La squadra del momento della National Football League sono esattamente loro: gli insospettabili Minnesota Vikings.

minnesota-dIn un mondo che in materia di infortuni non perdona, è necessario essere attrezzati. I Vikings sono vincenti perché si sono preparati ad affrontare grandi avversità costruendo un roster compatto e profondo, nel quale il sostituto detiene la stessa identica importanza del titolare ed è pronto a subentrarvi senza che l’efficienza del risultato venga a mancare. I fatti dicono questo, e Mike Zimmer questa squadra l’ha organizzata proprio in questo modo, ed ecco che nonostante le catastrofi occorse nei dintorni di Minneapolis, anziché trovare le classiche scuse i Vikes stanno annientando una squadra dopo l’altra puntando tutto sulle migliori qualità che la squadra riesce a mettere in campo. E le avversarie, fino a questo momento, non sono certo state le Cenerentole del campionato, per cui il pur illibato record va addirittura soppesato con una metodologia differente, ed il risultato è dieci volte più sorprendente che non in condizioni di normalità.

Che Minnie fosse in procinto di sbocciare in una delle realtà più affascinanti della Nfc non era certo una novità, in fondo lo spessore dell’organizzazione ha sopperito già in passato ad assenze pesanti o alla generica mancanza di talento offensivo cristallino, perché quando il sistema funziona ed ognuno è pienamente convinto della perfezione con cui deve eseguire il proprio compito, metà del percorso è già fatto. Il football americano è una disciplina composta da troppe variabili per poter essere calcolata in maniera scientifica, ad ogni azione può accadere qualcosa di grave data la natura brutale dello sport, la mancanza di chimica di squadra può sfasciare anche la più grande sommatoria di talenti sovvertendo i pronostici, e ci sono così tanti ruoli che necessitano di giocatori competenti che un solo piccolo buco può creare problemi insostenibili.

A Minneapolis nessuno si è dato per vinto davanti alla sfortuna, magari hanno ritenuto opportuno pensare che per ogni porta chiusa se ne può sempre aprire un’altra. Ma il fattore che ci sembra preponderante rispetto agli altri si chiama Mike Zimmer. Anzitutto un allenatore preparatissimo, con un curriculum da assistente che tra college e professionisti vanta quasi quarant’anni d’esperienza sulla linea laterale, un grande e sottovalutato stratega difensivo che per la maggior parte della carriera da coordinatore ha portato ogni suo reparto nei quartieri alti della Lega per efficienza difensiva. Dallas e Cincinnati sono le fermate più importanti, ed ora il terzo anno ai Vikings con il lavoro che ogni assistente sogna, quello di capo allenatore, con dei risultati che ci evidenziano un solo particolare: la nave, il buon Mike, l’ha raddrizzata sul serio.

diggsDi certo non si è mai posto troppe preoccupazioni, sapendo che stava costruendo in silenzio una squadra troppo buona per non diventare una futura protagonista dei playoff. Nessuna pressione dal dover gestire gli errori della precedente gestione (Christian Ponder valutato un primo giro…), né tantomeno dal trovarsi costretto ad affrontare la stagione da rookie senza il giocatore-simbolo della squadra, Adrian Peterson, fermato dal braccio violento della legge – Roger Goodell – per tutto il campionato. Quella di Zimmer è una scalata basata sul progresso annuo, per poi puntare alla stabilizzazione di un ciclo vincente cercando di massimizzare il numero di stagioni alla portata di un Super Bowl prima della chiusura della classica finestra, che ci sembra molto da vicino il programma in corso in questo preciso momento a Minneapolis.

I Vikings, va detto, erano già un anno fa una compagine in grado di assumersi il ruolo di outsider durante gli scorsi playoff, autori com’erano stati di una regular season solidissima (11-5) e per come avevano affrontato a viso più che aperto i sempre temibili Seahawks nel gelo dello stadio della Minnesota University, la loro casa temporanea fino alla conclusione della realizzazione del loro nuovo e scintillante impianto di gioco. Sui libri di storia resterà sempre scritta l’eliminazione alla Wild Card, che corsa profonda esattamente non è, ma chiunque abbia visto quella partita sa che, senza quell’erroraccio del kicker Blair Walsh, sarebbe stata Seattle a fare le valigie anzitempo.

La costante di queste due annate e un quarto è sempre stata la difesa, per la quale in questo momento sono terminati gli aggettivi positivi. In stagione i Vikings debbono ancora concedere più di 20 punti in singola gara, ed hanno affrontato Aaron Rodgers, Cam Newton ed Eli Manning, tre quarterback da Super Bowl, in occasioni consecutive. Tantissima pressione, tantissima aggressività. Zimmer, la sua 4-3, l’ha sempre fatta funzionare secondo questi concetti, ed in questi primi anni d’esperienza nel Minnesota ha preso ottime decisioni assieme al GM Rick Spielman, scegliendo i giocatori giusti per il suo sistema fregandosene delle valutazioni degli scout e delle proiezioni. Basti pensare alla tornata di scelte del 2015, ai primi tre round: Trae Waynes, Eric Kendricks, Danielle Hunter, ovvero uno dei defensive back maggiormente in crescita del momento, un linebacker agile e scattante, in grado di coprire pure i ricevitori, ed uno dei giovani uomini di linea più esplosivi del momento. Le colonne del presente prese in un sol colpo, ma anche di quel futuro vincente che in questo momento sembra più chiaro di ogni altra cosa nel panorama Nfl. E non dimentichiamo che quel presente comprende pure gente come Everson Griffen, Linval Joseph e Xavier Rhodes.

pi-nfl-eric-kendricks-vresize-1200-675-high-58Si vince così, cancellando totalmente o quasi Kelvin Benjamin e Odell Beckham dal campo. Portando pressione al quarterback, chiunque esso sia, limitando la capacità di movimento di Cam Newton, snaturando il gioco naturale dei Panthers mietitori costanti di vittime un anno fa, frustrando Eli Manning senza mai concedergli di entrare in ritmo per tutta una partita, facendo venire il mal di testa ad Aaron Rodgers perchè sa già che due volte l’anno non potrà tirar fuori i suoi numeri di magia d’alta scuola. I Baltimore Ravens del 2000 ed i Denver Broncos dell’edizione più recente hanno evidentemente lasciato lezioni interessanti su cui Zimmer ha certamente preso nota.

L’attacco dei Vikings, difatti, non lo confonderebbe nessuno con quello dei Patriots, dato che si trova negli ultimi posti della Nfl per yard prodotte sia su lancio che su corsa, ma il discorso va spostato sulla gestione della partita, e qui la storia si fa leggermente diversa. La difesa inizia sempre forte, l’attacco ha il tempo di ingranare e combinare qualcosa, crearsi un vantaggio interessante, che in seguito può essere gestito grazie all’aggressività della pass rush e all’attenzione nelle coperture. Sam Bradford sta giocando un football concreto e pulito, usufruendo di un sistema molto efficiente nel medio-corto che gli permette, di tanto in tanto, l’esplorazione di qualche mismatch in singola copertura in profondità, laddove Charles Johnson e Stefon Diggs hanno fatto veramente male alle difese. Kyle Rudolph, se resta in salute, è un bersaglio più che affidabile e può trasformare gli esiti dei drive nelle ultime 20 yard, e Jerick McKinnon è pronto a sfruttare questa nuova assenza di Peterson, ritagliandosi un pezzo di futuro quando All Day deciderà di averne avuto abbastanza.

sam-bradfordQuella dei Vikings non da confondersi con la classica partenza generata da un calendario agevole. Affrontare il primo quarto di campionato in queste condizioni, con un quarterback che dal duplice infortunio al ginocchio non è stato che merce di scambio, un ricevitore primario giunto dal quinto round del Draft, il secondario approdato in Nfl a seguito di una tortuosa strada partita da Grand Valley State, ed il tackle sinistro completamente privo di esperienza e gettato subito nella mischia per l’ennesimo infortunio grave (TJ Clemmings gioca al posto di Matt Kalil), un avvio di 4-0 era quanto più di impronosticabile ci potesse essere.

Eppure, qualcosa continua a dirci che la visione di Mike Zimmer è sempre stata questa, al di là del cambio dei fattori che stanno governando questo inizio di stagione. E, al di là di come finirà questo campionato, qualcosa ci dice pure che la sua permanenza nella sideline dei Vikings sarà lunga e vincente.

Con un acume tattico superiore alla media ed una gestione organizzativa attenta come quella già in atto, non c’è motivo perché questo non accada.

 

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