L’emergenza Covid-19, che ha sfiancato e in pratica interrotto lo sport mondiale in ogni dove, erge il mercato dei free agent Nfl nell’olimpo mediatico per quel che concerne i massimi campionati professionistici d’oltreoceano. La regina – ironico a dirsi – tra le 32 franchigie del più famoso e seguito torneo statunitense, relativamente a future mosse e acquisizioni, è l’ultima classificata della scorsa campagna, il team con meno appeal nei tempi recenti e con pochi margini di miglioramento, fino appunto all’attuale offseason, nella quale potrà avvalersi di ben sette opzioni al draft fra cui la top, e dove un cap abbastanza snello la sta già mettendo in condizione di smuovere le acque ed iniziare una massiccia re building per ricostruire le fondamenta da macerie imponenti.

Inoltre alcuni giocatori chiave del decennio, sui quali si è puntato per uscire dall’anonimato, verranno rimpiazzati o scambiati, data la situazione contrattuale ingombrante, mentre per altri, AJ Green su tutti, il franchise tag o l’incubo free agency va risolto a breve, anche se la condizione fisica di uno dei go to guy più letali esistenti e perfetto per generare big combo con Joe Burrow non consentirebbe decisioni sul breve. Insomma i Bengals, per tutti questi motivi, impegnano più di altri l’interesse di numerosi critici ed analisti!

Difficile ripartire da così in basso

L’anno appena concluso lascia pochissimi punti saldi su cui partire, nonostante la matricola Zac Taylor avesse portato in dote l’esperienza acquisita ai Rams, senza ovviamente poter però contare su un’implacabile macchina offensiva come quella californiana. Il 2-14 conclusivo è un penoso risultato che mette in discussione persino la – inevitabile – fine dell’era Marvin Lewis, mai così indietro nel bilancio tra vittorie e sconfitte. Vero altresì che il punto più alto ottenuto dalle tigri in quel gennaio 2016, quando le solite e scellerate pazzie di Burfict rimisero in sesto degli Steelers vicini al baratro e con Big Ben più out che in, sfiorando la prima W in postseason dal 1990/91, è lontano dal ripetersi, per la continua erosione di un roster ormai carente e a causa di un’alchimia tecnico/tattica giocatori/head coach probabilmente satura. Giusto perciò ripartite, ma se la sconfortante annata da poco terminata può essere considerata terra di mezzo tra la vecchia e la nuova epoca, priva di sostanziali aggiunte di valore che quindi possono giustificare la deprimente debacle, è la prossima di stagione quella nella quale Taylor verrà messo sotto lente di ingrandimento, oltre che per il primato conclusivo, per la qualità del gioco!

Draft e free agency sono le ancore di salvataggio, con le quali sfruttare un discreto spazio salariale e la number one pick per Joe Burrow, che proprio secondo il capo allenatore troverebbe qui il posto ideale per debuttare subito da protagonista. Mixon si è confermato opzione numero uno nell’attacco Bengals, superando ampiamente le 1100 yard e avvicinandosi di nuovo alle 300 via aria; la sua estensione in prossimità dei 24 anni è priorità a Cincinnati per team e giocatore, la cui aspirazione a raggiungere almeno i 45 milioni garantiti dall’accordo non è un segreto per nessuno. E’ lui assieme a Green l’unica vera stella superstite da queste parti, ma mentre Joe rappresenta il building block sul quale ricostruire le mura, il vecchio AJ combatte con età, acciacchi e un contratto pesante, ragion per cui puntare esclusivamente su Tyler Boyd (rinnovato l’anno passato) e il roccioso runningback non sarebbe un’idea da scartare. Se la linea offensiva ha spesso avuto la scusa degli infortuni e della continuità, come concausa dei quasi 90 sack e l’infinita pressione verso Dalton, Finley e Driskel negli ultimi due tornei, la difesa andrebbe completamente resettata, a parte Carlos Dunlap e il prode Geno Atkins, ormai certezza dell’intero panorama NFL, solitario probowler (8 chiamate) e uomo solo al comando.

Il lascito del 2019, oltre al disonorevole peggior record di lega, caratterizzato anche da probabili e ignobili tanking, è il terzultimo posto offensivo per punti segnati e il 26mo su yards totali, dovuto all’assenza di alternative via terra, all’imprecisione di Dalton e del fallimentare Finley, scarsamente precisi nonostante ben 616 tentativi combinati, alla poca abilità a liberarsi negli slot e all’assenza forzata di Ross. In retroguardia 25mi per punti subìti e terzultimi su yd incassate, ma soprattutto una miriade di palle perse, con addirittura 30 turnover (27mi fra cui 16 intercetti) a fronte di quelli forzati agli avversari, soltanto 16. Penoso infine pure il bilancio di fumble persi e recuperati: 28ma e 30 piazza!

L’assalto alla Free Agency

Sin dallo start dell’agenzia libera, Cincinnati ha puntato in prim’ordine proprio nel riassestamento della D-Zone, convinta forse che l’eventuale ingresso nell’Ohio di Burrow e le deliziose individualità offensive poc’anzi descritte possano essere sufficienti a dare un barlume di garanzie da cui ripartire tabula rasa nel reparto avanzato; analizzeremo però più avanti quanto pure questa equazione sia oggi tutto fuorchè matematica! I big deal che confermano finora le nostre ultime parole prendono i nomi di DJ Reader e Trae Waynes, DT e corner che se utilizzati al meglio potrebbero spostare gli equilibri! Sfiora i 100 milioni, spalmati per 4 e 3 anni, l’investimento di Mike Brown, mai come adesso deus ex machina dell’intera azienda, pronto a riportare dignitosamente in auge un marchio a dir poco sfortunato, puntando dunque (e così pare) su un forte aiuto difensivo, aggiustamenti in O-Line e sostanziali pescate al Draft nelle regie dell’attacco, creando le condizioni per eleggere ancor di più a one man show Joe Mixon, che sfrutterebbe le peculiarità storiche di Taylor a trattare le tracce out wide e lavorare sulla tecnica under center per percorrere al meglio e ancor di più le uscite dal backfield.

Nel momento in cui scriviamo sempre nelle retrovie siglati ad un anno Mackensie Alexander e soprattutto Vonn Bell a 18 milioni per tre stagioni, lui strong safety dalla Louisiana pronto a ricevere i galloni da regista arretrato. Ci piace anche la firma annuale di Josh Bynes, veterano e sicura chioccia per i molti giovani, reduce da una decorosa annata a Baltimore e una straordinaria carriera da comprimario in tre squadre, condita da un Lombardi Trophy, 10 stagioni di practice squad, 101 gare, 41 partenze da titolare, 27 snap in special team al Super Bowl incluso il tackle della vittoria e una fama da serio professionista, elemento solido, efficiente e smart, confermata dai vari Pees, Harbaugh, Caldwell, Austin e Holcomb! Generare cap space a seguito dell’ufficialità di tali ingaggi è operazione primaria per il front office, e la flessibilità nei contratti di Dalton e Dre Kirkpatrick (imminente il release) su tutti rappresenta un’assicurazione sulla vita. Intanto sacrifici e rilasci da parte della dirigenza prendono finora le sembianze del cornerback BW Webb (2,5M di risparmio), della guardia John Miller, la cui dipartita pareggia annualmente l’avvento di Xavier Su a-Filo (9M per tre tornei), del tackle Cordy Glenn (9.5 milioni di spazio salariale) e soprattutto di Nick Vigil e Tyler Eifert, il cui deal con Jacksonville è in fase di finalizzazione.

L’addio al tight end è l’esempio lampante del fallimento a tinte Bengals, dato l’importante investimento tecnico che si fece su di lui, sin dalla 21ma chiamata al draft 2013, che ha però poi portato il ragazzone da Notre Dame ed ex pro bowler a spegnersi progressivamente e ad affondare assieme al resto della truppa, senza dare mai l’impressione in tempi recenti di mantenersi al top del ruolo! Uzomah, Sample e Carter sono comunque lontani anni luce dal suo potenziale. La rinuncia da free agent del linebacker invece, emigrato ai Chargers, potrebbe lasciare strascichi in un ruolo da coprire assolutamente nel futuro prossimo, anche perché, nonostante una discontinuità latente nella sua esperienza da Bengals, a 26 anni è stato uno dei pochi positivi dello scorso campionato, e a nostro avviso avrebbe meritato l’estensione, senza adesso correre dietro ad elementi liberi ma da integrare ex novo. Per rimpiazzare l’outside da Utah State con mosse future, più economiche ma non per questo meno convenienti e senza svenarsi come fatto nell’assalto iniziale, puntando invece profili dalla caratura inestimabile però non esplosa appieno, gossip insistenti puntano a Darron Lee, former first round pick, e Reggie Ragland, giovani che rispecchierebbero le caratteristiche appena descritte. Il primo possiede un atletismo spiccato che inietterebbe nella linebacker room velocità e capacità nella copertura, doti al ribasso in zona Cincinnati da un po’, mentre l’altro, inside abile nello stoppare il gioco via terra, aiuterebbe la peggior run defense del 2019 ad invertire la tendenza, generando più terzi down che in passato!

Perso Marcus Gilbert, se in salute ottimo per qualità/prezzo, è il clamoroso ritorno di Andrew Whitworth a scaldare i cuori dei tifosi, il quale però da poco ha annunciato di gradire un altro anno (l’ultimo?) ai Rams. Il suo innesto darebbe ad una giovane offensive line e a un qb generazionale la leadership necessaria per affacciarsi al proscenio più grande, anche perché il campione 38enne sembra tutto tranne che logoro. Identico discorso investirebbe un profilo alla Ron Leary, guardia però da rivalutare rispetto al tackle di Los Angeles, in netto ribasso secondo le medie degli ultimi due anni di PFF. L’augurio è che l’11ma overall pick 2019 John Williams riesca a venire finalmente a patti col proprio fisico e presenziare la linea. Graham Glasgow, Jack Conklin e Joe Thuney sono oggi o nella prossima free agency gli altri nomi da tenere d’occhio per questo reparto.

Il probabile rinnovo esoso a William Jackson III a fine contratto (UFA 2021), l’emergente Darius Phillips in pipeline pronto a sbocciare e l’esborso sostanzioso a Waynes chiudono sulla carta ulteriori entrate in retrovia, anche se Logan Ryan, sempre per Pro Football Focus al vertice per ricezioni subite e solo tackle, ci sembra un affare da non farsi scappare, che impegnerebbe non più di 10 milioni di base salariale e allungherebbe il roster in secondaria in maniera pregevole.

Il Draft da protagonisti assoluti

Saranno le scelte al draft il termometro sulla stagione a venire, e se il primo giro pare scontato, saranno gli altri quelli decisivi per completare un pacchetto su cui generare la re building. Alla luce di quanto analizzato in precedenza sulla free agency infatti, al second round potremmo trovare elementi di spessore che servirebbero eccome allo scopo. Kenneth Murray, linebacker da Oklahoma, è un eccellente atleta, consistente tackler e solido nella copertura zonale, Noah Igbinoghene, a seguito dei problemi di Dennard e della rinuncia a Kirkpatrick, sarebbe l’ideale pick al numero 33 per rinforzare il corner spot ed infine da Baylor c’è un profilo adatto alle esigenze in ricezione, che si accoppierebbe perfettamente a Tyler Boyd e John Ross, se si perdesse Green: parliamo di Denzel Mims!

Al terzo giro Lucas Niang, tackle da TCU e possibile 65ma scelta, è reduce da un’ottima stagione NCAA, condita da forza e abilità atletica, idem per Amik Robertson, All-American CB da Louisiana Tech, impressionante nelle combine, e la versatile safety Kyle Dugger, defensive back da 6’2” e jolly pure da linebacker, spesso paragonato per stazza ad Akeem Davis-Gaither, altro tag utile e sicuro protagonista dei round di mezzo. Andando avanti attenzionati e nominati in rete Solomon Kindley (OG da Georgia), Michael Pittman Jr (WR), Jordan Fuller (S), Josiah Deguara (TE ed eccellente blocker), Jacob Phillips (LB), Jabari Zuniga (Edge da Florida), Antonio Gandy-Golden (WR da 1.396 yd e 10 td), Antoine Brooks Jr (S), Calvin Throckmorton (OT), Binjimen Victor (WR) e Reggie Robinson II, CB da 40 yard in 4,44 nelle combine.

Dalton, Green e gli eventuali aiuti per Burrow: tre nodi da sciogliere

Se Dalton venisse accantonato si eliminerebbe l’ultimo salasso del contratto di 6 anni per 96 milioni, ma non è certo l’unico colpevole delle tragedie recenti, come abbiamo visto. Tolte le opzioni Bears, Colts e Buccaneers, sistemate in regia con Foles (non si sa se riserva o titolare), Rivers e Brady, rimangono in auge le candidature di Chargers e Patriots stessi. Questi ultimi, senza il loro GOAT ma ancora con molte armi da giocare, specialmente in difesa, potrebbero cedergli lo scettro da regista esperto per condurre New England in un altro viaggio da postseason, o nel caso andasse male lo start, accantonarlo o utilizzarlo da traghettatore, aspettando buone nuove nei futuri draft (Lawrence?), mentre ai Chargers, se non scegliessero un qb alla Mahomes in salsa minore (Jordan Love per esempio), il suo ruolo sarebbe quello alla Alex Smith, rischiando il minimo e lasciando gestire le incombenze offensive alle spiccate qualità altrui. Se tutto questo non avvenisse e Andy restasse in Ohio, il futuro e tanto atteso nuovo qb avrebbe probabilmente il miglior backup del mondo, al pari di Foles.

E’ Joe Burrow la stella e sicura prima opzione su cui Cincinnati punterà per creare una dinastia. Attenzione però, il giovane portento è stato agevolato da una gestione prettamente offensiva orchestrata da Ed Oregon, Joe Brady e Steve Ensminger, che hanno trasformato negli anni LSU in una spread offense estrema, grazie ad uno spettacolare attacco pass-heavy che ha facilitato la crescita esponenziale di numerosi elite-receiver (JàMarr Chase su tutti), ingiocabili ed immarcabili da qualunque secondaria, difficili da rivedere nei tempi a venire nel college football. Il regista è tutto tranne che rapidissimo e forte muscolarmente, ma ha peculiarità nel profondo, IQ elevato e soluzioni da smart release come mai visto prima in NCAA. Per metterlo in queste condizioni necessita di un pacchetto in ricezione ricco di furbizia a smarcarsi e nello scattare in esterno.

Tutto ciò lascia enormi perplessità sul roster che ad oggi andrà a incontrare se effettivamente si unisse ai Bengals – specialmente dopo la dipartita di Eifert – e sul futuro di Green, senza dubbio se in salute bersaglio che chiunque regista vorrebbe avere: i 17,865 milioni di dollari di franchise tag lo stanno a palesare. AJ ha saltato però l’intero 2019 e in precedenza non era nuovo a reiterate assenze; in più a luglio compirà 32 anni, che aumentano i dubbi sulla tenuta fisica. Il curriculum però parla chiaro: 111 match, 602 ricezioni, 8.907 yard e 63 realizzazioni! La combo con Dalton ha fatto sognare per anni la fanbase cittadina e la sua prolungata lontananza dai campi ha praticamente messo una pietra tombale su permanenza e fiducia verso Red Rifle. Se si vuole agevolare Burrow non si può che ripartire quindi con lui e prolungarlo a vita con multiyear contract, se invece il cap andasse sgonfiato pure per la permanenza di Dalton e se lo scetticismo su un recupero a pieno regime perdurasse, sarebbe meglio lasciarlo andare.

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