Il recente rinvio dell’amichevole – se così si può chiamare – fra Steelers e Cowboys in programma un paio di giorni prima della cerimonia d’introduzione nella Hall of Fame mi ha fatto riflettere su varie cose, prima fra tutte la sempre più concreta possibilità che a settembre le nostre domeniche non possano contare sull’intrattenimento NFL: a parte ciò, ogni volta che si parla di Hall of Fame i miei pensieri vanno a tutti quei giocatori che nonostante carriere stratosferiche non possono ancora esibire con motivata fierezza la propria meritata giacca dorata.
Partendo – come sempre – dalla AFC vediamo, squadra per squadra, chi meriterebbe maggiormente tale onore.

AFC NORTH

Baltimore Ravens

Peter Boulware, OLB

Forzatissima, lo ammetto: nella breve storia dei Ravens, franchigia che festeggia quest’anno il venticinquesimo compleanno, praticamente chiunque veramente meritevole è stato inserito nella Hall of Fame, in quanto Reed, Ogden e Lewis sono entrati pressappoco immediatamente mentre gente come Yanda o Suggs credo che non avrà troppi problemi a trovare un posto, quando arriverà il loro momento.
Boulware, insieme al cornerback Chris McAlister, fu un ingranaggio fondamentale nel terrificante meccanismo che era il loro reparto difensivo del 2000: nelle prime sette stagioni fra i professionisti ha accumulato ben 67.5 sacks, ma purtroppo per lui negli ultimi due anni di carriera – fra cui uno perso per infortunio – è riuscito ad atterrare il quarterback avversarie solamente in due occasioni… e mezzo.
Con più longevità e quindi – presumibilmente – un centinaio di sacks sarebbe potuto essere tenuto in considerazione per la Hall of Fame.

Cincinnati Bengals

Boomer Esiason, QB

Dopo un tiratissimo testa a testa con Chad “Ochocinco” Johnson ho deciso di “premiare” – si può usare questo verbo? – Boomer Esiason: nonostante numeri che se rapportati a quelli di un quarterback contemporaneo potrebbero essere definiti perlomeno dubbi, Esiason è stato uno dei migliori quarterback degli anni ’80 come testimoniato da quattro convocazioni al Pro Bowl, un MVP, un Walter Payton Man of the Year Award ed un Super Bowl perso per un misero drive.
A mio avviso se Lewis Billups non avesse droppato quel maledetto intercetto e, di conseguenza, Cincinnati avesse vinto il Super Bowl, Esiason sarebbe tranquillamente un Hall of Famer.

Cleveland Browns

Clay Matthews Jr., LB

Uno dei tanti membri del clan Matthews, il padre del biondissimo Clay è stato uno dei migliori linebacker della propria generazione principalmente grazie ad una longevità impressionante che gli ha permesso di giocare ben 19 stagioni: in questo immenso arco temporale ha ricevuto quattro convocazioni al Pro Bowl ma, soprattutto, ha perso tre AFC Championship Game in quattro anni sempre e comunque contro gli stessi maledettissimi Denver Broncos.
La sola longevità, purtroppo, non basta a guadagnarsi una giacca dorata: come nel caso di Esiason un Super Bowl – o più – lo avrebbero sicuramente aiutato ad aggiungere questo pregiato capo d’abbigliamento al proprio guardaroba.

Pittsburgh Steelers

Alan Faneca, OG

Questa francamente non riesco a spiegarmela in quanto nel palmares di Faneca troviamo assolutamente tutto ciò che un giocatore di football americano può riuscire a vincere in una carriera: un Super Bowl, nove Pro Bowl, sei First Team All-Pro, due Second Team All-Pro ed un ovvio posto nella squadra ideale del primo decennio del ventunesimo secolo.
Il fatto che non sia ancora stato introdotto nella Hall of Fame mi inquieta e non poco in quanto ero piuttosto convinto che fossimo arrivati ad un punto nella storia in cui grazie alle varie statistiche avanzate sottovalutare il contributo di un offensive lineman oltre che anacronistico fosse pure impossibile: sbagliavo.

AFC EAST

Buffalo Bills

Steve Tasker, WR/Special teamer

Qua entriamo in un discorso intricato e nel quale mi sento emotivamente coinvolto: il ruolo non deve precludere ad un giocatore l’opportunità di entrare nella Hall of Fame.
Non voglio convincervi del fatto che un gunner sia importante tanto quanto un quarterback, sarei patetico, ma un giocatore che in quattordici anni di carriera ha trovato spazio sette volte nel First Team All-Pro deve essere inserito nella Hall of Fame: credetemi, anche lui è uno dei motivi per cui i Bills hanno preso parte a quattro Super Bowl consecutivi.
Vediamo se Matthew Slater grazie ad una vasta varietà di Super Bowl riuscirà nell’impresa.

Miami Dolphins

Zach Thomas, LB

Ad onor del vero manca il Super Bowl, ma da quando il Lombardi è la discriminante per l’ingresso in Hall of Fame?
Thomas nel corso della propria stupenda carriera ha racimolato sette convocazioni al Pro Bowl, cinque First Team All-Pro, due Second Team All-Pro ed un indiscutibile posto nella formazione ideale della prima decade del secolo: macchina da tackle onnipresente, Thomas è stato uno dei difensori più temuti della propria generazione principalmente grazie ad un’invidiabile intelligenza che gli permetteva di anticipare ogni singola mossa del reparto offensivo avversario.
Pochi mesi fa è rimasto fuori dalla classe del 2020 dopo esser diventato finalista per la prima volta, pertanto credo che sia questione di tempo prima che riceva il meritatissimo premio alla carriera.

New England Patriots

Richard Seymour, DT

Analogamente a Thomas, pure Seymour qualche mese fa ha visto il proprio sogno infrangersi sul più bello – per il secondo anno consecutivo – e, sempre analogamente al rivale divisionale, prima o poi troverà il modo di entrare nella Storia del gioco con la esse maiuscola: durante la propria carriera Seymour ha vinto tutto quello che un giocatore professionista di football può vincere, fra cui tre magnifici Super Bowl con i Patriots nei quali è stato uno dei giocatori più importanti durante la prima parte della dinastia.
Membro dell’All-Decade Team, Seymour è apprezzabile anche per la longevità in quanto è riuscito a guadagnarsi due pregevoli convocazioni al Pro Bowl anche dopo aver firmato con i ben meno competitivi Oakland Raiders: fidatevi di me, fra non troppi anni avremo modo di vederlo indossare quella maledetta giacca.

New York Jets

Mark Gastineau, DE

Gastineau, dopo Namath, è stato probabilmente il giocatore più iconico della storia dei New York Jets: padre fondatore del New York Sack Exchange dal 1981 al 1985 Gastineau ha messo insieme una serie di annate comparabili al periodo fra 2012 e 2015 di J.J. Watt.
Cinque volte First Team All-Pro, Defensive Player of the Year nel 1982, autore di due stagioni da almeno 20 sacks e leader in sacks per due anni consecutivi, deve essere considerato fra i più grandi pass rusher di sempre e, insieme al compagno di reparto Joe Klecko, il fatto che dopo tutti questi anni non sia ancora stato inserito nella Hall of Fame non ha alcun senso.
Speriamo che prima o poi qualcuno ponga fine a questo scempio, anche perché Gastineau è stato un’icona anche fuori dal rettangolo di gioco.

AFC WEST

Denver Broncos

Karl Mecklenburg, LB

Tempismo, maledetto tempismo: la carriera di Karl Mecklenburg si colloca immediatamente dopo la fine dell’era della Orange Crush Defense e poco prima del back-to-back.
Nel mentre il povero Karl ha colpito ogni singola cosa incrociasse il suo percorso, mosche ed insetti vari compresi: macchina da tackle iper-efficiente, Mecklenburg se la cavava più che bene pure nella nobile arte dell’atterramento del quarterback avversario.
Oltre che a non ricompensare le sue imprese sportive con un Lombardi od il più che meritato posto nella Hall of Fame, Mecklenburg sta pagando a caro prezzo le tante commozioni cerebrali subite in carriera: se la NFL oggi insiste così tanto sulla sicurezza dei propri giocatori è anche grazie a gente come Mecklenburg che non si è mai tirata indietro dal denunciare le negligenze di una lega che per troppi anni si è completamente disinteressata al benessere delle proprie risorse più importanti.

Kansas City Chiefs

Otis Taylor, WR

Ricercare un vero Hall of Fame snub dei Chiefs non è stato particolarmente facile, in quanto la quasi totalità dei loro giocatori ha ricevuto i riconoscimenti meritati: un protagonista spesso dimenticato è Otis Taylor, il go-to-guy di Len Dawson nonché l’autore della giocata più importante di Super Bowl IV, la partita nella quale i Chiefs guadagnarono il loro primo ed unico Lombardi… fino allo scorso febbraio.
Se i due Pro Bowl e First Team All-Pro non vi convincono, sono costretto a farvi presente il fatto che fino al 1969 Taylor ed i Chiefs fecero parte della AFL.

Las Vegas Raiders

Lester Hayes, CB

Che sia colpa dello stickum?
Difficile dirlo, così come è difficile motivare la sua assenza a Canton nonostante due Super Bowl vinti, cinque Pro Bowl, un First Team All-Pro e ben cinque Second Team All-Pro: molto probabilmente, ripeto, l’unico motivo per cui non è ancora (e probabilmente non sarà mai) premiato con un busto è l’uso dello stickum che ha portato la lega ad istituire una regola a lui dedicata nel 1981 che di fatto vietò ad ogni giocatore di applicare sulle mani/guanti tale sostanza.
A mio avviso, però, un individuo che per vincere è disposto addirittura a cospargersi più o meno tutto il corpo di qualcosa di così appiccicoso e fastidioso – specialmente con il caldo – meriterebbe un posto nella Hall of Fame: if you not cheating, you not even tryin’!

Los Angeles Chargers

Don Coryell, coach

Lo so, il titolo recita “miglior giocatore”, ma non omaggiare Don Coryell sarebbe una grave mancanza di rispetto a lui ed all’incredibile contributo dato alla nostra disciplina sportiva preferita: i Chargers di Coryell, molto semplicemente, rappresentarono un qualcosa di mai visto, un attacco così moderno e spettacolare che viene tutt’oggi annoverato fra i migliori di sempre.
Il fatto che un millennial come me sia affascinato dal gioco aereo dei Chargers di Coryell la dice lunga sulla bontà del suo operato e nonostante il pessimo record in postseason e l’incapacità di trascinare al Super Bowl una squadra spesso e volentieri tradita dalla propria difesa, è lecito affermare che senza di lui la NFL sarebbe diversa, molto diversa: a vostro avviso il più grande innovatore della storia del gioco non meriterebbe una giacca dorata?

AFC SOUTH

Houston Texans

Vonta Leach, FB

Qua ho dovuto forzare e non poco poiché i Texans esistono solamente dal 2002 e la maggior parte dei papabili candidati per la Hall of Fame sono ancora in attività.
Spulciando un po’ di dati, sono risalito a Vonta Leach, giocatore con un palmares di tutto rispetto – tre First Team All-Pro, tre Pro Bowl ed un Super Bowl – che ha reso la vita più semplice a giocatori come Arian Foster e Ray Rice: considerata la posizione, purtroppo, credo non entrerà mai nella ristretta élite di Canton.
Prendete questa menzione come un’opportunità per ricordare un protagonista silenzioso spesso dimenticato.

Indianapolis Colts

Jeff Saturday, C

È ancora troppo presto per definire Reggie Wayne snub e, personalmente, credo che la sua introduzione nella Hall of Fame sia una questione di quando, non di se: d’altro canto, nonostante siano passati più di sette anni dal ritiro, Saturday non è ancora stato preso seriamente in considerazione per una giacca dorata.
Lasciando perdere il ricchissimo palmares, Saturday è meritevole di tale riconoscimento per la costante brillantezza con la quale ha svolto uno dei lavori più difficili in assoluto, ovverosia essere il centro “di” Peyton Manning: adattarsi all’istante ai continui audible del proprio maniaco quarterback non è un’impresa da poco e molto probabilmente con un centro diverso da Saturday Manning non sarebbe riuscito a mettere insieme i numeri che lo hanno reso uno dei più grandi di sempre.

Jacksonville Jaguars

Tony Boselli, OT

Facilissima questa.
L’unico motivo per cui Boselli non è ancora Hall of Famer è da imputare alla longevità, in quanto il cinque volte Pro Bowler – e tre volte First Team All-Pro – ha preso parte solamente a 91 partite in carriera, numero apparentemente troppo basso per convincere gli elettori a tributargli il più che meritato riconoscimento.
Con almeno altri tre anni di carriera sarebbe dentro da tempo.

Tennessee Titans

Steve McNair, QB

Air McNair è stato indubbiamente il miglior giocatore della storia dei Tennessee Titans – non sto considerando gli Oilers – e nonostante statistiche non propriamente esaltanti occorre ricordare che stiamo comunque parlando di un MVP: oltre che con le braccia McNair sapeva rendersi pericoloso pure con le proprie gambe, in quanto per anni è stato uno dei giocatori più atletici della lega.
La tragica morte ha contribuito ad accrescerne la leggenda, anche se francamente dubito verrà mai introdotto postumo: Hall of Fame o meno, il contributo di McNair alla disciplina non sarà mai dimenticato.

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