Il centro della linea difensiva sarà puntellato da Larry Ogunjobi e Sheldon Richardson, coppia sulla carta di primissimo livello che nonostante l’immenso potenziale è stata fra le cause del disastro in difesa delle corse, aspetto del gioco nel quale solamente Washington e Cincinnati si sono rivelate essere più inette.
A tal proposito potrebbe tornare comoda l’acquisizione del rookie Jordan Elliott anche se difficilmente basta un giocatore per guarire i mali di un intero reparto.

Situazione piuttosto difficile quella dei linebacker, soprattutto dopo l’infortunio del promettente Mack Wilson: il reparto sarà affidato ad un mix di giovani di buone speranze e veterani non eccessivamente costosi.
A rappresentare i primi troviamo Sione Takitaki, il rookie Jacob Phillips e Tae Davis mentre per i secondi B.J. Goodson e l’oramai dimenticato Super Bowl MVP Malcolm Smith.
Nutrire aspettative particolarmente alte per questo reparto rischia di avere poco senso ma considerata la giovane età della maggioranza dei componenti potremmo andare in contro a piacevoli sorprese.

La secondaria dovrà rinunciare all’iper-promettente rookie Grant Delpit, perso per infortunio durante il training camp dopo aver dato segnali alquanto positivi: per rimpiazzarlo Cleveland ha acquisito via trade Ronnie Harrison, ennesimo giocatore messo alla porta da dei Jaguars chiaramente in rebuilding.
I cornerback titolari saranno i giovani e talentuosi Denzel Ward e Greedy Williams, giocatori sui quali Cleveland investì pesantemente al draft e con tutti i mezzi per affermarsi come una delle migliori coppie di cornerback della lega: a dar profondità al reparto troviamo gli esperti e navigati Kevin Johnson e Terrance Mitchell.
Il retro della difesa, oltre che ad Harrison, sarà affidato ad Andrew Sendejo, ex-Vikings utilissimo a Stefanski come uomo spogliatoio e Karl Joseph, anche se occorre prestare attenzione a Sheldrick Redwine, potenzialmente in grado di guadagnarsi una maglia da titolare lungo la stagione.
A fianco dell’eroe scozzese Jamie Gillan troveremo il kicker Austin Seibert mentre il long snapper sarà Charley Hughlett.

Dopo la pazzesca delusione dello scorso anno i Browns sono circondati da una tetra nube di mistero che ci costringe ad approcciarci a loro con estrema cautela per evitare di rimediare ulteriori figuracce: sciocchezze a parte, Cleveland questa volta sembra costruita in modo vincente secondo un’ideologia ben precisa, ovverosia quella di muovere le catene via terra rendendo il passing game complementare.
Con i quarterback, purtroppo, di pazienza in questa NFL ce n’è gran poca, motivo per cui Mayfield dovrà trovare un modo per rendere al massimo nonostante una pressione che potrebbe schiacciare qualsiasi altro essere umano: con Stefanski, credo, il riscatto potrebbe essere possibile.


Pittsburgh Steelers

Uno più uno fa sempre due?
La risposta a questa apparentemente elementare domanda avrà risvolti molto importanti per gli Steelers, squadra reduce da una stagione negativa nel risultato ma estremamente positiva per altri fattori, primo fra tutti l’emergenza di un reparto difensivo potenzialmente in grado di soffocare qualsiasi attacco: se a ciò aggiungiamo il rientro del futuro Hall of Famer Big Ben Roethlisberger, capire il perché della mia domanda d’incipit diventa molto più facile.
Pittsburgh possiede uno dei roster più talentuosi della lega e dopo anni trascorsi ad essere una squadra trainata dal proprio attacco – come dimenticare le quattro B – ha riscoperto il proprio animo difensivo grazie ad un front seven di primissimo livello al quale si è aggiunto una secondaria ravvivata dall’innesto di Minkah Fitzpatrick.

La storia dell’offseason, e presumibilmente della regular season, vede come protagonista il rientrante Roethlisberger, quarterback vicino ai 39 anni sul quale stato di forma si sa ben poco: sarà in grado di giocare ai suoi livelli?
Sarà in grado di elevare un passing game sicuramente non esaltante dando nuovamente modo al gioco di corse di muovere le catene con consistenza?
Gli interrogativi sono veramente tantissimi, anche se credo che al momento tutto ciò che serve agli Steelers sia un attacco da metà classifica in grado di tenere fresco il reparto difensivo e di mettere a referto, consistentemente, almeno venti punti a partita: con una difesa del genere non è assolutamente necessario andare oltre quota trenta come negli anni passati.
Il rientro di Roethlisberger, sulla carta, dovrebbe giovare ad un gioco di corse che vuoi per i box pieni, vuoi per i continui infortuni di Conner non è più stato lo stesso dalla partenza di Le’Veon Bell: alle spalle del fragile Conner troviamo giovani come Benny Snell ed il rookie Anthony McFarland, giocatori che potrebbero essere chiamati a gestire un buon numero di portate qualora il running back titolare dovesse soffrire nuovi infortuni.
Attenzione anche a Jaylen Samuels, atipico running back capace di rendere al meglio ricevendo il pallone.

Il livello del receiving corp, purtroppo per loro, è anni luce distante da quello di qualche anno fa, in quanto Smith-Schuster è reduce da un 2019 veramente difficile – complicato, ad onor del vero, dall’assenza di Roethlisberger -: credo che però il simpatico JuJu avrà modo di riscattarsi anche grazie alla presumibile esplosione di Diontae Johnson, receiver che molti analisti vedono pronto a decollare.
Il reparto è completato dall’enigmatico James Washington che dovrà guardarsi le spalle dal rookie Chase Claypool, ragazzo fisicamente imponente ma ciò nonostante in grado di bruciare i cornerback con la propria velocità.
Su terzo down Big Ben potrà contare sul neo-arrivato Eric Ebron, reduce da un’annata piuttosto deludente dopo un fantastico 2018: dietro di lui nella depth chart troviamo il solito McDonald, presenza importante soprattutto in red zone.
La linea d’attacco per quattro quinti sarà identica a quella dello scorso anno con Villanueva left tackle, Pouncey centro, DeCastro right guard e Feiler right tackle: tranquilli, ho omesso volontariamente la guardia sinistra per creare un po’ suspense, in quanto a rimpiazzare il ritirato Ramon Foster ci penserà il due volte campione del mondo Stefen Wisniewski, a mio avviso il più grande steal della scorsa free agency poiché messo sotto contratto ad una cifra ridicola nonostante esperienza e bravura difficilmente reperibili altrove.
Proteggere un quarterback sinistramente vicino ai 40 anni è alquanto importante, motivo per cui questo reparto dovrà performare a livelli altissimi per scongiurare il rischio che si ripeta quanto visto lo scorso anno.

La linea difensiva di Pittsburgh, nonostante la mia vergognosa omissione dalla Top Five, rimane una delle migliori della lega malgrado l’addio dell’ottimo Javon Hargrave, approdato a Philadelphia a rimpolpare un’altra D-line estremamente competente: a rimpiazzarlo probabilmente troveremo l’esperto Dan McCullers, nose tackle non in grado di arrivare al quarterback avversario con la stessa facilità di Hargrave ma che grazie alla brillantezza dei compagni di reparto dovrebbe comunque riuscire a rendere difficile la vita dei running back avversari.
Oltre a McCullers troviamo lo splendido Cam Heyward, giocatore che se non fosse per Aaron Donald sarebbe facilmente considerato il miglior defensive tackle della lega, Stephon Tuitt, altro incredibile lineman capace di portare pressione al quarterback avversario con atipica assiduità: danno profondità al ruolo comprimari come Tyson Alualu e l’ex-Ravens Chris Wormley.

Il corpo linebacker, sulla falsariga della linea difensiva, è ciò che permette a questa difesa di eccellere in quanto dopo anni di frustrazione Bud Dupree ha finalmente messo in mostra come mai Pittsburgh avesse investito una scelta al primo round per lui: certo, la vita è molto più facile quando dall’altra parte c’è un giocatore del calibro di T.J. Watt, il miglior edge defender del 2019 secondo gli analisti di Pro Football Focus. Watt in questi anni ha dimostrato non solo di poter arrivare al quarterback a proprio piacimento ma pure di essere un pericolosissimo playmaker come testimoniatoci dagli otto fumble causati lo scorso anno ai quali vanno aggiunti due intercetti, merce rara per un outside linebacker.
Il centro della difesa sarà in mano al sophomore Devin Bush, giovane con tutte le carte in regola per diventare perenne Pro Bowler, e al buono ma mai ottimo Vince Williams: attenzione però al rookie Alex Highsmith, outside linebacker che potrebbe permettere a Pittsburgh di lasciar migrare verso altri lidi Bud Dupree.

Il livello della secondaria si è alzato esponenzialmente dopo l’approdo in Pennsylvania di Minkah Fitzpatrick, safety onnipresente con un fiuto per l’ovale senza pari: ovviamente non possiamo puntare tutti i riflettori verso l’ex-Dolphins, in quanto il duo Nelson-Haden l’anno scorso è stato fra i migliori della lega.
Non dimentichiamoci del folle blitzer Mike Hilton, anche se c’è molta curiosità per quanto concerne il posto di strong safety poiché Terrell Edmunds potrebbe essere schierato come middle linebacker, aprendo così le porte a Jordan Dangerfield.
Lo special teams rimane identico a quello dello scorso anno con il rinato Boswell kicker, Jordan Berry punter e Kameron Canaday long snapper.

Pittsburgh ha una ghiotta opportunità di prendersi il titolo di mina vagante della AFC, anche se per una squadra del genere ciò potrebbe non bastare: con questa quantità di talento a roster gli Steelers hanno tutte le carte in regola per farsi una lunga e soddisfacente cavalcata in postseason, anche se il reparto offensivo sembra essere attanagliato da troppi interrogativi, primo fra tutti quello riguardante il proprio quarterback.
Qualora Roethlisberger dovesse dimostrare di essere qualcosa di diverso da un quasi 39enne rientrante da un infortunio, Pittsburgh potrebbe togliersi grosse soddisfazioni.

2 thoughts on “AFC North 2020 Preview

  1. Bravo Mattia, analisi competenti e lucide. Rarissimo in lingua Italiana.
    Sono disponibili le analisi delle altre Divisions?

    • Certo, sono uscite in questi giorni! Le trovi qua o navigando sulla nostra pagina di FB!

Commenta

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.