1 – I Chiefs hanno vinto il primo round

broncos-chiefs-11272016-jl-244xSiamo quasi a dicembre, il che significa freddo nella maggior parte dei campi Nfl ed un numero di sfide di alta importanza in chiave playoff destinato ad aumentare da qui alla sedicesima giornata di regular season. Il primo capitolo della supersfida tra Kansas City e Denver è stato per larghi tratti noioso salvo accendersi d’un tratto al supplementare, regalando al pubblico una delle partite dell’anno per come si sono svolti i fatti.

La partita ha senza dubbio rispecchiato la sua natura prevista, quella di scontro tra due compagini con forti credenziali post-season, allestite con ottime difese ed attacchi poco esplosivi, ulteriormente frenati dalla qualità della posta in palio. La Afc West è ultra-competitiva ed ha la possibilità concreta di spedire tre delle quattro appartenenti a giocare nel mese di gennaio, ed il vantaggio per chi portava a casa questa sfida ad alto voltaggio era quello di spezzare una situazione di parità di classifica divisionale che a fine anno potrebbe avere tutta la rilevanza del mondo.

Alla fine dei giochi Trevor Siemian ha disputato una partita complessivamente migliore di Alex Smith arrivando a doppiare il rivale divisionale per yard lanciate e facendo registrare ben tre passaggi vincenti grazie ad un secondo tempo in netta crescita, ma il punteggio ha mostrato tutt’altro rispetto a questo grosso disavanzo statistico. Il riscaldamento dei motori offensivi è arrivato con un pò di ritardo per Denver, che non ha approfittato della solita e maiuscola prova della difesa contro Smith ed un gioco di corse imbrigliato, ed ha certamente sofferto per la non tempestiva sostituzione del tackle Ty Sambrailo, completamente fuori giri contro un Justin Houston indemoniato.

Piccole mosse che fanno grosse differenze, se calcoliamo che i Chiefs hanno portato a casa i primi nove punti della gara senza contributo alcuno del loro reparto offensivo, cui si aggiunge la beffa dell’esito di un tempo supplementare nel quale Gary Kubiak ha comunque tentato il tutto per tutto solo per ritrovarsi affossato dalla conclusione decisiva di Cairo Santos, un clamoroso palo interno che ha sancito una sconfitta rimediabile, ma comunque dolorosa.

Fortuna o meno, i Chiefs sono comunque rimasti in partita anche in questo difficile confronto in trasferta, segnato dalle scorribande di Von Miller e dall’efficienza di Siemian nei secondi trenta minuti di gioco. Il primo round è loro, per la seconda parte ci si vede in una sera di Natale che, contrariamente al meteo, sarà caldissima, ma intanto hanno dimostrato che nelle occasioni n cui conta esserci, loro sono presenti.

2 – I Lions non mollano la presa

Sarà per l’abitudine sviluppata nel vedere Detroit perennemente nei bassifondi della Lega, sarà per il precoce ritiro di Calvin Johnson e per altri innumerevoli fattori, ma con tutta sincerità non avremmo mai pensato di vedere i Lions al top del loro gruppo in questo momento decisivo della stagione. Vero, ci sono alcune coincidenze favorevoli che giocano a favore del team della Motor City e le potremmo facilmente individuare in una rara annata nera dei Packers e nella totale precarietà offensiva dei Vikings in quest’anno orfano di Peterson e Bridgewater, ma va dato credito ai Lions per il loro continuare a vincere partite sul filo di lana senza mai esaurire la speranza di farcela.

E’ stato un giorno del ringraziamento speciale per i fan di Detroit, con tanto di epilogo ad effetto (conclusione di Prater allo scadere per vincere), una cosa assai rara da queste parti per una squadra che in questa giornata di scorpacciate le ha quasi sempre prese di sacrosanta ragione facendo da pungiball per chiunque venisse a sfogarsi in quel del Ford Field. I meriti dei Lions sono tanti, ma il vero punto focale della vicenda va secondo noi individuato nella maturazione offensiva e nella miglior gestione delle risorse a disposizione. E’ molto indicativo il come Matthew Stafford stia rendendo al massimo in una stagione dove non arriverà a toccare nemmeno da vicino le migliori prestazioni statistiche di carriera, il che sta a significare che i numeri non raccontano sempre tutto e che l’efficienza stia sempre al di sopra di ogni cosa.

Sono finiti i tempi dei superlanci a Johnson in doppia o tripla copertura, dei mega-guadagni istantanei o dei touchdown spettacolari. La squadra è più concreta nella gestione della partita, aggredisce quando conta farlo seppure detenga i suoi chiari limiti che tendenzialmente la escludono da una corsa troppo profonda in caso di eventuale qualificazione ai playoff, l’attacco è molto squilibrato perché si lancia e basta (il gioco di corse in alcune domeniche è inesistente…), con la differenza che il meccanismo funziona ugualmente. Stafford ha finalmente perfezionato le progressioni delle letture, coinvolge un numero straordinario di ricevitori rispetto al passato (e Golden Tate ha fatto un grande passo avanti in termini di puntualità e responsabilità) e non ultimo la difesa sta incassando solamente 17 punti a partita nelle ultime cinque uscite, un altro passo da gigante effettuato a stagione in corso.

Sono sempre quelli che hanno perso contro i Bears ad inizio anno, e se conoscete il totale di vittorie di Chicago in questo sgraziato anno questo dovrebbe suggerirvi qualcosa, ma non bisogna mai giudicare una squadra o una stagione da una partita, ma dal momento di forma in cui ci si trova nel momento di fare i conti seriamente. Ed i Lions in forma in questo momento lo sono.

3 – Jeff Fisher ha perso lo spogliatoio dei Rams

jeff-fisherCi viene da presumere questo, perché altrimenti troveremmo molto difficile pensare di poter trovare una spiegazione logica alla debacle di New Orleans. I Rams sono tutto ed il contrario di tutto. Fino a questo momento la squadra era stata sorretta dalla difesa, e non ci riferiamo certo al numero di vittorie ottenute quando diciamo la parola sorretta, ma ci riferiamo al fatto che Los Angeles fosse rimasta spesso in gara per esclusivi meriti difensivi.

Ora la situazione si è addirittura invertita, segnalando che più di qualcuno ha mollato. E così capita anche che il destino di prenda gioco dei Rams, del loro trasloco e giochi alla faccia del mercato bilionario del quale Stan Kroenke vuol far parte dopo aver privato la meritevole città di St. Louis di una franchigia Nfl. Come? Permettendo a Jared Goff, alla sua seconda uscita di sempre da titolare, di giocare la miglior partita possibile (3 mete ed un intercetto) dando linfa vitale ad un attacco altrimenti moribondo, solo per assistere ad uno spettacolo difensivo penoso, fatto di 49 punti subìti, big play ai limiti della vergogna (Mark Ingram dev’essersi divertito un mondo…) ed un gioco-trucco che ha permesso al wide receiver Willie Snead completare un passaggio da touchdown di 50 yard travestendosi da quarterback per una sola azione.

Se l’inizio era stato disastroso, tanto da allungarvi un promemoria del come i Rams siano ad oggi l’unica squadra capace di farsi battere dai Niners di quest’anno (28-0, ricordate?) il prosieguo pare ancora peggiore e destinato ad un’altra scelta alta. Meglio che l’organizzazione tenga bene a mente che non basta far parlare bene di sè un paio di volte all’anno grazie alle perenni difficoltà in cui i Rams fanno incappare i Seahawks in ogni recente stagione, battere Seattle una o due volte per campionato non serve assolutamente a nulla, se non a passare un lunedì più soddisfacente di un altro.

Forse Kroenke, più che cambiare città, dovrebbe cambiare coaching staff e cariche dirigenziali, visti i risultati.

4 – Kirk Cousins merita un contratto a lungo termine

Sembra una telenovela che pare non finire mai, oggi Kirk Cousins non è adatto a rivestire il ruolo di franchise quarterback nella Nfl, domani diventa con estrema puntualità un condottiero in grado di far competere i Redskins per i playoff, una parola tabù nella Capitale giusto per utilizzare un eufemismo.

I fatti però ci dicono questo, ed anche se le prime prove stagionali dell’ex Michigan State avevano fatto piovere copiose critiche sul suo franchise tag da 19 milioni di dollari e possibili contrattazioni future, oggi ci ritroviamo a dover ammettere che le recenti uscite del capitano Kirk hanno fatto ricredere noi e centinaia di altri addetti ai lavori ben più titolati di noi sull’argomento. Il braccio di Cousins è il motivo per cui Washington è rimasta in gara contro Dallas data l’assenza pressoché totale di un gioco di corse altrimenti molto produttivo, i big play stanno fioccando e la maturazione tecnica del quarterback è oramai fuori discussione, così come la capacità di non commettere più errori sciocchi in situazioni troppo delicate.

Con questo non vogliamo sostenere che Cousins sia per certo un franchise quarterback, perché non possiamo calcolare materialmente gli effetti di un nuovo contratto sulla sua voglia di riscatto verso il mondo, un qualcosa che sicuramente verrà a mancare una volta rimepito il conto in banca. Non è un suo demerito, è fisiologico, perché di lui si parla comunque molto bene, lavora costantemente per imparare e migliorare gli aspetti del suo gioco. Vogliamo solamente dire che se da cinque partite consecutive non si scende sotto il 67% di completi, se il rating supera il punteggio di 100 in quattro delle ultime cinque apparizioni, e se da metà ottobre si sono rimediati solo due intercetti, allora significa che in questa Lega c’è spazio anche per un Cousins titolare di un nuovo pluriennale.

In fondo è pur sempre la stessa che ha visto titolari registi come Keenum e Gabbert, no?

5 – Seahawks, urgono rimedi offensivi immediati

wilson-sackStessa identica frase di un’edizione di inizio stagione, vero? Se siamo costretti a ripeterci la colpa non è altro che dei Seahawks, i quali sono riusciti a far crollare un mondo di certezze nel giro di sessanta minuti di football mal giocato. D’altro canto, non è questa la prima volta in cui il reparto offensivo orchestrato dall’eroico Russell Wilson non riesce a segnare lo straccio di una meta contro una squadra non irresisitibile, era già accaduto in precedenza contro Rams e Cardinals, debacle che rende persino impensabili vittorie come quella contro i Patriots, e trasforma i Seahawks in una questione difficilmente comprensibile.

Abbiamo sempre a che vedere con una difesa incredibilmente efficiente che può permettersi di intimidire chiunque ed a qualsiasi livello, ma dov’è il limite in cui un reparto da solo può permettersi il lusso di trascinare da sè un’intera squadra? E’ questa la domanda che più di ogni altra starà affollando le notti insonni di un Pete Carroll chiamato a dare risposte e possibilmente farle pervenire prima di subito. Fosse stato un passo falso isolato non creeremmo così tanti allarmismi, ma dato che i campioni dell’inefficienza offensiva forniti dagli ‘Hawks non sono certo rara cosa in questo campionato, qualche preoccupazione c’è.

Gli aspetti che abbiamo compreso sono fondamentalmente due: il primo riguarda la protezione di Russell Wilson, vicina all’inadeguato ed evidenziante tutte le lacune di un fronte offensivo che domenica ha schierato ben tre matricole con risultati assai negativi in termini di pressione subìta, in secondo luogo manca sempre quel gioco di corse così fondamentale per far funzionare il giochino a dovere, fornito da un backfield assai scosso dalla lunga assenza di un Thomas Rawls che non sembra ancora poter incidere su una gara come sarebbe nelle sue possibilità, e che vive delle conseguenze dell’ennesimo taglio di Christine Michael, una testa mal abitata che forniva però la miglior soluzione in termini di fisicità e continuità.

Wilson fa già abbastanza nelle condizioni in cui è, ed è poco appuntabile anche a seguito dei due intercetti rimediati domenica contro Tampa Bay. Il fatto è che ci sembra sempre più solo, sempre più costretto a tirar fuori il coniglio dal cilindro. Non è detto che vada sempre dritta…

6 – Marcell Dareus è tornato, ma resta sotto osservazione

I Bills dipendono fortemente ed innegabilmente da LeSean McCoy, ma pure la difesa possiede una colonna portante in grado di spostare gli equilibri di una gara grazie alle sue prestazioni di qualità. Di Marcell Dareus c’eravamo quasi dimenticati per tutte le turbolenze che la sua vita ha trasmesso di recente, partendo da un 2015 ampiamente sotto il par a seguito della milionaria inchiostrata lasciata sul nuovo contratto, passando per la seconda squalifica per uso di sostanze non consentite dalla Lega, e terminando con l’infortunio all’inguine che lo ha perseguitato fino a poche settimane fa.

Tanti dubbi per un investimento tra i più pesanti di tutto il roster, da cui ci si attende un ritorno adeguato in termini di prestazioni sul campo. Dareus sta rispondendo presente ora che la salute gli permette di giocare al meglio delle sue possibilità, ed il fatto che abbia più sack che partite giocate fino a questo istante ci racconta molto sull’impatto dato dal suo ritorno sul fronte difensivo di Buffalo, che ora può tranquillamente tornare ad essere temuto da tutti. Il forte defensive tackle, la cui maestosa prestazione contro Jacksonville è parzialmente passata in secondo piano a causa di altri ottimi performer difensivi di giornata come Miller, Mack e Houston, deve tuttavia preoccuparsi di riuscire a lasciare il passato alle spalle e dimostrare di non essersi adagiato sui 95 milioni che i Bills gli hanno concesso ipotecando parte del loro futuro, sicuri di avere per le mani un talento unico ma pure consci che se il giocatore non dovesse tornare ai livelli dei primi quattro anni o se dovesse ricevere qualche altra sospensione il taglio diverrebbe inevitabile.

Dareus è pesante, in tutti sensi, sia di stazza che per gravame sul cap. Sta camminando su un filo molto sottile, ma se non altro ha ricominciato molto bene il suo percorso.

7 – Pittsburgh e Baltimore: non è finita

E’ una corsa alla pari, un duello all’ultimo placcaggio, chiamatelo come desiderate ma il concetto non cambia, seguire la battaglia che due arci-rivali come quelle sopra menzionate stanno mettendo in atto a distanza è davvero entusiasmante. Complice una striscia negativa di quattro gare nel mezzo del campionato da parte dei Ravens, Big Ben e compagni hanno potuto assorbire con tranquillità infortuni e cattivi risultati tenendo botta in un segmento di partite che in altri scenari avrebbe potuto già decretare la fine delle speranze playoff per una franchigia tra le più costanti della storia recente.

Il gioco delle Division rende tutto più strano e forse anche facile, basti pensare che la posta in palio per chi vince la Afc North è attualmente il terzo seed della Conference, una posizione impensabile per due squadre che hanno vissuto i loro rispettivi momenti bui (e non è detto che non siano finiti) e che devono misurarsi con compagini come New England nel raffronto comparativo che tutti i power ranking usano porre in atto. Ambedue le squadre hanno finora dato impressioni inverse l’una rispetto all’altra, Baltimore può ancora rendersi soffocante in difesa in singola gara impedendo a chiunque di accendere troppo il tabellone, ma in attacco i progressi sperati dopo l’insediamento di Marty Mornhinweg non sono poi stati così evidenti, mentre a Pittsburgh in difesa si fatica parecchio nel contenimento, in particolar modo in fase aerea, ed ora che Roethlisberger è in salute l’attacco è tornato a pieni giri.

Mantenendo i ritmi attuali lo scenario potrebbe anche proporre una penultima settimana di regular season elettrica, in caso di ipotetica parità di bilancio la rivalità si infuocherebbe proprio nel giorno di Natale, ed il regalo sotto l’albero sarebbe un posto nei playoff. Gli Steelers non si sono perduti d’animo ed hanno recuperato il piccolo svantaggio in classifica, i Ravens hanno dalla loro parte il fatto di aver vinto la prima gara tra le due compagini, ma l’epilogo stagionale tra le rivali potrebbe essere completamente diverso, perché completamente differenti sono le condizioni fisiche degli Steelers.

L’attesa sale già ora…

8 – Le quotazioni degli Eagles sono calate

wentz_1Di certo c’è che la considerazione degli addetti ai lavori nei confronti degli Eagles sono drasticamente mutate rispetto all’inizio dell’anno, dove il sorprendente 3-0 con cui la squadra di Doug Perderson aveva cominciato il proprio cammino aveva riacceso le speranze per una rapida crescita di un nucleo giovane. Infortuni ed inesperienza hanno certamente giocato un ruolo determinante per quello che oggi è un bilancio in negativo, e che vede Philadelphia sconfitta in sei delle ultime otto uscite.

Non sappiamo quale sia la vera identità degli Eagles, crediamo però che il rush finale potrà dare delle indicazioni ben precise in merito e che la squadra sia in ogni caso ben posizionata per avere successo nell’immediato futuro, seppur dovendo aggiustare la profondità ed il talento in alcune posizioni-chiave del’attacco. Serve a poco paragonare Carson Wentz a Goff o a Prescott, giusto per allineare dei giocatori con lo stesso tipo di esperienza rendendo il paragone quantomeno credibile, perché troppi sono i fattori che entrano in gioco dovendo fare una valutazione del genere. Il tracollo non è certo responsabilità di un Wentz che a nostro parere ha già fatto molto rispetto a quello che era in programma facesse al suo primo anno Nfl, dopo aver preso il posto di titolare così in fretta e così inaspettatamente.

Laddove Prescott è sollevato dalla presenza della miglior linea offensiva del football odierno e da un running back ultra-produttivo, e laddove Goff non ha un numero sufficiente di partite giocate per essere giudicato appieno, Wentz si è invece trovato gettato nella mischia in una situazione critica, privo di un ricevitore totalmente affidabile con la sola probabile esclusione di Jordan Matthews e senza un gioco di corse così costante da far pensare di poter portare palla a lungo durante una qualsiasi partita. Tanta incredulità c’era nel vederlo vincere senza commettere turnover nelle prime tre partite giocate in assoluto, altrettanta coscienza c’è ora del fatto che prima o poi, con poco talento attorno, lo scotto avrebbe presentato il suo conto.

Se non altro è rimasto del tempo per permettere a Pederson di poter effettuare un bilancio più preciso del suo primo anno in sella e c’è la prospettiva di altre tre partite divisionali (Phila è 0-3 nella Nfc East) per capire tante cose. Gli Eagles sono stati rimessi al loro posto corretto, quello di squadra in crescita ma non ancora pronta per le grandi potenze, anche se l’impressione resta che presto diventeranno molto più competitivi di così. Nonostante si necessiti di aggiunte notevoli, di materiale buono ce n’è già parecchio.

9 – Con Kaepernick c’è speranza

C’è speranza, magari non di vincere un numero esagerato di partite, ma di rimettere quantomeno in sesto un attacco improduttivo sì. A San Francisco ci sono così tanti problemi da risolvere che nemmeno si sa da dove cominciare, ma se non altro Kaepernick ha dato una scossa positiva al reparto offensivo fornendo tracce del giocatore che era stato in precedenza, un quarterback capace di far produrre il gioco di passaggi e di percorrere parecchie yard anche con le proprie gambe.

Non c’è nessun segreto da svelare, c’è solo da pensare al potenzialmente facile abbinamento che tutti agli addetti ai lavori avevano composto tra gli schemi di Chip Kelly e le qualità di Kaepernick, già responsabile del guidare un attacco ad alto ritmo di snap e con concetti di zone-read in quel di Nevada, dove faceva girare la Pistol Offense di coach Chris Ault. Tralasciando le motivazioni che hanno poi portato Gabbert ad essere promosso da titolare, le quali risiedono nelle opinioni che lo staff riesce a farsi durante il training camp e le gare di preseason, il recente re-inserimento di Kap non lascia spazio a dubbi, ed i progressi compiuti dal suo ritorno in campo accertano che lo sposalizio può funzionare.

Nell’ultimo mese di gioco Kaepernick ha mostrato evidenti segnali di agio nel portare i concetti di Kelly ad essere eseguiti sul campo. Nelle quattro partite più recenti la media di yard guadagnate su passaggio è stata di poco superiore a 277, sono arrivati otto passaggi da touchdown a fronte di soli due intercetti, ed il quarterback rating è risultato essere di 96 punti, il tutto senza considerare le 55 yard a gara che Colin ha prodotto su corsa.

L’audizione continua, e forse il tempo del numero sette a San Francisco non terminerà necessariamente con questa stagione. Stiamo a vedere.

10 – I Jaguars sono da offensivamente ristrutturare

ap_16329601328449Un’altra stagione è andata gettata nel nulla più assoluto, in Florida non sembrano comprendere che competere ogni anno per il premio sbagliato (in questo caso una posizione di scelta tra le prime cinque) può alienare chi di pazienza ne ha avuta sin troppa. Non crediamo che un’altra vittoria o due possano salvare coach Gus Bradley dall’essere il primo licenziamento di questa stagione perché vincere 14 partite in tre anni e mezzo non è un risultato accettabile, e Bradley ha goduto di troppe opportunità senza costruire nulla, al contrario di un Mularkey (che qualche rivincita ai Titans se l’è presa…) silurato dopo una sola stagione (2012, record 2-14) e che avrebbe meritato almeno un’altra chance.

Se la difesa ha mostrato progressi interessanti, con l’eccezione dell’ultima prova contro i Bills dove i big play sono fioccati, l’attacco è totalmente fermo a due anni fa. Il Draft ha cercato di attrezzare il reparto in ogni posizione possibile, ma i risultati non sono semplicemente pervenuti. Ogni anno ci si ritrova a questo punto della stagione a parlare di come Blake Bortles abbia mostrato dei segni di progresso sempre nel momento stesso in cui il campionato è già andato perso, comprendendo una volta in più che la squadra è lontanissima dall’essere competitiva, e non è più molto chiara la risposta al quesito che ci si pone da quando Bortles è stato scelto, avvero se sia proprio lui ciò che serve in prospettiva futura.

Potrebbe essere ancora una volta una situazione di attesa della maturazione definitiva, ma i 16 turnover commessi quest’anno ed i 10 intercetti di carriera presi da un difensore e trasformati in sei punti dal lato sbagliato del campo non sono grandi statistiche per comporre il proprio biglietto da visita. Non sempre Bortles è responsabile di tutto, ci mancherebbe, perché le cifre non dicono quante volte un ricevitore ha fatto cadere un possibile touchdown a terra o ha procurato lui stesso un intercetto alzando l’ovale in maniera inopportuna, ma l’attacco dei Jaguars ci sembra un qualcosa che necessiti di ripartire da zero.

Il processo decisionale deve migliorare, e serve urgentemente un running back produttivo che il roster in questo momento non possiede.

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