Forse siamo noiosi, anzi sicuramente siamo noiosi, ma ancora una volta ci troviamo a parlare dei Patriots in ottica championship. Ma è inevitabile e la colpa non è nostra. La colpa va ascritta a sua maestà Bill Belichick e all’organizzazione che è in grado di creare

E’ un discorso che ripetiamo già da tempo, ma negli ultimi anni è diventato palese. Dopo l’ultimo anello conquistato è partita la classica fuga di giocatori a rincorrere contratti milionari e quella difesa tanto decisiva è scomparsa. 

Di conseguenza sono iniziate tutte le speculazioni su come avrebbero fatto senza tutte quelli pedine che tanto hanno dato nell’anno del Super Bowling e su quanto Brady, ormai vecchio, avrebbe dovuto sopperire a queste mancanze. Il risultato è stato un squadra arrivata fino alla finale di conference che si è dovuta arrendere solo a una difesa monstre che forse non si è mai vista nella storia. Mi scuseranno i fan dei Chicago ’86.

Poi, dopo essere usciti a tanto così dall’ennesimo superbowl, quest’anno si sono ritrovati senza il proprio capitano e regista Brady. A causa di una delle più buffonesche diatribe della storia recente Brady ha dovuto scontare 4 giornate di squalifica. 

Lo si sapeva da un po’ e l’estate dei rotocalchi è stata piena di Garoppolo di qua, Garoppolo di là, sarà pronto, non sarà pronto e bla bla bla… Anche noi, io stesso, siamo caduti della trappola ma già quest’estate noi abbiamo spostato l’attenzione da Garoppolo a quello che lo circondava, facendo in particolare attenzione alle varie scelte offensive che si andavano creando e provando a ipotizzare alcune delle soluzioni.

 Quelle soluzioni ci sono state tutte e anche di più al punto che i Patriots sono stati competitivi anche con il terzo qb, quando obbligato a subentrare all’infortunato Jimmy, e Brady si è presentato al ritorno lanciando più di 400 yard.

In pochi si ricordano dello shutout subito in casa nenache un mese fa ad opera dei Bills, e a oggi non sembra minimamente un campanello di allarme, ma sembra più una di quelle storie da raccontare davanti al camino che cominciano con: “ti ricordi quella volta che…”. 

Gira e rigira quindi la mano di Belichick è ormai come quella del pittore con la propria tela. I Patriots hanno un’organizzazione tale per cui i singoli quasi si annullanno per fare spazio al gruppo e riescono così a dare molto più di quanto potrebbero se presi singolarmente.

 Il classico l’unione fa la forza, ma se poi i singoli sono gente come Brady e Gronk allora l’unione diventa davvero una forza difficilmente battibile. Con Brady di nuovo in cabina di regia nella tasca non è un caso che Gronkowski abbia ricominciato a segnare in maniera continuativa.

Finchè Brady e Belichick saranno insieme i Patriots dovranno obbligatoriamente essere messi tra i potenziali vincitori, in più quest’anno ci sono almeno altri 5 motivi.

 Uno di questi lo abbiamo già anticipato quest’estate, ovvero la coppia di TE Rob Gronkowski e Martellus Bennet.

 Gronk è il migliore nella sua posizione e forse siamo di fronte al migliore della storia in questa posizione, Bennett è stata un’acquisizione strategica perchè con due giocatori capaci di essere determinanti nell’uno contro uno contro tanti, tantissimi difensori di questa lega, schierarli insieme obbliga chiunque a spostare gli equilibri in maniera determinante. Se i Pats riusciranno in maniera continuativa a schierarli entrambi sarà davvero difficile rallentare questo attacco.

Un altro elemento fondamentale anche era stato portato in evidenza in estate e si è confermato: i miglioramenti della linea offensiva

Al di là dei miglioramenti tecnici e delle prestazioni in campo questo punto è indicativo per far capire perchè i Patriots sono una franchigia tanto vincente. In off-season è stata fatta un’analisi molto lucida e oggettiva della situazione, è stato individuato un colpevole senza cercare attenuanti e la società ha spalleggiato il capo allenatore nel cercare una soluzione. 

Questo mostra una grande capacità di azione da parte del coach e della franchigia che, anche spietatamente, mettono a posto quello che c’è da sistemare. Un’atteggiamento duro, che ha creato e continua a creare numerose antipatie ma che porta risultati nell’immediato. 

Tutto questo non può non fare affidamento su una totale fiducia tra le varie parti. In una organizzazione simile ci si astrae da sé stessi per affidarsi alle mani di qualcun’altro che è in grado di esaltarci. Lo fanno i giocatori col proprio coach e il coaching staff lo fa con la società, la quale a sua volta depone fiducia totale nei giocatori. Un circolo virtuoso.

Un terzo elemento determinante è l’esperienza: i Pats hanno creato una dinastia, una mentalità vincente. Non è una cosa da sottovalutare perchè è quell’elemento che può far la differenza nelle partite punto a punto, che serve a gennaio e che può darti quel qualcosa in più che tante squadre attrezzatissime magari non hanno. Una specie di x-factor impalpabile che c’è e si sente.

Quarto, ma non meno importate elemento, è una difesa migliorata nonostante la trade di Jones

Il reparto sta dimostrando di non rimpiangere il 2015 e forse neanche il 2014. Hightower e Collins stanno dando il meglio, la secondaria è migliorata gradualmente dopo il reboot post superbowl, ma è soprattutto nella linea che si vedono le cose migliori anche perchè dopo aver perso Jones era, sulla carta, la posizione più debole. Knighton e Long non saranno (più) d’elite, ma inseriti in una organizzazione da dove non si esce possono davvero i Patriots a vincere un altro anello.

E non bisogna neanche dimenticare Blount. Le sue corse sono un altro importante elemento che sposta non pochi equilibri perchè se riesci a schierare un rb che ad ogni corsa guadagna yard allora tutto è più facile per i lanci, e se i lanci li fa Brady, ti ritrovi con il 37% di possessi portati in end zone, uno ogni tre.

A Buffalo spetta dimostrare che l’unica sconfitta non è stato un caso e possono far vedere a tutti qual è la strada per fermare Brady e impedirgli di vincere l’ennesima division. Ma possono farlo davvero?

One thought on “I Pats sono da titolo, ancora?

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