Ricordate i Seattle Seahawks della prima metà di stagione? Quella squadra triste, mediocre, senza verve e soprattutto (apparentemente) senza ambizioni, ricordate? Quella squadra che archiviata l’era della Legion of Boom sembrava aver smarrito la propria identità e che barcollava a testa bassa sul filo tra rebuilding e continuità.
Se ne sono dette e lette tante su di loro, tante critiche a Carroll e al general manager Schneider per non aver pianificato una ricostruzione radicale e al nuovo coordinatore dell’attacco Schottenheimer, arrivato nella Emerald City tra lo scetticismo generale e accusato poi di distruggere quel poco che era rimasto di buono alla franchigia ossia il quarterback Russell Wilson, orfano di Bevell e ingabbiato nel sistema obsoleto e conservativo del nuovo OC.
E poi il caso Earl Thomas, una faccenda spinosa conclusasi nel peggiore dei modi per ambedue le parti che sembrava essere il timbro definitivo su un’annata iniziata male e destinata a proseguire su quella falsariga.

Sembra passata una vita da tutto ciò ma in realtà si tratta solo di poche settimane, un lasso di tempo relativamente breve che ha visto però una vera e propria rivoluzione dalle parti di Seattle e la squadra triste, mediocre, ecc., ecc. ecc., delle prime partite ad oggi è una delle squadre più calde della lega. Con un filotto di quattro W consecutive la truppa di Carroll ha un piede e mezzo in post season e in questo momento è probabilmente la squadra che nessuno, ma proprio nessuno, vorrebbe affrontare in un wild card game o in un divisional. E il dato clamoroso è il fatto che i Seahawks siano arrivati a questo punto proprio grazie a quei fattori che per molti costituivano le ragioni del brutto inizio di stagione. La pazienza di aspettare che l’attacco si adeguasse al sistema prudente e run-first di Schottenheimer (già etichettato come vecchio, prevedibile e così via) ha premiato e ora si raccolgono i frutti di quel lento processo attraverso cui Wilson e co. hanno via via assorbito i nuovi principi offensivi.

Il segreto, non troppo segreto, di Seattle è il suo attacco old school che corre più di quanto lancia, incredibile a dirsi nell’Nfl di oggi, e nonostante sia considerato meno esplosivo e spettacolare di altri risulta tremendamente efficace.
Il running game, una volta assimilato il nuovo game plan, ha spinto la rinascita di questi Seahawks che corrono 153,8 yard a partita contro le 101,8 della scorsa stagione. Nel corso della stagione il coaching staff è riuscito a stabilire una gerarchia tra i running back, trovando finalmente stabilità nel ruolo grazie ad un Chris Carson estremamente continuo che oltre ad essere in linea per il traguardo delle 1000 yard corse, per nove volte sulle undici partite disputate è andato oltre le 50 yard, un dato notevole se consideriamo che nella stagione 2017 solo in quattro occasioni un running back dei Seahawks ha fatto lo stesso. La qualità del gioco di corse di Seattle è anche merito di una linea d’attacco che nel giro di poco tempo è passata dall’essere stabilmente in fondo alle classifiche a consolidarsi come una delle migliori del campionato specialmente sotto l’aspetto del run blocking. L’artefice di tutto questo è il nuovo coach della OL Mike Solari, capace di compiere un vero e proprio miracolo se consideriamo che non vi sono stati investimenti mercato particolarmente altisonanti. I due nuovi innesti, le guardie Fluker e J.R. Sweezy, erano infatti entrambi reduci da stagioni non propriamente positive rispettivamente a New York sponda Giants e Tampa Bay, ma in breve tempo sono diventati due assoluti punti di forza contribuendo alla clamorosa crescita del reparto.

Com’è ovvio il rinnovamento radicale del sistema offensivo di Seattle ha inevitabilmente comportato dei cambiamenti nel gioco di Russell Wilson. Schottenheimer è riuscito a rendere l’attacco meno dipendente dal suo QB a beneficio dell’intero sistema, il che vuol dire che da un lato che Wilson è meno coinvolto che in passato ma dall’altro ha la possibilità di giocare senza un eccessivo peso sulle spalle. Il numero 3 lancia 26,8 volte a partita (contro le 34,8 del 2017) ed è meno libero di improvvisare ma allo stesso tempo non è costretto a dover fare gli straordinari ogni domeniche e la solidità della OL gli evita le interminabili gincane con gli avversari alle calcagna degli anni scorsi. Inoltre l’attenzione delle difese nei confronti dei running back gli da più spazi e opportunità di creare. Tutto ciò rende il gioco di Wilson più equilibrato ed efficace e ciò è testimoniato dalla percentuale di completi in crescita rispetto al 2017 e da un rating di 111. Inoltre, pur lanciando meno che in passato, con 29 TD già a referto e tre partite ancora in programma prima della fine della stagione regolare ha l’opportunità di superare il proprio record personale di 34 realizzazioni.

Per quanto riguarda la difesa, per ovvi motivi non è più ai livelli degli anni d’oro. I numeri dicono che è 18esima per yard concesse ma allo stesso tempo sesta alla voce dei punti (20,5 a partita) grazie ad una grande solidità in redzone.
La secondaria è stata ricostruita attorno al giovane Tedric Thompson, autore fin’ora di una buonissima stagione ma soprattutto a Bradley McDougald. Il 30 già backup di lusso e all’evenienza sostituto di Thomas o di Kam Chancellor ha preso in mano il reparto arretrato e sta disputando la sua prima stagione da titolare fisso a livelli clamorosi. McDougald, vero unglorious bastard, è tra i migliori giocatori della lega di cui non sentite mai parlare. Abbina leadership e continuità e si è spesso reso protagonista di giocate determinanti in momenti chiave delle partite.

Se McDougald guida la secondaria, l’intera difesa ha il suo leader in Bobby Wagner. Risulta difficile trovare degli aggettivi che possano descrivere efficacemente la sua stagione. L’ultimo (o quasi) dei mohicani, ossia dei reduci dell’epoca della Legion of Boom, procede ad un livello di rendimento che rasenta la perfezione. Ma non solo, in un reparto rinnovato da giocatori giovani o comunque privi di grande esperienza da starter è diventato la guida e il riferimento per tutti i compagni e con ritorno di K.J. Wright potrà beneficiare di un aiuto importante in grado di liberarlo da eccessive responsabilità.

Anche il pass rushing sta funzionando abbastanza bene nonostante gli addii di Michael Bennett e Cliff Avril e il merito va soprattutto a Frank Clark, già in doppia cifra per sack, e al defensive tackle Jarren Reed il quale non sta deludendo le aspettative importanti che riguardavano il suo 2018, al contrario si sta affermando come uno dei migliori DT in circolazione. Una menzione particolare la merita anche il punter australiano Michael Dickson, rookie da Texas selezionato al quinto giro dell’ultimo draft, che è riuscito prima a rubare il posto ad un veterano di qualità come Jon Ryan e successivamente ad imporsi a livelli da Pro Bowl e attualmente è primo alla nella classifica delle yards nette calciate.

Insomma, questi Seahawks che sembravano avviati verso una stagione low profile grazie ad un netto turnaround sono ad oggi una pericolosa mina vagante in vista dei playoff. E ciò è stato possibile grazie alla pazienza di chi, prendendosi dei rischi (e anche parecchie critiche) ha avuto il coraggio di cambiare ma senza ripartire da zero.
Nel processo di assimilazione dei cambiamenti si è lentamente costruita la svolta di Seattle. Nonostante sia difficile definirla una contender, il micidiale ground game, l’efficacia di Wilson e la guida sapiente di Carroll, credibilissimo concorrente al premio di coach of the year, rendono Seattle una candidata a possibili upset in grado di far paura anche alle corazzate Saints e Rams.

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