1 – Clutch Delivery 1: David Carr

1580839_1280x720I Raiders stanno finalmente sbocciando in una bellissima realtà dopo anni di oblio forzato da scelte dirigenziali non sempre appaganti e secoli di salary cap intasato. Durante l’ultimo decennio e briciole non era certo la norma tagliare il traguardo della mezza stagione con sei vittorie nel corso delle prime otto partite, ed anche se c’è ancora moltissimo da combattere in una Afc West che non si presumeva potesse essere così competitiva, la parola playoff potrebbe trasformarsi in un fatto concreto.

Tra le migliori qualità dei Raiders c’è di sicuro la capacità di reazione, domenica non si è persa la calma nonostante il 10-0 iniziale, attacco e difesa hanno lavorato in sintonia per rimettere in piedi una situazione protrattasi al supplementare, alla fine del quale David Carr è emerso come il nuovo detentore del record di franchigia per yard passate in singola partita, toccando quota 513 e condendo il suo operato con quattro passaggi da touchdown, tutto quello che la dirigenza sognava dal momento stesso in cui chiamò il suo nome al secondo round del Draft 2014.

I Raiders hanno distrutto Tampa Bay sotto il profilo delle yard offensive collezionandone ben 626, roba da malore istantaneo per qualsiasi defensive coordinator professionista, guadagnando un vantaggio di 498 a 168 (!) per le sole yard su passaggio. Ma la cosa più importante è che Carr ha mostrato una maturazione intrigante, dirigendo il drive del pareggio terminato con la meta per il tight end Mychal Rivera a meno di due minuti dal termine, mettendo poi in condizione Sebastian Janikowski di tentare (e sbagliare) i due field goal della possibile vittoria. La quale è stata semplicemente rimandata e maturata attraverso la coraggiosa chiamata di Jack Del Rio, che con un quarto down è andato alla conversione alla mano fidandosi del suo quarterback, che l’ha ripagato con una meta di 41 yard per Seth Roberts.

Forse è un pò presto per chiamarlo franchise quarterback, però David Carr assomiglia tanto ad una risposta a lunghissimo termine per una squadra che nel suo ruolo ha vissuto disastri inenarrabili sin da quando Rich Gannon ha appeso casco e paraspalle al chiodo.

2 – Clutch Delivery 2: Dak Prescott

Prescott è la dimostrazione vivente che le statistiche nel football non potranno mai raccontare tutta la verità. Non ha giocato la migliore delle partite nel Sunday Night contro Philadelphia, anzi, si potrebbe tranquillamente discutere sul fatto che mai nella sua breve carriera il rookie sia stato messo in difficoltà in maniera così seria. Concludere una partita con il 48% di completi non è mai un buon segno per un quarterback, ma quello che conta davvero è quello che riesce a mettere in campo (con sole sei partite di esperienza alle spalle prima di domenica) nel momento in cui tutta la squadra ha bisogno di lui per portare a casa la vittoria.

Dopo un assedio durato tutta la serata, merito dell’ottima verve del front seven degli Eagles e della pressione intelligentemente costruita da Jim Schwartz, i Cowboys hanno cominciato il quarto periodo sotto di dieci punti in una gara che si era assai complicata per ambedue gli attacchi dato che il lavoro, per i punter, non è certo mancato. Prescott non ha sfruttato tutte le occasioni di cui aveva in precedenza disposto per creare un big play – con la sola eccezione di un completo di 53 yard nel primo quarto per il rientrante Dez Bryant – spesso la connessione con i ricevitori è andata fuori fase ed in molte occasioni non è stato cercato a sufficienza Cole Beasley, spesso smarcato ed in grado di guadagnare un potenziale primo down.

Una partita tutto sommato negativa ha completamente voltato faccia quando tutto si è deciso, con Dallas assolutamente bisognosa di una meta per portare a pari il punteggio ed il cronometro a scandire il suo incedere in maniera sempre più pressante, proprio la migliore delle situazioni per testare l’efficienza del proprio quarterback-matricola. Prescott ha completato dei passaggi fondamentali in un drive che aveva visto una galoppata di Elliott di ben 63 yard annullata per una penalità del centro Travis Frederick, suggellando il tutto con una pennellata di 22 yard per il redivivo Bryant, per poi infilare un 6/6 nell’unica serie di giochi dell’overtime permettendo a Jason Garrett di andare per la giugulare, chiamando uno schema molto ben eseguito nel quale l’agilità di Dak è risultata determinante, trovando Jason Witten indisturbato per il touchdown della vittoria.

Sono partite preziose anche quelle brutte, permettono di capire tante cose e di migliorarsi ulteriormente. Se poi durante queste stesse partite si mantiene intatta una striscia giunta a sei vittorie consecutive guidando la corsa-playoff della Nfc, allora tutto è di guadagnato.

3 – Il futuro di Jamaal Charles è nebuloso

kansascitychiefsvstlouisramsfuhwfchla2-lC’eravamo insospettiti nel vedere un numero così basso di portate per Jamaal Charles al suo debutto ufficiale, arrivato dopo settimane di cautela troppo estrema. Il che poteva solamente corrispondere alla coscienza da parte del coaching staff che quel crociato rotto nell’ottobre 2015 non era stato completamente recuperato, e che il giocatore aveva evidentemente sofferto troppi problemi conseguenti alla riabilitazione per poter rischiare un numero di portate eccessivo. Il suo inserimento in injured reserve non fa che confermare tutti i timori riguardanti l’argomento.

Charles potrebbe benissimo aver giocato l’ultima azione della sua carriera con l’uniforme dei Chiefs, che come ogni altra franchigia starà attenta al lato business della faccenda guardando ai costi futuri per il mantenimento del roster, e crediamo possano già aver compreso ora che l’ex running back della Texas University non possa fare al caso loro, sia per quanto gli sarà dovuto fino al termine del suo contratto (valido per tutto il 2017), sia perchè i dolori al ginocchio operato non cessano e saranno oggetto di controllo da parte del famoso Dottor James Andrews, luminare del legamento crociato, il che estenderà l’inattività di Charles ben oltre la fine del campionato.

A conti fatti saranno praticamente due anni persi, con Jamaal prossimo al raggiungimento dei trent’anni. Un’età che non depone certo a favore di nessun running back sano che non si chiami Adrian Peterson, figuriamoci per uno non completamente in salute. I Chiefs, con Ware e West, sono attrezzati per voltare pagina, l’augurio è che Charles possa trovare posto al training camp di una squadra qualsiasi, una realtà durissima ma molto concreta, che fa parte del gioco che tanto amiamo.

4 – Carolina non ci sta

Lo diciamo da settimane, sarà una rincorsa lunga, ma i campioni in carica della Nfc non hanno nessuna voglia di rinunciare ad una rimonta possibile fino a che la matematica non dirà il contrario. La sonante affermazione contro dei Cardinals loro stessi impegnati ad uscire da una crisi indesiderata ci racconta molto delle ambizioni dei Panthers, perché il 30-20 finale non rende l’effettiva idea di quanto Cam Newton e compagni abbiano effettivamente dominato l’incontro.

Si è tornati alla vecchia ricetta della Carolina vincente, capace di imporsi con un gioco di corse efficace, una difesa iper-aggressiva, permettendo a Cam Newton di non doversi sobbarcare degli straordinari che possono indurre all’errore. Il rientro in campo di Jonathan Stewart è una vera e propria manna dal cielo e se il suo stato di salute è un qualcosa di calcolabile dalle mete prodotte (4 in due partite) allora si è a cavallo, e la risposta della difesa alle numerose critiche è arrivata con la pass rush, fino a questo momento abbastanza invisibile ma capace domenica di stendere Carson Palmer in ben otto occasioni. Il reparto difensivo ha così tenuto al coperto, almeno per il primo tempo, le lacune delle retrovie trovando pure il modo di forzare due fumble, riportarne uno in meta (Thomas Davis), e soprattutto eseguire un’impresa che di questi tempi è assolutamente titanica, ovvero tenere David Johnson a 24 yard totali su corsa, sua peggior statistica di tutta la presente stagione.

Senza scrivere numeri eclatanti rispetto agli avversari, tenuto pure conto di un tempo di possesso sostanzialmente in pareggio, i Panthers hanno dominato sin da principio una rivale di Conference che come loro aveva bisogno di una vittoria come l’acqua nel deserto, potendosi permettere di gestire tutto il secondo tempo e subìre due mete del tutto prive di significato. Come ai bei tempi.

5 – Licenziare l’offensive coordinator non è una moda

Ai Bills la mossa ha portato immediati dividendi soprattutto al gioco di corse, perlomeno fino a quando l’ennesima circostanza negativa della recente e sfigata storia di Buffalo non ha fatto infortunare Shady McCoy, a Baltimore ci permettiamo di nutrire dei dubbi perché l’efficenza del gioco aereo non è migliorata poi così tanto, a Jacksonville mah, chissà se davvero era quello uno degli innumerevoli problemi che i Jaguars devono affrontare quest’anno.

Stiamo parlando della moda del cambio al volo di offensive coordinator, una decisione delicata, che normalmente si esegue a fine stagione per non alterare troppo gli equilibri di squadra e per non mettere troppo in difficoltà i giocatori nell’esecuzione di determinate filosofie offensive. Farlo quando l’ha deciso Rex Ryan può avere un senso, la stagione non era praticamente partita e ci sarebbe stato tutto il tempo necessario per la digestione del cambio, farlo a metà anno nel corso dell’ennesima stagione perdente significa solo illudere la proprietà di aver trovato la soluzione a tutto quando invece si è trovato un semplice ago in un pagliaio.

Certo, se si guardano le statistiche è facile additare al reparto offensivo il grosso delle responsabilità di quello che si sta conformando come un altro fallimento di Jacksonville, dove il nuovo ultimo posto in Division pare una realtà sempre più concreta, d’altro canto il miglior corridore è Blake Bortles e con questo abbiamo detto tutto, il backfield non ha una sola opzione affidabile nonostante l’acquisizione di Chris Ivory, uno che ai Jets il suo l’aveva fatto (evidentemente con un altro tipo di linea offensiva…) ed il buon Blake continua a mantenere una media intercetti superiore all’uno ad apparizione, il che non lascia spazio a drive in grado di macinare punti come si dovrebbe e si potrebbe, visto che a tratti i Jags ci riescono anche.

Gus Bradley può sentirsi autorizzato a modificare il suo staff come e quando lo desidera, ci mancherebbe, ma il prossimo nome sulla lista, stando così le cose, potrebbe essere il suo.

6 – Ai Saints è rimasto qualcosa di magico

110115-nfl-saints-drew-brees-pi-ssm-vadapt-664-high-85Per una squadra che aveva iniziato la sua avventura 2016 con uno 0-3 pieno di sconforto c’è di che essere soddisfatti, dato che la caotica situazione playoff della Nfc odierna permette a tantissime squadre di nutrire speranze per il prosieguo dell’anno. Chi aveva dato i Saints per spacciati troppo presto si è visto recapitare presso la cassetta postale una serie di 3 vittorie a fronte di un solo passo falso nelle ultime quattro uscite, ed il bilancio potrebbe arrivare per la prima volta in pareggio con il prossimo confronto, che vedrà Brees e compagni opposti a San Francisco.

L’affermazione contro i Seahawks, oltre a fornire una vittoria di prestigio per i tempi che corrono data la precaria situazione difensiva di New Orleans, salta all’occhio per come è maturata. A poco è servito il miglior attacco aereo della Lega, d’altro canto di fronte c’era pur sempre la difesa di Seattle – e con questa affermazione crediamo di non dovere ulteriori spiegazioni rispetto a ciò che è già conosciuto – certo che pensare ai Saints vittoriosi in queste circostanze senza l’ausilio della loro migliore arma non può che incuriosire molto.

Brees alla fine ha registrato dei numeri normali (per lui), 265 yard ed una meta su passaggio, mentre il gioco di corse, uno dei peggiori della Nfl, è stato la letterale chiave per il successo. Un reparto messo così alla fame tanto da presentare il fullback John Kuhn quale autore del 50% delle mete su corsa di squadra, ha virato la propria fede su Tim Hightower, che si è rivelato essere il primo Saint in grado di superare le 100 yard in singola partita durante questa stagione, statistica che la racconta lunga sulla mancanza di equilibrio offensivo. I Saints hanno percorso la strada dello sfinimento ed hanno avuto ragione con Hightower, il meno atteso dei protagonisti dopo essere stato letteralmente ripreso dalla strada lo scorso anno, a sfiancare la difesa di Seattle nel quarto periodo.

I quattro field goal di Lutz sono un indicatore di quanto New Orleans abbia faticato a trovare la strada per la endzone, se non altro la controparte nero-oro ha reso pan per focaccia a Russell Wilson concedendo una sola meta e tenendo a bada un gioco di corse in calo dopo le belle prestazioni delle prime settimane. Il 25-20 finale è stato acquisito non prima di soffrire per l’ultima azione, un passaggio ricevuto fuori dall’area di meta da parte di Jermaine Kearse a tempo scaduto, ma questa vittoria ci suggerisce che l’aura magica ogni tanto si fa ancora sentire nel buon vecchio Superdome, e tende a giocare brutti scherzetti anche ad ospiti illustri.

7 – Non è l’anno dei kicker

Una settimana fa stavamo discutendo su queste righe di come una partita di football potesse terminare 6-6 dopo ben cinque quarti di gioco, ed ora ci chiediamo da dove mai spuntino fuori due pareggi in settimane consecutive quando questi ultimi in Nfl sono sempre stati una rarità assoluta. Presto detto: è colpa dei kicker.

Ricordate le (dis)avventure di Chandler Catanzaro e Steven Haushcka, che hanno battagliato a suon di field goal errati da distanze non proibitive per contribuire a creare il risultato di cui sopra? Bene, le sfortune dei calciatori di ovali sono continuate questa settimana a Londra, terreno neutrale dove si sono scontrati Redskins e Bengals, protagonisti di una gara equilibrata per la quale risoluzione si è dovuti arrivare il tempo supplementare. Proprio in overtime, dopo tredici infruttuosi minuti a livello offensivo ed a seguito di un drive partito dalle 22 yard dei Redskins, Dustin Hopkins ha fallito il tentativo di 34 yard che avrebbe immediatamente rispedito le squadre negli spogliatoi, dando luogo ad un risultato che in termini di classifica non è utile a nessuna delle due compagini.

Più tardi nella giornata ci avrebbe provato anche Sebastian Janikowski, autore di due conclusioni mancate nell’ennesima gara che rischiava di terminare patta, ma l’audacia di Jack Del Rio, evidentemente stanco di perdere occasioni a causa del pur venerabile kicker polacco, ha risolto la questione positivamente evitando un caso più unico che raro: due pareggi in un solo turno e tre in due settimane sarebbero stati troppo per chiunque.

8 – I Vikings sono ufficialmente in crisi

hi-res-456889167-center-john-sullivan-of-the-minnesota-vikings-prepares_crop_northLa situazione si è letteralmente trasformata per la Cenerentola Minnesota, quella che un tempo era l’orgoglio di tutta la Nfl a quota 5-0 senza alcuni pezzi determinanti per i meccanismi offensivi. Oggi ad appesantire il tutto ci si mettono le dimissioni volontarie di Norv Turner, offensive coordinator che ha citato la parola differenze quale motivazione della sua improvvisa ed inattesa decisione ma che potrebbe nascondere benissimo dell’altro, fatto sta che la nuova realtà che andrà affrontata sarà d’ora in poi traghettata da Pat Shurmur, promosso dopo aver servito la franchigia in qualità di qb coach, ed il quale aveva già lavorato con Sam Bradford a Philadelphia.

Restano da determinare le possibili conseguenze morali su una stagione che si è evidentemente inceppata. Non ci voleva una sconfitta nel Monday Night contro una squadra sulla carta inferiore come Chicago, dato che il rientro di Jay Cutler non si pensava potesse scaturire effetti benefici se non altro perché contro le difese davvero forti la tendenza all’errore era sempre emersa con una certa costanza. Con Cutler, Jeffery e Howard a far funzionare a dovere l’attacco di Chicago è rimasto poco da fare, le lacune offensive dei Vikings sono emerse ancora una volta e la linea offensiva è stata l’oggetto delle maggiori critiche oramai per la terza settimana consecutiva, elargendo altri 5 sack ad un conto che continua a proseguire pericolosamente verso l’alto.

Doveroso sottolineare che Minnie era priva di Jeremy McKinnon, elemento prezioso per alimentare il gioco di corse ed ennesimo infortunio con cui fare i conti, e che il solo Asiata difficilmente avrebbe potuto fare meglio delle 3.2 yard per portata con cui ha terminato la gara, ma l’abbandono forzato del rushing game ha così moltiplicato le possibilità di pass rush per i Bears, che hanno così banchettato sopra ciò che rimane di un front five in perenne difficoltà.

9 – Rex Ryan non riesce ad aver ragione dei Patriots

Il ghigno di Rex Ryan si dev’essere in qualche modo ritirato una volta che il cronometro della partita contro i Patriots ha scandito il triplo zero, sancendo l’ennesima distruzione dell’avversario di turno da parte di Tom Brady e soci. Niente sweep stagionale come gli ottimisti cominciavano a credere, niente sorpresone all’interno di una Division che New England domina in solitaria da tempo immemore, rendendo persino noioso l’esercizio di svolgere un qualsiasi tipo di pronostico. Alla fine è rimasta solo una statistica a fare storia, ovvero la ventiseiesima vittoria in carriera di Brady contro i Bills, che ancora una volta si sono fatti ricordare in negativo.

Ryan dovrebbe sentirsi preso in giro, crediamo, perché anche stavolta Belichick è stato spietato nell’attuare il piano di gioco di domenica. Contro una delle peggiori difese contro le corse i Patriots hanno utilizzato pochissimo LeGarrette Blount, fermo a 18 portate per 43 yard ed una meta, distruggendo la tredicesima difesa aerea per yard concesse con 315 yard e 4 passaggi vincenti, quando nelle cinque precedenti uscite (record parziale di 4-1) la media passiva di Buffalo era stata di appena 211.

Conversioni di terzo down pro-New England? 9/13. Punti concessi nei primi cinque possessi della partita? 27. Ricordi del 16-0 pro Bills a Foxboro? Cancellati. La Afc East non si può toccare, è proprietà dei Pats.

10 – I Falcons hanno i pezzi giusti per una lunga corsa

201610301834668759114-p2-vadapt-980-high-1Abbiamo più volte sottolineato di come, limitando un’arma offensiva dei Falcons, ne spunti immediatamente fuori un’altra in grado di fare ugualmente male alle difese. Il concetto è tornato d’attualità anche contro Green Bay, circostanza nella quale Atlanta ha ottenuto una vittoria cruciale per il quadro playoff della Nfc, battendo i Packers con un touchdown in situazione di rimonta negli ultimi spiccioli di partita. Non è servito tenere la museruola a Julio Jones per tutto il secondo tempo, una vera impresa considerate le pesanti assenze nelle secondarie di Green Bay, perché il classico passo avanti stavolta l’ha fatto Mohamed Sanu, autore di cinque prese per 50 yard nel drive decisivo, ivi comprendendo la presa che ha deciso la partita.

Questo ci fa pensare che i Falcons possiedano un potenziale di altissima caratura, perché se la difesa dovesse reggere mantenendo alto il livello della pass rush attuale ci troveremmo sempre di fronte ad un attacco pluri-dimensionale, capace di mettere qualsiasi strategia difensiva in crisi, costringendola semplicemente a scegliere il male minore. Una squadra limitata non vince con Julio Jones fermo a 29 yard e Devonta Freeman a quota 35. Atlanta ha una sua rilevante importanza nella corsa ai playoff della Nfc perché porta a casa il successo anche senza le superstar e lo fa pure nelle partite a stretto scarto di punteggio dopo aver imparato la dura lezione digerita contro San Diego (sconfitta dopo aver condotto di 17). Non dimentichiamo che se gli arbitri qualche settimana fa avessero visto la chiara interferenza di Richard Sherman contro Jones forse i Falcons avrebbero una vittoria in più, e staremmo tutti a ricordare un’altra rimonta del glaciale Matt Ryan.

Sono i tratti di una squadra matura per vincere.

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