I Packers sconfiggono 28-23 Seattle giocando una partita vintage nel primo parziale, affidandosi cioè all’estro offensivo di Rodgers e company, che spariglieranno le carte in tavola in un dominio inequivocabile su tutti i fronti, prima di subìre l’orgoglio dei rivali e di Russell Wilson in particolare, chiudendo il match in sofferenza e coi soliti dubbi emersi durante le numerose vittorie stagionali.

Aaron finirà con 16/27 per 243 iarde nella 17ma partita ai playoff di carriera, raggiungendo il quinto posto all time per td pass (38); le big connection tra lui e Davante Adams ne comporteranno a tabellino 160 su 8 circostanze e due touchdown, mentre Jones ne aggiungerà 62 e due segnature per il 14-3 iniziale.

Green Bay torna così all’NFC Championship per la terza volta in sei anni.

Wilson proverà fino al termine a raddrizzare una serata gelida e storta, sfiorando l’ennesima rimonta di una strepitosa carriera sotto 3-21 all’halftime, nonostante la pressione costante di due fuoriclasse come Za’Darius e Preston Smith, arrendendosi in sideline negli ultimi minuti, quando il campionissimo avversario a casacca 12 congelerà il risultato con due lanci da terzo down, un third and 8 per Adams (32 yd) e un altro per Jimmy Graham con 9 iarde da conquistare.

Seattle si presentava nel gelo del Lambeau forte della battaglia vinta a Philadelphia, conscia però di averla portata a termine pure per le elevate dipartite del roster avversario, pronta pertanto ad alzare l’asticella e compiere l’ennesima impresa on the road (8-1 il bilancio) anche qui nel Wisconsin. Da quando Carroll è entrato al comando (2010) il suo team è avanti 4-3 negli scontri diretti coi rivali, battendoli sempre in casa, mentre la W da queste parti manca dal lontano 1999.

La costanza e tenacia nelle due fasi di gioco è stata la principale miglioria con Matt LeFleur a Green Bay, portando il settore avanzato ad allontanarsi dall’egemonia Rodgers, creando perciò un running play di alto tenore e variegato, grazie alla stagione monstre di Aaron Jones, e prendendo di sprovvista le retroguardie altrui con ricorrenti rotazioni offensive, dalle quali sono emerse le 997 yards in sole 12 partite di Davante Adams, eccellendo poi nella D-Side elementi feroci del calibro Di Za’Darius e Preston Smith, quasi 26 sack combinati, e la conferma fra gli altri di Blake Martinez, macchina di placcaggi! Il secondo seed è stato un risultato di prestigio e di enorme utilità, viste le affermazioni underdog nelle WC oppure le fatiche di chi ha vinto da favorito!

Russell Wilson arrivava al momentum privo di aiuti via terra, col beast mode ovviamente e anagraficamente arrugginito e la matricola Homer a non dare le garanzie che i latitanti Carson e Penny avevano assicurato in regular season. Il matchup a distanza tra ZDS#55 e Jadeveon Clowney rappresentava una delle più intriganti sfide del Divisional, assieme a quella tra Jimmy Graham – tre tornei alla corte di Pete – e Bobby Wagner, All Pro per la quinta volta di una fantasmagorica carriera da regista arretrato, pronto ad ergersi secondo muro delle corse e smart eye nel corto iardaggio, lui già immune in passato al freezing di Minneapolis 2015! DK Metcalf, sensazionale rookie anche nel wild card game, avrebbe inoltre potuto accoppiarsi a Kevin King, star a Washington University, fast cornerback come pochi e leader stagionale negli intercetti a tinte cheeshead, giovane prospetto al pari di Jaire Alexander e Darnell Savage di un reparto, il back end, ricco allo stesso modo di esperienza e maturità (Amos e Tramon Williams), e col quale fronteggiare Tyler Lockett e David Moore, ulteriori possibili breakout player di giornata!

I Seahawks, in ugual maniera degli Eagles martoriati dagli acciacchi, hanno sfruttato le ultime giornate per tentare il recupero di qualche pezzo forte. Il left tackle Duane Brown non si era allenato fino a giovedì, dando però segnali incoraggianti a Carroll dopo l’operazione al menisco, e il suo stesso rimpiazzo in due delle tre gare saltate, George Fant, reduce da problematiche varie, pareva riabilitato. Il rientro di Diggs nel lineup, dopo due settimane (caviglia) di stop, risultava altresì di importanza capitale, vista l’esperienza divisionale acquisita da Lions verso Rodgers e soci in quattro campionati e mezzo prima della trade. Gli altri questionabili rilevanti della vigilia che rimarranno inattivi saranno Marquise Blair e Ziggy Ansah.

Green Bay viene invece dal concussion protocol del RT Bryan Bulaga e l’allarmante infortunio alla schiena di Kenny Clark, nose tackle chiave per la run defense e terzo in sack totali (6), limitato durante il bye week a leggere sedute di cyclette, ma che si rivelerà stoico e decisivo; il primo verrà dichiarato active ma non disputerà il match e sarà rimpiazzato da Veldheer.

Durante la gara Jamarco Jones lascerà il campo nel secondo quarto per un colpo al casco e lo stesso Clowney marcherà visita nel primo td run di Jones. Tra i dubbi antecedenti la sfida rimangono out per i Packers Dexter Williams, Josh Jackson e il fullback Danny Vitale, col DT Tyler Lancaster unico a presenziare il suo spot.

Otto giochi, 75 yards per 4 minuti e mezzo di durata: questo è il drive che indirizza la partita per i locali sin da subito, nel quale eccellono la primordiale corsa di Jones, le prese short pass di Adams e Graham e quella più lunga che porta lo stesso Davante in end zone. Ancora migliore quello che allunga il vantaggio dopo il field goal di Myers, a cavallo dei due quarti iniziali, caratterizzato esclusivamente da screen pass e avvenuto utilizzando gli stessi protagonisti precedenti, ma pure per un paio di penalità difensive (Flowers, Reed, Griffin) e con la variante Valdes-Scantling: 9 giochi, 75 yd, 5:40 minuti e segnatura a ridosso della meta dell’Aaron runningback! Si chiuderà infine il dominio dei primi due periodi col secondo touchdown di Jones sulla linea di score, successivo all’errore del kicker Seahawks dalle 50, e contrassegnato da varietà via terra (35 yards tra AJ#33 e Tyler Ervin), un paio di lanci in shot gun e l’ennesima sanguinosa penalità, stavolta face mask di Clowney. Si va al riposo senza storia e sul 21-3; nullo il running game di Seattle, enorme pressione sulla linea di Wilson e una ricchezza di scelte nel playbook di Hackett e LaFleur.

Mai dare per morti Carroll e il suo campione col numero 3, che approfitteranno dopo l’halftime di una tattica troppo attendista di Pettine e soci, sicuri che per portare a termine l’opera sarebbe bastato evitare pericolosi big play tra il qb e Metcalf, Lockett e Moore, consci altresì della totale inaffidabilità del running mode avversario. Così facendo però, a parte la costante dropback pressure, si lascerà a Wilson una continua space zone da 10/15 yards, che il fenomenale MVP sfrutterà per dirigere al meglio ogni azione, conquistando down in autonomia con scramble o passaggi sul breve e aggiornando il tabellino in ogni drive a disposizione, tranne nell’ultimo per il sack dell’incubo Preston Smith, assistendo poi, come detto all’inizio, alla classe del suo collega di ruolo e di fama, che chiuderà i conti mantenendo il possesso ovale fino al termine. Il risultato sarà un dominante controllo del tempo, con l’orologio a segnare ben 18:30 minuti in campo per Seattle nella seconda frazione e il ritmo dell’offensive zone nemica a perdere colpi. Le statistiche conclusive inoltre diverranno dignitose, col quasi pareggio sui primi down totali (23/22 Packers) e la supremazia nelle iarde ottenute (375 a 344). Due segnature di Lynch a ridosso dell’endzone e una di Lockett, intervallate da quella del solito Adams, faranno si che il risultato finale sia 28-23 Green Bay.

Le assenze non hanno permesso agli uomini di Carroll di battagliare alla pari, non c’è che dire, soprattutto via terra, con 15 portate per sole 39 yards di Lynch e Homer che stanno a significare zero possibilità di variare il proprio gameplan, dando agli avversari il significativo vantaggio di bloccare esclusivamente le ricezioni out wide per evitare big connection tra Wilson e i suoi atletici wr.

Il risultato così tirato è un successo insperato per i Seahawks, i quali terminano dunque alla grande l’ennesima campagna che ad inizio preview li vedeva sfavoriti, ma chiusa con molteplici positività da sfruttare nelle prossime esperienze.

Green Bay va al Championship lasciando però ancora una volta strascichi su un qualcosa che non convince, in questo caso la gestione del secondo tempo, dopo la brillante ed efficacie prima mezzora. Come ampiamente analizzato, aver offerto le redini agli avversari per due sezioni intere è un rischio colossale e una tattica esageratamente conservativa, specie se in regia c’è fuoriclasse del calibro di Wilson, ma pure le scelte ansiolitiche di cedere il più delle volte unicamente a Rodgers la responsabilità di concludere la contesa, correndo meno di 8 carries sulle 25 totali e per sole 16 yards, ci ha riportati all’epoca McCarthy.

Si va a Santa Clara con almeno 15 gradi di differenza e al cospetto della motion offense di Kyle Shanahan; una metà gara così remissiva passata a regalare spazi around the field risulterebbe letale per i sogni da Superbowl, anche perché i 49ers e Garoppolo sono maestri nel guadagno after catch (primi NFL) su corto iardaggio aereo, completi via terra, con un fullback mostruoso (Juszczyk) e feroci in pass rush, run defense e secondaria!

Rischiare ma giocare inches dopo inches, controllare sì il cronometro senza però gestire troppo il risultato e sfruttare l’esperienza playoff che A-Rod ha maturato nella sua fantastica epopea, rispetto a un Jimmi G certamente più sotto pressione: queste le chiavi per arrivare al Grande Ballo e riportare il Lombardi Trophy a casa!

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