Durante la nottata italiana ha avuto luogo il primo giro di scelte del Draft Nfl, un evento di livello mediatico così importante da creare spasmodiche attese anche a bocce ferme. Il futuro di questi ragazzi interessa tantissimo, e da più angoli. La Lega cerca le sue stelle future, le franchigie organizzano il loro presente progettando contemporaneamente il loro futuro a lungo termine, i tifosi coltivano una serie di nuove speranze, che saranno prontamente confermate o disilluse una volta che il campionato avrà inizio. Vediamo quali sono stati i temi principali di questa prima serata.

Addio New York, benvenuta Chicago

usa-today-8544525.0Ancor prima di cominciare a parlare di futuri giocatori, a guardarlo questo Draft aveva qualcosa di…poco familiare. Ovvio, lo spostamento del luogo che ospita l’evento era stato annunciato da tempo, ma l’impatto visivo privo degli stacchi sugli esterni sulla Radio City Music Hall e sui grattacieli di Manhattan ha se non altro regalato una sensazione bizzarra. La famosa Hall aveva fatto da contorno alle ultime sei edizioni delle scelte Nfl, mentre la città di New York, nella sua storia, aveva ospitato “solamente” 50 edizioni di Draft. A Chicago il tutto si è svolto e si svolgerà in un teatro più piccolo, gestendo in contemporanea due differenti locazioni: la prima il teatro stesso, all’interno del quale Roger Goodell ha effettuato le chiamate e dato la canonica stretta di mano con foto di rito ai prospetti presenti sul posto, la seconda una struttura semicircolare aperta sui due lati frontali, dove hanno trovato sede gli uffici provvisori delle rappresentanze delle 32 franchigie Nfl. E per una volta, non si è potuto assistere alle classiche esultanze, ai ronzii, ai boo della folta rappresentanza della tifoseria di Jets e Giants, da sempre squadre di casa in questo ambito, girando l’onore a Chicago, che ha festeggiato la chiamata del wide receiver Kevin White, ottimo wide receiver da West Virginia, accogliendolo con un boato degno di un touchdown all’ultimo secondo di una partita di playoff. Ed i fischi, data la particolare occasione, non potevano che essere rivolti al turno di scelta dei Packers…

Winston vs Mariota

ncf_g_winstonmariota_ms_576x324Due trofei Heisman, uno nel 2013, l’altro nel 2014, due antagonisti della prima semifinale di sempre di playoff per il college football, due quarterback che dovranno cambiare in positivo i destini delle loro franchigie dopo aver traghettato rispettivamente Florida State ed Oregon a tante vittorie prestigiose. Il loro è stato il confronto che ha tenuto banco sin dalle loro dichiarazioni per il professionismo, un lungo duello gestito dai media americani con la solita perizia in termini di analisi e possibile futuro impatto sui luoghi di probabile destinazione. La cortina di fumo che i Buccaneers hanno provato ad inscenare non ha tratto in inganno nessuno, Jameis Winston doveva essere necessariamente la chiamata per una franchigia che ha fatto il possibile per investigare al meglio sulla vita fuori dal campo di un ragazzo che in campo è freddo come un affermato campione, e che fuori ancora non ha dimostrato di possedere la maturità necessaria per essere un giocatore professionista. Winston, ragazzo dell’Alabama, se ne resta così in Florida dopo aver portato i Seminoles al National Championship accumulando una sola sconfitta (quella contro Mariota…) in due stagioni, ed avrà il compito di risollevare Tampa Bay dalla mediocrità che da anni avvolge la franchigia. Lasciamo a Kiper, Gruden e tutti gli analisti l’onere di stabilire quanto peso abbiano i suoi numerosi intercetti dello scorso anno e come sia migliore di Mariota come pocket passer, ma la verità sul futuro di Jameis sarà determinata solo ed unicamente da come sarà gestirsi all’esterno del rettangolo di gioco. Marcus Mariota, dopo tante illazioni, arriva invece nel Tennessee con la seconda chiamata assoluta, alla corte di una squadra come i Titans, fresca del fallimento del progetto-Locker e dell’investimento una scelta bassa su Zach Mettenberger, sul quale non paiono gravitare potenzialità da franchise-qb. In loco troverà Ken Wisenhunt, uno che di sviluppo di registi se ne intende parecchio, ed ora che le carte sono scoperte possiamo dare inizio al duello dei prossimi dieci anni, a patto che ambedue i protagonisti riescano ad avere il successo sperato. Che la battaglia abbia inizio, e che ci faccia divertire come speriamo, anche se Tampa e Tennessee non si incontreranno molto spesso. Al di là di questo, l’hype attorno ai due sopracitati nomi non è certo destinato a spegnersi presto, in Florida sognano ad occhi aperti che Winston trovi in Mike Evans il suo nuovo Kelvin Benjamin, mentre a Nashville il buon Marcus andrà a caccia di leggende come Steve McNair, sperando di ripeterne la longevità.

Il ritorno del running back

Il ruolo è andato scemando a livello d’importanza negli ultimi anni, tanto vasto è stato lo sviluppo del gioco aereo nelle idee offensive più in voga nella Lega. La conferma che il trend forse sta per essere nuovamente rovesciato è giunta dalle chiamate di Todd Gurley e Melvin Gordon, che hanno sancito la selezione di due running back nella top 15 del Draft, un qualcosa che da anni non si era più visto. Entrambe le chiamate sono state salutate con grande entusiasmo da colleghi già affermati dei due, un sospiro di sollievo per quella che rimane una parte fondamentale di ogni attacco che si rispetti, ma accantonato spesso e volentieri per mettere in atto velleità offensive esplicitamente tese al lancio. Quelle di Gurley e Gordon sono due selezioni di qualità per St. Louis e San Diego, con i Rams speranzosi di aver trovato il loro feature back del futuro, un ruolo che dai tempi di Steven Jackson nessuno ha più ricoperto con la dovuta longevità, e con i Chargers costretti a rendersi più pericolosi a terra ricominciando daccapo, una considerazione nata dalla rinuncia al perennemente infortunato Ryan Mathews e strettamente legata all’età di Philip Rivers (a proposito, non si è mosso da San Diego…), cui andrebbe tolta un po’ di pressione dalle spalle al di là dell’innata competitività. Curiosamente Melvin Gordon, colui che a Wisconsin ha demolito il record ogni epoca FBS per yard percorse in singola gara appartenuto ad un certo LaDainian Tomlinson, ed ora ne vestirà la medesima uniforme a livello professionistico. L’importanza dei running back sarà anche diminuita con gli anni, ma il successo di una squadra Nfl passa ancora da un giusto equilibrio delle qualità offensive a propria disposizione.

Il nuovo Hog?

Al tempo della grandiosa linea offensiva conosciuta con il nomignolo Hogs, a Washington si vinceva spesso. C’era un’altra mentalità, e Jack Kent Cooke era un proprietario neanche lontanamente paragonabile a livello gestionale al “buon” Dan Snyder, sotto il quale i Redskins si sono distinti per la povertà di prime scelte a disposizione e per le firme inutili. L’operazione ritorno al passato porta il nome di Scot McCloughan, general manager di origini irlandesi che ha messo lo zampino nei successi recenti di 49ers e Seahawks, e che fino a qualche mese fa lavorava come scout indipendente, facendo valutazioni di giocatori per chiunque glielo chiedesse, naturalmente presentando ad ogni cliente una salata fattura prestazionale. Il primo Draft di questa nuova era manageriale di Washington ha una direzione ben precisa, equivalente al trovarsi zero interferenze da parte del proprietario, e di annullare per sempre lo spreco enorme di scelte che ha avvinghiato questa franchigia per stagioni e stagioni. Si fa finalmente sul serio? Pare di sì, nel senso che logica vuole che per ricominciare a costruire si debba necessariamente partire da una delle due linee, e McCloughan ha optato per iniziare da quella offensiva, un problema che nella capitale si sono dimenticati tutti troppo spesso. E’ un approccio molto diretto, senza fronzoli, proprio come il carattere di Brandon Scherff, che viene da un’ottima scuola di offensive linemen, Iowa, ha avuto un grande insegnante in Kirk Ferentz, e possiede l’attitudine giusta per dare grinta a questo delicato reparto. E’ un soggetto che sa come intimidire e come prevalere su un avversario, cui piace lavorare duro e sporco, proprio come facevano gli Hogs circa un quarto di secolo fa.

La difesa degli Huskies

Danny-Shelton-2Ad inizio stagione una cosa del genere sembrava impossibile, ma alla fine è accaduta veramente. La forte difesa degli Huskies, squadra appartenente alla Pac-12,  ha regalato ben tre prospetti al primo giro del Draft. Tre pezzi fondamentali di un reparto dimostratosi molto consistente, che ha sorpreso per la costanza di rendimento ottenuta in una stagione collegiale dove le premesse parevano essere inferiori a ciò che poi è accaduto in campo. Danny Shelton è stato il primo a mettersi il cappellino, precisamente quello dei Browns, che hanno puntato su di lui per ancorare la parte mediana della linea difensiva, sfruttando la sua capacità generica di far accadere qualcosa. Giocatore potente ma anche molto attivo nei pressi del pallone, Shelton ha tra le altre cose aperto un sacco di possibilità di placcaggio per Shaq Washington, un atleta di rara consistenza, di ruolo principale linebacker – lo stesso che rivestirà in Carolina – e capace di cambiarsi rapidamente dentro la prima cabina telefonica disponibile andando a vestire i panni del running back, tanta è la sua fluidità di movimento negli arti inferiori. Se Shelton e Washington paiono due scelte caratterialmente impeccabili, altrettanto non si può sostenere per il cornerback Marcus Peters, che ha riempito il suo curriculum pre-Draft con una bella sospensione e successiva dismissione dalla squadra di football del suo college. Agli Huskies aveva mostrato un grande intuito per il pallone ed  un’eguale capacità di marcare gli avversari più pericolosi, elenco di qualità che non gli hanno precluso la diciottesima chiamata assoluta da parte dei Chiefs, i quali hanno preferito prendersi carico dei suoi problemi caratteriali ma anche di un talento di primaria qualità, decidendo di soprassedere al bisogno di trovare un ricevitore da affiancare a Maclin – per quello ci sarà tempo nei giorni successivi – nonostante la totale assenza di touchdown messi a segno da wide receiver per la squadra di Andy Reid.

Il fit è tutto…

Il fit è il giocatore di cui si ha bisogno per coprire un vuoto in un determinato ruolo, a disposizione delle corrette caratteristiche per allinearsi in un particolare sistema tattico. Tra le chiamate che sembrano corrispondere ai migliori fit tra franchigia e giocatore c’è sicuramente la quarta piazza assoluta, posizione nella quale è stato chiamato Amari Cooper, l’asso del gioco aereo della fortissima Alabama ed oggi nuovo giocattolo per la rinascita degli Oakland Raiders, i quali vorrebbero che lui e Derek Carr, preso l’anno scorso, divenissero il nuovo asse portante del reparto offensivo dei prossimi sei/sette anni, preferibilmente portando alla riconquista della postseason. Carr è un quarterback che ha dimostrato diverse qualità positive a discapito degli errori che ogni matricola commette, ha un braccio consistente e Mark Davis spera che la sua connessione con Cooper rappresenti esattamente ciò che serve per dare un colpo di spugna a questa era perdente dalle parti del Black Hole. Le premesse positive non mancano. Atlanta spera di aver trovato la risposta ad un problema annoso e spesso trascurato, ovvero l’assenza di un pass rusher di ottima qualità, un vuoto costato tantissimo in termini di spessore difensivo fatto vedere in campo negli ultimi anni. Vic Beasley corrisponde certamente all’identikit, a Clemson ha giocato con una grande costanza mostrandosi a tratti dominante nell’arrivare al regista avversario, un lusso che i Falcons non si sono potuti/voluti permettere, con conseguenze pesanti per Mike Smith. Beasley è la prima scelta dell’era Dan Quinn, uno che ha gestito la difesa di Seattle, e che è stato portato in Georgia per ottenere analoghi risultati quanto prima, sfruttando un Matt Ryan ancora nel suo prime. Dei Jets c’è invece da apprezzare la coerenza nel rimanere con il miglior giocatore disponibile senza necessariamente coprire un bisogno immediato. Un po’ a sorpresa è arrivato Leonard Williams, il quale sarebbe potuto essere un obiettivo sia di Titans che Jaguars, e che invece è finito alla sesta assoluta ed avrà il lusso di potersi schierare in una linea difensiva potenzialmente mostruosa, costruendo i presupposti del funzionamento del tipo di difesa predicata dal nuovo head coach bianco-verde, quel Todd Bowles che ha reso i Cardinals quasi imbattibili per lungo tempo. Al momento di scrivere non sappiamo se ci saranno scambi programmati dopo questa selezione, certo è che una linea già comprensiva di Sheldon Richardson, Muhammad Wilkerson (sarà lui a partire?) ed il nuovo arrivato Williams potrebbe anche far meglio sopportare agli affezionati dei Jets l’ulteriore presenza in campo di quella mezza disgrazia di Geno Smith. Fossimo in Tom Brady, saremmo francamente preoccupati.

L’ultima spiaggia di Ray

w640xh480_456046452Shane Ray era considerato un talento da top 5, sceso vorticosamente di considerazione dopo aver avuto la stupenda idea di farsi beccare in possesso di maria giovanna a quattro giorni dal Draft, una mossa degna di una testa disabitata. Miglior pass rusher della Sec, della quale è stato nominato difensore dell’anno, il conseguimento equivale ad essere una dei migliori di tutta la nazione, punto e stop. Primo passo esplosivo, capacità di arrivare al quarterback, un’immensa attività attorno al pallone che sfocia nel saper generare sack e fumble, ed a livello più ampio tutta una serie di giocate che possono cambiare una partita, per giunta facendolo misurandosi con il massimo talento collegiale possibile. Quelle sul possesso di sostanze di quel genere sono discussioni potenzialmente infinite se non altro perché a volte appesantite dall’eccessivo bigottismo statunitense, ma il buon Ray, sapendo come funzionano le cose dalle sue parti, ha completamente sbagliato il timing dell’intervento, al contrario di quanto fa sul campo da football. A Denver farà parte di un ambiente che non gli lascerà una seconda possibilità, dato che con John Elway e Peyton Manning non si scende certo a compromessi. Tutto sommato, potrebbe anche essere cascato bene, in quanto lo si vedrà schierato opposto a Von Miller in uno schieramento dalle potenzialità molto alte, a patto che impari in fretta a districarsi tra i grossi uomini di linea Nfl. Dovesse funzionare da subito potrebbero fioccare i sack, che per quello che dovrebbe essere l’ultimo tentativo di vincere grosso di Manning, è un qualcosa che suona piuttosto benone.

 

 

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