Allenatore al primo anno, quarterback al quarto e nucleo della squadra piuttosto giovane: teoricamente i Tennessee Titans si affacciano al 2018 senza particolari pressioni, poiché vista la giovane età e l’inesperienza generale del roster attendersi troppo potrebbe essere ingiusto, specie in una division nuovamente competitiva come la AFC South.
Quello che ho appena detto è consapevolmente ed enormemente errato, in quanto le pressioni ed aspettative sopra i Titans sono alte, e non poco: una offseason aggressiva nella quale non si sono fatti scrupoli nel mettere sul tavolo offerte di contratto piuttosto generose deve essere ripagata da almeno una qualificazione ai playoff, anche se pensare che l’ex capo-allenatore Mike Mularkey sia stato licenziato dopo una sconfitta al Divisional Round alza automaticamente l’asticella e rende più severo il metro di giudizio con il quale valuteremo la loro stagione.
Diciamoci la verità, la qualificazione in extremis ai playoff e la conseguente vittoria esterna ai danni degli sciagurati Chiefs non sono bastate a salvare il posto a Mularkey perché Tennessee nel compiere queste imprese è stata aiutata da una sana dose di fortuna e di autosabotaggio da parte degli altri team AFC impegnati nella lotta per la Wild Card: l’autotouchdown di Mariota ne è il più lampante esempio, ma parlare di fortuna in NFL può essere visto come la via facile per spiegare qualcosa di terribilmente difficile ed articolato.
Sei delle nove vittorie di Tennessee sono arrivate con scarti uguali o inferiori ai sei punti ed è inquietante il fatto che la partita che gli imperfetti Browns sono arrivati più vicini a vincere sia stata proprio quella contro di loro: sotto molti punti di vista lo scorso anno questo team è regredito e la vittima principale di questa regressione generale è stata la loro stella nonché il loro futuro, Marcus Mariota.

Per Mariota ed i Titans sarà necessario imparare dai propri errori.

Dopo un 2016 concluso a 26 touchdown lanciati a fronte di soli 9 intercetti, tutti credevano che l’esplosione di Mariota fosse già arrivata e che con un supporting cast più adeguato nel 2017 avrebbe compiuto il passo definitivo che avrebbe colmato il gap presente fra buon quarterback top five quarterback: anche se inserire Mariota nel sovraffollato gruppo dei migliori cinque quarterbacks è ed era impensabile, sembrava che fosse effettivamente pronto e maturo abbastanza per condurre i suoi compagni a fruttuose avventure in postseason, cosa che parzialmente è accaduta tra l’altro.
Guardare i numeri messi insieme lo scorso anno è doloroso, in quanto se non stessimo parlando di una seconda scelta assoluta probabilmente il quarterback in questione starebbe ancora cercando disperatamente un impiego oggi, ad agosto: più intercetti che touchdown lanciati, 15 a 13 per i primi, passer rating per la prima volta in carriera sotto il novanta, anzi scusatemi, sotto l’ottanta ed un’inesorabile impressione di essere spesso sopraffatto dalle difese avversarie.

Il 2017 di Mariota è stato un po’ così.

Mularkey ci ha probabilmente messo del suo ad ostacolare lo sviluppo dell’ex Oregon, in quanto la filosofia exotic smashmouth avrà portato a buoni risultati nel 2016 -terzo miglior running game in NFL- ma non sicuramente lo scorso anno, nel quale o per i continui infortuni a Murray o per l’inettitudine del gioco aereo le yards terrene semplicemente non arrivavano.
La linea d’attacco rimane buona, i componenti del corpo ricevitori avranno un anno in più di esperienza e la presenza del giovane LaFleur in panchina darà a Mariota la possibilità di giocare in un sistema moderno, imprevedibile e costruito intorno a quel quarterback da cui molto probabilmente passeranno le possibilità di successo di questo team per il futuro prossimo.
Nel caso Mariota dovesse perdere qualche partita -non è mai riuscito in carriera a giocare in tutte e sedici- subentrerà Blaine Gabbert, quarterback che non è mai diventato ciò che Jacksonville disperatamente sperava, ma un veterano NFL in grado -se aiutato- di vincere qualche partita qua e là.

L’esaltante prestazione contro Kansas City negli scorsi playoff aveva fatto presagire che il backfield nel 2018 sarebbe stato saldamente in mano a Derrick Henry, ex vincitore dell’Heisman Trophy a cui non è mai stata data una vera opportunità di gestire un carico di lavoro da vero e proprio workhorse: ciò non cambierà nella prossima stagione poiché l’arrivo dell’ex Patriots Dion Lewis toglierà ad Henry quasi tutti i terzi down e probabilmente qualcosa in più, dato che viene dalla miglior stagione in carriera in cui è arrivato a poco più di cento yards da quota mille guadagnandone in media cinque a portata.
Credo fermamente che Tennessee un paio di anni fa abbia speso una scelta al secondo round per Henry nella speranza che diventasse il faro del loro running game, ma se non gli viene data una vera e propria opportunità non vedo come sia possibile capire se sarà effettivamente in grado di gestire carichi di lavoro e responsabilità maggiori.
Se terranno o meno un fullback a roster ancora non si sa ed al momento il ruolo è occupato da Anthony Firkser, tight end in grado di schierarsi pure nel backfield ma che dovrà lottare con le unghie e con i denti per assicurarsi un posto in squadra.

La rotazione dei wide receivers rimane molto simile a quella dello scorso anno, e si attende ardentemente un miglioramento da parte del sophomore Corey Davis, ex quinta scelta assoluta: il suo 2017 è stato alquanto deludente, ma gli infortuni hanno giocato un ruolo determinante nel limitarlo, quindi un’estate sana potrebbe essere veramente tutto ciò di cui il giovane aveva bisogno, specialmente se consideriamo che lo scorso anno ha perso quasi la totalità del training camp per infortunio.
Negli ultimi due anni zitto zitto Rishard Matthews ha ricevuto per 1740 yards e 13 touchdown, diventando di fatto il ricevitore numero uno di Mariota, ruolo che Tennessee vorrebbe fosse ricoperto da Davis: in ogni caso Matthews rimane una solidissima seconda opzione, anche se dovrà guardarsi le spalle da Tajae Sharpe, ricevitore al terzo anno costretto ai box tutta la scorsa stagione per un infortunio al piede.

Se anche voi credevate che la prestazione contro Kansas City fosse servita a garantire il posto ad Henry… sbagliavate!

Non dimentichiamoci di Taywan Taylor, altro giocatore selezionato nel draft del 2017 che sta aprendo gli occhi in questi torridi giorni di training camp allineandosi all’esterno e non nella slot come spesso è accaduto nella sua prima stagione fra i professionisti.
Il tight end numero uno è ovviamente il veteranissimo Delanie Walker, reduce dall’ennesima annata tanto sottovalutata quanto efficiente; troviamo anche uno scalpitante Jonnu Smith voglioso di rubare snaps a Walker, anche se l’ex 49ers ha recentemente firmato un’estensione contrattuale che lo legherà al team fino al 2020.

Non subisce alcuna modifica la linea d’attacco, che vede tornare la fortissima accoppiata di tackles Taylor Lewan-Jack Conklin, con il primo reduce da uno storico rinnovo contrattuale da ben 50 milioni di dollari garantiti: il duo è reduce da un 2017 leggermente deludente, ma non è difficile deludere quando le aspettative sono così alte.
Josh Kline e Quinton Spain saranno le due guardie titolari ed entrambi cercheranno di migliorare le proprie valutazioni PFF riguardanti il run block, mentre il centro rimane il buon Ben Jones.
Non si segnalano rookies il lizza per un posto da titolare, in quanto nessuna delle quattro scelte dei Titans nell’ultimo draft è stata spesa per un offensive lineman.

Correre contro i Titans non è facile, anzi, spesso è risultato essere quasi impossibile: solo tre squadre la scorsa stagione hanno concesso meno yards per tentativo e meno rushing yards a partita, rendendo così arduo batterli muovendo la palla per vie terrene, ed è ulteriore testimonianza di ciò il fatto che nessun team abbia concesso meno dei cinque rushing touchdown di Tennessee. Una buona parte del merito va attribuita a Jurrell Casey -primo giocatore ad aver apertamente dichiarato che la prossima stagione protesterà durante l’inno, nonostante multe ed intimidazioni varie- ironman in grado di giocare il numero di snaps più alto fra gli interior lineman ed arrivato alla terza convocazione consecutiva al Pro Bowl.
Casey sarà affiancato da DaQuan Jones, solido defensive end arrivato al quinto anno ai Titans e dal neo-arrivato Bennie Logan, al terzo team in altrettanti anni: le ultime stagioni sono state piuttosto negative per l’ex Eagles e Chiefs ma inserito in un contesto ideale non escludo che riesca a ritrovare la forma dei giorni migliori.

Corsa o passaggio non cambia, Casey è efficace in ogni caso.

A portare pressione al quarterback avversario dalla posizione di outside linebacker ci penseranno il sottovalutato Brian Orakpo e Derrick Morgan, due pass rushers non certamente spettacolari ma estremamente solidi, come testimoniato dai 14.5 sacks messi insieme dai due lo scorso autunno; il centro della difesa sarà di competenza di Wesley Woodyard e del rookie Rashaan Evans, chiamato al primo round dell’ultimo draft: entrambi sono due ottimi run defender, ma soprattutto nel caso di Evans sarà necessario migliorare velocemente nella copertura sui passaggi vista l’evoluzione del gioco ed il numero della scelta spesa da Tennessee per assicurarselo.
A cercare spazio troveremo anche un altro rookie, selezionato con la quarantunesima chiamata nello scorso draft, ovverosia Harold Landry, scivolato fino a questa posizione per un infortunio che ne ha compromesso la scorsa stagione: stiamo forse parlando del miglior pass rusher disponibile ad aprile dopo Chubb, perciò potrebbero seriamente avere fra le mani un giocatore speciale per il futuro e perché no, già per il presente.

Ho tanto elogiato il front seven per l’ottimo lavoro svolto contro le corse ma purtroppo non mi è possibile fare altrettanto con la secondaria, vero e proprio punto debole di questa squadra. Lo scorso anno questo reparto ha permesso al quarterback avversario di guadagnare in media 239 yards aeree -25esimi- concedendo 27 touchdown agli attacchi avversari, numero che messo in confronto al “cinque” menzionato qualche riga sopra fa sorgere parecchi dubbi.
A rinforzare il reparto ci penserà Malcolm Butler, voglioso di dimostrare che Belichick ha commesso un gravissimo errore a lasciarselo scappare, che andrà a comporre con Adoree Jackson una coppia di cornerback veramente intrigante: nonostante le inevitabili difficoltà iniziali, Jackson ha gradualmente migliorato il proprio rendimento nella seconda metà della scorsa stagione fino a far intravedere esaltante potenziale da shutdown corner.

Byard con il pallone fra le mani? Scena che vedremo molte altre volte.

Logan Ryan, altro ex Patriots, completerà un reparto ricolmo di potenziale che può contare su un’intrigante accoppiata di safeties composta da Kevin Byard e Kenny Vaccaro: il primo viene da un prodigioso 2017 nel quale si è annunciato al mondo concludendo l’annata come co-leader in intercetti con Darius Slay mentre il secondo è stato recentemente messo sotto contratto per sostituire Johnathan Cyprien, titolare lo scorso anno ma vittima di una rottura al crociato durante il training camp.
Byard ha il potenziale ed il fiuto per l’ovale necessario per diventare il prossimo grande safety della NFL e se riuscisse a confermare quanto fatto lo scorso anno, in luce anche dell’innesto di Butler e lo sviluppo di Jackson, difficilmente Tennessee concluderà la stagione come venticinquesima miglior passing defense.

Il nucleo dello special team rimane immutato, poiché torneranno il kicker Ryan Succop, il punter Britt Kern ed il long snapper Beau Brinkley, mentre le responsabilità del return game saranno affidate molto probabilmente ancora ad Adoree Jackson che con la sua velocità è sempre e comunque in grado di creare una big play da un momento all’altro.

Gli arrivi di Vrabel come head coach e di Matt LaFleur come offensive coordinator -non dimentichiamo quello di Dean Pees, ex defensive coordinator dei Ravens-  dovrebbero indubbiamente giovare a Marcus Mariota ed all’attacco di Tennessee in generale, poiché se proviamo a ricordare quanto ha fatto lo scorso anno con Jared Goff di motivi per essere ottimisti non ne mancano: i pezzi sono tutti al posto giusto, il quarterback lo hanno e la voglia di instaurare una nuova cultura vincente non manca.
Certo, affermarsi sarebbe stato molto più facile in quest’ultimo biennio vista l’assenza di Luck e la ridicola situazione quarterback dei Texans prima di Watson, però Tennessee quest’anno sembra poter contare su un roster veramente completo e competitivo e su un coaching staff giovane, brillante ed affamato.
Il 2018 sarà l’anno della verità per Marcus Mariota, che fra le altre cose dovrà iniziare a giocare per alzare il potenziale valore del nuovo contratto che inizierà a negoziare durante la prossima offseason: di motivazioni ai Titans non ne mancano di sicuro.

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