5) DESHAUN WATSON: Appena nominato AFC Offensive Player of the Month, il quarterback di Houston è un legittimo contender per il premio di giocatore dell’anno. I suoi numeri dopo otto partite parlano di 2231 yards lanciate, 21 touchdown (16 TD pass e 5 Rushing TD) e il 69.3% di completi ma ciò che più conta è che il suo processo di maturazione come leader degli Houston Texans è definitivamente compiuto. Houston probabilmente non è una reale contender ma la continuità del suo quarterback a livelli di rendimento così alti le permette di mantenere la rotta verso i playoffs.

Per quanto ci siano stati dei discreti progressi, la offensive line rimane un punto critico tanto evidente quanto evidente è la bravura con cui Watson ha imparato a farci i conti. Sono pochi i quarterback con una pocket presence paragonabile alla sua. Anche quando la situazione è critica non affretta mai lo scramble, sceglie i tempi con cui esce dalla tasca allo stesso modo in cui Marc Marquez porta al limite la sua Honda in pista. Non è azzardo, né incoscienza ma perfetta consapevolezza e padronanza di ciò che fa. Una cosa molto vicina al concetto di “dominio”.

Attendiamo con ansia il momento in cui si troverà ad avere la palla in mano a cinque minuti dalla fine di un Divisional o di un Championship punto a punto e vedremo ulteriormente alla prova quelle clutch abilities che ha ampiamente mostrato in questa prima metà di stagione in cui ha già regalato drive favolosi nei momenti chiave delle partite con Chiefs, Chargers e Raiders.

Certamente la concorrenza è forte ma gli elementi per garantirgli fino all’ultimo un posto nella shortlist di Associated Press ci sono tutti.

4) PATRICK MAHOMES: Il suo 2018 strabiliante ci ha talmente assuefatti da portarci a ritenere normale ciò che il quarterback di Kansas City fa in campo ogni domenica. L’infortunio subito contro i Broncos e le partite conseguentemente saltate potrebbero indebolire la sua corsa al premio di miglior giocatore della stagione ma tirarlo fuori dalla lista dei principali pretendenti è impossibile. Pur portandosi dietro dalla prima giornata un problema alla caviglia che ne ha condizionato il modo di stare in campo, il suo rendimento, fino all’infortunio al Mile High è stato eccezionale.

Nelle prime sei gare ha marciato ad un ritmo da all-time record di 350 yards di media a partita, con il 64% di completi e un solo intercetto contro 14 touchdown. Soltanto nella partita persa in casa contro Indianapolis – capolavoro tattico del coaching staff dei Colts – lo abbiamo visto realmente in difficoltà, per il resto al netto di un minor dinamismo per via della caviglia malconcia, ogni domenica ha fatto ciò che gli riesce meglio, ossia giocare il suo football, quello che rende i Chiefs forse l’unica squadra della AFC in grado di potersela giocare con New England in proiezione playoffs.

Verosimilmente lo rivedremo in campo alla week 10 in casa di Tennessee e non sappiamo che Mahomes vedremo nella restante parte di regular season. Senza dubbio, con un Mahomes anche soltanto vicino al 100% sarebbe impossibile escludere il back-to-back.

3) CHRISTIAN MCCAFFREY: Sebbene il premio di Most Valuable Player sia di dominio pressoché assoluto dei quarterback, nell’ultima stagione, proprio in questo periodo, le prestazioni monstre di Todd Gurley con la maglia dei Rams davano corpo alla sensazione che sei anni dopo Adrian Peterson, un altro running back potesse ricevere l’MVP. Così non è stato ma un anno dopo, troviamo un altro RB nel ruolo di degnissimo candidato al premio.
Christian McCaffrey sta disputando una stagione sconvolgente e se i Carolina Panthers a dispetto di non pochi problemi si trovano ad avere un record positivo buona parte dei meriti vanno a lui.

In un contesto Newton-dipendente e improvvisamente privo del suo quarterback, McCaffrey ha sostanzialmente caricato la squadra sulle sue spalle portandola avanti a suon di yards macinate una domenica dopo l’altra. La sua media di 154 scrimmage yards per partita (per avere un paragone, Peterson ha chiuso la storica annata 2012 con 144 ypg) lo pone in linea per realizzare una stagione storica. Il prodotto di Stanford è il prototipo più efficace di dual-threat running back, il tritolo nelle gambe e mani educatissime, un mismatch vivente che con la sua versalità rappresenta un incubo per ogni difesa NFL.

La sua candidatura potrebbe risultare indebolita nell’eventualità non proprio improbabile che i suoi Panthers manchino l’accesso alla post-season ma comunque vada la stagione di Carolina, una seconda metà di campionato su questi livelli e chi sarà chiamato a votare farà molta fatica a preferirgli un altro giocatore.

2) AARON RODGERS: Dopo due anni complessi in cui più che del suo gioco si è parlato di lui per gli infortuni e il rapporto complesso con coach e compagni, il nome di Aaron Rodgers è tornato ad essere parte esclusivamente della cronaca sportiva. Il quarterback di Green Bay sembra aver trovato l’equilibrio giusto con il nuovo head coach Matt LaFleur e le sue performance salite di tono di settimana in settimana stanno trascinando i Packers che con un record di 7-1 (con 3 W su 3 nelle interdivisional games contro Bears, Vikings e Lions), dopo due anni di vacanze anticipate, sono ad oggi una delle principali candidate a giocarsi il prossimo Super Bowl.

Indubbiamente l’obiettivo principale di Rodgers, a 36 anni già compiuti, è il secondo anello ma le sue prestazioni stanno ponendo le basi per il terzo titolo di MVP della sua carriera. Una candidatura rafforzata dalle ultime due partite (tra cui il perfect game con i Raiders) in cui ha sostanzialmente dominato il campo dall’inizio alla fine.
Green Bay continua a correre spedita abbattendo ogni ostacolo e il ritorno imminente di Davante Adams, infortunatosi alla week 4 nell’unica sconfitta stagionale contro Philadelphia, restituirà al n. 12 il suo ricevitore prediletto. L’impressione è che per Rodgers (e i Packs) il meglio debba ancora venire.

1) RUSSELL WILSON: Russell Wilson è da anni uno dei migliori quarterback della lega ma per una ragione o per l’altra non è mai stato un candidato forte al titolo di MVP. Quest’anno però potrebbe essere il suo anno.
Dopo otto partite il QB di Seattle guida la corsa al premio di miglior giocatore del 2019. Nessuno in questa prima metà di stagione è riuscito a performare al suo livello di continuità ed efficienza. Coach Schottenheimer – sempre troppo poco celebrato – dalla scorsa stagione ha ridato linfa al gioco di corse dei Seahawks che sembrava morto dopo l’addio di Lynch e ricalibrato il ruolo di Wilson in un sistema offensivo meno dipendente dal suo quarterback ma più armonico ed equilibrato.

Nonostante nella prima parte di questo 2019 i lanci di Wilson siano aumentati rispetto all’anno scorso (31.2 di media contro i 26.7 del 2018),  il n. 3 di Seattle non è neppure tra i primi 20 della lega per tentativi per partita. Wilson lancia meno e lancia meglio: primo nella lega per touchdown (17 con un solo intercetto) e passer rating (115.5), il 68.4% dei suoi lanci sono passaggi completati, il 6,8% si trasforma in touchdown (anche sotto quest’ultimo profilo nessuno fa meglio di lui).

Tutto ciò con un receiving corps che eccetto il solito Tyler Lockett non dispone di materiale particolarmente pregiato. A tal proposito è stato recentemente firmato Josh Gordon su esplicita richiesta, pare, proprio di Wilson. Se l’ex Brown e Patriots riuscirà a rendere a buoni livelli con continuità rafforzerebbe senz’altro le ambizioni dei Seahawks in primis ma anche le chance di Russell Wilson di aggiudicarsi il Most Valuable Player Award. Comunque sia, al QB di Seattle va il premio virtuale di MVP di metà stagione e qualora la sua stagione da qui alla fine dovesse proseguire su questi binari non potrà che essere lui a succedere a Patrick Mahomes.

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