Dato che dalla settimana prossima ci concentreremo sui playoff, quella che leggete oggi è l’ultima puntata di quest’anno della rubrica Ten Weekly Lessons. Un grazie per averci seguiti, e buona postseason a tutti!

1) CAM NEWTON CONTINUA A DECIDERE POSITIVAMENTE LE PARTITE DEI PANTHERS

Se analizzassimo il numero di vittorie assai poco spettacolari ottenute quest’anno nella Nfl, probabilmente Cam Newton guiderebbe questa speciale classifica. I Panthers non hanno giocato propriamente bene in attacco in queste ultime settimane ed hanno faticato non poco ad avere ragione dei Packers – seppure in concomitanza del rientro di Rodgers – e soprattutto dei Buccaneers, che hanno dato ai rivali divisionali parecchio filo da torcere. Da che storia è storia chi vuol vincere il premio più grosso deve comunque misurarsi con tutti e stare attento alle insidie portate da chi non ha più niente da perdere, e crediamo che anche questo aspetto rappresenti una fondamentale componente della valutazione complessiva delle velleità di una franchigia.

Ecco perchè gli ultimi due minuti giocati da Carolina dovrebbero farci meglio apprezzare una dote che separa le squadre ottime da quelle più che buone, ovvero quella di riuscire a mantenere calma e compostezza anche dinanzi ad una partita che non ne vuol sapere di raddrizzarsi, una di quelle occasioni che sembra fatta apposta per l’upset. Fortunatamente, oltre che produrre yard pressoché a volontà, Newton continua a mettere a segno le giocate che servono a vincere e lo fa sistematicamente nel quarto periodo, un fattore che non si può misurare con la semplice statistica ma che può tornare alla mente dopo l’osservazione di alcune particolari azioni, che hanno tutte il minimo comune denominatore del saper convertire un down cruciale o preparare lo scenario per i punti decisivi.

Newton ha eseguito il compito contro i Vikings nella gara più importante dell’anno per caratura dell’avversario e posta in gioco, ed ha ripetuto l’esercizio contro Tampa dopo essere stato limitato a 78 yard di total offense in tutto il primo tempo, nettamente il totale più basso da quando Cam è in Carolina, e dopo aver fruito dell’ausilio degli special team, di critica importanza per possedere un pur esiguo vantaggio in chiusura di primo tempo. Il momento della verità, però, è sempre ed inequivocabilmente suo: il fumble commesso sulle due yard poteva rivelarsi un disastro che avrebbe partorito conseguenze per numerose squadre, ma la prontezza di riflessi per rimediare poi bisogna averla dentro. E se i playoff sono arrivati per la quarta volta negli ultimi cinque anni in casa Panthers, la capacità di big play del loro Salvatore non può più essere posta in discussione.

2) QUELLA DI KIRK COUSINS POTREBBE ESSERE UN’AUDIZIONE PER IL SUO PROSSIMO POSTO DI LAVORO

La coincidenza più curiosa di quest’ultima domenica Nfl riguarda senz’altro la situazione di Kirk Cousins nell’imminente offseason e la relazione che questa potrebbe avere con gli stessi Broncos affrontati direttamente in campo, con John Elway ad utilizzare le tre ore di durata del confronto a fantasticare sul numero di plus che il Capitano Kirk potrebbe dare ad una compagine che ha vissuto un’annata degli orrori soprattutto a causa del disastro realizzato nello specifico ruolo.

Nessuno conosce il futuro che attende Cousins, ed è un’affermazione lecita da scrivere se pensiamo alla scarsa efficacia dell’organizzazione per cui è attualmente sotto contratto, un ambiente dove ci si può attendere tutto ed il contrario di tutto. Dopo due offseason di contrattazioni negative e di quarterback stra-pagati in giro per la Lega sarà mai giunto il momento di inchiostrare l’ex-Michigan State con un pluriennale, se non altro per dimostrata capacità di poter incidere più positivamente che il contrario sulle sorti di una stagione dando quella ricercatissima stabilità? In questi anni Cousins è stato un quarterback certamente propenso all’errore ma pure caratterialmente capace di venire fuori dal buco, recuperando mentalmente da moltissimi errori e portando a casa più di qualche partita. Non sempre ciò gli è riuscito, a crediamo possa essere questa la motivazione principale che lo ha portato a giocare per due anni consecutivi sotto il ricco ma fastidioso tag, ma oggi come oggi sembrerebbe semplicemente sciocco fargli passare un altro anno contrattualmente da transizione, ed è per questo che Denver, così come Arizona, è affiacciata alla finestra con molto interesse.

La difesa dei Broncos non è perfetta ma ha dato ampie dimostrazioni del suo talento, ed in un contesto il cui valore è stato significativamente smorzato dalla classifica delle due squadre Cousins si è ripreso – ancora una volta – dai suoi stessi errori. Un primo tempo giocato male ed un intercetto in endzone sono stati superati da una seconda frazione dove il quarterback ha lanciato per diciotto volte sbagliando in sole sette occasioni, confezionando nel contempo i big play decisivi per Docston e Davis. Non sarà il franchise quarterback che tutti vorrebbero, non avrà talento da primo giro, ma qui di carattere ce n’è da vendere e l’attrezzatura tecnica non manca, ed uno così avrebbe senz’altro fatto molto comodo ai Denver Broncos di quest’anno. E visto che Garoppolo è già andato, il pensiero che Elway ci farà sarà a maggior ragione più serio, visto che per tornare ai playoff non si può aspettare un altro rookie del quale non si conosce ancora il destino.

3) I 49ERS ENTRERANNO NEL 2018 COME SQUADRA DA PLAYOFF

Sembra facile sostenerlo adesso, lo sappiamo bene, ma i presupposti ci sono davvero tutti. Osservando i Niners dell’ultimo mese e la continuità con cui hanno portato a casa risultati positivi la tentazione di proiettarli in alto in ambito 2018 è semplicemente troppo forte per resisterle. Avevamo anche prima il sospetto che questa compagine fosse migliore dello 0-9 con cui aveva cominciato una stagione che avrebbe dovuto solamente vedere la zuffa con i Browns per la prima assoluta, ma da lì ad arrivare a pronosticare un finale di stagione così promettente non ci saremmo mai azzardati, nemmeno con Jimmy Garappolo in sella.

Ora però le supposizioni non sono possono essere più frutto del caso o dell’inerzia positiva data dall’arrivo di un potenziale franchise quarterback in città, le prestazioni da buonissima squadra si stanno oramai accumulando una domenica dopo l’altra e molti sono i meccanismi che si sono messi a funzionare assieme all’inserimento a roster di Garoppolo, perché altrimenti non saremmo qui a tentare di giustificare l’ingustificabile pensando a come diavolo una squadra da quattro vittorie sia riuscita a maltrattare una Jacksonville in possesso della miglior difesa Nfl facendo peraltro crollare il castello di carte che Blake Bortles aveva costruito negli ultimi venti giorni.

In realtà il quarterback è solo l’ultimo dei passaggi completati da Shanahan e Lynch, un tassello che non deve coprire un Draft andato a sistemare diversi buchi offrendo dei giocatori che stanno contribuendo da subito, ed ora, verso fine stagione e con un pò di esperienza accumulata, i risultati sono visibili ad occhio nudo. La difesa ha dovuto attendere molto per vedere all’opera Reuben Foster a causa degli infortuni ma le aspettative, una volta inserito in campo l’ex-Alabama, sono state del tutto rispettate, sono arrivati piccoli ma significativi protagonisti offensivi come Matt Breida, George Kittle e Trent Taylor, e la free agency ha fatto il resto portando Marquise Goodwin, che con Jimmy G sta costruendo un rapporto intrigante, ed elementi solo apparentemente di secondo piano come Kyle Juszczyk, un fullback che definire versatile potrebbe non bastare.

Il quadro è completato dall’incertezza che attraverserà la offseason di Seattle con un gruppo pronto a sfaldarsi tra età e contratti troppo onerosi ed il clima di ricostruzione che presto attraverserà il deserto dell’Arizona, lasciando un passo avanti solamente quei Rams contro i quali San Francisco chiuderà la regular season tentando un altro scherzetto riuscito bene, visto cos’erano riusciti a fare alla loro difesa con Hoyer titolare ad inizio stagione.

4) I COWBOYS HANNO FALLITO PROPRIO QUANDO C’ERA DA SALVARE LA STAGIONE

La sagra della sospensione che ha tenuto fuori Zeke Elliott terrà banco ancora a lungo, ma la stagione dei Cowboys è andata verso sud per molti fattori da ricondurre alla squadra stessa, e la gara persa contro Seattle ne è la testimonianza pressoché definitiva. Il tema ricorrente pare non mutare, e vede la squadra non in grado di eseguire ciò che si deve per vincere trovandosi soffocata da una regressione offensiva che ha relativamente a che vedere con la prolungata assenza del running back titolare.

Ci sono tante domande a cui dare una risposta che potrebbe rivelarsi scomoda, e molte di queste riguardano le posizioni chiave dell’attacco, con nubi sempre più pesanti che si addensano su Dez Bryant, il cui carattere è oramai difficilmente interpretabile per quanto sembri un giocatore immarcabile una settimana ed un’ombra egoista di se stesso in quella successiva, e con quesiti che riguardano oggi anche Dak Prescott, la cui efficienza pare essere calata rispetto alla positiva annata da rookie. Un anno fa ci si meravigliava difatti di come Dallas fosse una macchina da guerra condotta da un quarterback senza esperienza, che prendeva sempre la decisione giusta e raramente regalava palloni agli avversari, un profilo lontanuccio dal Prescott visto in azione quest’anno, molto più frettoloso nell’agire e troppo propenso ad effettuare lanci costosi per la propria squadra, come il pick-six letteralmente regalato a Seattle domenica.

A dire il vero, anche il coaching staff ci ha messo del suo, in particolar modo nel momento della verità. Tutto avrebbe portato a pensare ad una massiccia dose di Zeke quale rabbiosa reazione per la discussa decisione, ma i Cowboys si sono dimenticati di lui proprio quando ne avrebbero avuto maggiore necessità. Il contesto era quello giusto, con Dallas sotto di nove lunghezze quasi a metà del quarto periodo ed un ghiotto posizionamento sulla linea delle tre yard avversarie, ma le chiamate hanno rispettivamente visto un passaggio, una corsa di Prescott annullata per holding, ed un sack a carico. La ciliegina sulla torta e l’emblema della stagione texana è certamente rappresentata dal fatto che Dan Bailey abbia poi sbagliato una conclusione per lui normalmente automatica.

Si potrebbe ridurre il tutto ad un “forse quest’anno doveva andare così”, ma Jerry Jones non ci sembra esattamente fatalista quando si tratta di giungere a determinate conclusioni. E per uno che vuole vincere a tutti i costi, cinque stagioni delle ultime sette senza playoff non sono un curriculum che faccia ben sperare per tenersi stretto il posto di lavoro.

5) TITANS E FALCONS NON SEMBRANO MATERIALE DA PLAYOFF

La vera scorza delle squadre esce sempre nel momento della verità, difficile riuscire a nascondere qualsiasi cosa quando la posta in palio si alza esponenzialmente, ed il calo verticale dei Titans e la stagione a dir poco altalenante dei Falcons portano a pensare che ne l’una e ne l’altra squadra abbiano dimostrato abbastanza per valere la postseason.

Tennessee ha senz’altro giocato meglio rispetto alle ultime uscite ma non ha fatto abbastanza per dissipare i dubbi, troppa pochezza offensiva e troppi problemi in redzone sono le negatività uscite allo scoperto anche contro i Rams e che da oramai un mese stanno affliggendo una corsa playoff che pareva quasi assicurata e che ora dovrà passare dalla vittoria forzata contro i Jaguars nell’ultima di campionato. Mariota è caduto ancora su letture tardive, su intercetti deleteri, una difesa fatta a pezzi da Todd Gurley ha comunque trovato il modo di ssegnare un touchdown evidenziando maggiormente le difficoltà offensive, ed i Titans continuano nel giochino che li vede scambiare spesso touchdown per field goal, un fattore che pesa enormemente quando si vanno a tirare le conclusioni tra vittorie e sconfitte. La squadra ha il vantaggio del tie-breaker contro le due concorrenti (Chargers e Bills), quindi basta vincere contro Jacksnoville e tutto andrà a posto, ma qule inerzia porterà con sé Tennessee dopo aver giocato così male a dicembre? Qualora dovessimo scegliere chi uscirà per primo dalla Wild Card della Afc, forti indicazioni portano qui.

Atlanta ha invece provato per tutto l’anno a togliersi il doloroso ricordo del Super Bowl senza riuscire a convincere nessuno, e troppi sono stati gli alti e bassi prodotti per poter ritenere che qualcosa sia cambiato per davvero strada facendo. Tantissimi i problemi patiti nella sconfitta contro i Saints, tra i quali penalità evitabili e turnover pesanti, frutto probabilmente dello scontro con una difesa miglioratissima dall’anno scorso ma anche dell’eccessiva tendenza dei Falcons all’auto-infliggersi ostascoli più gravosi del dovuto. L’attacco ha giocato una stagione ben al di sotto delle aspettative e questo dovrebbe suggerire un paio di considerazioni sulla validità di Kyle Shanahan, la difesa ha fatto ciò che ha potuto per contenere i danni ma ha concesso parecchie giocate importanti, e se anche i Falcons, proprio come i Titans, dovessero entrare ai playoff con l’ultimo posto utile, non ci sembrano attrezzati per la ripetizione del percorso vincente nella Nfc di un anno fa, soprattutto perché eventuali scontri con le compagne di division, dimostratesi nettamente superiori, terminerebbero anzitempo qualsiasi tipo di discorso.

6) DEANDRE HOPKINS HA DIMOSTRATO TUTTO IL SUO VALORE

La faccenda è andata con tutta probabilità in secondo piano perché questo momento stagionale porta a concentrarsi sulle squadre ancora in lizza per la postseason e non su quelle che hanno accumulato sconfitte, ma quanto realizzato da DeAndre Hopkins quest’anno – e non solo – merita una forte considerazione.

La meta segnata da Hopkins contro gli Steelers in occasione del Monday Night è stata eccezionalmente spettacolare ma non è questo il punto, il fatto è che spesso si parla di come tanti ricevitori siano resi grandi dal proprio quarterback e non del contrario, ovvero di quanto un wide receiver possa semplificare la vita di un regista o migliorarne le cifre raccolte. Hopkins ha fatto esattamente questo in tutti questi anni dove i Texans non hanno goduto del lusso di poter schierare un quarterback a lungo termine, si è rivelato essere un giocatore costantemente difficile da tenere sotto un certo livello nonostante fosse l’unica vera opzione credibile per il suo attacco, sapendosi adattare alla presenza di quattro quarterback nella sola stagione in corso, senza andare ad analizzare quelle passate.

La costante è rappresentata dal fatto che l’ex-Clemson ha sempre risposto presente, e questa stagione non ha fatto difetto nonostante il trambusto patito da Houston per un ruolo che non vuol saperne di sistemarsi. Essere primo in tutta la Nfl con 13 passaggi da touchdown raccolti dalle mani di Watson, Savage e Yates (con Heinicke all’orizzonte) è un’impresa davvero eccezionale, e per tutta la sfortuna raccolta dai Texans quest’anno la sicurezza di avere uno dei migliori ricevitori della Lega a roster è una delle notizie più confortanti per un futuro che ci si augura possa essere maggiormente ricco di quelle soddisfazioni che a Houston potrebbero finalmente arrivare, una volta sistemata la gamba di Watson e recuperati tutti i difensori che sono mancati finora.

7) LE REGOLE CHE DETERMINANO UNA RICEZIONE VANNO NUOVAMENTE RIVISTE

Stiamo vivendo in tempi dove oramai nemmeno la Nfl stessa sa esattamente che cosa sia una presa e che cosa non lo sia, dovendo di conseguenza affrontare la gravosa ondata polemica che ne consegue. L’episodio occorso a Kelvin Benjamin è solo l’ultimo in ordine cronologico ma si somma a tante differenti situazioni che stanno vivamente facendo discutere e pentire di aver dato tutta quell’autorità agli uffici di New York, ovvero quelli da dove si guardano centinaia di replay per aiutare l’arbitro in caso di dubbio.

Il fatto è che in questo preciso momento la Nfl sta difendendo l’indifendibile. Le azioni sospette vanno sempre valutate con un solo criterio, che è quello dell’evidenza, e spesso questo criterio non è stato rispettato da chi non è direttamente in campo a guardare l’azione. Un touchdown decretato come tale non dovrebbe essere rimesso in discussione solo perché un pallone si muove leggermente nelle mani del ricevitore, perché allora sarebbe il caso di ridefinire completamente il concetto di ricezione.

Controllo e movimento non sono la stessa cosa, ma la Nfl sta facendo in modo di convincere tutti del contrario. Una palla in leggero movimento può essere definita come controllata dal ricevitore per ottemperare a ciò che serve per completare una ricezione, assieme ai due piedi dentro al campo? Assolutamente sì, perché osservare poco percettibili spostamenti del pallone tra le mani quando è già stato eseguito tutto come da regole ed utilizzarli per determinare un cambio decisionale equivalente ad un incompleto semplicemente non hanno alcun tipo di coerenza, ed oltre a questo rischiano di pesare su aspetti importanti del campionato, come dimostra la ricezione tolta a Jesse James. L’apposito comitato, in primavera, avrà di che discutere.

8) PUR SENZA ALLARMISMI, GLI EAGLES OFFRONO DELLE PREOCCUPAZIONI

La domanda che tiene maggiormente banco in questo momento riguarda l’efficienza di Nick Foles, dalla quale passa tutto quanto di buono sono riusciti a realizzare gli Eagles in questa stagione. La difesa dei Raiders ha fornito un test molto impegnativo a tale proposito, soprattutto a seguito dei progressi fatti registrare dall’avvicendamento tra Ken Norton e John Pagano, conseguito in una generica ascesa di rendimento del reparto, ma non si tratta oin ogni caso di un reparto che farà la postseason.

Stavolta Foles non ha brillato, e le preoccupazioni non possono che aumentare in vista dei playoff, dove tutto sarà senza dubbio più serrato. Molto passa dalla capacità di Philadelphia di poter mettere in campo un gioco di corse più costante di quello visto contro Oakland, perché proprio quello è l’aiuto necessario per un quarterback chiaramente andato in difficoltà contro la pressione pur senza fare disastri. Il piano di gioco di Pederson non è stato proprio utile alla causa ed ha visto Foles lanciare per 38 volte contro le sole 21 corse tentate con una media di sole 3.7 yard per portata, e la sproporzione non è stata d’ausilio per un quarterback che ha di conseguenza dovuto forzare più del previsto con risultati prevedibili (19 completi, neanche 150 yard, un intercetto), sparando tantissimi lanci fuori misura.

Il primo problema da risolvere sarà senza dubbio quello delle conversioni di terzo down, ovvero il settore dove Carson Wentz aveva tirato fuori il maggior numero di conigli dal cilindro ottenendone giocate altamente elettrizzanti per i suoi compagni ed altrettanto frustranti per la difesa avversaria. Philadelphia ha invece chiuso la sfida contro i Raiders con un solo tentativo convertito su quattrodici, una statistica che non può portare molto lontano quando si gioca nel clima conservativo di gennaio. L’aspetto positivo è rappresentato dal fatto che c’è tempo per sistemare le cose dato che, a seed numero uno acquisito, Perderson potrà permettersi di far riposare molti titolari e poi arriverà la bye week, ma proiettare ipoteticamente gli Eagles odierni contro una difesa come quella dei Saints o dei Vikings non può non portare con sé qualche preoccupazione seria.

9) L’ANNO DEI CHARGERS SARA’ POSITIVO IN QUALSIASI CASO

Anche per i Chargers ogni decisione è rimandata all’ultimo turno di regular season, con un solo posto per i playoff da assegnarsi e tre squadre in diretta concorrenza. Ci sono numerosi motivi per ritenere in qualsiasi caso questa prima stagione losangelena più che positiva, per come ha risposto la squadra e per essere riuscita a trovare il giusto ritmo crescendo in maniera significativa nel corso del torneo, un segno che Anthony Lynn ha centrato il traguardo di tenere saldo lo spogliatoio in una situazione difficile, con un record privo di vittorie dopo un mese ed una situazione provvisoria, con la franchigia moralmente penalizzata dall’allontanamento da San Diego.

Per una squadra che ha costantemente giocato fuori casa le notizie positive non sono state poche, soprattutto commisurando tutte le difficoltà patite storicamente da alcune franchigie in situazione analoga ed osservando la negatività di più o meno tutti i risultati conseguiti. Lo 0-4 iniziale era probabilmente frutto dell’adattamento, della offseason passata dai giocatori e dallo staff a ri-organizzare la propria esistenza e le proprie famiglie, dal fatto di passare da un impianto pur modesto ad uno stadio utilizzato per il calcio in attesa che venisse costruita la loro nuova casa, lontana dai tanti fan di San Diego che hanno versato lacrime amare e spesso più fornito di tifosi avversari che non di casa.

Il prosieguo del campionato ci ha fatto conoscere i veri Chargers, quelli capaci di ricomporsi dopo che molti li avevano dati per spacciati, quelli del Philip Rivers firmatario di una stagione strepitosa nello stesso momento in cui l’ex collega di Draft Eli Manning sta cadendo precipitosamente con i Giants, del Melvin Gordon finalmente maturo per oltrepassare le 1.000 yard in carriera sancendo l’esistenza di un attacco completo, doppiamente minaccioso, di un Keenan Allen tornato in forma dopo gli infortuni ed ancora capace di fare la differenza. Una bella squadra, completa anche in difesa grazie al terribile tandem Bosa-Ingram che ha steso quarterback a volontà e del Casey Hayward che ha giocato facendosi riconoscere come uno dei migliori cornerback di quest’anno, francobollando qualcunque ricevitore passasse dalle sue parti.

Un potenziale disastro sarà trasformato, nella peggiore delle ipotesi, un 8-8. E per il carattere che hanno dimostrato i Chargers meriterebbero la qualificazione ai playoff più di tutte le loro dirette rivali. A domenica prossima per il verdetto finale, ma comunque vada la loro è stata una grande stagione.

10) I BROWNS SONO UFFICIALMENTE ON THE CLOCK

Sono riusciti nella loro impresa, nell’obiettivo prefissato di ottenere la prima scelta assoluta e quella redenzione per tutte le opportunità che si sono fatti sfuggire negli anni, ed ora che comandano loro i giochi del prossimo Draft l’unica cosa che non devono fare è sbagliare di nuovo. Un’impresa, lo sappiamo, dato che pur sempre si parla di un’organizzazione ai limiti del disastroso, anche se va pur sempre sottolineato che tutto questo meccanismo costa pur sempre una stagione al momento senza vittorie e con un’ultima possibilità di salvare il poco onore rimasto e togliere lo 0-16 dalle già nefaste prospettive.

L’ennesima sconfitta, in quella che poteva essere una partita abbastanza abbordabile contro i Bears, si è trasformata nella matematica certezza di possedere il peggior record della Lega centrando una delle poche missioni rimaste realizzabili per questa squadra. Ancora una volta i motivi ci sono, ed il record sopra citato non è un caso se si pensa all’estrema povertà dell’esecuzione. Contro Chicago – errori di Kizer a parte – la difesa si è vista annullare un touchdown su ritorno di Myles Garrett per un offside commesso da Carl Nassib, Rashard Higgins ha perso un pallone costosissimo nelle immediate vicinanze della endzone, Josh Gordon ha lasciato cadere a terra un’importante conversione di un terzo down. Giriamo il tutto e sarebbe potuta essere una partita vinta. Per quanto forte possa essere il giocatore che i Browns sceglieranno con la numero uno la prossima primavera, errori come quelli appena elencati non dovranno più essere accettati per una squadra che vuole davvero crescere.

I Browns si sono coperti di ridicolo a sufficienza, e non hanno fatto nulla per evitare di essere snobbati. 1-30 sotto Hue Jackson, prima squadra di sempre a confezionare due stagioni da 15 sconfitte ciascuna, ed ora – salvo che gli Steelers non mandino in campo tutta la practice squad – la prospettiva di raggiungere i leggendari Lions del 2008 e fare la storia al contrario. Il che porta ragazzi come Josh Rosen a dichiarare la propria incertezza nel rendersi eleggibili per il professionismo in un Draft con concreto pericolo di farsi scegliere da una franchigia dove oramai nessuno vorrebbe giocare.

La numero uno è al sicuro, ma ne è valsa la pena con la fama che ci si è costruiti attorno? La risposta non può essere che negativa.

10 thoughts on “Ten Weekly Lessons: Week 16

  1. Cam newton è senza dubbio un fuoriclasse. Peccato per quel sb perso, ma il futuro è dalla sua parte

    • Ha potenzialità che pochi altri QB hanno avuto nella storia della NFL: un braccio che è un cannone e delle gambe che farebbero invidia a buona parte dei RB nella lega. Ma personalmente ritengo abbia 1 limite che smorza queste potenzialità impressionanti: una fragilità mentale che lo fa passare rapidamente da una “dominanza” assoluta quando le cose girano bene ad un’incapacità sostanziale a rispondere alle difficoltà durante una partita. E la mia impressione è che più la posta in palio è alta più questa mancanza venga fuori

    • E invece secondo me prenderà tante batoste (compensate delle vagonate di milioni di dollari) perchè l’umiltà non si impara, e per un leader di uomini è più importante del talento. Wilson e Brees, per dirne due alti la metà, valgono il doppio. Il futuro è di Wentz, Goff, Watson e persino Garoppolo, infortunii permettendo.

    • Con il dovuto rispetto, Cam Newton resta un grande scrambler, ma non un grande QB. Dopo diversi anni, nei lanci e nelle selezioni dei target non è affatto migliorato. Mai raggiungerà a mio parere l’efficienza e l’accuratezza di un Brady, Brees, Rodgers o Roethlisberger. Certo, risolve tantissime partite con le sue corse e rappresenta effettivamente un’arma offensiva micidiale. Ma come QB non si è mai migliorato tanto e nei lanci, non fa la differenza.

      • Vero nn è al livello dei qb citati, ma tieni conto che non ha mai avuto dopo steve smith, wr e rb di un livello che invece altre squadre hanno.

      • Sottoscrivo in pieno Stefano. Ed i Broncos più degli altri hanno scoperto il suo punto debole.

    • Date a newton un wr tipo jones o un rb alla bell, cosa che lui nn ha mai avuto e poi vediamo che succede.

      • E’ vero che da tempo non abbia grandissimi ricevitori cui dare la palla, ma già solo tra lui e Russel Wilson (altro QB colored coi fiocchi) vedo passare un abisso. Io lo vedo molto più del vecchio MIchael Vick, ma molto meno anche solo del primo RG III (sia maledetto Shanahan per avergli distrutto la carriera). Resta comunque un’arma fenomenale perché di fatto è un halfback aggiunto, con un braccio comunque buono. Però i suoi big plays sono quasi dovuti a lanci…

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