Una domenica di redenzione come quei momenti sopra il giorno di dolore di cui si sentiva la necessità, dopo un inizio stagione flagellato da infortuni eccellenti e drama grottesco se non volgare – da tabloid– perpetrato da un soggetto unico, di cui si sa tanto ma non tutto, l’eccellenza sportiva a mascherare il buio interiore, Antonio Brown.

Che poi chiamarla domenica è una convenzione giornalistica, volendo, o comodamente partigiana, non fosse altre perché ogni nuova settimana inizia il giovedì: l’introduzione.

E se l’NFL è un infinito romanzo a puntate, allora già le prime righe scritte nell’umida Florida lasciavano presagire il dolce finale, un breathtaking climax che trovava conclusione tra le luci più brillanti d’America, in quella New York proclamatasi capitale del mondo, ombelico dell’umanità.

Ogni medaglia, due facce. La sfida alla sorte ci relega sempre al ruolo di underdogs. Sarà per questo che li amiamo.

Partendo dal paziente 0, il million-to-one shot per antonomasia, eroe – e contemporaneamente antieroe- moderno figlio dei sobborghi della città dell’amore fraterno, Philadelphia, in cui scorreva sangue nostrano, Rocky Balboa. E’ l’esempio classico, scontato, popolare e populista, certo, ma rende sempre l’idea, senza l’obbligo – o sforzo- intellettuale di andare a ripescare il primo Libro di Samuele, per citare il racconto biblico di Davide che batte Golia. Con una fionda ed una pietra. Nemmeno fossero il braccio e la palla.

E’parte dell’essere umano, dell’animo di ognuno, senza distinzioni, la rivalsa vale per tutti e appartiene a tutti, democratica e per nulla classista. Ognuno si batte – e sbatte- per essere migliore, anche ai livelli più alti, il sentimento di insoddisfazione non è di per sé negativo, spesso è propositivo. Tutti vogliamo l’upgrade di noi stessi. E tanto più è difficile la sfida, tanto più dolce sarà la soddisfazione, accompagnati nel cammino sempre da una colonna sonora importante, orchestrale, quale spinta. Incoraggiamento.

Tutti noi, almeno una volta nella vita, abbiamo salito le scale del Museum of Art di Philadelphia. Tutti noi, ogni giorno, siamo underdogs.

Ma sotto le luci della ribalta certe storie prendono sfumature diverse, maggiormente fascinose forse, anche se non più intense della vita quotidiana stessa, regalando motivi per sognare.

Gardner Minshew, Daniel JonesHead or Tail? Vanno bene tutt’e’due.

Tante, troppe volte la definizione di vincente è un’etichetta che altri appiccicano addosso, figlia di quella cosa – artificialmente architettata- chiamata hype, spesso spropositata, manovra ingegneristica – joint venture– di agenti e giornalisti.

Il contrario, è comunque vero: non nasci bust – fallimento– ma corri il rischio di diventarlo. Niente di più vero in ambito sportivo professionistico.

Longshot, l’azzardo o, più prosaicamente, la capacità di vedere lungo – quella lungimirante follia di cui parlava Erasmo da Rotterdam – carattere indispensabile, scintilla necessaria, forza generatrice del mito.

La diversità, innegabile, del legame gemellare: due quarterbacks Gardner e Daniel espressivamente proponibili quali protagonisti di sitcom, il villano e il next door guy che piace tanto alle mamme. Che apprezzano, segretamente e meno platonicamente, anche l’altro.

Cordone ombelicale comune, l’overlook, la sottovalutazione a priori: una 178esima scelta al sesto giro e una sesta scelta al primo giro. Quel numero sei, ricorrente, che – esotericamente- richiama la prova iniziatica, la scelta fondamentale che implica l’impegno attivo dell’iniziato a seguire la via dell’elevazione spirituale,  senza disperdersi in illusioni. La vita è un cerchio.

Con poco preavviso, farsi trovare pronti, una squadra per mano, iniziare a sentirla tua – drive dopo drive- conquistare una vittoria, infondere speranza nei tifosi. Scatenare una mania. E se a Jacksonville sono nuovi a queste cose, a New York ormai ne hanno fatto il callo, veterani, l’apice nella Linsanity, 2012, anno cinematograficamente importante, era l’alba della fine del mondo. E nonostante tutto siamo ancora qui.

Sogni favolistici di uomini in transizione da mortali ad eroi con il rischio – sempre presente- di scivolare nuovamente nel buio dell’oblio, in pasto a lupi pronti a divorarli, con la bocca piena di io l’avevo detto.

La prova e la controprova, responsabilità a pesare sulle spalle del protagonista di turno. Attendibilità, rispetto delle previsioni.

Partiamo da qui, quindi, ricapitolando gli start&sit della settimana scorsa.

START

  • Patrick Mahomes 27.86, Lamar Jackson 21.28, Dak Prescott 22.54, Jimmy Garoppolo 9.38, Jameis Winston 25.84
  • Christian McCaffrey 24.8, Ezekiel Elliott 13.9, Dalvin Cook 20.3, David Johnson 12.5
  • Adam Thielen 17.6, Amari Cooper 20.8, Chris Godwin 4, DK Metcalf 6.7
  • Evan Engram 17.3, Travis Kelce 8.9, Mark Andrews 1.5
  • Patriots 14, Cowboys 12, Vikings 7

SIT

  • Teddy Bridgwater 16.28, Jared Goff 14.16, Derek Carr 15.68
  • Josh Jacobs 4.4, Jaylen Samuels 0, Austin Ekeler 8.1
  • Alshon Jeffery DNP, Michael Thomas 11.4, John Ross III 0.2, Marvin Jones 16.1
  • Jared Cook 0.7, Jimmy Graham 0
  • Ravens 0, Rams 9, Saints14

Differenziale? Differenziale sia.

  • Quarterbacks +7,08 al netto dei due risultati migliori di Mahomes e Winston
  • Runningbacks +34,2 al netto di McCaffrey
  • Widereceivers +21,4 viziato dall’assenza di Jeffery
  • Tightends +9.7 escludendo la prova magistrale di Engram
  • Defense +10

Life is never more fun than when you’re the underdog competing against the giants.

Ross Perot, politico e fondatore Electronic Data System

Quarterbacks

Supposizioni, previsioni e strategie, evitando l’ovvio, la semplicità concettuale: gli studs – i fenomeni- quelli che chiami con incrollabile fiducia, vanno schierati. Salvo infortuni, vicissitudini esterne, i migliori partono titolari.

Dall’Alabama con furore, boots ai piedi e cowboy hat in testa, l’incedere sicuro da field general che troveremo tra qualche anno a Canton, accompagnato dai nove figli – santificati ad un fervente credo cattolico- e dalla fedele moglie Tiffany, Philip Rivers è l’uomo da schierare in questa week 4 grazie al favorevolissimo matchup contro Miami. Ottimo già nella sfida casalinga contro i Texans di domenica scorsa: oltre 300 yards lanciate, 2 touchdown a totalizzare 19.62 fantasy points.

I Colts anche senza Luck – ne scrissi nella preview agostana, ndr– sono una squadra ostica oltre che estremamente talentuosa. Jacoby Brissett, 310 yards lanciate nella vittoria contro Atlanta, è l’uomo – silenzioso- del momento: nessun headline a riempire le prime pagine dei giornali, estrema efficacia in campo. Costante, in termini fantasy, con una produttività mai scesa sotto ai 15 punti. Da schierare, con convinzione, nell’incontro casalingo contro i Raiders, la cui difesa è relegata agli ultimi posti quanto a yards concesse: tanto passing quanto rushing.

Top scorer nella bruciante sconfitta nel nido familiare del CenturyLink Field, i 41 punti – fantasy- messi a referto non sono nulla di più che un’ulteriore motivazione per continuare a credere nel signal caller di Seattle. Non proibitiva la sfida di Russell Wilson ai Cardinals che – non troppo convincenti- hanno concesso oltre 1300 yards totali agli avversari.

Lasciare in panchina il GOAT, il più grande di sempre Jerry Rice permettendo, è un lusso che ci si può permettere solo qui, nel sicuro quanto fantascientifico ambiente del fantafoobtall. Brady contro i sorprendenti Bills di questo inizio stagione può essere una sfida da non perdere: non una granitica garanzia di spettacolarità, probabilmente un essay tattico strategico. TB12 al cospetto di una difesa da top5: la compagine di Buffalo è è – dietro a 49ers e Patriots appunto- quella ad aver concesso di meno in termini di yards totali, 899. A casa, quindi, con Gisele. Sentimento d’invidia concesso.

Tra Bears e Vikings si può immaginare un gioco a somma zero tanta è la forza e il talento delle rispettive difese: la prova messa in campo nel monday night da Chicago contro i Redskins invita a far sedere Kirk Cousins in panchina.

La differenza tra vincenti e perdenti, come anticipato in apertura, è – al netto di argomentazioni concrete- un artificio giornalistico estremamente pericoloso: dopo l’acquisizione di Odell Beckham Jr, i Browns improvvisamente diventarono la squadra, quella da battere. Il record negativo attuale e le prove non convincenti messe in campo hanno spinto nubi cupe all’orizzonte e sul banco degli imputati l’iconica e carismatica figura di Baker Mayfield. Ennesimo sit per lui in questo inizio stagione: non proibitiva ma nemmeno incoraggiante la sfida on the road ai Ravens capaci di 16 TFL, 28 QB Hits e 7 sacks.

Running backs

Strategicamente parlando, i mock drafts sono estremamente sopravvalutati. Certo, possono aiutare a scegliere sotto pressione con il cronometro che scorre ma questo vale soprattutto per le scelte più ritardate, quelle dall’ottavo giro in poi. Oppure in determinate deep leagues, quelle con tanti sfidanti e con un serbatoio – di nomi noti- in rapido esaurimento.

L’esempio lampante guardando al recente passato, la scorsa offseason: in qualsiasi formato le prime quattro scelte ricadevano su Barkley, Elliott, Kamara e McCaffrey, se sceglievi Mahomes prima del terzo veniva etichettato quale pivello, si preferiva Travis Kelce già al secondo giro.

Lo stato attuale dell’arte – ed il senno di poi- ci dice che avessimo seguito l’istinto e preso il signal caller di Kansas City subito, avremmo avuto al secondo giro la possibilità di ritrovarci come minimo Dalvin Cook: in termini di punti li troviamo rispettivamente al primo e al settimo posto.

Follow your gut, in ogni caso.

Tornando a noi, il match contro Miami invita a schierare Austin Ekeler come titolare no brain, senza dubbi: i Dolphins – peggior difesa nell’aggregato- hanno già concesso la bellezza di 624 yards ai runningback avversari. Una media di 208 a partita.

Non ha segnato certo ma ha contribuito alla vittoria di Dallas con ben 139 yards dallo scrimmage, Zeke Elliott è pronto ad una sfida favorevole contro NOLA , la cui difesa è relegata al 24esimo posto in termini di concessioni su corsa.

Dopo la buona prova nel Thursday Night, Leonard Fournette  va in cerca di conferme nella sfida esterna a Denver: squadra molle, i Broncos di questo 2019 pur non privi di talento, faticano a trovare la quadra. Il pass rush incisivo cui ci avevano abituato negli anni fatica, quindi, val la pena prendersi il rischio schierando il talento – non del tutto espresso- del backfield di Jacksonville.

Lungo la sideline, questa settimana, lasciamo Dalvin Cook, scelta sofferta visto l’ottima produttività ma necessaria poiché proibitiva pare la sfida contro Chicago.

Statisticamente lontano dall’eccellenza – 1157 yards totali concesse- Il front seven difensivo di Houston pare in crescita, ottime le prestazioni di JJ Watt e DJ Reader nella scorsa gara contro i Chargers. Fantastico, come sempre, Mercilus che pare vivere un’eterna giovinezza, frutto di una forma invidiabile. Da ciò ne discende che sì, assumendosi qualche rischio o forse più di qualche, val la pena lasciare McCaffrey in panchina benché il talento – e il consenso generale- dicano il contrario. Azzardo.

Nemmeno contro Carolina è riuscito ad esplodere, David Johnson non è uomo da top10, lo è stato solamente un anno e con grandi probabilità non si ripeterà più. Seattle, finora, ha concesso solamente 203 yards su corsa e 2 touchdown: panchina garantita.

Wide receivers

Questa settimana dei Chargers, alla pari del maiale, non si butta via nulla. Dopo il career high di yards ricevute contro Houston, Keenan Allen pare essere l’uomo copertina della week alle porte: benché non i peggiori – 24esimi- i Dolphins sono quelli che hanno concesso più touchdowns aerei e una tra le più alte percentuali di completi permessi 72.1%.

In crescendo la stagione di JuJu Smith Schuster che pare non aver sofferto troppo del cambio di timone in casa Steelers: contro San Francisco è arrivato anche il primo touchdown e il ritorno – full pads– di James Conner aiuterà ad allentare la pressione di copertura. Start per uno dei volti più simpatici della lega che può eccellere nella confortevole sfida ai Bengals.

Le stelle, questa settimana, si trovano ad un bivio: cadenti o comete. I matchups che interessano i nomi noti – Jones, Evans, Adams, Cooper, Hopkins come vedremo in seguito- sono chiamati a misurarsi con difese eccellenti. Tra questi, quelli con le migliori opportunità paiono essere Amari Cooper nella sfida ai SaintsDavante Adams che affronterà gli Eagles. Dovendo scegliere, il consiglio è di puntare sul numero 19 dei Cowboys.

Vincono ma non convincono – fantastico l’approfondimento a riguardo che trovate su queste pagine- i Rams vantano comunque una secondaria eccellente capace di concedere appena 578 yards aeree – 57% di completi- agli attacchi avversari. Da sedere in panca, quindi, Mike Evans autore la scorsa domenica di una prestazione eccellente.

Guardando ancora alla passing defense notiamo come, incredibilmente, Carolina riesca ad eccellere: seconda dietro ai Patriots. Il consiglio – rischioso- è di tenere DeAndre Hopkins in panchina. L’abbondanza di targets e la curiosa alchimia sviluppatasi tra Fuller e Watson – letali quando entrambe in salute- nonchè un più continuo e solido gioco di corse, hanno fatto crollare le statistiche di Nuke. Almeno fino ad ora.  

Ancora lungo la sidelineTyrell Williams: difficile la sfida esterna a Indianapolis.

Tight ends

Come si dice da quelle parti lì, Daniel Jones took the Giants by storm. Li ha travolti, sostanzialmente.

Rinvigorito è sicuramente Evan Engram che con un’ottima prestazione contro Tampa ha certificato il suo status di TE1. La sfida con i Redskins – capaci di concedere 17 ricezioni su 20 targets totali ai tightends opposti- pare essere appetitosa.

Segno più anche per Mark Andrews contro i Browns che hanno concesso già due touchdowns agli omologhi avversari.

Le buone prestazioni di inizio anno contro difese eccellenti – Vikings, Eagles e Colts- spingono a crederci: Austin Hooper può essere uno dei bersagli preferiti da Matt Ryan anche nella sfida ai Titans.

Will Dissly – dei 7 touchdowns lanciati da Wilson, 3 sono suoi- pare essere un’ottima scelta contro i Cardinals.

Non come la peste ma comunque da evitare: Zach Ertz nella sfida al Lambeau Field, Greg Olsen contro i Texans capaci di concedere solamente 90 yards alla posizione e OJ Howard chiamato ad affrontare i Rams che hanno permesso solamente 8 ricezioni su 21 targets ai tightends avversari.

Defense

E’un all in bello e buono quello di questa settimana sui Chargers. Consuetudine, comunque, di quest’anno di sofferenza per Miami. Start per i discepoli di Rivers. Facendo attenzione alle carenze di pass defense, si può rischiare schierando titolare la difesa dei Texans nella sfida casalinga contro i Panthers. Jacksonville Jaguars in risalita – 9 sacks lo scorso TNF- con possibilità di continuità e conferma nella sfida on the road contro i Broncos.

Sedute, invece, le compagini dei Saints contro Dallas del lanciatissimo Prescott, Titans ospiti ad Atlanta e Eagles di scena al teatro di Green Bay

Kickers

Follow your Gut, i nomi migliori difficilmente deludono.

The Very Last Take

Longshot, dicevo all’inizio: la volontà e il coraggio di assumersi il rischio. Per ogni categoria un colpo che può pagare alto.

  • Quarterbacks Mason Rudolph
  • Running backs Carlos Hyde
  • Wide receivers Marquise Brown
  • Tight ends TJ Hockerson
  • Defense New York Giants

 

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