Dovessimo cercare un paragone sportivo per definire la gara di Wild Card tra Cowboys e Seahawks, il pugliato sarebbe una disciplina senza dubbio pertinente. Due compagini di caratteristiche simili, basate su attacchi in grado di correre il pallone con consistenza, due quarterback mobili in grado di creare big play sia con il braccio che con le proprie gambe, due difese arcigne, pronte a tutto pur di non concedere all’avversario centimetri troppo importanti.

Come spesso accade in questi casi, vince chi resta in piedi dopo aver assorbito il maggior numero di botte, e Dallas si è dimostrata essere sufficientemente fresca per portare a termine l’impresa quando maggormente contava, quel quarto periodo dove in altre circostanze la squadra mancava di esprimersi secondo canoni vincenti. Forse Jason Garrett, criticato come ogni santa stagione, aveva in mente proprio questo a livello strategico, combattere ad armi pari per poi mollare il gancio decisivo al momento giusto, creando il distacco opportuno quel tanto da evitare gli scherzetti che tanto piacciono a Russell Wilson, uno con il quale la parola fine alla partita non si può mai davvero scrivere come insegnano le varie esperienze vissute dal suo ingresso in Nfl fino ad oggi.

Così è stato.

I Cowboys riprendono dunque con successo i discorsi mai cominciati in quel campionato 2016, nel quale Dak Prescott e Zeke Elliott avevano confezionato un nucleo di speranza andato a schiantarsi contro l’amara realtà della sconfitta casalinga al Divisional Playoff per mano di Green Bay, un epilogo non esattamente conforme al 13-3 di quella regular season, senza riuscire a bissare l’impresa l’anno successivo a causa delle note vicissitudini del running back da Ohio State, nonché per demerito della tanto criticata involuzione di un quarterback non più pulito e preciso come prima.

Il quarto periodo confezionato contro i più che tosti Seahawks è una dimostrazione di maturità proprio nei confronti di quanto era stato lasciato in sospeso, fatto che va a dimostrare come Dallas sia cresciuta non solo negli istanti decisivi di una singola partita, ma pure di un intero campionato, ragionamento avvalorato dalla straordinaria seconda metà di cammino giocata dagli uomini di Garrett andandosi a riprendere la testa di una Division che sembrava oramai compromessa.

Il primo tempo si è svolto su un binario molto similare per entrambe le squadre tra field goal realizzati e mancati, tantissime giocate difensive puntuali con particolare lode ad una linea difensiva casalinga che ha vinto tantissime battaglie sulla linea di scrimmage contribuendo ad annientare il punto di forza dei Seahawks, un gioco di corse che ha visto l’altrimenti produttivo Chris Carson terminare la sua prova con sole 20 yard in ben 15 tentativi. Anche in quel caso, all’interno dei due minuti finali della prima frazione, i Cowboys hanno sferrato un pugno decisivo sul filo di lana allestendo il primo vero drive credibile della partita, alimentato dalla spettacolare galoppata di 44 yard fornita da Elliott tra un angolo di placcaggio errato ed il successivo, e dalla sistematica precisione di Prescott nell’imbeccare il destinatario di turno sul corto, prima di trovare Michael Gallup per l’unico touchdown dei primi trenta minuti, chiudendo momentaneamente le operazioni con un risicato 10-6 pro-Dallas.

Per la risposta di Seattle l’attesa si sarebbe protratta sino a metà del terzo periodo, in una serie di giochi contraddistinta da una spettacolare ricezione di Doug Baldwin ai limiti della sideline con un quarto e cinque da convertire, situazione resa necessaria dall’infortunio patito da Sebastian Janikowski al termine del primo tempo, quando aveva tentato una conclusione di 57 yard spedendola a lato prima di avvertire un forte dolore al quadricipite. Quel completo di 22 yard era stato uno dei rari passaggi di un Wilson forse un pò trascurato dal suo coaching staff, dato che spesso Carroll e Schottenheimer hanno insistito su infruttifere corse anche quando a Carson venivano ruotati Mike Davis ed il rookie Rashaad Penny.

Proprio da quel momento Dak Prescott si sarebbe caricato la squadra sulle spalle, portando a referto il suo attacco nel drive di transizione tra il quarto e quarto periodo innescando una delle tante ricezioni spettacolari messe assieme con Amari Cooper sin dal suo approdo a roster (e qui ci sarebbe da rimangiarsi parecchie opinioni, compresa la nostra…), lasciando a Zeke il compito di finalizzare il tutto dalla linea della yarda.

Pazienza per l’intercetto subito pochi istanti dopo, vanificando l’ottima posizione di campo regalata da un Tavon Austin indiavolato che si era in precedenza visto annullare una meta a causa di una penalità, Prescott ha mantenuto la concentrazione chiudendo di fatto la gara con una serie di oltre cinque minuti, proprio nel momento in cui Dallas stava stringendo i denti difendendo un vantaggio minimo contro un Wilson sempre imprevedibile, creando da sé la magia andata a convertire un difficoltoso terzo down con quattrodici yard da prendere, aprendo la strada alla sua stessa e successiva meta andata a creare un raggio di respiro più ampio, dieci punti appena prima del two-minute warning, dimostrando di poter convivere con quel palcoscenico così importante ed ambizioso nonostante la montante pressione. Certo, Wilson avrebbe fatto evaporare 75 yard nel giro dei successivi 50 secondi rimettendo come sempre in discussione tutto quanto, pericolo tuttavia sventato dall’orrido tentativo di onside kick effettuato dall’altrimenti eccellente Michael Dickson, un autentico regalo andato a sigillare ogni ulteriore discussione in merito.

La stagione dei Seattle Seahawks termina quindi in maniera più che consona alla loro natura di squadra capace di non demordere davvero mai, più volte rinata dalle sue stesse ceneri quando si pensava dovesse necessariamente passare un periodo di ricostruzione, smentendo – come sempre – tutti quanti.

Per Dallas si tratta della prima vittoria nei playoff degli ultimi quattro anni, quando sconfissero in rimonta i Detroit Lions il 4 gennaio del 2015, un’affermazione che va temporaneamente a cancellare tutti i deludenti risultati che Jerry Jones ha suo malgrado dovuto digerire con difficoltà in questi anni. Il prossimo incontro di boxe si terrà nel ring di Los Angeles o di New Orleans, dipenderà dal risultato della Wild Card tra Bears ed Eagles, ed ora, in particolare pensando al maltrattamento difensivo cui Dallas ha sottoposto Drew Brees non molto tempo fa, i Cowboys sono improvvisamente un ostacolo che si preferirebbe evitare.

In ogni caso ci sarà in palio l’accesso ad un Championship Nfc che in Texas cacciano incessantemente dall’epoca dell’ultima vittoria al Super Bowl rimediata dalla franchigia, quand’ancora c’era in sella il trio delle meraviglie (Aikman-Smith-Irvin) e Jerry Jones alzava il terzo trofeo assoluto nel giro di quattro stagioni, una sensazione che il plenipotenziario della Lone Star sta disperatamente tentando di rivivere per un’altra volta ancora.

Questi Cowboys pieni di talento e finalmente anche di carattere, hanno sicuramente cominciato ocn il piede giusto.

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