Un articolo del genere in questo periodo dell’anno potrebbe sembrare fuori luogo, in quanto per nostra sfortuna la offseason si protrarrà per più di un’altra dozzina di settimane, ma arrivati a fine maggio tirare le somme su quanto successo da marzo in poi ha decisamente senso: il draft e la prima ondata di free agency ci hanno offerto una miriade di spunti di riflessione da sviscerare e, per puro divertimento, provare a mettere in un ordine di senso -quasi- compiuto.
Per esperienza personale non escludo la possibilità che una firma illustre messa a segno nei mesi a venire non troverebbe spazio in queste righe, ma purtroppo non sempre la vita è giusta ed il general manager di turno dovrà convivere con l’opprimente consapevolezza che una sua qualche mossa non sia stata in grado di ritagliarsi uno spazio in queste convulse righe: c’est la vie.

10) Josh Rosen ai Miami Dolphins

L’unico motivo per cui questa brillante manovra non è entrata nella top five è semplice ed al contempo complesso, o più facilmente semplicemente complesso: ogni singola mossa dei Dolphins in questa offseason ci ha lasciato un netto ed indiscutibile sapore di rebuild in bocca, pertanto inserire un potenziale franchise quarterback in un contesto -se possibile- ancor più disastrato di quello da cui è stato cacciato mi lascia perplesso, in quanto parecchie voci hanno parlato di Miami come squadra che farà l’impossibile -ovvero perdere- per assicurarsi la prima scelta assoluta al prossimo draft, nel quale potrebbero essere disponibili quarterback come Tagovailoa, Herbert e Fromm. Tuttavia, considerata l’irrisoria ingenza dell’investimento compiuto, Miami potrebbe aver fatto finalmente jackpot ed essersi assicurata a prezzo di discount un quarterback con tutti gli strumenti necessari per diventare un perenne Pro Bowler: tutti, tranne un supporting cast adeguato, a quanto pare.

9) I primi due round del draft dei Jacksonville Jaguars

Ne ho già parlato estensivamente nel recap del draft, ma cimentarsi in un articolo di questo genere senza parlare di quanto fatto da Jacksonville nei primi due round andrebbe seriamente a minare la già poca credibilità del tutto: Jacksonville in un giorno è prima riuscita ad assicurarsi uno dei migliori cinque giocatori del draft con la numero sette e poi, ancora più sorprendentemente, ha messo le mani sul tanto agognato tackle assicurandosi quel Jawaan Taylor accostato a loro dalla quasi totalità dei mock-draft… con la numero sette, non con la trentacinque!
La storia ha avuto modo di insegnarci che non esistono cose sicure in questa disciplina, ma con un pizzico di fortuna Jacksonville potrebbe essersi assicurata due pedine fondamentali sulle quali costruire i propri successi per gli anni a venire.

8) Gli sforzi di Carolina per proteggere adeguatamente Cam Newton

Non credo sia lo scoop dell’anno affermare che il rendimento dei Carolina Panthers dipenda quasi esclusivamente da Cam Newton e la sua salute: l’operazione per sistemare il danno alla spalla che prima ne ha pesantemente condizionato il rendimento e poi costretto a saltare le ultime partite dello scorso campionato ha messo il front office davanti al lapidario fatto che ci fosse assoluto bisogno di migliorare la linea d’attacco.
Detto fatto. Dopo essere stati costretti a salutare causa ritiro l’ottimo centro Ryan Kalil e, con molti meno onori, il deludente fratello Matt, Carolina ha rotto il salvadanaio per assicurarsi Matt Paradis, il miglior centro disponibile in free agency, e successivamente ha dato all’ex Second Team All-Pro Daryl Williams il classico one year prove-it deal offrendogli così l’opportunità di dimostrare che il successo avuto nel 2017 non sia stato una mera casualità. L’aggiunta di Greg Little al draft dà loro immediata profondità e flessibilità e silenziosamente, sulla carta, Carolina sembrerebbe avere una delle migliori linee d’attacco di tutta la National Football League.
Missione -apparentemente- compiuta.

7) Michael Bennett ai Patriots praticamente gratis

La dipartita di Trey Flowers -migrato in Michigan a Detroit dall’ex defensive coordinator Patricia- è stata brillantemente mitigata dal classico furto con scasso a la Patriots, ovverosia assicurarsi l’attempato ma ancora efficace Michael Bennett: in questo caso, oltre alla bontà del giocatore in questione, l’inserimento in questa inutile top ten è garantito dal prezzo pagato, ossia uno scambio di scelte nel terzo giorno del prossimo draft.
Sostanzialmente, New England si è garantita uno dei migliori inside rusher dell’ultimo decennio spedendo una loro scelta al quinto giro del draft del 2020 in cambio di Bennett ed una scelta al settimo round del medesimo draft: ovviamente non puoi costruire attorno ad un trentatreenne un intero reparto difensivo, ma aggiungere anche grazie al suo contributo un altro Lombardi ad una già esagerata collezione assolutamente sì.

6) Antonio Browns ai Raiders in cambio di… di cosa?

Mani in alto, giù i telefoni, cinque secondi di tempo per rispondere a questa domanda: cos’ha ricevuto Pittsburgh da Oakland in cambio di Antonio Brown?
Non lo ricordate? Non preoccupatevi, non siete i soli, in quanto ammetto che ho dovuto dare una veloce occhiata al prezzo pagato dai Raiders per assicurarsi il tanto controverso quanto talentuoso ricevitore: una scelta al terzo e quinto round del draft per il ricevitore più dominante dell’ultimo lustro? Una scelta al terzo ed al quinto round per sette Pro Bowl, quattro First Team All-Pro consecutivi e sei favolose stagioni consecutive da almeno più di 100 ricezioni e 1200 yards?
In alcuni casi aderisco pienamente all’hipsterissimo less is more, e questa è una di quelle occasioni: non c’è molto da dire su questa trade per il momento, lasciamo che siano campo e spogliatoio a parlare.
Il prezzo pagato rimarrà in ogni caso ridicolo.

5) Vernon-Richardson ai Browns

Il 2018 ci ha insegnato tante cose, ma forse la più clamorosa è che i Browns sembrano finalmente essere sui binari giusti per diventare una squadra di successo: gran parte di tale entusiasmo viene dalle eroiche gesta di Baker Mayfield, autore di una stagione rookie assolutamente strepitosa, ma salvo rare eccezioni raramente basta un quarterback per trascinare la propria franchigia fino al Lombardi. Il navigato John Dorsey questo fatto lo ha ben presente e con l’aggressività che lo contraddistingue, ha pensato bene di indirizzare un enorme problema dei Cleveland Browns 2018, ovvero quello della linea difensiva: prima ha rafforzato il pass rush arrivando all’ottimo Olivier Vernon tramite una trade che ha spedito Kevin Zeitler in quella palude che sono diventati i New York Giants, poi ha lanciato verso il problematico ma efficace Sheldon Richardson un triennale da 36 milioni di dollari mettendo in serio dubbio il fatto che Cleveland, pure l’anno prossimo, si posizioni al quintultimo posto per rushing yards concesse. Investimenti rischiosi, ma nel caso ripagassero la difesa dei Browns diventerà un brutto cliente per qualsiasi coordinatore offensivo.

4) Ed Oliver ai Buffalo Bills

Torniamo velocemente al draft, dove gli iperattivi ma non per questo precipitosi Bills hanno messo a segno, a mio avviso, la miglior scelta dell’intera tre giorni di Nashville aggiudicandosi il superbo Ed Oliver con la nona scelta assoluta: il motivo principale dietro il suo “scivolone” lo si trova nella sua statura e dimensioni varie.
Ovviamente per un defensive lineman la stazza è importante, ma ci tengo a ricordare che il motivo principale per cui il due volte -consecutive- Defensive Player of the Year Aaron Donald è stato selezionato con la tredicesima scelta assoluta era il medesimo: a volte in questa lega size doesn’t matter.
Modo più che discreto per rimpiazzare il leggendario Kyle Williams.

3) Earl Thomas ai Baltimore Ravens

Perdere in rapida successione giocatori del calibro di Weddle, Mosley, Suggs e Smith dovrebbe teoricamente impedire alla squadra in questione di trovare un qualsiasi tipo di spazio in una classifica del genere, ma l’approdo di Earl Thomas a Baltimore è troppo importante per essere lasciato in disparte: miglior safety, con margine, dell’ultimo decennio, Thomas è in grado di vigilare il centro del campo senza bisogno di alcun tipo di aiuto, permettendo così ai compagni di dedicarsi a mansioni più specifiche e più adatte alle loro caratteristiche tecniche. Thomas permetterà a Jefferson di sfruttare al meglio il proprio atletismo e forza bruta per contrastare le corse avversarie tramite ben designate incursioni nel box, mentre i vari Smith, Humphrey, Young e Carr potranno coprire il ricevitore avversario con la consapevolezza di avere alle loro spalle una macchina da intercetti in grado di far pagare a caro prezzo ogni singolo errore o esitazione del quarterback avversario. Personalmente credo che il solo innesto di Thomas, nonostante le molte perdite, abbia potenziato la già buona difesa dei Ravens.

2) Justin Houston agli Indianapolis Colts

A qualcuno forse questa mossa in questa posizione potrebbe non piacere e, sinceramente, capirei i vostri dubbi: per quanto la sua efficacia sia indiscutibile, l’ultima volta che Justin Houston è stato in grado di giocare tutte e sedici le partite che compongono una stagione è stata nell’oramai remoto 2014, anno in cui arrivò a mezzo misero sack dall’eguagliare il record all-time di Michael Strahan. Dunque, come mai un giocatore così fragile si è accomodato in un posto così alto? Semplicemente perché Indianapolis è stata in grado di ottenerlo ad un prezzo decisamente stracciato -24 milioni in due anni per un pass rusher del suo calibro sono una miseria- senza allocare una cifra troppo impegnativa per il futuro prossimo: la spaventosa disponibilità economica dei Colts sta permettendo al mio amato Ballard di mettere nero su bianco contratti a corto-medio termine con giocatori dall’indiscusso potenziale rallentati da ripetuti problemi fisici.
Se per caso Houston dovesse ritrovare la forma dei giorni migliori ed evitare ricadute, i Colts si sarebbero garantiti uno dei migliori dieci pass rusher della lega ad un prezzo irrisorio: in caso contrario poco male, poiché la brevità del contratto non comprometterà in alcun modo i loro piani futuri. Low risk, high reward: le mie quattro parole preferite quando si parla di football americano.

1) Odell Beckham ai Cleveland Browns

Poteva essere qualcun altro?
Seriamente c’è qualcuno fra voi che leggendo il titolo di questo articolo non abbia immediatamente pensato “Beh, il numero uno sarà sicuramente OBJ ai Browns”? Non fatemi arrabbiare.
Distrazione? Prima donna? I Giants sono con ogni probabilità il team più disfunzionale dell’intera lega, e vi invito a credermi quando vi dico che imputare a lui la disfunzionalità dei Giants è come tentare di spiegare la disoccupazione giovanile in Italia addossando la colpa a Fortnite: penso che guardando le “mosse” della loro ultima offseason abbiate potuto farvi un’idea sullo stato di salute dell’intera organizzazione. OBJ non solo è uno dei migliori ricevitori di questa generazione, ma è uno dei nomi più marketizzabili dell’intero panorama sportivo americano e la sola sua presenza renderà i già interessanti Browns ancor più irresistibili.

 

4 thoughts on “Le dieci migliori mosse dell’offseason NFL

  1. Mi limito a commentare i miei Dolphins: sono felice di avere Rosen in roster perché ritengo che dal 1999 (anno del ritiro di Dan Marino) non ci sia più stato un QB così promettente a Miami. E’ costato un tozzo di pane davvero e quindi l’operazione è stata magistrale (cosa rarissima a casa Dolphins da tempo immemore)! Purtroppo però non la capisco molto. La squadra è attualmente povera e programmata per essere rimpolpata col prossimo draft 2020. E allora cosa può fare Rosen… in mezzo al nulla? Arriva già da una franchigia che gli ha rovinato il primo anno da rookie. Al momento la linea offensiva che dovrebbe proteggerlo è la peggiore della Lega e non vedo per ora grandi investimenti in tal senso. Quindi? Se Rosen fa male e la squadra ne vince una o due (come sarà probabile, visto anche il calendario 2019 …sigh!) verrà spedito via ed al prossimo draft si prenderà un QB? Oppure resterà come backup? Se farà bene invece, la squadra comunque lo supporterà pochissimo data la pochezza del roster e al massimo si racimoleranno miracolosamente 3-4 vittorie che non consentiranno forse nemmeno una scelta altissima al prossimo draft per un top QB. Insomma non capisco. Ripeto, l’acquisizione è costata praticamente nulla sia come soldi che come draft picks, quindi andava fatta. Però temo che il tutto sia pensato per rivalutarlo e rispedirlo via a fine stagione. Ross, Grier e Flores sanno benissimo che i Dolphins 2019 ne vinceranno pochissime….Vedremo! Intanto mi godo un giovane promettente QB a Miami. E non è poco dopo i vari Tannehill, Fiedler, Culpepper, Cutler…scusate ho il vomito…

  2. Vado fuori tema, ma ieri ho rivisto l’ultimo quarto del SBowl 2015. Ancora non mi capacito della chiamata finale di Pete Carroll. Avevano vinto, Beast Mode si sarebbe portato in end zone tutti, avversari e compagni, e sarebbero iniziati i festeggiamenti. Invece il nulla, mi rimbomba ancora negli orecchi la voce dei commentatori americani. Detto questo, i Pats rivinceranno ancora, anche grazie a questa nuova acquisizione ma soprattutto perché loro sono i Pats.

    • Come già scritto qualche giorno fa in un altro articolo di Mattia, la peggior chiamata del secolo.. che non solo ha tolto il secondo titolo consecutivo ai miei Seahawks, ma ha anche tagliato le gambe alla nascita di una dinastia che, vista la giovane età dei giocatori in roster nel 2013, avrebbe potuto dominare l’NFL fino a questi anni. E la cosa che mi fa arrabbiare di più è che è stata fatta da un allenatore che ha sempre fatto della coerenza e della mancanza di inutili fronzoli il suo marchio di fabbrica. Un roster con Russell Wilson, Earl Thomas, Richard Sherman, Kam Chancellor e Bobby Wagner giovani e affamati secondo me non si vedrà più x un bel po’. Peccato..

  3. Se i Browns mi facessero il favore di vincere un titolo entro i prossimi 5 anni cancellerebbero LeBBros Geims dall’epica cittadina. Sarebbe qualcosa di sublime.

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