Sopra Baltimore aleggia una miriade di punti di domanda, trovare certezze non sembra essere possibile, anche se dopo una breve analisi si può tranquillamente scorgerne una: mai nella loro giovane storia si sono affacciati ad una stagione con più pressione.
Nei cinque anni successivi al Super Bowl, i Ravens sono piombati nelle mortificanti sabbie mobili della mediocrità NFL, ed il loro record ne è la piena testimonianza: 40 vittorie, 40 sconfitte, il cinquanta percento preciso, una via di mezzo non sicuramente consona ad una franchigia che dal 2000 al 2012 ha giocato i playoff in nove occasioni, vincendo almeno una partita in sette ed arrivando al trionfo finale in due.
Not Ravens’ football.

Futuro e presente -prossimo a diventare passato- dei Ravens in una sola foto.

Oltre alla voglia di lasciarsi alle spalle anni di rendimento sotto la media e di esclusioni spezzacuore dai playoff –Immaculate extension e Tyler Boyd per dirne due- ciò che renderà speciale questa stagione è il fatto che sarà l’ultima di Ozzie Newsome nel ruolo di general manager: compendiare l’operato di Newsome in questi ventieppassa anni a Baltimore in due righe sarebbe offensivo per colui che è stato un vero e proprio pioniere in NFL, poiché stiamo parlando del primo GM afroamericano della storia del gioco. Il futuro è in buone mani, in quanto Eric DeCosta scalpita da almeno un lustro per prendere le redini di questa franchigia, ma a questo punto sorge spontaneo chiedersi come sarà lo stato di salute di ciò si troverà per le mani, in quanto la situazione quarterback potrebbe riscrivere il destino dei Ravens: sta per incominciare l’ultima stagione di Flacco nella squadra che lo ha draftato e con la quale ha vinto il Super Bowl? Riuscirà Jackson a sgrezzare il proprio gioco non perdendo l’efficacia e l’imprevedibilità che lo hanno reso uno dei migliori quarterback di sempre del mondo collegiale?

I quarterbacks stanno -giustamente- occupando tutte le prime pagine di giornali locali e non solo -novità interessante questa per i Ravens- e le cose che al momento sappiamo sono solamente due: la prima è che l’anno lo inizierà da titolare Flacco mentre la seconda riguarda l’insistente dichiarazione d’intenti dello staff di far giocare in alcuni pacchetti speciali sia Flacco che Jackson contemporaneamente. Due quarterback in campo nello stesso momento? Interessante.
Difendere Joe Flacco o attendersi un suo sostanziale miglioramento è diventato impossibile nel 2018, in quanto realizzare che in media lui prenda più soldi di gente come Rodgers, Wilson o Big Ben Roethlisberger può portare la gente a mettere in dubbio la troppo spesso insensata logica dietro il sistema di compensazione dei quarterback; posso però sicuramente dire che il suo deprimente 2017 è stato pesantemente influenzato da un corpo ricevitori inefficace e spesso deleterio, in quanto dei suoi 13 intercetti almeno un terzo è stato causato da drops dei vari Perriman o Moore: basta pensare alla pick-six lanciata contro Cincinnati l’ultima giornata di campionato arrivata dopo che Moore non è stato in grado di ricevere un pallone perfetto indirizzatogli da Flacco iniziando a palleggiarlo per aria finché Dennard non lo ha fatto suo riportandolo nella end zone dei Ravens per i sei punti. Con un corpo ricevitori sensibilmente migliorato il numero di intercetti dovrebbe diminuire, ma servirà un totale cambio di filosofia che lo allontani dai tanto amati check-down passes: nessuno ha lanciato meno yards per passaggio completato delle 5.7 di Flacco. Avete capito il problema.

Joe Flacco non sembra particolarmente entusiasta.

L’unica certezza riguardante Jackson è che il suo atletismo sia fuori dalla norma ed i paragoni con Michael Vick nelle ultime settimane stanno sempre più prendendo piede; secondo Harbaugh i problemi di accuratezza che lo hanno fatto precipitare fino al fondo del primo round non sarebbero gravi come si credeva: Jackson potrebbe essere pronto prima di quanto uno possa credere, e ciò che la società spera è che l’offensive coordinator Marty Mornhinweg riesca a modellare un playbook sui punti di forza del proprio quarterback come fece con Michael Vick ai tempi degli Eagles.
Dopo tutto questo è l’unico motivo per il quale “Morn” ha ancora un lavoro.
Di Robert Griffin III non c’è molto da dire, in quanto stiamo parlando di un ragazzo che l’anno scorso non ha giocato nemmeno un singolo snap in NFL e, proprio come Baltimore, vorrebbe ardentemente catapultarsi indietro nel lontano 2012.

Passiamo alle skills position, ed iniziamo dai runningbacks, reparto che sembra saldamente in mano ad Alex Collins, una delle più grandi sorprese della scorsa stagione: l’ex Arkansas si è infatti portato a casa il quarto miglior voto PFF fra i runningback -86.7- guadagnando in media 4.6 yards a portata e mostrando sempre una grande creatività con l’ovale in mano, guardare il touchdown contro i Bengals per maggiori informazioni. Con una linea d’attacco più sana e teoricamente più forte -è questo il senso della offseason, no?- e con un posto da titolare già guadagnato Collins dovrebbe esplodere definitivamente e sfondare il muro delle mille yards che lo scorso anno lo ha ingannato solamente per 27 yards.
Javorius Allen dovrebbe, almeno per l’inizio dell’anno, essere il change of pace ‘back, però attenzione a Kenneth Dixon, che tornerà sano e voglioso di dimostrare che le voci che prima dell’infortunio dello scorso anno lo vedevano come padrone del backfield di Baltimore erano fondate: dopo che fu draftato nel 2016 molti analisti Oltreoceano lo definirono come uno dei più grandi steal di quel draft.
Il fullback titolare sarà quasi sicuramente anche quest’anno Patrick Ricard, ex D-lineman convertitosi in fullback la scorsa offseason per trovare un posto nel roster.

Air Collins!

Il pacchetto ricevitori è stato pesantemente ristrutturato sia durante la free agency che durante il draft, in quanto di facce note troviamo solo quella di Breshad Perriman, anche se per quanto ancora non si sa, e Chris Moore che nonostante i tanti drops ha dimostrato di possedere notevoli margini di miglioramento. L’aggiunta più importante è senza dubbio quella di Michael Crabtree, vera e propria macchina da touchdown nonché l’unico giocatore insieme ad Antonio Brown ad aver ricevuto almeno otto touchdown nelle ultime tre stagioni e statene certi, in red zone tornerà infinitamente comodo ad un attacco che spesso si impantana in quella zona del campo; un po’ meno sicuri sono i contributi che porteranno Willie Snead e John Brown, in quanto entrambi vengono da un 2017 piuttosto sottotono, ma ai quali il talento sicuramente non manca per rendere al meglio: la velocità di Brown dovrebbe dare a Flacco quel deep threat che gli manca dalla dipartita di Torrey Smith. I rookies Jaleel Scott e Jordan Lasley avranno fin da subito l’opportunità di trovare spazio, ma dovranno migliorare sicuramente alcuni aspetti del loro gioco: il primo dovrà lavorare sul proprio route running footwork mentre il secondo dovrà trovare modo di tagliare i drops che lo hanno fatto scivolare fino al quinto round dell’ultimo draft. Entrambi però dovranno guardarsi le spalle dai vari Adeboyejo e White, giocatori che nello scorso training camp hanno impressionato ma costretti ai box da lunghi infortuni: attenzione a Tim White, questo giocatore potrebbe sorprendere molti.
Per quanto riguarda i tight ends ci si affiderà quasi esclusivamente ai rookies Hayden Hurst e Mark Andrews, due fra i migliori prospetti dell’ultimo draft: le aspettative per Hurst sono indubbiamente alte, non può essere altrimenti per una prima scelta, mentre Andrews è un talento meno completo del collega ma più vicino al poter essere paragonato ad un vero e proprio slot receiver. Nick Boyle e Maxx Williams garantiranno profondità al reparto.

Il ritorno di Yanda dovrebbe restituire ai Ravens molta fisicità in attacco.

La linea d’attacco beneficerà infinitamente del ritorno di Marshal Yanda, probabilmente la miglior guardia della lega, mentre per il momento non si sa ancora chi ci penserà a snappare il pallone a Flacco in quanto dopo l’addio di Ryan Jensen -migrato a Tampa Bay- si è aperta una lotta per la maglia da titolare che coinvolgerà principalmente Matt Skura ed il rookie Bradley Bozeman. I tackle saranno Ronnie Stanley, arrivato alla terza stagione e pronto alla definitiva esplosione, e molto probabilmente il rookie Orlando Brown Jr., selezionato dai Ravens al terzo round nonostante prima delle Combine fosse dato come sicuro first rounder: una serie di brutte prestazioni durante l’evento ne hanno fatto precipitare le quotazioni fino a depositarlo al terzo round. Vedremo se saprà rendere fiero il defunto padre Orlando “Zeus” Brown, tackle che militò nelle fila dei Ravens già dal 1996, anno della loro fondazione; per il posto da guardia sinistra ci sarà una battaglia serratissima fra James Hurst e Nico Siragusa, sophomore che ha perso tutta la stagione da rookie per un infortunio rimediato al training camp.

Il front seven di Baltimore rimane fra i più profondi di tutta la lega, anche se ha indubbiamente deluso nel 2017, in quanto le rushing yards concesse sono passate dalle 89.4 del 2016 alle 111.2 della scorsa stagione: ciò è forse da attribuire alle ripetute assenze di Brandon Williams, uno fra i migliori run-stuffer della lega, che quest’anno tenterà di guadagnarsi la prima chiamata al Pro Bowl riportando la running defense dei Ravens ai vertici della lega. In questa impresa sarà aiutato ancora da Michael Pierce, compagno di reparto di Williams arrivato in NFL dalla porta sul retro ma diventato in breve tempo uno dei migliori nose tackle della lega, mentre a completare la linea difensiva troviamo Brent Urban, giocatore il cui sviluppo è stato criminalmente rallentato da continui infortuni ma che se riuscisse a rimanere sano potrebbe diventare un Pro Bowler in pochi anni. La rotazione rimane comunque fra le più profonde della lega, in quanto a contendere ai tre signori elencati sopra snaps troveremo i vari Willie Henry, Chris Wormley, Carl Davis e Bronson Kaufusi, scelte alte degli ultimi draft che non sono ancora riuscite a portare un adeguato contributo alla causa. A rendere un inferno la vita al quarterback avversario troveremo per la sedicesima stagione l’inossidabile Terrell Suggs, sempre sugli scudi nonostante la veneranda età -ad ottobre saranno 36!- e probabilmente Matt Judon, autore di un buonissimo 2017 da 8.0 sacks, mentre si attendono ancora -come sopra- contributi soddisfacenti di scelte alte degli ultimi draft: Tyus Bowser, Tim Williams e Za’Darius Smith devono assolutamente lanciare un segnale e dimostrare qualcosa.

Mosley sta lentamente diventando il miglior middle linebacker di cui nessuno vuole parlare.

A tenere insieme la difesa ci penserà il tre volte Pro Bowler C.J. Mosley, anche se non si sa ancora da chi verrà affiancato poiché al momento il titolare sembra essere Patrick Onwuasor, anche se il rookie Kenny Young da UCLA potrebbe tranquillamente rubargli il posto ed avere la possibilità di giocare da titolare fin dalla prima settimana.
Il cambiamento forse più importante arriva però dalla sideline, in quanto il defensive coordinator non sarà più Dean Pees, prima ritiratosi e poi approdato a Tennessee, ma Don Martindale: Pees era fra i migliori nel creare sofisticati blitz che coinvolgevano spesso safeties e cornerback, vedremo se con Martindale questa tradizione sarà portata avanti.

La secondaria rimane però una delle più forti della lega, ed anzi, probabilmente nel 2018 sarà ancora più temibile per vari motivi: primo fra tutti Marlon Humphrey avrà un anno di esperienza in più rispetto alla scorsa stagione e per quanto mostrato nel 2017 può sicuramente diventare uno fra i migliori dieci cornerbacks della lega, poi non dimentichiamoci che quest’anno Baltimore potrà contare -salvo sciagurati infortuni durante il training camp- su Jimmy Smith e Tavon Young. Jimmy Smith da sano è un giocatore in grado di tenere il quarterback avversario ad un misero 49.2 di passer rating quando indirizza il pallone al ricevitore da lui marcato, mentre Tavon Young ha chiaramente dimostrato nella propria annata da rookie di essere un buonissimo slot defender, anche se vista la poca esperienza e la serietà dell’infortunio rimediato nello scorso training camp il fatto che progredirà indisturbato nel suo sviluppo è tutt’altro che scontato. Brandon Carr, Maurice Canady ed il rookie Anthony Averett danno profondità ai Ravens in una posizione nella quale sono stati tormentati da acciacchi negli ultimi anni.
Nel retro della secondaria troviamo per il secondo anno la coppia Eric Weddle/Tony Jefferson, una delle migliori dello scorso anno, anche se Jefferson in particolar modo dovrà riuscire a ridurre il numero di amnesie in copertura e provare ad essere efficace tanto contro i passaggi quanto sulle corse: il rookie DeShon Elliott potrà contare sugli insegnamenti di due veterani di successo per crescere ed eventualmente rubare il posto ad uno di loro, anche se forse sto andando un bel po’ oltre il 2018.

Raramente un kicker è il miglior giocatore della propria squadra: se ti chiami Justin Tucker però nulla è impossibile.

I protagonisti dello special team rimangono Justin Tucker, il kicker più accurato della storia NFL, il punter Sam Koch ed il long snapper Morgan Cox, mentre per quanto riguarda il return game sta emergendo sempre più prepotentemente il nome di Janarion Grant che potrebbe contendere il posto a Chris Moore.

Come dicevo, le incognite sono tante ma ciò che di cui chiunque può essere sicuro è che Baltimore non può permettersi di perdere il treno per i playoff per il quarto anno consecutivo: ciò è successo solamente in un’altra occasione, dal 1996 al 1999, durante i primi quattro anni d’esistenza della franchigia.
Playoff o meno, probabilmente di questi tempi l’anno prossimo staremo parlando di una squadra profondamente diversa: chiudere il ciclo con un botto sarebbe il miglior modo possibile per Flacco per cementare il suo status come miglior quarterback nella storia dei Ravens.

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