Bruce Arians, the man with the plan

Bruce Arians, the man with the plan

Guardi Bruce Arians portare quell’espressione a volte imperturbabile, e non sai che lui ha già chiaro tutto il programma che porta al Super Bowl, gli basta riuscire a metterlo in atto per qualche altra settimana. E’ un uomo che sta vivendo il suo momento magico, lo stesso che stava sognando un anno fa prima che l’infortunio al crociato di Carson Palmer gli togliesse ogni speranza di raggiungere la terra promessa. Sembrava tutto a posto, ogni meccanismo ruotava a meraviglia, ma senza un backup di talento per il posto più importante ricoperto dei ventidue disponibili tra attacco e difesa non si va lontano. I fatti non mentono. La storia nemmeno. E i Cardinals, nonostante tratti di dominanza e la positiva cocciutaggine del loro head coach nel pensare che avrebbero vinto anche senza Palmer, di strada alla fine non ne hanno fatta tanta.

Ma sono tornati quest’anno, sicuri di loro stessi.

Un’inalterata consistenza difensiva, costruita con l’aiuto di concetti che esaltano la versatilità degli elementi e trovano protagonisti sempre diversi, posizionamenti difficili da comprendere per chi deve leggere lo schieramento pre-snap, abilità dei singoli nell’effettuare le giocate che fanno la differenza, siano esse un fumble forzato al momento giusto o un touchdown difensivo divenuto uno dei marchi di fabbrica del team. Ed una differenza, bella grossa, data da uno spessore offensivo che negli anni precedenti Arizona non ha mai posseduto, un perfezionamento che vede Carson Palmer in perfetta salute al momento giusto dell’anno ed abbastanza sorprendentemente in corsa per il titolo di Most Valuable Player della NFL, firmatario a trentasei anni di quello che è di gran lunga il miglior football della sua vita professionistica, 4.542 yard e 34 passaggi da touchdown, massimi di carriera anche se il campionato non è ancora finito.

Carson Palmer

Carson Palmer, una stagione da Mvp a trentasei anni

E’ lui che spinge i bottoni giusti per organizzare e gestire un attacco che con una partita ancora rimasta per terminare la regular season potrebbe arrivare a superare i 500 punti stagionali, e che grazie alla sua oramai profonda conoscenza delle difese avversarie ha dato un fortissimo contributo nel portare Arizona al primo posto per punti, yard complessive, primi down ottenuti e per yard ottenute per passaggio al netto di sack, quest’ultimo indice anche dell’eccellente protezione che le sue preziose ginocchia hanno ricevuto per tutto l’anno. Tutto quello che Arians aveva visto prima degli altri si sta violentemente concretizzando in questo preciso momento, è una tempesta offensiva che deriva da una sagacia tattica avanzata, dall’amore incondizionato per il passaggio lungo nell’era delle option, ma anche dalla delusione patita durante una scorsa annata nella quale i Cardinals avevano davvero toccato il cielo con un dito solo per trovarsi costretti ad abbandonare quella dolce sensazione.

E’ stata una regular season di scoperte e riscoperte.

Larry Fitzgerald è riuscito a prendersi gioco di chi gli aveva dato del vecchietto e che oggi sogna di prendersi una personale rivincita rincorrendo di nuovo quel titolo che gli era sfuggito già una volta per una mera questione di secondi e di centimetri (ricordare Big Ben e Santonio Holmes deve fare ancora male…) nel medesimo campionato che gli ha regalato un’enorme soddisfazione personale, quella del superamento della barriera delle 1.000 ricezioni in carriera, un numero raggiungibile solamente da pochissimi eletti. L’equilibrio che mancava a questo reparto, fondamentale per costruire una stagione vincente, è stato garantito da un protagonista insospettabile come Chris Johnson, che ha dato al rushing game di Arizona quella visione e fisicità di cui avevano bisogno e che da anni cercavano sprecando una scelta dopo l’altra in cerca della nuova promessa, che sembrano stavolta aver trovato nell’altro Johnson, David, il quale da quando il collega titolare è stato appiedato da una tibia fratturata è diventato una delle maggiori risorse offensive, un produttore di yard in grado di rispecchiare alla perfezione la filosofia del next man up, una profondità qualitativa che tutte le franchigie miranti al titolo devono avere.

La potenza di David Johnson

La potenza di David Johnson

Così come già avevano pescato un prospetto come John Brown (958 yard e 7 mete mentre scriviamo) al terzo giro del Draft 2014 andandosi a fare un po’ di scouting in quel di Pittsburgh State mentre il ragazzo passava sotto il radar di tante altre franchigie, Arians e colleghi sono andati a prendersi parte della soluzione ai loro costanti problemi con le corse rivolgendosi a Northern Iowa, l’università di provenienza di David Johnson, un toro con due gambe rapidissime in grado di stendere avversari con il contatto come di metterli a terra con una finta e conseguente accelerazione, una letale combinazione di caratteristiche che lo ha visto spargere terrore nelle ultime quattro difese affrontate, cui ha inflitto 104 yard di media su corsa e 45 su ricezione, dotando queste cifre di 5 mete complessive. D’un tratto, sono davvero pochi a ricordarsi della presenza di Andre Ellington, un giocatore che ha spesso rivestito il ruolo di univoca speranza per il backfield solo per ritrovarsi perennemente infortunato di squadra, dimostrando, quando in salute, di non essere il running back adatto a tutte le situazioni di cui i suoi datori di lavoro avevano disperato bisogno.

La miglior stagione regolare mai registrata nella lunghissima storia della franchigia (mai, nella sua esistenza condivisa tra Chicago, St. Louis e Phoenix la squadra aveva ottenuto 13 vittorie stagionali) poggia le sue basi su una difesa che avrà perso un coordinatore di talento – Todd Bowles – ma che ha mantenuto tutta la cattiveria agonistica di cui era stata attrezzata anche un anno fa, un reparto coeso, capace di comunicare con efficacia, di portare enorme pressione e recuperare palloni come se piovesse, meglio se con annessa gita in meta. I Cardinals non hanno paura di aver perso tutto il loro talento con l’infortunio che ha tolto di scena Tyrann Mathieu, perché il roster nel tempo ha coltivato ottimi giocatori in grado di ruotare a seconda delle situazioni, e quindi di subentrare mantenendo intatti tutti gli equilibri di reparto.

Deone Bucannon (n. 36) è uno che picchia duro...

Deone Bucannon (n. 36) è uno che picchia duro…

Nessuna squadra può difatti vantare una secondaria ricca di alternative come questa, peraltro allenata utilizzando forte enfasi nel rendere ogni intervento un possibile possesso recuperato, un territorio dove nessun avversario deve sentirsi a suo agio con il pallone tra le mani. Deone Bucannon, Rashad Johnson, Tony Jefferson sono tutti nomi che la massa non conosce come quello del grande Patrick Peterson, ma un occhio rapido alle statistiche di squadra fa comprendere che da questo trio di ragazzi sottovalutati è responsabile di sei fumble forzati e cinque recuperati, sono difensori che volano letteralmente addosso all’attaccante cercando di arrecare il maggior danno possibile, e questa è la mentalità che viene chiesto loro di mantenere in ogni singola giocata. E loro eseguono, sapendo che l’utilità per il bene comune è sempre superiore alla notorietà del singolo, e che è proprio questo il percorso che porta dritto al Super Bowl.

La pressione porta all’attenzione un nome sempre diverso. I 34 sack messi a segno saranno anche buoni solamente per un posizionamento medio nella speciale classifica NFL, ma la questione è un’altra. In troppi hanno depennato Calais Campbell dai migliori pass rusher che si possono trovare in giro per il basso numero di sack, pur sapendo che quel settore non rappresenta certo completamente un defensive end da allineamento 3-4. Qualcuno ha riso quando Arians ha tirato fuori dalla naftalina Dwight Freeney, che oggi conduce la squadra con sette atterramenti del quarterback nonostante un utilizzo più che limitato. Ciò che davvero conta è la forza corale del reparto, un nucleo che è il secondo migliore di tutta la Lega nel far terminare un drive avversario con un turnover, una difesa da top ten per yard e punti concessi sia per i passaggi che per le corse, un conglomerato che quando batte fa davvero male, ed è spietato nel convertire le situazioni a proprio favore.

Ora, tutta l’attenzione è rivolta nei confronti dei Cardinals, che sono innegabilmente tra le squadre più in forma della NFL. O meglio, lo sono da quando è cominciato il campionato, ed hanno nel frattempo sbagliato pochissimo. Con i Panthers non più perfetti ed esposti da Saints, Giants e Falcons a lacune difensive che lasciano qualche dubbio, Arizona è diventata la squadra del momento nella NFC, a maggior ragione dopo aver archiviato la pratica Packers – non gli ultimi arrivati – con un +30 di differenziale ed un maltrattamento tanto brutale quanto dominante verso Aaron Rodgers e compagni, un’impresa che un numero davvero esiguo di compagini possono pensare di eguagliare.

E così, i presupposti per fare qualcosa di grande stavolta ci sono tutti. Sarà un cammino durissimo, perché i playoff ci hanno spesso abituati a ribaltoni nei pronostici ed improbabili corse da parte di squadre qualificate per un soffio, ma gli Arizona Cardinals saranno tostissimi per chiunque avrà la sfortuna di incontrarli. Il piano esisteva già, e questa volta si sta realizzando settimana sopo settimana. Bruce Arians attende solo che la visione che aveva avuto nei suoi solitari pensieri diventi realtà.

Potrebbe essere la volta buona.

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