Costruire una franchigia NFL di successo non è certo un’impresa raggiungibile nel giro di una notte: è obbligatorio installare una seria programmazione volta al lungo termine, un corretto controllo dei costi di gestione del roster, un management in grado di valutare in modo confacente il talento in uscita dal college, mischiando il tutto per tentare di garantire una certa continuità di risultati.

Mike Maccagnan è stato licenziato dai Jets a nemmeno un mese dalla conclusione del Draft 2019.

Nonostante condividano storicamente la Afc East con i sommi New England Patriots, viene da dire che i Jets – ed assieme a loro tante altre squadre – non abbiano evidentemente da essi assorbito un congruo numero di lezioni sul come si debba condurre una faccenda molto meno semplice di quanto si pensi, perlomeno alla luce del licenziamento del general manager Mike Maccagnan, una decisione operativa certamente giustificata dai risultati portati nel corso del suo insediamento in loco, ma di certo non oculata nella tempistica.

Qual è la visione di una proprietà che permette al principale gestore del roster di spendere una congrua porzione del salary cap alla ricerca dei migliori free agent, sollevandolo dall’incarico a nemmeno un mese dalla conclusione del Draft che questi ha personalmente condotto? Non può che essere questo il quesito principale nella mente del nucleo di fan bianco-verdi, stanchi di tutte le mancate promesse e di un’inutilità di risultati divenuta troppo dura per l’apparato digerente, una domanda che nasce in un momento assai poco opportuno, coincidente con una nuova filosofia tecnica che pareva aver restituito una direzione quantomeno pertinente ad una franchigia che ha commesso fin troppi errori di valutazione, come ad esempio il trascurare troppo un attacco recentemente avaro di talento.

La scelta di Adam Gase nasceva proprio da questi presupposti. Via Todd Bowles, un allenatore che non sarebbe mai stato personalmente in grado di plasmare Sam Darnold in via diretta e che assieme al management aveva sempre destinato le scelte più alte alla ricostruzione della difesa senza mai portare il necessario fabbisogno di gioco multi-dimensionale verso il reparto offensivo, e spazio ad un cambio culturale che aveva – ed ha tuttora – come missione primaria la crescita del possibile franchise quarterback newyorkese, il quale ha a propria disposizione un’ottima opportunità di maturazione sotto i consigli di un coach dal curriculum invidiabile, eccettuando l’appena terminata esperienza di Miami.

Le’Veon Bell è l’acquisto più rilevante della free agency bianco-verde.

Christopher Johnson, che supervisiona attualmente tutte le decisioni della squadra per conto del fratello Woody, proprietario oggi impegnato nel Regno Unito nel ruolo di ambasciatore americano, ha di fatto concesso a Maccagnan di disporre delle risorse economiche come meglio credesse, portando a casa due importanti addizioni per la rivitalizzazione dell’attacco come Le’Veon Bell in primis e lo slot receiver Jamison Crowder in secondo luogo, arrivando nel contempo a versare cifre folli nel conto corrente di C.J. Mosley pur di impedirne un rinnovo con la sua squadra d’origine, i Ravens, coronando una free agency che ha impegnato ben 121 milioni di dollari in contratti garantiti, primato assoluto Nfl di questa offseason.

Mosse sfavillanti sulla carta, certo, che luccicano ancor più se appaiate alla recente selezione di un Jamal Adams già inseritosi tra i safety più consistenti di tutta la Lega, ma che non possono certo riparare quattro anni di disastri più o meno colossali nei quali il Draft ha apportato alla conformazione odierna solamente tre titolari, senza contare che il 42% dei giocatori scelti da Maccagnan tra il 2015 ed il 2018 è già stato tagliato o scambiato – e qui vale la pena ricordare la spesa di un secondo giro per…Christian Hackenberg – una percentuale francamente inammissibile che avrebbe dovuto generare il licenziamento del general manager in tempi ben antecedenti, permettendo di far percepire all’esterno la solita aria d’instabilità che ha martoriato i Jets per infinite stagioni.

Il ruolo verrà temporaneamente coperto dal medesimo Adam Gase, una scelta molto curiosa proprio per i recenti trascorsi di quest’ultimo a Miami, ove si vociferava che il fallimento della sua esperienza nell’assolata Florida fosse da ricondurre alla sua duplice posizione di head coach con aggiunte responsabilità di management, un altro elemento che fa addensare ulteriori nubi sulla decisione presa da Johnson. Gase, durante la sua conferenza stampa introduttiva, aveva difatti chiarito di non avere alcun interesse nel trovarsi coinvolto nelle cosiddette roster decision, seppure in seguito sia trapelato un sentimento di malcontento per la firma di Bell, apparentemente da egli giudicata eccessivamente costosa per un ruolo dove lo stesso Gase non avrebbe desiderato destinare cifre particolarmente esose, un aspetto che se veritiero risulterebbe alquanto contraddittorio.

Per anni i Jets hanno scelto giocatori difensivi nei giri alti. Sam Darnold è una doverosa eccezione.

Pur non essendo il primo general manager a ricevere il benservito dopo il Draft (ricordiamo difatti Doug Whaley a Buffalo, John Dorsey a Kansas City e Dave Gettleman in Carolina, tutti nel 2017), nell’edizione 2019 della manifestazione Maccagnan aveva apparentemente svolto un buon lavoro di selezione collegiale, perlomeno stando a quanto riportato dai siti maggiormente specializzati in materia. Dopo un 2018 caratterizzato dall’estrema necessità di reperire il quarterback del futuro, i Jets sono tornati a pensare alla difesa spendendo la terza scelta assoluta sul defensive tackle Quinnen Williams, un creatore di pressione interna che farà comodo agli allineamenti per lo più basati sulla 3-4 di Gregg Williams, nonché un terzo giro su un pass rusher esterno come Jachai Polite, addivenendo ad un’esigenza che molti esperti pensavano venisse colmata al primo round. E’ stata inoltre lodata la selezione di Chuma Edoga, tackle offensivo uscito da Usc, un uomo di linea completo e possibile titolare nel futuro schieramento di trincea, gettando i presupposti per una piena promozione dell’operato di New York.

Date le voci su Bell, viene logico soffermarsi a pensare su quali siano stati i pensieri di Gase sulle scelte effettuate da Maccagnan, se nella green room ci fosse accordo sulle direzioni da intraprendere, se nei piani alti bianco-verdi si fosse già instaurata l’idea di non far proseguire un rapporto evidentemente complesso e contrastato – chiaro, per quello che possiamo comprendere noi da fuori analizzando fatti e presunzioni – decidendo comprensibilmente di far calare la mannaia sul corresponsabile dei risultati negativi dell’ultimo triennio vista la totale impossibilità di agire su un head coach appena assunto.

Jamal Adams, giovane asso della difesa che da quest’anno eseguirà gli ordini di Gregg Williams.

Finché non sarà nominato un successore – si parla molto di Joe Douglas, l’attuale vice-presidente del cosiddetto player personnel a Philadelphia, che in precedenza aveva lavorato per sedici stagioni accanto ad Ozzie Newsome ai Ravens – lo show appartiene ad ogni modo Gase, che non ha esitato nello spedire il linebacker Darron Lee a Kansas City, modificando di conseguenza il metodo valutativo della composizione del roster attuale aprendo quesiti riguardanti quali giocatori possano essere destinati ad una sorte simile nel momento in cui chi li ha selezionati non è più in carica, e quale tipo di rapporto (inteso anche come possibile oltrepassare dei confini nei rispettivi ruoli) potrà erigersi una volta che il futuro general manager prenderà possesso del suo nuovo ufficio.

Pur essendo consci della nostra totale impossibilità di poter giudicare una situazione del genere senza elementi definitivi in mano e soprattutto senza l’opportunità di frequentare l’ambiente da vicino con la frequenza degli insider locali, il segnale di caos interno ad un’organizzazione che di certo non ne aveva bisogno è arrivato, e sembra pure forte. Magari a dicembre i Jets saranno in corsa per i playoff smentendo tutti, ma il fatto che le chiacchiere stiano già volando in giro per gli Stati Uniti (Bell resterà più di un anno? Leonard Williams è giunto al termine della propria esperienza a New York?) non potrà che creare distrazioni non necessarie per un ambiente che stava cercando un tipo di cultura del tutto differente.

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