Manca poco più di una settimana al draft ed ammetto di non aver mai sentito così tanto l’attesa per un evento notturno da Santa Lucia del 2006, l’ultima nella quale il mio mondo aveva ancora senso e la mia morale era governata da qualcosa di tanto fittizio quanto solido, poiché non ancora al corrente della realtà dei fatti: se fra voi lettori c’è qualche innocente bambino dal Nord Italia dolorosamente confuso da queste prime tre righe, concedetemi la cortesia di parlare coi vostri genitori al riguardo dei pericoli dell’Internet.
Immagino che dalla sempre crescente quantità di divagazione presente nei miei articoli possiate comodamente dedurre quanto stia faticando a trovare qualcosa di cui parlarvi settimana dopo settimana: malgrado ciò, eccoci qua al penultimo episodio della rubrica più inconseguente della blogosfera italiana.

1) Houston, abbiamo un Bill O’Brien

Giorno dopo giorno il piano di Bill O’Brien sta assumendo sempre più concretezza e, francamente, preferivo di gran lunga non comprendere minimamente cosa stesse facendo: attraverso una trade di cui probabilmente avrete già sentito parlare, BoB ha trovato in Brandin Cooks il sostituto di DeAndre Hopkins.
Cooks in sé è un ottimo giocatore che, se in salute, può essere facilmente considerato uno dei migliori cinque deep threat della lega, ma la magnitudine di questo «se in salute» purtroppo sta crescendo giorno dopo giorno: solamente nell’ultima stagione Cooks ha subito due commozioni cerebrali e, soprattutto dopo la seconda, ottenere il via libera da parte dei medici non fu particolarmente facile e se allarghiamo per un attimo la prospettiva, tali concussion sono rispettivamente la numero quattro e cinque in sei anni di carriera.
A breve, teoricamente, Hopkins otterrà un rinnovo contrattuale che con ogni probabilità lo renderà uno dei tre ricevitori più ricchi della lega, ma che senso ha esiliare il go-to-guy del proprio quarterback per rimpiazzarlo con un giocatore completamente diverso nonché più caro? E soprattutto, con un giocatore con il quale il più bistratto dei franchise quarterback dovrà costruire da zero un’intesa che necessiterà di anni per pareggiare quella instaurata con Nuk?
Prendere Cooks come sostituto di Will Fuller è un conto, prenderlo per svolgere l’esatto compito di Will Fuller è un altro, soprattutto con Will Fuller ancora a roster.

2) Another Rams bites the dust

Vi ho già parlato della mancanza di lungimiranza dei Rams, ma è alquanto interessante notare come la maggioranza dei loro acquisti in free agency degli ultimi anni abbia già abbandonato Los Angeles e la California: Talib, Peters, Matthews, Weddle, Cooks, Fowler, Suh, Shields, Robey-Coleman, per dirne alcuni, hanno incassato i loro assegni e già salutato coach McVay e compagni.
Tutto questo, ovviamente, senza aver preso in considerazione la diaspora di talenti homegrown: si prospetta un 2020 sicuramente peculiare per i losangelini.

3) Povertà di contenuti, parte prima

La primavera in NFL, fra le altre cose, è pure tempo di rebranding e gli Indianapolis Colts – possessori di alcune fra le divise più belle della lega, a mio avviso – hanno pensato di dare una rinfrescata al loro look apportando una leggera, ma tutto sommato carina modifica al loro logo: per onorare l’Indiana, i Colts hanno integrato alla loro caratteristica “C” la sagoma dello stato ottenendo, sempre a mio avviso, un risultato più che accettabile.
Valutate voi.

4) Complimenti CMC!

Christian McCaffrey nella sera di lunedì è diventato il running back più pagato della storia del gioco firmando un rinnovo quadriennale da 64 milioni di dollari complessivi: sedici milioni all’anno potrebbero apparentemente sembrare troppi per un running back, soprattutto dopo la debacle di Le’Veon Bell, ma come ogni fantasy owner avrà già presente definire CMC solamente “running back” oltre che riduttivo è alquanto offensivo.
Non metto in dubbio che per quanto dimostrato sul campo un rinnovo del genere se lo sia più che guadagnato, fatico solamente a comprendere il senso di tutto ciò: per almeno un paio d’anni Carolina non sarà sicuramente nella posizione di vincere, pertanto non avrebbe avuto più senso tentare di acquisire capitale al draft scambiandolo con qualche contender bisognosa di rinforzi e duttilità dal backfield?
Diciamocelo chiaramente, McCaffrey getterà gli anni migliori della propria carriera in una squadra che faticherà a vincere quattro o cinque a stagione: in ogni caso, contento per lui e per la più che meritata ricompensa guadagnata a suon di tocchi.

5) Pagare un running back non sembra essere una buona idea, parte prima

Permettetemi di elencarvi velocemente i contratti dei running back più pagati durante la scorsa stagione:

  • Ezekiel Elliott, 15 milioni all’anno
  • Todd Gurley, 14.8 milioni all’anno
  • Le’Veon Bell, 13.1 milioni all’anno
  • David Johnson, 13 milioni all’anno
  • Devonta Freeman, 8.3 milioni all’anno
  • Saquon Barkley, 7.8 milioni all’anno
  • Jerick McKinnon, 7.5 milioni all’anno
  • Leonard Fournette, 6.8 milioni all’anno

Solamente i 49ers di Jerick McKinnon si sono qualificati alla postseason, anche se l’ex Vikings deve ancora giocare un singolo snap con i ‘Niners… al che uno potrebbe chiedersi l’utilità di schierare un’opzione top di gamma nel backfield.

6) Pagare un running back non sembra essere una buona idea, parte seconda

Dal 2012 ad oggi pochi running back sono stati in grado di firmare contratti da più di dieci milioni all’anno e per nessuno, finora, ciò ha significato successo in campo.
Elenchino?

  • Marshawn Lynch, tradato dopo un anno
  • Adrian Peterson, tagliato dopo due anni
  • David Johnson, tradato dopo due anni
  • Todd Gurley, tagliato dopo due anni
  • Ezekiel Elliott, vedremo, ma anche a causa del suo contratto Dallas sta faticando a raggiungere un accordo con l’imprescindibile Prescott.

Palla a CMC ora.

7) Li pagheranno questi running back?

Immagino che dalla stagione che avrà McCaffrey dipenderà il rinnovo di molti running back, in quanto nel 2021 il plotone di tailback in scadenza contrattuale sarà parecchio folto e comprenderà gente come Mixon, Lindsay, Cohen, Aaron Jones, Fournette, Cook, Kamara e Carson.
Non credo che qualcuno possa ambire a superare la cifra di CMC – anche se un 2020 particolarmente brillante di Kamara potrebbe permettergli di avvicinarsi molto -, ma vista la profondità e qualità nella posizione mi sento di dire che parecchi milioni di dollari saranno investiti sul ruolo meno rispettato della disciplina.

8) Falling Tua?

Sto leggendo sempre più report convinti che a causa dei molteplici infortuni subiti nella parte inferiore del corpo Tua Tagovailoa possa scivolare fuori dalla top ten dell’imminente draft: in particolare, sembrerebbe che i Miami Dolphins stiano cominciando a nutrire inquietanti dubbi sulla sua tenuta fisica e che, di conseguenza, con la quinta scelta assoluta potrebbero sorprendentemente optare per Justin Herbert.
La nuova realtà imposta dal Covid-19 sta impedendo allo staff medico di Miami – e di tutte le altre squadre, per quello che può contare – di condurre esami approfonditi all’ex quarterback di Alabama e, con tutte le virgolette del caso, Tua potrebbe essere considerato l’ennesima vittima di questa catastrofe, anche se in tutta onestà non credo che qualora i Dolphins optassero seriamente per qualcun altro i Chargers se lo lascerebbero scappare.

9) Povertà di contenuti, parte seconda

Sempre per la rubrica “cambiamenti di stile non troppo radicali”, i Cleveland Browns hanno seguito l’esempio dei Colts modificando il loro swag in modo alquanto conservativo: le nuove maglie, analogamente ad Indy con il logo, omaggiano il passato di una frachigia che a dirla tutta negli ultimi anni ha potuto accennare dei timidi sorrisi solamente ricordando tale passato.
Che ne dite?

10) Un saluto ad uno dei più grandi di sempre

Gli ultimi anni sono stati tutto fuorché gentili con le leggende dei Green Bay Packers, in quanto recentemente abbiamo salutato un plotone di Hall of Famer come Jim Taylor, Forrest Gregg, Bart Starr e Willie Wood: sfortunatamente a tale lista dobbiamo aggiungere Willie Davis, capitano difensivo di quei Packers che si portarono a casa i primi due Super Bowl della storia.
Cinque volte campione, cinque volte Pro Bowler e cinque volte All-Pro, il nome di Davis deve essere obbligatoriamente menzionato quando si parla dei più grandi defensive end della storia, anche se il suo contributo al football americano va oltre quanto fatto vedere sul gridiron: Davis fu pure uno dei primi giocatori a compiere il salto da campo a broadcast booth aggregandosi alla famiglia NBC come color commentator, coprendo il ruolo con indiscutibile successo.
Ciao Willie.

One thought on “Eligibles, quinta settimana: affari, storie e curiosità dalla free agency 2020 NFL

  1. Divise dei brown migliorate senza la scritta sul petto e sulla gamba.
    Per i colts mi piaceva di piu il numero classico

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