“Quella violenza che hai visto sul campo non è stata roba reale. Lyle ha usato il Football come un modo per esprimere la sua rabbia per il mondo e per come è cresciuto” queste le parole pronunciate da suo fratello Peter in due documentari che ripercorrono la vita e la carriera di uno dei più controversi giocatori che la National Football League ricordi, inseriti in due delle più celebri serie americane dedicati al mondo del Football, ESPN Classic e A Football Life, entrambi in grado di raccontare ciò che si celava realmente dietro all’uomo che sul terreno di gioco era stato ribattezzato “The Darth Raider” e “Three Mile Lyle”.

Due modi differenti di evidenziare l’aggressività e la cattiveria che Alzado mostrava costantemente sul campo, ad ogni down, all’inizio come alla fine della partita, dando sempre il massimo in qualsiasi azione, come se stesse combattendo contro i fantasmi che, si scoprirà poi, lo hanno inseguito per l’intera durata della sua esistenza; un percorso nato a Brooklyn, New York, il 3 Aprile 1949 e proseguito a Long Island, precisamente a Cedarhurst, dove si era trasferito all’età di 10 anni con la famiglia e luogo in cui iniziò il suo lungo percorso nel Football, guidando la difesa della Lawrence High School.

Terminato il liceo senza ricevere offerte di borse di studio da una qualsiasi università ha proseguito gli studi al Kilgore College, in Texas, giocando nei Rangers per due stagioni prima che gli fosse chiesto di lasciare la squadra e spostarsi al Yankton College, sede dei Greyhounds; nelle sperdute lande del South Dakota, quando la possibilità di sfondare nel mondo della palla lunga un piede sembrava ormai essere definitivamente tramontata, il fato prende le sembianze di uno scout dei Broncos che rimasto bloccato in Montana per un guasto alla vettura, decide di guardarsi un video del match tra la locale Montana Tech e Yankton, rimanendo completamente ammaliato dalla prestazione di un difensore, Lyle Alzado.

Da una sconosciuta università della NAIA alla NFL il passo è breve, giusto il tempo di una chiamata al Draft della primavera successiva, nel 1971, quando nel quarto round e con la settantanovesima pick assoluta Denver apre le porte del professionismo al ragazzo originario di Brooklyn; altrettanto breve si dimostra il tempo necessario a quest’ultimo per diventare un punto fermo della franchigia del Colorado, sfruttando l’assenza dell’infortunato Rich Jackson per mettere a segno 60 tackle, 8.0 sacks, ed entrare con pieno diritto nel All-Rookie Team.

Da quel momento una crescita costante ed ininterrotta lo porta ad essere un membro fondamentale della “Orange Crush” fino al 1979, prima di finire a Cleveland durante l’offseason in seguito alla conclusione di una trade; evento che segnerà per sempre Alzado, ancora amareggiato per l’episodio diversi anni dopo, tanto da dichiarare in un’intervista televisiva “Non c’è niente di peggio in questo mondo che avere persone che si arrendono e non credono in te”. Scambiato nuovamente tre stagioni più tardi con i Raiders, a Los Angeles Lyle trova le basi per scrivere la parte finale della sua storia, quella che appunto lo consegnerà ai posteri come uno dei difensori più cattivi della storia di questo Sport, in una squadra che negli anni ’80 era diventata un vero e proprio punto di riferimento per tutti i rinnegati della lega.

Protagonista indiscusso dell’annata che consegna al team californiano quello che per ora resta l’ultimo Lombardi Trophy della gloriosa bacheca, il DE numero 77 gioca nei silver&black fino al 1985, anno del suo ritiro prima di un tentativo, fallito, di ritorno datato 1990, quando viene tagliato prima della partenza della regular season a causa di un infortunio al ginocchio; nel mezzo molte apparizioni cinematografiche e televisive, nessuna degna di nota, un volto spesso prestato agli spot pubblicitari ed un altro tentativo, altresì andato a vuoto, di costruirsi una carriera da pugile, dopo aver sfidato in un’esibizione addirittura Muhammad Alì nel 1979.

Colorito commentatore per la NBC nel biennio 1988-89 è tornato a far parlare di se ad inizio anni novanta, quando ammise pubblicamente di aver fatto uso di steroidi e ormone della crescita durante l’intera carriera universitaria e professionistica; “E’ stato avvincente, mentalmente avvincente. Non mi sentivo forte se non prendevo qualcosa” dichiarò apertamente ai cronisti cercando allo stesso tempo di raccontare il male che lo stava sconfiggendo, un tumore al cervello, per lui strettamente legato all’assunzione continua e reiterata di queste sostanze.

Diventato negli ultimi anni della sua vita un testimonial contro l’utilizzo smodato di farmaci e di doping nel mondo dello sport professionistico, ha esortato i giovani che si recavano ad ascoltare i suoi discorsi a non commettere i suoi stessi errori; dopo la sua morte, avvenuta il 14 Maggio del 1992, molti suoi ex compagni di squadra, due delle sue quattro ex mogli, i familiari e il suo miglior amico di sempre Marc Lyons, hanno raccontato quello ciò che era Lyle lontano dalle luci dei riflettori, disegnando un profilo decisamente lontano dal giocatore che pareva essere un tutt’uno con il suo nickname più conosciuto, Darth Raider.

Un padre spesso ubriaco, violento, assente, una madre che si è spaccata la schiena di lavoro per crescere i quattro figli, lo stesso Lyle che in seguito alla separazione dei suoi, per aiutarla, decide di lavorare mentre è ancora uno studente liceale, “La violenza che metteva sul campo era una conseguenza di quello che aveva visto e vissuto in gioventù”, ma dietro ad uomo possente che sembrava indistruttibile c’era dell’altro, un sommerso di beneficenza e di aiuti verso chi era stato meno fortunato di lui.

“Prendi tutte le cose che sai di Lyle Alzado e gettale fuori dalla finestra perché ecco l’unica cosa che è sempre stata – non importa quale – è stata la cosa più coerente della sua vita: Lyle aveva un buon cuore. Voleva fare del bene con i bambini e le persone che non potevano aiutare se stessi. Sarebbe stato il loro campione.” disse di lui l’ex teammate Matt Millen.

Mentre Lyons, l’amico fraterno che era stato al suo fianco per tutta la vita spese queste parole in A Football Life “Ha stretto un accordo con il diavolo. Ha ottenuto fama e fortuna. Ed era giunto il momento per il diavolo di raccogliere.

E quel dannato di un demone passò davvero all’incasso, quando Lyle aveva 43 anni; oggi ne avrebbe compiuti 71.

 

 

 

 

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