Devo anteporre una veloce premessa prima di iniziare questa preview: tentare di trovare una logica di fondo a quello che stanno facendo i Bengals negli ultimi anni è impossibile, perciò essere razionale e pienamente lucido in alcuni punti mi risulterà oltremodo difficile.
Per esempio quando si parla di Marvin Lewis, confermato in sostanza per una vittoria arrivata all’ultima giornata del campionato grazie ad una clamorosa amnesia della difesa dei Ravens: evidentemente ai Bengals non interessa vincere partite ai playoff -nei quindici anni con Lewis sono 0-7 in postseason- ma non farne vincere alle rivali divisionali.
Logica dietro tutto ciò? Nemmeno per sogno, ma a Cincinnati va così!
Dopo quattro anni consecutivi terminati con almeno dieci vittorie, Cincinnati è riuscita a vincere solamente 13 partite nelle ultime due stagioni, regredendo sotto ogni punto di vista: il rendimento offensivo è inesorabilmente scemato tanto da farli precipitare dal quinto posto per punti fatti di due anni fa al venticinquesimo della passata stagione e la situazione non migliora se si parla della difesa, in quanto dall’essere la seconda miglior scoring defense del 2015 -17.5 punti concessi a partita- sono passati ad un ignavo diciassettesimo posto.
Tutto ciò porterebbe a pensare ad un cambio d’allenatore come unica ed inevitabile soluzione, invece niente, Cincinnati vuole provarci ancora con Marvin Lewis: immagino ci sia più di un tifoso che baratterebbe la vittoria e la conseguente eliminazione dai playoff di Baltimore con la possibilità di aprire un nuovo ciclo… ma purtroppo si riparte da lui, di nuovo!

Immagine muta.

La carriera di Andy Dalton potrebbe essere ad un bivio ed il 2018 rappresenta per lui -forse- l’ultima chiamata per effettuare quel salto di qualità che sembrava essere sul punto di realizzarsi definitivamente nel magico 2015, quando a bordocampo c’era ancora Hue Jackson nel ruolo di offensive coordinator -ruolo evidentemente a lui più congeniale- e poteva contare su una linea d’attacco più che competente capeggiata dai vari Whitworth e Zeitler: negli ultimi due anni Dalton ha subito 80 sacks, dato impressionante se si pensa che nel biennio precedente questo numero era la quasi esatta metà.

Proteggetelo ‘sto povero Andy Dalton!

I motivi dietro la regressione di Dalton vanno oltre il semplice smantellamento della O-Line e l’addio di Hue Jackson, poiché il livello medio dell’attacco si è indiscutibilmente abbassato, in quanto Eifert negli ultimi due anni ha preso parte solamente a 10 delle 32 partite giocate, l’efficacia del running game è via via calata ed il pacchetto ricevitori oltre al solito splendido A.J. Green è parecchio scarno.
Il contratto che lega Dalton ai Bengals terminerà nel 2021, un’eternità nel veloce mondo NFL, perciò in caso di un’altra stagione deludente Cincinnati potrebbe trovarsi costretta a cercare il proprio uomo nel draft o nella free agency, anche perché al momento il suo backup è Matt Barkley, quarterback che ha dimostrato di poterci sì stare in NFL, ma non come titolare: questo è l’anno della verità per Dalton, anche se per confermare il proprio posto in questa squadra potrebbe bastare una Hail Mary all’ultima giornata contro degli odiati rivali divisionali a caso.

Il backfield è probabilmente il reparto più interessante, in quanto il nome di Joe Mixon è stato spesso e volentieri accostato alla parola breakout: con una O-Line migliorata tramite draft e free agency di motivi per attendersi un sensibile miglioramento non ne mancano, soprattutto quando si considera il fatto che nelle ultime quattro partite ha guadagnato in media cinque yards a portata dimostrandosi estremamente affidabile nel momento in cui gli è stato chiesto di gestire un carico di portate notevole, come le 23 contro Cleveland o le 18 contro Baltimore.
Il talento di Mixon non è mai stato in discussione, ciò che preoccupava di lui era la condotta fuori dal rettangolo di gioco, ed almeno sotto quest’aspetto il suo 2017 è stato ineccepibile, poiché non è mai stato al centro di nessun scandalo o controversia, dimostrando così di aver forse voltato definitivamente pagina dall’orribile episodio di violenza che lo ha fatto precipitare fino al secondo round del draft di un anno fa.
A rubare portate e snaps al giovane Mixon ci penserà anche quest’anno Giovani Bernard, uno dei più affidabili catching ‘backs della lega, che a questo punto dovrebbe essere coinvolto di più nel passing game, viste le lacune nel corpo ricevitori; interessante sarà vedere il contributo che riuscirà a dare il rookie Mark Walton, giocatore veramente simile a Bernard per quanto riguarda punti di forza e skills: non chiedetegli di convertire un terzo down correndo up the middle, però se cercate qualcuno in grado di portare in end zone un banalissimo screen pass… Walton potrebbe essere il vostro uomo!

Il pacchetto ricevitori è identico a quello dello scorso anno, e sarà importante vedere come crescerà John Ross, il recordman delle 40 yards, totalmente invisibile nella sua prima stagione: l’unica volta che ha toccato l’ovale è stato su un end-around terminato con un fantozziano fumble. Cincinnati non lo ha selezionato con la nona chiamata assoluta per avere un gadget player, ma per dare man forte ad un A.J. Green da anni abbandonato a se stesso: lo scorso anno Green ha ricevuto solamente per 1078 yards, quasi il doppio del secondo, Brandon LaFell.

Tutta questa incompetenza ha reso nervoso persino il mite A.J. Green!

Lo spreco di talento di questi Bengals trova incarnazione proprio in A.J. Green, uno dei migliori ricevitori di questo secolo, limitato orribilmente da un attacco incapace di togliergli raddoppi e pressione da parte delle secondarie avversarie.
Dietro di lui troviamo molta incertezza, soprattutto dopo il rilascio di Brandon LaFell, buon ricevitore senza dubbio ma più receiver three che receiver two: Josh Malone e l’eroico Tyler Boyd che dopo aver messo insieme una buona stagione da rookie è regredito -anche a causa di vari infortuni- al punto da ricevere solamente per 225 yards, di cui il 20% abbondante è arrivato in una sola, fondamentale giocata, competeranno per il ruolo di ricevitore numero due.
Il tight end titolare teoricamente sarebbe la macchina da touchdown Tyler Eifert, anche se a questo punto della carriera è lecito chiedersi se riuscirà mai a scendere in campo per più di dieci partite consecutive: nel frattempo il posto da titolare se lo tiene stretto Tyler Kroft, giocatore decisamente efficace in red zone come testimoniato dai 7 touchdown in sole 42 ricezioni.

La linea d’attacco, dunque, causa di tante delusioni e dolori è stata pesantemente ristrutturata in questi mesi: spiccano sicuramente le acquisizioni di Cordy Glenn e Billy Price, il primo arrivato tramite una trade con i Buffalo Bills ed il secondo tramite la scelta al primo giro dell’ultimo draft. Price era probabilmente il miglior centro disponibile ad aprile, e dal suo sviluppo dipenderà molto del futuro prossimo dei Bengals. Le guardie titolari saranno Clint Boling e Trey Hopkins come lo scorso anno, ma saranno chiamati ad un sensibile miglioramento poiché PFF ha classificato il primo 24esimo ed il secondo 41esimo; a completare il reparto troviamo il right tackle Jake Fisher, scelto al secondo round del 2015 e mai dimostratosi in grado di trasformarsi in un affidabile titolare in National Football League. I vari Cedric Ogbuehi e Bobby Hart cercheranno di salvare le proprie carriere tramite un training camp convincente o subentrando ai vari titolari nel caso di infortuni.

Il reparto difensivo, analogamente a quello offensivo, non è stato soggetto a grossi cambiamenti ed uno dei suoi punti di riferimento ha trovato modo pure quest’anno di portare avanti una avvilente tradizione: Vontaze Burfict sarà costretto a saltare le prime quattro partite della stagione per l’ennesima sospensione della propria tragicomica carriera.
La linea difensiva è sicuramente il reparto più talentuoso e profondo della compagine, poiché oltre al perenne Pro Bowler Geno Atkins -9.0 sacks pure nella scorsa annata- troviamo gli intriganti talenti Jordan Willis e Sam Hubbard a giocarsi un posto per il ruolo di defensive end nel lato opposto a quello del mastodontico Carlos Dunlap: il potenziale per non annullare i running games avversari non manca, ed a puntellare la linea troviamo il defensive tackle Andrew Billings, reduce da una prima annata fra i professionisti piuttosto anonima ma con immenso potenziale da tenere d’occhio.

Date una squadra definibile come tale a Geno Atkins…

Non dimentichiamoci di Michael Johnson, anche se quasi sicuramente non è più il giocatore che un paio di stagioni fa si guadagnò un ricco contratto con i Buccaneers.
La rotazione di linebacker, oltre al solito Burfict, comprende il co-leader per tackles effettuati nel 2017 Preston Brown, arrivato come Cordy Glenn dai Buffalo Bills e l’interessantissimo Carl Lawson, sul quale ruolo regna ancora una certa indecisione: sarebbe il caso di farlo giocare come defensive end o come outside linebacker? Le intenzioni dei Bengals sono piuttosto chiare, hanno espresso più volte l’intenzione di farlo giocare come outside linebacker, in quanto espandere il suo ruolo è stata una priorità in questa offseason: lo scorso anno Lawson mise a segno ben 8.5 sacks ma solamente 16 tackles, rivelandosi spesso fuori posizione ed inefficace nel running game.

La secondaria, sulla falsariga di ogni reparto analizzato finora, rimane pressoché quella dello scorso anno, capeggiata dallo splendido William Jackson III, il miglior cornerback del quale non avrete mai sentito parlare: la sua “prima” -la stagione da rookie l’ha saltata a causa di un infortunio- annata in NFL si è rivelata un successo senza precedenti, andando spesso e volentieri ad annullare il ricevitore numero uno del team avversario, e ciò è testimoniato dal pazzesco 34.9% di catching rate concesso ai ricevitori avversari. Dre Kirkpatrick inizierà molto probabilmente -non sicuramente- l’anno da titolare, ma dovrà guardarsi le spalle dall’ex scelta al primo round Darqueze Dennard, decisamente migliore del compagno di reparto nella scorsa stagione; il retro della difesa sarà di competenza di Shawn Williams e del rookie Jessie Bates: per assicurarsi quest’ultimo Cincinnati ha speso una scelta al secondo giro, scelta che potrebbe pagare nel momento in cui l’ex Wake Forest riuscirà a sistemare i problemi nel completare tackles. Ha sorpreso chiunque il rilascio di Iloka, arrivato principalmente per liberare qualche milione di spazio salariale: ciò può anche essere visto come un incoraggiante segnale, in quanto lascia intendere che Bates sia già pronto per una maglia da titolare.
Il futuro, almeno in questo reparto, sembra luminoso poiché il nucleo Jackson-Bates potrebbe garantire a Cincinnati qualità e solidità per il prossimo lustro.

Highlight principale degli ultimi tre anni dei Bengals.

Gli special teams rimangono identici a quelli della passata stagione: Randy Bullock si conferma il kicker titolare dopo un buon 2017, imitato dal punter Chris Huber e dal long snapper Clark Harris.
Il return game sarà probabilmente di competenza di Alex Erickson anche se come ho già detto in altre sedi, questa posizione è soggetta a cambiamenti improvvisi ed impronosticabili.

Cosa ci si può attendere da questi Cincinnati Bengals? Un’annata simile alla scorsa? Un ritorno improvviso ai playoff? Una rinascita di Andy Dalton permessa soprattutto dall’esplosione di Joe Mixon?
Parlare dei Bengals con cognizione di causa è diventato esercizio impossibile da un lustro a questa parte, poiché nessun team è altrettanto lunatico ed imprevedibile: il talento per dare del serio filo da torcere agli Steelers c’è, ma la testa per mettere insieme una stagione di assoluto livello sembra mancare.
E con il termine “testa” sto usando una metafora: non credo che con Marvin Lewis Cincinnati possa ancora ambire a qualcosa di serio, anche se sarei assolutamente felice per loro -ed anche per lui- in caso venissi smentito.

 

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