Finalmente è cominciato. Supposizioni e previsioni se ne vanno tutti da una parte a starsene per conto loro, ora c’è il football NFL giocato a dettare il ritmo delle giornate di chi aspetta per tanto tempo e con grande affezione la ripresa delle operazioni a seguito di attese tanto lunghe quanto comprensibili, dato che per darci nuove emozioni questi gladiatori avranno pure il diritto di riprendersi da fatiche estreme ed infortuni assortiti.

Va bene la preseason (anche se necessiterebbe di una bella rasoiata, almeno di un paio di partite), va bene il dvd della partita vecchia, va bene tutto, ma nulla è come la nuova stagione quando finalmente comincia.

GettyImages-487641290.0New England Patriots contro Pittsburgh Steelers, campioni in carica in campo non solo sotto la pioggia del fido Gillette Stadium contro un’altra delle franchigie più titolate di sempre, ma pure contro le vecchie malefatte, presunte o comprovate che siano, soli contro il mondo, nemmeno sfiorati dai chiacchiericci esterni, quasi Bill Belichick avesse costruito ad arte una sorta di bunker per le menti dei suoi giocatori, immune a qualsiasi evento che vada al di fuori del proprio spogliatoio. E’ ricominciata così la nuova stagione del massimo campionato del football americano, se vogliamo in maniera grottesca ma allo stesso tempo esaltante, perché da un lato ci sono i risvolti di una storia che spinge per apporre appresso ai titoli conseguiti dalla franchigia di patron Kraft una sorta di asterisco permanente, ma dall’altro fa assistere con una certa impotenza alla rabbia cieca di Tom Brady, che ha giocato il suo esordio esattamente come doveva disputarlo, carico di rabbia repressa per dei sospetti che alla fine dei conti non hanno portato da nessuna parte se non al rovinargli la reputazione. Almeno fino a questo momento.

rob-gronkowski-vs-steelers-625-x-352Quella di New England è e sarà una storia eterna contornata di trofei più che meritati, dubbi e malefatte. I trofei, quelli che giocatori storici come Ty Law, Troy Brown e Willie McGinest portavano fuori dal tunnel prima dell’inizio delle ostilità; i dubbi, quelli sollevati da Mike Tomlin e da tantissimi altri, con la differenza che il coach degli Steelers si è sorbito per gran parte del primo tempo la telecronaca della partita anziché un silenzio assoluto invece di poter parlare con i suoi giocatori ed assistenti sollevando nuove perplessità su presunti sabotaggi ad hoc delle linee comunicative degli avversari; malefatte, perché quello che è stato fatto ai tempi dello Spygate è stato provato ed è collegabile con tante altre circostanze sospette, il che continua a gettare ombre su dei tronfi che una squadra di tale potenza può ottenere tranquillamente senza necessitare di scorciatoie, dato l’ammasso di talento e l’oculata gestione amministrativa di cui la società ha goduto e continua a godere in questi suoi tempi vincenti.

Guardi i Patriots con un occhio critico e sospettoso un minuto, ma nell’istante successivo ti hanno già ripulito il cervello da qualsiasi pensiero cattivo, perché sanno semplicemente giocare a football meglio degli altri. E basta.

Questo è il messaggio che ci arriva da un opener dominato al di là dei soli sette punti di distacco nel punteggio finale, dove un touchdown degli Steelers è arrivato a qualche secondo dal triplo zero solo per rendere più leggera la pillola, ed a seguito di un primo tempo dove le difficoltà vissute dalla squadra dell’acciaio sono state numerose, insabbiando una prova offensiva complessivamente incolore nonostante le 351 yard su passaggio di Big Ben e le 127 inaspettate yard accumulate da DeAngelo Williams in sostituzione dello squalificato Le’Veon Bell, una prova che nei primi trenta minuti di gioco ha visto un solo field goal a segno nonostante la produzione offensiva (colpa anche del kicker Josh Scobee, che ha mandato a lato due conclusioni facendo pentire tutti di aver spedito un settimo giro così alla leggera a Jacksonville), e che ha evidenziato la difficoltà di dover transitare dalla possente difesa di Troy Polamalu e Dick LeBeau a quella odierna, colma di punti di domanda sottolineati da un’evidente difficoltà nella comunicazione in campo tra i defensive back, uno dei temi portanti della gara.

Tom Brady in campo non ci doveva nemmeno essere, Rob Gronkowski era stato cautamente incellofanato per tutta la pre-stagione onde evitare di fargli fare la stessa fine di un Jordy Nelson qualunque. Ma i mattatori della gara sono stati proprio loro due.

usa-today-7531065.0Pazienza se Rob Ninkovich e compagni hanno fallito spesso nel contenere le sgroppate di un Williams da 6 yard per portata facendosi imbrigliare all’interno degli schemi di bloccaggio della linea offensiva. Pazienza se l’attacco ci ha messo un po’ ad ingranare togliendosi ben presto la ruggine di dosso. Pazienza se LeGarrette Blount è squalificato e non è potuto scendere in campo. I Patriots sono parsi invincibili in questa prima di campionato, in possesso di tutte le armi giuste per poter cavalcare a lungo al di là di telecamere e palloni sgonfi. Se non ti sai organizzare come si deve e se non sai valutare il talento come Bill Belichick non trovi un Dion Lewis fermo da due anni che ti fa da running back titolare e se ne esce con un centinaio abbondante di yard tra corse e ricezioni fuori dal backfield. Non trovi un Julian Edelman scartato da tutti che si trasforma nel tuo ricevitore primario, in grado in quel di giovedì di trasformare in oro alcune situazioni di terzo down con degli istinti pazzeschi per il corretto percorso della traccia. Se poi oltre a questo si possiede anche uno scherzo della natura come Rob Gronkowski, che senza un ritmo partita adeguato scrive nei libri di storia tre mete con la stessa facilità che ha nel divertirsi ad uno dei suoi famosi party, allora il discorso potrebbe farsi particolarmente duro per qualsiasi avversario decidesse di mettere il bastone tra le ruote ad una squadra che farà di tutto per vendicarsi dall’infamia con cui è stata etichettata per tutta la stagione ferma.

Dovevano essere quattro giornate di squalifica. E invece sono stati quattro passaggi da touchdown.

Che i giochi abbiano inizio.

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