Anni fa avevo avuto la brillante – ah, la gioventù – idea di inserire i quarterback nei vari backfield insieme ai running back e ciò ha ovviamente sfalsato l’intera classifica: vi dico solo che a causa del duo Murray-Henry avevo posizionato il “backfield” dei Titans prima di quello dei Patriots e ciò, ovviamente, implicava che Marcus Mariota e Matt Cassell si trovassero davanti a Tom Brady e Jimmy Garoppolo.
Posso imputare il tutto alla giovane età?
Come insegnatoci lo scorso anno dai Saints, avere una valida alternativa nella posizione più importante del gioco è fondamentale, pertanto nonostante il miglior quarterback della lega sia indiscutibilmente Patrick Mahomes, non troverete i Kansas City Chiefs sul gradino più alto del podio proprio perché il fine ultimo di questa graduatoria è premiare la profondità: a questo punto sono discretamente convinto che abbiate già in mente chi possa trovarsi al primo posto.
Ciò nonostante, lasciatemi provare a dare un senso al tutto.

5) Kansas City Chiefs

Giocatori: Patrick Mahomes, Chad Henne, Jordan Ta’amu.

La profondità in questo caso non esiste, in quanto Chad Henne è sì un veterano in grado di non essere sopraffatto da ciò che succede in un campo NFL, ma non prendiamoci in giro, senza Mahomes la stagione dei Kansas City Chiefs prenderebbe una brutta piega: lo scorso anno sono riusciti a sopravvivere ad un’assenza protrattasi solamente per un paio di partite, ma qualora il fenomenale numero 15 dovesse rimediare perdere almeno un mese sperare che Henne sia in grado di farli vincere consistentemente è pura utopia.
Durante la breve vita della XFL Ta’amu ha dato prova di abilità atletiche perlomeno intriganti, ma senza girarci troppo attorno vi confesso che li ho inseriti in quanto obbligato: Mahomes – Donald a parte – è il giocatore più dominante presente in NFL e lasciarlo fuori da una qualsivoglia graduatoria incentrata sui quarterback sfalserebbe immediatamente il mio intero articolo.

4) Indianapolis Colts

Giocatori: Philip Rivers, Jacoby Brissett, Jacob Eason, Chad Kelly.

Philip Rivers è un quarterback estremamente polarizzante assolutamente incapace di mettere d’accordo l’Internet: fra chi, principalmente facendo riferimenti agli ottimi numeri, lo ritiene uno dei più grandi quarterback di sempre e chi invece lo bolla come eterno incompiuto mai in grado di compiere il passo decisivo, io mi schiero nel mezzo tendendo un po’ più verso la prima corrente di pensiero. Potete dire quello che volete sulla bandiera dei Chargers, potete porre alla mia attenzione strampalati intercetti od espressioni facciali da film di Mel Brooks, ma Rivers passerà alla storia come uno dei migliori 20-25 quarterback della storia NFL, Super Bowl o meno.
Jacoby Brissett, nonostante una seconda metà di 2019 alquanto deludente, ha dimostrato di poter essere uno starter che, se inserito nel contesto giusto, è in grado di tenere a galla la propria squadra: avessi redatto questo pezzo un anno fa molto probabilmente il mio giudizio nei suoi confronti sarebbe stato più entusiasta.
Eason, invece, è un talento alquanto interessante che se sviluppato con pazienza nel modo corretto potrebbe, prima o poi, contendere per una maglia da titolare: il braccio è assolutamente in grado di svolgere ogni mansione richiesta ad un quarterback, la vera incognita ora come ora sta tutta nell’abilità di processare le informazioni ad una velocità adeguata e prendere consistentemente la decisione giusta.
Chad Kelly non credo sopravviverà la girandola di tagli di fine agosto, ma visto il suo passato da travalicatore di proprietà private scommettere contro di lui non è la migliore delle idee.

3) Baltimore Ravens

Giocatori: Lamar Jackson, Robert Griffin III, Trace McSorley, Tyler Huntley.

A proposito di giocatori polarizzanti… Lamar Jackson!
Che vi piaccia o meno, l’iper-atletico quarterback – ma icsdì è un running back emoji-che-ride emoji-che-ride-in-diagonale – ha dimostrato di essere un ottimo passer in grado di inanellare vittorie – EH MA AI PLAYOFF?! – su vittorie e di evitare con lodevole costanza gli errori: signori, posso capire le vostre riserve circa il dubbio record ai playoff, ma se il ragazzo a soli 23 anni è stato capace di vincere l’MVP deduco che un filino di abilità sia presente in lui.
RGIII, sebbene mai in grado di mantenere le enormi promesse con le quali si è affacciato alla NFL, durante i suoi anni a Baltimore ha dimostrato di poter essere un affidabile piano B totalmente in grado di orchestrare il peculiare reparto offensivo dei Ravens: non a caso molte voci di corridoio lo vedono costantemente con la valigia in mano pronto a migrare in una squadra nella quale potrebbe competere seriamente per la maglia da titolare.
McSorley, analogamente a Griffin, è un quarterback costruito appositamente per l’attacco dei Ravens ed il suo atletismo gli permetterebbe, ipoteticamente, di portare avanti la filosofia offensiva di Greg Roman: ciò nonostante potete stare sicuri che malgrado l’affetto e la stima coltivato dallo staff tecnico, chiunque a Baltimore si augura caldamente che l’attacco non debba essere guidato da McSorley.
Terzo posto meritato poiché Baltimore ha messo insieme una quarterback room di cui avevano esattamente bisogno.

2) Dallas Cowboys

Giocatori: Dak Prescott, Andy Dalton, Ben DiNucci, Clayton Thorson.

Vedetela come volete, come un segno tangibile del deterioramento della mia sanità mentale o come un masochistico tentativo di sbugiardare il mio lavoro, ma personalmente ritengo Dak Prescott un quarterback estremamente valido ed affidabile: ho ben presente che le statistiche contro le squadre più toste impallidiscano dinanzi a quelle messe insieme contro formazioni ben più umili – ergo il resto della NFC East -, ma in questi anni tutto ciò che ha fatto l’ex scelta al quarto round è stato vincere, vincere ed ancora vincere.
Il vero motivo per cui i Cowboys possono essere definiti i vincitori morali della graduatoria – i primi classificati in questo caso erano alquanto ovvi – risiede però nel backup, ovvero il neo-arrivato Andy Dalton: sono pienamente consapevole del fatto che l’ultimo lustro non sia stato particolarmente ricco di soddisfazioni per lui e per i Bengals, ma definire il roster di Cincinnati con un termine diverso dal tecnicismo trash saprebbe di forzato eufemismo.
Dalton è un veterano assolutamente capace di entrare e non solo di non farti perdere la partita, ma di vincerla: con un corpo ricevitori come quello dei Cowboys ed una delle migliori linee d’attacco della lega – senza dimenticare un running game iper-produttivo – Dalton sarebbe tranquillamente in grado di tenere in piedi la baracca e di mettere insieme statistiche da Pro Bowler.
L’ho detto.

1) New Orleans Saints

Giocatori: Drew Brees, Jameis Winston, Taysom Hill, Tommy Stevens.

Ma dai, chi l’avrebbe mai detto che questa prima Top Five l’avrebbero vinta i New Orleans Saints – e per fortuna, qualcosa dovranno pure vincere – ?
Parlare di Drew Brees a questo punto della carriera non ha molto senso, non sarà sicuramente uno stanco centinaio di mie parole a farvi comprendere la brillantezza di uno dei più efficienti quarterback della storia del gioco; ciò su cui vorrei concentrarmi è piuttosto la strana coppia Winston-Hill: nonostante i tanti comici, evitabili, indefessi ma ciò nonostante sempre apprezzabili errori, rimango convinto che l’ex prima scelta assoluta sia in possesso di un braccio indiscutibilmente talentuoso sul quale valga la pena insistere.
Il problema di Winston, non la giustificazione, sta nella testa e nella mentalità never say die che lo porta a sparacchiare orripilanti lanci in bocca ad una triple coverage piuttosto che vivere per il down successivo e lanciarla fuori: qualora coach Payton dovesse riuscire in ciò che Arians e Koetter hanno fallito, ovvero cambiare completamente il suo modo d’interpretare il proprio ruolo, i Saints sono in possesso di un franchise quarterback capace di mantenerli rilevanti una volta che si ritirerà Brees… salvo che tale lavoro non sia già stato assegnato all’intrigante Hill, quarterback coltellino svizzero capace di svolgere ogni singola mansione riservata ad uno skills player. È chiaro che Sean Payton lo veda come più di un “semplice” X factor da mandare in campo una manciata di volte ad uscita, pertanto possiamo dire con tranquillità che al momento nel roster dei Saints presenziano tre quarterback che oggi o fra non molto tempo potranno essere under center a tempo indeterminato.
E Tommy Stevens? Poveretto, per ora è lì.

Fuori ma meritevoli di menzione: Philadelphia Eagles, Tampa Bay Buccaneers, Green Bay Packers, Philadelphia Eagles ed i Seattle Seahawks che c’hanno Russell Wilson che compensa per Geno Smith e per ogni disgrazia dell’umanità.

One thought on “NFL Top Five: le migliori quarterback room in vista del 2020

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