Signore e signori, per favore, in piedi: prendiamoci un momento per applaudire i Cleveland Browns, gli indiscussi vincitori della offseason. Nonostante aggiudicarsi l’offseason non arricchisca alcun tipo di bacheca e non implichi successo sul grid iron, il semplice fatto che una squadra che in un recente intervallo di due anni riuscì a vincere la bellezza di una partita sia riuscita a generare tutto questo entusiasmo è già di per sé una monumentale doppiavù: il percorso verso una retta via, per il momento costituita principalmente da entusiasmo e massicce dosi di potenziale, è iniziato ufficialmente il 7 dicembre 2017, giorno in cui l’owner Jimmy Haslam ha annunciato al mondo di aver affidato il front office al navigato John Dorsey, uno dei motivi per cui i Kansas City Chiefs sono diventati quella che forse è la squadra più divertente della lega.
Un 2018 concluso appena sotto il 50% di vittorie – risultato immenso per i Browns del nuovo millennio – ha messo immediatamente in chiaro che la prima scelta assoluta al draft dell’anno scorso Mayfield può veramente porre fine alla chilometrica lista di quarterback passati – senza successo – da Cleveland negli ultimi decenni: se qualcuno mi dicesse che quanto fatto vedere lo scorso anno è già sufficiente per dichiarare la morte di tale papiro non avrei molto da ribattere, anche se mi riservo di far passare questa stagione prima di esprimere un giudizio più definitivo.
Entusiasmo, legittimi motivi per ambire alla corona in division ed addirittura, secondo qualche esaltato di troppo, aspirazioni di Super Bowl sono concetti che fino a non troppi mesi fa sembravano inconcepibili anche per il più appassionato dei tifosi ma che ora, dopo una offseason che potrebbe passare alla storia, hanno più o meno ragione di esistere.

Tutto ovviamente parte da Baker Mayfield, in quanto nel 2019 una squadra arriva – quasi sempre – fin dove la trascina il proprio quarterback: quanto fatto vedere lo scorso anno basta – ed avanza – a farci credere che non solo l’ex prima scelta assoluta possa diventare il tanto agognato franchise quarterback, ma che possa pure trasformarsi in un talento generazionale in grado di far dimenticare decenni di futilità. La sua leadership, espressa tramite una personalità divertente ed al contempo feroce, è indiscutibile, già dal primo anno ha dimostrato di riuscire a gestire una huddle senza alcun problema ed anzi, sembra aver già guadagnato il rispetto dei propri compagni, cosa non banale in un team che ha aperto le porte a giocatori tanto talentuosi quanto potenzialmente dannosi in spogliatoio: carattere e determinazione saranno quasi più importanti di fattori squisitamente tecnici una volta che la strada di Cleveland si farà in salita, in quanto bisogna sempre aver ben presente che non solo stiamo parlando di un roster giovane, inesperto e per la maggior parte non ancora abituato a vincere, ma pure di una squadra guidata da un allenatore alla propria prima esperienza nel ruolo.
A togliere pressione dalle spalle del numero 6 ci penserà un backfield potenzialmente devastante composto dal sophomore Nick Chubb e dall’attualmente sospeso Kareem Hunt: i punti interrogativi intorno all’ex Chiefs sono tanti, ma è innegabile che quando in campo sia uno dei running back più completi e terrificanti della lega e se uniamo il suo potenziale a quello di Chubb, giocatore arrivato a sole quattro yards da quota mille nonostante abbia dovuto aspettare fino alla settima partita per ricevere più di tre portate, potremmo trovarci di fronte al backfield più talentuoso ed incontrastabile della lega.

Il reparto su cui saranno puntati più riflettori, però, è ovviamente quello dei ricevitori: l’innesto dell’esplosivo Odell Beckham Jr. secondo molti è stato il momento clou di quegli otto mesi di tortura legale chiamati “offseason”, in quanto esiste forse giocatore più elettrizzante dell’ex numero 13 dei Giants?
Come già saprete, Beckham andrà a fare reparto con il proprio miglior amico nella vita reale, Jarvis Landry, giocatore che sembra complementare alla perfezione il gioco di OBJ: se da un lato abbiamo uno dei più pericolosi deep threat del ventunesimo secolo, dall’altro troviamo uno specialista della slot in grado sì di giocare anche come wideout, ma che indubbiamente si esprime al meglio ricevendo lanci corti e creando yards after catch con le proprie gambe e creatività.
Sarà interessante osservare come Mayfield distribuirà i target, anche se sono abbastanza sicuro che ci saranno palloni per tutti, anche per i compagni dai nomi meno altisonanti come Antonio Callaway e l’iper-affidabile Rashard Higgins: il primo, sciaguratamente, è stato sanzionato con una sospensione di quattro partite per aver utilizzato sostanze proibite, mentre il secondo sembra essere riuscito a ritagliarsi una consistente fetta di targets garantita da una buonissima intesa con il proprio quarterback. Il chiaro titolare, per quanto riguarda i tight end, sarà David Njoku, ragazzo arrivato al terzo anno e che sembra finalmente pronto a compiere il definitivo salto di qualità: se ciò dovesse rivelarsi essere vero, Mayfield potrà contare su uno dei tight end più fisicamente dominanti della lega.
La linea d’attacco, forse il reparto più debole, potrà contare sugli ottimi Bitonio e Tretter come guardia e centro, mentre i due posti da tackle ed il rimanente da guardia sembrano essere ancora up for grabs: a preoccupare maggiormente è la relativa incertezza attorno al tackle sinistro, ruolo al momento in mano a Greg Robinson, ma occorre ricordare che l’anno scorso Robinson, insieme a Corbett e Hubbard si è reso protagonista di una folle seconda metà di stagione nella quale l’intero reparto è stato in grado di concedere solamente la miseria di cinque sacks totali, oltre che ad aprire vere e proprie autostrade a Chubb.

Per quanto spazio abbiano trovato sui nostri schermi storie riguardanti lo sviluppo di Mayfield e del reparto offensivo in generale, affinché Cleveland riesca a compiere il definitivo salto di qualità sarà indispensabile un miglioramento delle prestazioni da parte di tutta la difesa: lo scorso anno troppo spesso il front seven non si è dimostrato in grado di contrastare efficientemente gli attacchi terreni avversari, concedendo più rushing yards a partita di chiunque a parte Cincinnati, Oakland, Miami ed Arizona, non esattamente la migliore delle compagnie.
Dorsey, scaltro e sveglio come sempre, è pienamente consapevole di ciò, ed infatti ha messo a segno dei pregevoli colpi pure per puntellare un reparto troppo giovane ed inesperto: gli innesti di Sheldon Richardson ed Olivier Vernon credo miglioreranno immediatamente la situazione. Nonostante sia riuscito a giocare abbastanza bene da guadagnarsi un rassicurante triennale, c’è sempre l’impressione che Richardson non si stia esprimendo al massimo delle proprie potenzialità, anche se con tutte le ottime risorse a suo fianco sembra perlomeno essere nella posizione giusta per aumentare il livello delle proprie giocate; Vernon, arrivato anche lui via trade con i Giants, non è certamente un pass rusher da quindici o più sacks a stagione, ma un solidissimo veterano in grado di portare costante pressione al quarterback avversario e che, aiutato dal portentoso Myles Garrett potrebbe riuscire a creare confusione sfruttando i tanti uno-contro-uno che si troverà a giocare. Il terzo anno sembra profilarsi come quello in cui Garrett sarà in grado di issarsi definitivamente fra i cinque migliori pass rusher della lega, così come potrebbe rivelarsi l’anno della consacrazione di Larry Ogunjobi, D-tackle d’immenso potenziale che finora ci ha solamente dimostrato a sprazzi di poter dominare la linea di scrimmage.

Il corpo linebacker, per il momento, vede il trio composto da Schobert, Kirksey ed Armstrong come favorito per iniziare la regular season da titolare: solo Schobert però sembra aver validi motivi per non doversi guardare le spalle con eccessiva apprensione, in quanto i rookie Takitaki e Wilson stanno visibilmente crescendo giorno dopo giorno, guadagnando sempre più fiducia nei loro mezzi e soprattutto quella degli allenatori.
Il reparto più intrigante dell’intero roster, però, è senza dubbio la secondaria, nella quale la parola d’ordine è gioventù: la coppia di cornerback potenzialmente titolare potrebbe essere Ward-Williams, giocatori rispettivamente al secondo ed al primo anno fra i professionisti. Nonostante il sempre più ridicolo valore del Pro Bowl, Ward è stato in grado di guadagnarsi sufficiente rispetto per prenderne parte già dal primo anno e, sebbene alcuni problemi fisici abbiano in parte eclissato quanto di buono dimostrato durante le prime partite, abbiamo sufficienti motivi per attenderci una stagione nella quale il termine lockdown sarà associato più e più volte al suo nome; Williams, invece, dato da la maggioranza dei mock draft come sicuramente già selezionato prima della fine del primo round dello scorso draft, è scivolato silenziosamente fino alla numero quarantasei, scelta che Cleveland non ha avuto esitazioni ad utilizzare per assicurarselo: dovrà adattare il suo fisico al mondo NFL, ma qualora riuscisse in tempi brevi a rinforzarsi e migliorare la tecnica di placcaggio, credo proprio riuscirà a togliersi grosse ed immediata soddisfazioni.
Il retro della difesa, orfano del promettente Peppers spedito a New York durante l’affare OBJ, sarà affidato al duo ex Packers Randall e Burnett: nel 2018 Randall ha dimostrato evidenti segnali di crescita anche grazie al cambio di posizione che lo ha visto passare da cornerback a safety, mentre Burnett dopo sette anni trascorsi in Wisconsin si trova al secondo cambio di casacca negli ultimi dodici mesi, in quanto dopo un 2018 sottotono trascorso a Pittsburgh, ha firmato un biennale con i Browns con la speranza di trovare immediato riscatto.

Il margine d’errore in grado di determinare la differenza fra una vittoria ed una sconfitta è veramente minimo in National Football League, pertanto poter contare su un buon kicker è oggi più che mai fondamentale per garantirsi doppievù e conseguenti qualificazioni ai playoff: dopo aver visto due possibili vittorie venire “calciate via” dall’incompetenza di Zane Gonzalez, Cleveland ha eletto Greg Joseph come kicker titolare, specialista decisamente più preciso del predecessore, anche se sicuramente non ancora comparabile a mostri d’affidabilità come Tucker e Zuerlein. Il punter sarà ancora una volta Britton Colquitt, mentre al momento prevedere chi sarà il returner non sembra ancora possibile: tecnicamente questa mansione sarebbe riservata all’esplosivo Callaway, ma la squalifica di quattro giornate ha aperto la porta a giocatori sconosciuti come l’amatissimo Damon Sheehy-Guiseppi, giovane con assolutamente nulla da perdere e pertanto infinitamente pericoloso.

Ciò che più mi incuriosisce di questa versione dei Browns è vedere come il “rookie” Kitchens riuscirà a gestire uno spogliatoio così ricco di personalità e di potenziali attriti: in preseason, quando ogni squadra siede comodamente sullo 0-0, parlare di aspettative e gestire 53 uomini con diversi percorsi di vita e caratteri non sembra essere particolarmente difficile, ma una volta arrivato settembre ed una volta arrivate le prime sconfitte e critiche, tenere in mano la situazione gestendo il tutto nel modo più professionale che ci sia diventa incredibilmente complicato. Non voglio assolutamente dire che vedremo Odell Beckham fare a pugni con equipaggiamento a bordocampo o quant’altro, ma considerando l’orgoglio e la passione di molti dei nomi di spicco, non mi stupirei a raccontarvi di evidenti segnali di frustrazione qualora le cose non andassero secondo i piani: l’impressione è che ai Browns non basti aver riconquistato il rispetto delle altre trentuno franchigie e dei media, o essere nuovamente interessanti, Cleveland vuole – e secondo me parzialmente potrebbe – vincere immediatamente.
Per portarsi a casa un Lombardi, Rams docet, servono pazienza e tante dolorose lezioni di vita, ma per mettersi nella posizione di assimilare una lezione come quella impartita alla squadra di L.A. dai Patriots, serve prima di tutto entrare ai playoff e farci strada una volta dentro: secondo me la stagione dei Browns sarà sì quella del ritorno ai playoff, ma non sicuramente quella in cui riusciranno a fare strada a gennaio, in quanto come anni ed anni di NFL ci hanno insegnato, per vincere quando più conta è necessario anche aver perso… quando più conta.
In ogni caso, signori, i Browns sono tornati.

Commenta

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.