Adelphia Coliseum di Nashville, Tennessee, postseason della stagione 1999, turno di Wild Card. Lo ricordate? Sì, il Music City Miracle, ovvero una partita di playoffs tra le più incredibili mai giocate, con i Titans a ritornare un pazzesco pallone in endzone con Kevin Dyson a tempo praticamente scaduto per passare il turno, beffando i Buffalo Bills per 22-16. Perché citare questa data? Semplice, è solo l’ultima presenza di Buffalo ai playoffs, ed è passata letteralmente un’eternità, ed i tempi di Jim Kelly, Thurman Thomas, Bruce Smith e Marv Levy, assieme ai quali ai Bills veniva associato un concetto di dominanza assoluta nella Afc, non sono oramai più visibili nemmeno strizzando gli occhi dinanzi allo specchietto retrovisore.

Per tanti anni si è cercato di raddrizzare la situazione, ma la squadra ha collezionato solamente figure magre, stabilità quasi inesistente, qualche stagione positiva ma priva del gioco che più conta, quello di gennaio, e soprattutto una girandola di quarterbacks che mai hanno risollevato le sorti di una franchigia tra le più singolari della Nfl, appartenente ad un mercato piccolo e per questo spesso associata a voci di trasferimento, ma sovente circondata dal leale affetto dei propri fans, lontani dalle luci della ribalta delle metropoli, e che non vedono l’ora di affrontare il rigido freddo che arriva brutale dalle parti di Orchard Park per recarsi allo stadio e sostenere i propri beniamini.

Ora la situazione è ancora una volta in fase di stallo, con numerosi investimenti effettuati per tentare di dare una scossa alle sorti del team, che dopo la morte di Ralph Wilson passerà a giorni di mano dopo che si sarà fatta maggiore chiarezza sulle offerte provenienti dalle cordate di investitori che si sono dimostrati interessati all’acquisto, ed un management letteralmente sulla graticola, che dovrà sperare di veder fruttare al meglio le proprie decisioni per tenere il proprio posto di lavoro. Il GM Doug Whaley è in carica dal maggio del 2013, ed ha già due grosse decisioni prese sulle proprie spalle: la selezione di E.J. Manuel e la sua relativa maturazione tecnica, e la trade che ha consegnato il primo giro 2015 ai Browns per prendere Sammy Watkins. Il tempo stringe già, e se non dovessero arrivare progressi si rischia di dover affrontare un’altra indesiderata ristrutturazione, che potrebbe riguardare anche coach Doug Marrone.

E.J. Manuel è stato il sedicesimo giocatore assoluto ad essere chiamato nel draft 2013, una selezione che ha sorpreso tutti, perché molti scouting reports lo davano potenzialmente disponibile a giri più bassi. La fame di quarterbacks è sempre tanta nella Nfl, ma Manuel, che ha saltato una consistente porzione di stagione per tre differenti problemi al ginocchio, che ad un certo punto dell’anno era continuamente gonfio, non pareva essere materiale da primo giro. L’ex Florida State ha destato preoccupazioni per la sua affidabilità fisica sul lungo termine, e quando è stato presente in campo ha mostrato tanta discontinuità, e pur comprendendo il suo bisogno di inserirsi nei meccanismi Nfl, non ha ancora fatto nulla per dimostrare la sua idoneità alla posizione di scelta sopra menzionata.

Discretamente mobile, Manuel ha peccato di precisione nella maggior parte delle gare disputate crollando letteralmente sotto pressione o con il blitz in arrivo, è stato preciso solamente nei giochi a corto raggio e la dimensione profonda dell’attacco non ha mai avuto la realizzazione sperata, seppellendo i Bills tra le peggiori squadre della lega in termini di statistiche raccolte con i lanci. Per vedere progressi significativi, dovrà senza dubbio migliorare il rapporto di 11 a 9 tra passaggi da touchdown ed intercetti del suo anno da rookie. In caso di nuovi problemi medici, i Bills hanno preferito l’esperienza, firmando il veterano Kyle Orton e rinunciando a Thad Lewis e Jeff Tuel (quest’ultimo tenuto in practice squad), i quali erano stati titolari in cinque occasioni.

Per tenere Manuel lontano da nuovi guai sarà fondamentale l’apporto di una linea offensiva molto migliorata negli anni, che vede nel tackle sinistro Cordy Glenn un elemento molto solido a livello di costanza nelle prestazioni, che viene difatti da una stagione con soli due sacks al passivo. Glenn è il giocatore più completo ed affidabile della linea nonostante i soli due anni di esperienza professionistica, ma prestazioni molto convincenti sono arrivate pure dal centro Eric Woods, molto buono in pass protection anche se eccessivo nel numero di penalità raccolte, e dalla guardia destra Craig Urbik, che ha lasciato passare pochissima pressione nella sua zona di competenza. Le rimanenti due posizioni sono quelle che destano maggiore preoccupazione, anche se Chris Williams, originariamente una fallimentare prima scelta 2011 di Chicago, dovrebbe giocare meglio da guardia che non da tackle, mentre Erik Pears si posizionerà sulla parte estrema a destra, dal momento che al camp ha battuto la competizione del rookie Cyrus Kouandjio, il quale ha talento ma è spesso stato condizionato da lentezza di piedi e infortuni assortiti.

Sammy Watkins

Sammy Watkins

Il gioco aereo aveva bisogno di innesti decisivi, ed ecco spiegata la mossa in sede di draft, con lo scambio orchestrato assieme a Cleveland e l’ottenimento della quarta selezione assoluta, divenuta Sammy Watkins. E’ un tentativo disperato di fornire l’attacco di un playmaker in grado di tirare fuori da Manuel qualche miglioramento, in quanto l’ex Clemson a livello di talento è secondo davvero a pochi, è un giocatore esplosivo e letale sia sul profondo che sulla ricezione corta con guadagno successivo di yards, e quest’ultima sua caratteristica lo vede particolarmente adatto ad aiutare Manuel a tenere alte le sue percentuali. Da Tampa Bay, in cambio di un sesto giro, è poi pervenuto Mike Williams, particolarmente adatto ad allungare il campo a patto che riesca a restare in salute, ma il titolare a fianco di Watkins sarà Robert Woods, atteso a significativi progressi dopo aver ricevuto 40 palloni per 587 yards e 3 mete, magari prendendosi parte della produzione che fu di Stevie Johnson, spedito ai 49ers durante la offseason. Nella posizione di tight end rientra al proprio posto Scott Chandler, 655 yards e 2 mete, discreto bloccatore ma non certo la soluzione atletica che servirebbe ai Bills per aumentare la loro pericolosità offensiva.

Il backfield è stato molto produttivo, fornendo un apporto di 4.2 yards per portata facendo affidamento sul tandem composto da C.J. Spiller e Fred Jackson. La carriera di Spiller ha dimostrato due aspetti fino a questo momento, il primo è che possiede effettivamente le qualità per essere un game-breaker grazie alle sue doti atletiche, che lo rendono pericoloso in campo aperto sia su corsa che su ricezione, il secondo che non è stato in grado di diventare una soluzione fissa nel ruolo, perché fisicamente non è stato affidabile. Da lui era lecito attendersi qualcosa in più di 933 yards ma soprattutto delle sole due mete fatte registrare, per questo si fa ancora affidamento ad un veterano come Jackson, che ogni anno viene chiamato fuori, ma che negli anni ha dimostrato di essere un grande combattente per il suo posto a roster, come dimostra il fatto che le chiamate decisive per andare in endzone – luogo che l’anno scorso ha visitato 9 volte – sono sempre state affidate a lui. Il ruolo vede anche la presenza di Bryce Brown, ex Eagles, ed Anthony Dixon, proveniente da San Francisco, per cui la profondità non manca.

La difesa è stata molto poco efficace contro le corse ed ha concesso 28 passaggi da touchdown, pur disponendo di un pacchetto linebackers capace di difendere i passaggi e di una secondaria particolarmente affidabile, responsabile della maggior parte dei 23 intercetti rimediati. Il nuovo defensive coordinator Jim Schwartz, ex head coach dei Lions chiamato a sostituire Mike Pettine, ha convertito il reparto alla 4-3 ma dovrà fare a meno di due colonne dello scorso campionato, in quanto lo straordinario Kiko Alonso sarà fuori per la stagione dopo la rottura del crociato anteriore, e Jairus Byrd, eccellente free safety, ha salutato tutti per accasarsi a New Orleans.

Kyle Williams

Kyle Williams

Tornare al fronte a quattro significa rimettere Mario Williams nella sua posizione più naturale, quella di defensive end, ma preoccupazioni non ce ne dovrebbero essere dal momento che la costanza nel rendimento nei suoi due anni a Buffalo è stata considerevole, come attestano i 23.5 sacks sommati in tale periodo. La conversione potrebbe essere più difficoltosa per Jerry Hughes, che occuperà l’altra posizione di end dopo aver contribuito molto da outside linebacker, ruolo dal quale ha ottenuto il massimo in carriera di sacks con 10, in quanto la sua pass rush sfrutta molto la rapidità e potrebbe trovare difficoltà nello sganciarsi dai blocchi. I Bills possiedono un lusso vero e proprio, ovvero due tackles come Marcell Dareus e Kyle Williams, possenti contro le corse e pericolosi nel mettere pressione dal mezzo, fatto che permette alla difesa di mettere confusione nella tasca avversaria da ogni lato del fronte. Williams è uno dei giocatori meno pubblicizzati della lega ma incredibile per costanza di rendimento, mentre Dareus deve stare attento ai suoi problemi fuori dal campo, dopo una primavera a dir poco tribolata.

I linebackers vedono l’arrivo di Brandon Spikes da New England per pattugliare le operazioni dal mezzo, mentre all’esterno si piazzeranno il veterano Keith Rivers e l’atletico Nigel Bradham, che sarà però sospeso per la prima partita di campionato. Spikes e Rivers sono soluzioni temporanee, in quanto i Bills sperano di aver trovato in Preston Brown e Randell Johnson due elementi da sviluppare per il futuro a lungo termine, mentre Bradham giocherà il ruolo che sarebbe dovuto essere di Alonso, ovvero quello di linebacker efficace contro i passaggi, più o meno lo schierameto che Schwartz ha ritagliato a Detroit per DeAndre Levy con grande successo.

Lasciato andare Byrd, l’ultima linea della difesa diverrà responsabilità del suo backup, Da’Norris Searcy, un buon giocatore, ma non certo in grado di eseguire giocate decisive alla pari del suo predecessore. L’altra posizione di safety ha trovato una piacevole conferma in Aaron Williams, che al suo terzo anno Nfl ha trovato tantissimo spazio in più rispetto al biennio precedente grazie soprattutto alla sua versatilità, che gli ha permesso una facile transizione da cornerback a strong safety, ruolo dal quale ha raccolto 4 intercetti. La coppia di cornerbacks titolare è garanzia di affidabilità, grazie a Leodis McKelvin, a cui andrà la marcatura del miglior ricevitore avversario grazie alla sua capacità di contrastare le risorse aeree, ed al più giovane Stephon Gilmore, dotato di grande talento ed autore di una stagione in crescendo dopo aver saltato le prime cinque gare per un infortunio al polso. Nickell Robey, pescato l’anno scorso dalla strada, è il backup più affidabile ed ha meritato un posto fisso nel pacchetto con più defensive backs in campo, che vedrà l’inserimento graduale del rookie Ross Cockrell.

Gli special teams si affideranno a Dan Carpenter, che ha fallito solamente tre calci nei trentasei tentativi di realizzazione essendo sostanzialmente automatico fra le 30 e le 40 yards di distanza, ottenendo risultati ottimali anche nei kickoffs. Il titolare nel ruolo di punter, dopo il taglio di Brian Moorman, sarà l’inesperto Jordan Gay, mentre McKelvin si riprenderà il suo ruolo di specialista nei ritorni di punt, con Marquise Goodwin e Sammy Watkins ad occuparsi invece dei kickoffs.

Tante incognite, specialmente offensive, si sommano ad un calendario molto difficoltoso, che come di consueto prevede un’impervia doppia sfida contro i sempre-verdi Patriots, ed impegni extra-divisionali che porteranno a scontri con la proibitiva Afc West, eccezion fatta per i Raiders, e con la temibile Nfc North. Nonostante le speranze dei fans, ad inizio stagione, siano sempre rosee non è pensabile aspettarsi una corsa ai playoffs per questi Bills, specialmente se Manuel dovesse incontrare nuovi ostacoli nel suo incerto percorso di sviluppo.

Preoccupa anche lo spogliatoio, dove si sono registrate diverse tensioni (ad esempio, il litigio tra Marrone e Jerry Hughes) e numerosi spiacevoli episodi fuori dal campo (Dareus, ma soprattutto Alan Branch, che ha pagato con il taglio), che provocano ovvi quesiti sulla capacità dell’head coach di saper tenere mano salda sul controllo della squadra. Tutto lo staff, dai coaches al management, sta rischiando di suo, e a meno di vedere sette od otto vittorie, quota che significherebbe progresso consistente, la situazione, in questa fase di profondo cambiamento per la franchigia, potrebbe presto sfuggire di mano a tutti.

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