Dopo la stagione 2017 i Minnesota Vikings facevano legittimamente pensare di essere una squadra che di lì a poco, magari con qualche piccolo aggiustamento, sarebbe potuta arrivare e magari vincere il primo Super Bowl della storia della franchigia. L’ultimo campionato però ci ha detto ben altro. La sconfitta in casa all’ultima giornata contro i Bears è costata ai Vikes la qualificazione ai playoffs, chiudendo così una stagione partita con ben altre premesse.
L’aggiunta di Kirk Cousins, l’uomo che nei piani del front office avrebbe dovuto rappresentare l’upgrade necessario per competere per il titolo, non ha dato i frutti sperati e nella partita decisiva contro Chicago non si può certo dire che l’ex Redskins abbia brillato. Ovviamente le responsabilità della regressione della squadra rispetto al 2017 non sono tutte del quarterback. La offensive line non ha mai garantito una pass protection consistente e lo scarso rendimento dell’intero reparto ha pregiudicato l’efficacia del gioco di corse tanto che sotto il profilo delle yards corse (93,3 contro le 122,3 del 2017) Minnesota ha fatto meglio soltanto di Pittsburgh e Arizona. Oltre a ciò la grande difesa dei Vikings non è stata poi così grande anche per causa dei problemi personali di Griffen e di qualche giocatore come Kendricks e soprattutto Xavier Rhodes che ha reso ben al di sotto delle proprie possibilità.

La situazione salariale non permetteva grandi margini di manovra per migliorare un roster che presenta poche novità rispetto all’ultima annata. Detto ciò, l’ossatura della squadra rimane quella di due stagioni anni fa e rappresenta una solida base per costruire una stagione importante. Il cambiamento più importante riguarda lo staff tecnico. Kevin Stefanski già quarterback coach è stato nominato offensive coordinator dopo aver ricoperto tale posizione in via temporanea dopo il licenziamento di John DeFilippo e soprattutto è arrivato a Minneapolis Gary Kubiak per ricoprire il ruolo offensive advisor di coach Zimmer. In soldoni gli si chiede di fare da problem solver per riportare il reparto ad un livello di efficienza perlomeno pari alla gestione di Pat Shurmur.

Chissà che Kubiak (anzi i Kubiak, dato che il figlio Klint è stato nominato quarterback coach) non riesca finalmente a fare di Cousins un QB vincente meritandosi a quel punto di diritto una statua fuori dallo U.S. Bank Stadium.

Il gioco nella tasca dell’uomo da Michigan State necessità di una linea di qualità. Non a caso la diciottesima scelta dell’ultimo draft è stata spesa per selezionare un centro, Garrett Bradbury. Il rookie da North Carolina State ha destato un’impressione più che positiva durante il training camp e la sua presenza al centro della unit comporterà un cambio di ruolo per Pat Elflein che sarà la nuova left guard titolare mentre nella posizione di right guard partirà il nuovo arrivato Kline. I due offensive tackle titolari saranno Riley Reiff e Brian O’Neill che già nel 2018 ha superato nelle gerarchie Rashod Hill.

Il gioco di corse è un punto critico su cui lo staff tecnico sta lavorando attentamente in preseason. Molto dipenderà dall’impatto di Dalvin Cook, un uomo su cui Minnesota punta forte ma che in due stagioni da professionista ha disputato in totale appena quindici partite. Ciononostante non gli è stato affiancato un backup di livello che possa essere in qualche modo “un’assicurazione” in caso di problemi fisici. Il primo cambio del prodotto di FSU sarà Ameer Abdullah, sostanzialmente un mestierante, tallonato molto da vicino dall’interessante rookie Alexander Mattison. Gli altri running back a roster sono Mike Boone e l’ex Jets e Broncos D’Angelo Henderson oltre a C.J. Ham che sarà utilizzato come sempre da fullback.

Le armi principali dell’attacco di Minnesota rimangono i due ricevitori Stefon Diggs e Adam Thielen, esplosi in contemporanea nel 2017 e reduci da un anno in cui hanno alzato ulteriormente l’asticella del loro rendimento. Dietro i due titolari c’è davvero molto poco: Jordan Taylor, 351 yards ricevute e 2 touchdown in due anni a Denver, il sophomore Chad Beebe e Laquon Treadwell, bust conclamato di cui si ricordano soprattutto i drop.

Nessun dubbio riguardo il tight end titolare che sarà ovviamente Kyle Rudolph, il cui contratto è stato esteso fino al 2023. Le riserve saranno il rookie da Alabama Irv Smith, Tyler Conklin e David Morgan.

La difesa rimane un mix di veterani e young guns in grado, se rende al 100%, di creare parecchi problemi anche ai migliori attacchi della lega.

La linea rispetto al 2018 non potrà disporre di Sheldon Richardson, firmato dai Browns a cifre non alla portata del cap di Minnesota. Sarà dunque promosso titolare Shamar Stephen che insieme al fortissimo Linval Joseph andrà a formare una coppia di big men che in quanto a peso e presenza fisica probabilmente non ha eguali nella lega. I defensive end titolari saranno Danielle Hunter (14,5 sacks nella stagione 2018) e Everson Griffen che ha dichiarato di sentirsi “un uomo in missione” e che se non ricade nelle problematiche che ne hanno condizionato l’ultima stagione, anche a trentatre anni può fare ancora la differenza sul terreno di gioco. I backup sono tutti relativamente giovani. Alcuni come Weatherly già rodati, altri come Aruna, Bower e Holmes ancora da scoprire.

In estate il linebacker Anthony Barr è stato ad un passo dal diventare un nuovo giocatore dei Jets ma alla fine con uno sforzo economico non indifferente il front office dei Vikings è riuscito a trattenerlo a Minneapolis. Il giocatore sarà dunque obbligato ad onorare un contratto molto pesante guidando un reparto che può contare inoltre su Eric Kendricks che si accinge ad iniziare la sua quinta stagione in purple and gold. Il WILL titolare sarà in linea di massima Ben Gedeon favorito su Eric Wilson.

L’addio di Andrew Sendejo ha favorito la promozione nella starting lineup di Anthony Harris a fianco del leader del reparto arretrato Harrison Smith, il quale ad oggi, è probabilmente il non plus ultra per quanto riguarda le safety della NFL.
A Minneapolis si augurano che Xavier Rhodes dopo un’annata mediocre possa tornare ai livelli stellari del 2017 come del resto l’auspicio è che Mike Hughes possa tornare integro il prima possibile. Col prodotto di UCF fuori gioco il titolare indiscusso per l’altra slot di cornerback sarà ovviamente Trae Waynes.

Gli altri cornerback a roster che potranno dare una mano nelle rotazioni difensive sono Mackensie Alexander, Bené Benwikere e il rookie da University of Texas Kris Boyd. Da Texas è uscito, nel 2018, un altro cornerback dei Vikings ovvero Holton Hill. E qui c’è da aprire una breve parentesi. Che il giocatore sia dotato, e anche parecchio, non c’è dubbio ma è altrettanto chiaro che il soggetto sia abbastanza problematico. I suoi problemi disciplinari al college e un drug test fallito hanno fatto in modo che finisse undrafted a dispetto di qualità da secondo/terzo giro e dopo la prima stagione con Minnesota è scivolato su un’altra buccia di banana rimediando quattro partite di squalifica per uso di sostanze improprie che sommate ad un’altra precedente squalifica per PED lo escluderà dai campi di gioco per otto partite. Ad oggi il proseguimento della sua esperienza coi Vikings è in forte dubbio, anche se come già detto il suo potenziale lo rende un giocatore terribilmente affascinante.

Matt Wile e Dan Bailey, rispettivamente il punter e il kicker che hanno chiuso l’ultima stagione sembravano abbastanza tranquilli del loro posto almeno fin quando non è acquisito via trade il semisconosciuto Kaare Vedvik, che stava disputando un’ottima preseason a Baltimore. Questo ragazzo norvegese può giocare sia da kicker che da punter sicché il suo arrivo a Minneapolis rischia di sparigliare le carte all’interno dello special team.

La prossima stagione ci dirà se il 2018 dei Vikings sia stato soltanto un incidente di percorso di quelli che possono occorrere a tutte le franchigie (meno che una, ça va sans dire) in una lega come la NFL o se al contrario la squadra abbia avuto una considerazione eccessiva in precedenza.
Il calendario che dovranno affrontare non è certo semplice e sappiamo come in passato Kirk Cousins abbia sempre fatto fatica contro le squadre di vertice.
Inserire nello staff di Mike Zimmer una mente offensiva del livello di Kubiak (oltre ad una serie di assistenti di fiducia dell’ex head coach di Denver) è una mossa notevole ma che comporta un certo grado di rischio per ciò che riguarda l’equilibrio all’interno dello staff stesso.
Ciò che è certo è che nel caso in cui la squadra mancasse i playoff per il secondo anno anno di fila, a dispetto dell’ottimo lavoro svolto in passato e delle sue indubbie doti, coach Zimmer rischierebbe seriamente di finire giù dalla torre.

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