ORSI IN CRISI

Cutler_main110814Dopo l’umiliante 55-14 patito al Lambeau Field, è difficile non mettere un chiodo sulle residue ambizioni stagionali dei Bears, a 3-6 in classifica e alle prese con una netta crisi d’identità, oltre che di risultati. Si sperava che la bye week migliorasse le cose rispetto all’altro tracollo contro i Patriots per 51-23, ma oltre alla difesa, anche l’attacco sembra sempre più inadeguato, cosa grave tenendo conto che Marc Treastman era arrivato con la reputazione di guru offensivo: dopo aver quasi raggiunto la media di 28 punti a partita nel 2013, quest’anno i Bears non hanno mai superato questo numero in nessuna partita, e appaiono in netta regressione, come il quarterback Jay Cutler. Che certamente non è l’unico problema dei Bears, ma da lungo tempo non sembra neanche la soluzione, anzi. I suoi numeri stagionali non sono malvagi (18 touchdowns e 10 intercetti, aggiungendo ben 7 fumbles), ma tolta la partita con San Francisco che sembrava segnare un salto di qualità con i suoi 4 tds e una brillante rimonta nel secondo tempo, Cutler sembra poco sicuro e ripetitivo nei suoi errori: sguardo fisso al ricevitore designato, poca propensione a reggere la pass-rush  avversaria, non il massimo per un quarterback con 9 anni di esperienza…

Concentrandosi sull’aspetto difensivo, appare segnato il destino del defensive coordinator Mel Tucker, visto che con gli ulteriori rinforzi firmati in offseason (Jared Allen, Lamarr Houston e Willie Young) la squadra è passata da concedere 29.9 punti a partita a… 27.8, non proprio un miglioramento epocale, tanto che solo Jacksonville, Jets e Tampa Bay sono peggio dei Bears in questa statistica. E Lamarr Houston si è infortunato festeggiando un sack totalmente inutile contro i Pats…

Il destino di Marc Trestman? Segnato, ma dovrebbe esserlo anche quello di Phil Emery, il general manager che licenziò Lovie Smith dopo un record di 10-6 nel 2012, pensando che la squadra doveva fare il salto di qualità: dopo un 8-8 nel 2013 e il disastro attuale, si può dire che è capitato esattamente il contrario…

NFL DIVISIONS REPORT – PRIMA PARTE

AFC EAST

Visto un mese di dicembre sicuramente difficile come avversari da affrontare, Denver, Green Bay e New England nella striscia finale di partite, per i Bills quella di domenica è sicuramente una occasione persa. Perdere 17-13 dopo un vantaggio di almeno
dieci punti dilapidati non è il massimo, e coach Marrone dovrà sicuramente pensare alla troppo fiducia riposta in Kyle
Orton, che ha lanciato 48 volte, tattica poco accorta visto il gioco di corsa dei Bills. Del resto anche i Dolphins hanno avuto una
battuta d’arresto, sfiorando la vittoria contro i Lions ma finendo sconfitti per 20-16, in una partita che sembrava alla
loro portata. In fondo sembra che anche questa stagione pur apparendo migliorate nè Buffalo nè Miami possano veramente
impensierire i Patriots, che con due partite di vantaggio possono gestire la divisione e pensare al miglior record
possibile in chiave playoffs: Dolphins, Jets e Buffalo nelle ultime tre giornate potrebbero però fare da spoiler contro
l’odiata dominatrice della AFC East…

AFC NORTH

La divisione più appassionante dell’intera NFL, con tutte le squadre vicinissime in classifica e con possibilità di
aggiudicarsela. I Baltimore Ravens sono ancora in corsa pur avendo perso due partite contro diretti rivali come Bengals e
Steelers, oltre che un pesante cappotto subito dai Colts, ma hanno avuto dalla loro il pregio di battere le squadre, come
Tennessee domenica, nettamente inferiori da pronostico, cosa che al contrario sembra sfuggire di mano agli Steelers. La
squadra di Mike Tomlin ogni volta che sembra pronta al salto di qualità inciampa contro avversarie più deboli sulla carta,
dai Buccaneers ai Jets di domenica, e questo dopo essere reduci da due vittorie spettacolo contro Colts e, appunto,
Baltimore. Ma la squadra sorpresa è ovviamente Cleveland, che giovedì scorso ha sconfitto la squadra delusione, i
Cincinnati Bengals. Che dal canto loro rimangono in corsa, anche con quel pareggio contro Carolina che viste le ultime
partite dei Panthers non sembra certo una gran cosa. Difficile pronosticare chi sarà il campione finale, ma occhio ai
Browns: di sicuro non sono più la barzelletta dell’intera NFL…

AFC SOUTH

La division più decisa a questo punto dell’intera lega, con gli Indianapolis Colts in vantaggio di due partite sugli
Houston Texans, che nelle ultime 5 partite hanno vinto solo una volta e non sembrano in grado di poter combattere Luck e
compagni fino in fondo. Anche con Ryan Mallett alla guida dell’attacco, difficile che i Texans possano sviluppare una
striscia positiva tale da impensierire i Colts. Per quello che riguarda Titans e Jaguars, meglio calare un velo pietoso
sulle prestazioni di queste due squadre…

AFC WEST

I Chargers hanno avuto una settimana di riposo per pensare a come far ripartire i loro ingranaggi un pò scricchiolanti, e sicuramente ritrovare i Raiders domenica aiuterà, ma la squadra calda del momento è diventata Kansas City, che rispetto all’anno scorso è partita lentamente, ma che sta ritrovando posizioni e attualmente è solo a una partita di distacco dai Broncos, contro cui il 30 novembre presumibilmente i Chiefs si giocheranno la corona divisionale, per fortuna loro all’indiavolato stadio di casa, l’Arrowhead Stadium. Niente sonni tranquilli quindi per Manning e company, attesi da un ciclo bello tosto di partite, con trasferte a St. Louis, Kansas City, San Diego e Cincinnati. Una divisione più combattuta del previsto, con i Broncos favoriti ma leggermente meno di quanto si pensasse…

PROTAGONISTI

BRIAN HOYER

Sembra che l’agente dell’attuale quarterback dei Browns non abbia contatti significativi con la dirigenza di Cleveland da maggio. Nulla di male, se non fosse che Hoyer il prossimo anno diventa free-agent, ed è poco probabile che ci si liberi di un quarterback che ha un record complessivo di 9 vittorie e 3 sconfitte in maglia Browns. Se avete notato non si sente più parlare di Johnny Manziel, se non per inserirlo in trade più o meno probabili: forse Brian Hoyer non sarà il nuovo Joe Montana, ma è riuscito a vincere senza il miglior ricevitore (Josh Gordon), il miglior tight-end (Jordan Cameron), e anche il miglior centro (Alex Mack). Dare credito al nativo della città dell’Ohio, meno blasonato di LeBron ma non meno importante, è forse dovuto e necessario se Cleveland vuole arrivare all’eccellenza…

CARSON PALMER

palmerSembrava che il destino avesse smesso di infierire su Carson, dopo l’infortunio subito nei playoffs 2005 al ginocchio che rischiò di fargli chiudere prematuramente la carriera, dopo aver spesso anni in squadre perdenti a Cincinnati e Oakland, ma l’infortunio al crociato del ginocchio sinistro domenica è un’altra brutta botta per un giocatore che, solo due giorni prima, aveva festeggiato il rinnovo di contratto coi Cardinals. “Ho pianto come un bambino stanotte”, ha ammesso Palmer lunedì mattina ai giornalisti, ma chi non ha avuto tempo di perdersi in lacrime è come al solito Bruce Arians, sempre più coach dell’anno per come gestisce emergenze infortuni senza battere ciglio e senza far perdere posizioni alla propria squadra. “Infortuni capitano a tutte le squadre: sono sicuro che possiamo arrivare al Super Bowl con Drew Stanton”, ha ribadito Arians. Difficile dirlo se sarà possibile, ma il backup quarterback ha già dimostrato solidità a non finire quest’anno, e da come ha condotto Arizona alla vittoria nel finale di partita le prospettive sono buone per la squadra del deserto…

DALLA PANCHINA AL SUPER BOWL

Jeff Hostetler, difficile che un appassionato si dimentichi del baffuto quarterback che condusse i Giants alla vittoria nel Super Bowl del gennaio 1991, quello del “wide right” di Scott Norwood, ma anche se lo sbaglio del kicker di Buffalo, e la difesa condotta dall’allora defensive coordinator Bill Belichick sono entrate nella leggenda, indubbiamente la riserva di Phil Simms per 6 lunghe stagioni, entrò e salvò la stagione dei Giants, con caratteristiche simili a quelle che sembra avere Stanton: umiltà, disciplina, e la giusta dose di fortuna che tocca ai predestinati.

L’esempio più clamoroso resta quello di Jim Plunkett, che per ben due volte, nel 1980 e nel 1983, vinse il Super Bowl coi Raiders, ma in entrambi i casi passando dalla panchina: nel primo caso fu fatale l’infortunio a Dan Pastorini, nel secondo l’inesperienza di Marc Wilson. E non pensate che la prima impressione negativa sia per forza fatale: subentrato a Pastorini contro i Chiefs, Plunkett lanciò ben cinque intercetti, ma fu comunque confermato per la settimana successiva. E arrivò a vincere il Super Bowl il gennaio successivo, quando si dice essere predestinati…

Tanto da parlare nell’NFL settimana dopo settimana, vi aspettiamo tra 7 giorni per un altro appassionante Week in Review NFL.

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