Nel football americano esistono franchigie gestite con così tanta professionalità ed unità di intenti che a volte la loro trasparenza, organicità e funzionalità possono essere viste come un motivo per tifare contro di loro: siate onesti, quanti di voi hanno odiato i Patriots per la loro apparente incapacità di commettere errori e stupefacente abilità di cadere sempre e comunque in piedi?
È assolutamente umano essere tediati da un’apparente perfezione che sembra mettere in evidenza tutti i nostri difetti, ma in alcuni casi questo ragionamento non ha alcun senso poiché per scorgere l’horror show di disfunzionalità ed inettitudine non serve cimentarsi in paragoni: questo è il caso dei New York Jets.
No, in questo articolo non ripercorrerò il loro recente – e non – passato costellato da insuccessi, pessimi contratti e collisioni fra faccia e natiche in diretta nazionale durante il giorno del ringraziamento in quanto mi concentrerò esclusivamente sulla vicenda dell’ultima ora, ossia la richiesta di trade da parte di Jamal Adams.

Senza troppi giri di parole e sofismi, Adams a nemmeno 25 anni è già uno dei migliori giocatori della lega e, riprendendo in considerazione la sua età, è lecito attendersi ulteriori miglioramenti: Adams può veramente fare tutto, in quanto lo scorso anno ha giocato almeno 75 snaps come edge defender, nel box, come slot defender e come free safety esprimendosi a livelli altissimi in ogni singola circostanza.
È stato addirittura capace di concludere la regular season a quota 6.5 sacks, numeri assolutamente straordinari per un safety che all’occorrenza, come appena visto, può tranquillamente giocare come dime linebacker: insomma, un giocatore attorno al quale costruire la propria difesa, giusto?
Domanda retorica, penserete, in quanto una versatilità del genere può permettere al proprio defensive coordinator di liberare la fantasia ed architettare formazioni tanto strampalate quanto terrificanti proprio poiché mai viste prima: insomma, renderlo felice dovrebbe essere la priorità del front office Jets… prima che lo diventi di qualcun altro.
Purtroppo per i tifosi dei Jets, ciò è esattamente quanto successo durante lunghissimi mesi di tira e molla che, mettendo a fuoco la situazione possono essere visti come un costante “tira” da parte di Adams ed un passivo-aggressivo “molla” del front office della Gang Green.

Non sono un general manager, non posso sapere i meccanismi della contrattazione, così come non posso sapere le vere richieste di Adams – preferisco lasciare sempre il beneficio del dubbio alle cose di cui non sono diretto testimone – ma il desiderio di un nuovo contratto da parte del 33 dei Jets non è sicuramente novità dell’ultima ora: possiamo far coincidere l’origine del suo mal di pancia alla trade deadline dello scorso anno, più precisamente a seguito delle voci che avevano visto i Jets cercare partner per imbastire uno scambio attorno al loro franchise player.
A dirla tutta all’ex LSU non è mai andato a genio il fatto di giocare in una squadra con un record spesso perdente, ma in più istanze si era dichiarato disposto ad essere parte del necessario cambiamento che avrebbe dovuto trasformare i New York Jets in una franchigia vincente e coesa e considerando il talento ed il livello delle giocate le sue previsioni, per quanto ottimistiche, sembravano poter essere realizzabili: gente del suo calibro permette all’intero reparto di compiere un salto di qualità che, coadiuvato dall’innesto di Mosley e Quinnen Williams, pareva essere realizzabile.
Tutto bellissimo, soprattutto in luce del fatto che l’attacco sembrava aver trovato in Darnold il sempre più sfuggevole franchise quarterback e con l’innesto di Bell… scusate, vi avevo detto che avrei saltato a piè pari la digressione sul “passato recente”: il 2019, signori, ha rappresentato l’ennesimo imbarazzante disastro esacerbato, tra le altre cose, dalla pessima gestione del caso Adams.
A dirla tutta avrebbe un altro anno di contratto, ma in luce del rinnovo di CMC e di quelli imminenti di Mahomes e Garrett, Adams ha pensato di aver tutte le credenziali necessarie per battere cassa, ed a ragione: due Pro Bowl, un First Team All-Pro, un Second Team All-Pro e due Curtis Martin Team MVP Award, ovvero il premio annuale riservato al miglior Jet e mi verrebbe da dire che insieme Garrett sia la stata l’unica scelta al draft dinanzi alla quale un tifoso intellettualmente onesto può rimpiangere Mahomes e Watson un po’ meno rispetto ai vari tifosi di Chicago, Jacksonville o Tennessee.
Logico firmarlo, no?

Ribadisco, non sono un general manager, ma ho un serio dubbio riguardo la consistenza ontologica della sempre più probabile mossa dei Jets: che senso ha spedire altrove il proprio miglior giocatore in cambio di scelte al draft che probabilmente saranno trattate esattamente come lui? Serve un genio per prendere coscienza del fatto che una scelta al primo round non sia sinonimo di successo automatico e che, soprattutto, qualora tale scelta al primo round riscuotesse un successo anche solo simile a quello di Adams il rinnovo contrattuale dovrebbe essere una formalità?
Cosa può umanamente fare di più un giocatore per strappare un rinnovo contrattuale che lo paghi per quello che è, ovvero il miglior interprete del proprio ruolo?
Costruire il proprio successo tramite il draft significa esattamente questo.
Un’organizzazione vincente, come già detto, farebbe il possibile per accontentare nel modo mediaticamente meno spettacolare possibile la propria stella, soprattutto se tale franchigia ha solamente tre giocatori che percepiscono più di dieci milioni di dollari: è veramente così difficile garantirgli 17-18 milioni all’anno?
È così difficile rendersi conto che quei soldi effettivamente li valga?
Il novantanove-virgola-tantinove percento di noi direbbe senza esitazioni di no, ma se l’esperienza ci ha insegnato qualcosa è che per i Jets adottare un approccio razionale e logico non è mai un’opzione.

Secondo vari report, Adams avrebbe indicato sette mete ideali: Ravens, Chiefs, Texans, Eagles, 49ers, Seahawks e Cowboys.
Andiamo con ordine e proviamo a capire quanto senso possa avere ognuna delle destinazioni.
Partirei scartando a priori gli Houston Texans, in quanto il GM-demiurgo O’Brien non credo sia in grado di aggiungere un giocatore del calibro di Adams senza garantirgli un contratto da circa cinquanta milioni di dollari all’anno che renderebbe pura fantascienza l’imminente rinnovo di Watson.
Alquanto inverosimile – nonostante personalmente lo amerei – un passaggio a Baltimore, in quanto a breve i Ravens dovranno trovare un modo di tenere insieme i vari Stanley, Humphrey, Jackson, Andrews, Brown Jr. e molti altri giovani che li hanno trasformati in contender.
Per ragioni analoghe a quelle di Baltimore, escluderei dalla corsa pure i Kansas City Chiefs, squadra iper-competitiva e pertanto con poco spazio salariale che a breve dovrà rompere il salvadanaio per garantire un rinnovo contrattuale adeguato al fenomeno Mahomes.
Gli Eagles sono probabilmente quelli che più di tutti avrebbero bisogno del suo contributo e con circa 25 milioni di spazio salariale uno scambio avrebbe decisamente senso… no? Esattamente, no: il prossimo anno Philadelphia sfonderà di oltre 50 milioni il tetto salariale, pertanto la mossa più intelligente a mio avviso è quella di evitare di far crescere tale numero a dismisura soprattutto prima di una stagione che molto probabilmente si giocherà senza pubblico sugli spalti, aprendo così le porte all’inquietante possibilità di una riduzione del salary cap durante la prossima offseason.

Il matrimonio con San Francisco non mi sembra verosimile in quanto al momento la priorità numero uno di Lynch e soci è trovare un accordo con Kittle e, come nel caso di Ravens e Chiefs non c’è lo spazio salariale necessario per finalizzare mosse del genere senza compromettere il proprio futuro.
Un accordo con i Seahawks avrebbe decisamente senso, ma Schneider e Carroll non mi sembrano tipi disposti a sacrificare una – o più – scelte al primo round e, a mio avviso, dovrebbero prima pensare a migliorare concretamente un pass rush non sicuramente di livello.
Ed eccoci all’ultima, più realistica, opzione: i Dallas Cowboys.
Il flirt fra Adams e l’America’s Team si protrae dallo scorso ottobre, quando vari report videro i Cowboys seriamente interessati ad acquisire l’All-Pro nella sopracitata trade che ha di fatto rotto l’incantesimo fra giocatore e Jets: Dallas, come qualsiasi altra squadra, avrebbe bisogno del suo contributo ma oltre che alle folli richieste dei Jets il problema rimane sempre lo stesso, ovvero l’impossibilità di pensare a mosse del genere prima di aver messo nero su bianco un rinnovo contrattuale con Dak Prescott.
Finché Dallas non avrà trovato il bandolo dell’intricatissima matassa con il proprio quarterback, speculare su trade, spazio salariale ed amenità varie non ha alcun senso, anche se con Jerry Jones non si può mai dire mai.

Salvo clamorosi colpi di scena, le probabilità che i desideri di Adams siano destinati a rimanere tali sono molto alte, sebbene più che concentrarmi sulla destinazione del giocatore vorrei chiudere rimarcando il fatto che frustrare così tanto una stella del suo calibro fino a spingerla di fatto fuori dalla porta altro non è che l’ennesima istanza dei in cui i Jets fanno i Jets.

Non dimentichiamoci che stiamo parlando della franchigia che ha ucciso Carl e martoriato milioni di cuori oramai sempre più disillusi e malconci.

One thought on “Jets will be Jets

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