Finita la regular season della Nfl, il lunedì seguente qualcuno si deve sempre preoccupare di preparare le valigie per viaggiare verso un’altra destinazione, ricostruendo la propria credibilità di allenatore magari ripartendo dal basso, oppure trovando un’occupazione analoga sostituendo un collega di eguale destino. Non è mai un bel giorno, soprattutto se la squadra in questione ha racimolato tra le tre e le sei vittorie e ciò non coincide con una tappa obbligata di un percorso di rifondazione, e proprio in giorni come questo cominciano ad essere scritte le prime pagine del nuovo futuro di una franchigia professionistica. Il post-diciassettesima settimana di quest’anno non ha portato grandi sorprese, sono stati sollevati dai rispettivi incarichi già diversi allenatori, alcune decisioni sono parse motivate, ed una in particolare è invece sembrata particolarmente insensata.

Non parleremo di Jim Schwartz, perchè di lui potete leggere qui.

Greg+Schiano+Tampa+Bay+Buccaneers+v+Washington+jiAmECyJeI1lNessuna notizia sconvolgente arriva da Tampa, dove Greg Schiano aveva i giorni contati probabilmente già dopo il primo mese di regular season. I Buccaneers non sono mai stati una squadra competitiva in questa annata, hanno spesso giocato male e non sono riusciti ad adattare alcuni dei propri giocatori agli schemi adottati, su tutti un Darrelle Revis che non si è mai dimostrato essere a proprio agio in questa sua prima esperienza lontana da New York. Poi c’è stata la frattura interna, innumerevoli problemi provocati dalla scarsa attitudine di Josh Freeman, una prima scelta letteralmente gettata al vento (e per questo ha pagato anche il GM Mark Dominik), una situazione che ha portato la squadra ad una distrazione scomoda, che si è risolta solamente con il drastico taglio del giocatore e con il conseguente lancio di Mike Glennon, quarterback privo di esperienza, che ha alternato partite buone ad altre non esattamente soddisfacenti.

I Bucs hanno aperto il campionato con otto sconfitte consecutive, hanno perso tutte le gare vicine nel punteggio e sono stati largamente sconfitti in tutte quelle occasioni dove la difesa è stata affossata dal proprio attacco improduttivo, incapace di stare in campo a lungo, costringendo i compagni a fare degli straordinari in eccesso. Il campionato è stato un fallimento completo che ha fatto tornare le ombre degli anni bui, non è servita la cura portata da un coach conosciuto per essere ferreo e sanguigno al college, che non è riuscito a traslare in Nfl quanto di buono aveva fatto a Rutgers. Per il futuro si parla già di un potenziale ingaggio di Lovie Smith, ex head coach dei Bears, il cui licenziamento di un anno fa per qualcuno risulta ancora ingiustificato.

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La stessa parola cozza a pennello per Rob Chudzinski. A Cleveland non sanno evidentemente più quali pesci pigliare e non ricordano i motivi per cui la squadra si trova in stato comatoso praticamente in ogni singola stagione disputata dal 1999 (anno della rinascita dei Browns) ad oggi, ma di certo questi non avrebbero dovuto riguardare Chudzinski, che nonostante il 4-12 conclusivo aveva costruito qualcosa di solido, per quanto strano possa sembrare se rapportato al volume di sconfitte. Cleveland ha presentato in campo una difesa più che competente, un primo segno di progresso dai disastri del passato, ma è stata nuovamente affossata dalle performances alterne del reparto offensivo. Questo è del tutto normale quando si è mono-dimensionali e non si riesce a trovare un leader che faccia la differenza, e nessuno sembra aver fatto i conti con il fatto che il coach uscente ha dovuto lavorare con un roster non assemblato da lui nell’ossatura principale, per cui ci si domanda perché mai un solo anno in panchina dovrebbe rappresentare un giudizio definitivo del suo operato, e per quale motivo debba pagare lui decisioni effettuate da Mike Holmgren prima e Mike Lombardi in seconda battuta, su tutte quella di credere che Brandon Weeden fosse pronto a guidare la baracca fuori dal tunnel dell’oblio perenne e che Trent Richardson fosse il running back dei prossimi dieci anni.

Chud, anzi, aveva mostrato polso, mostrando la via della panchina all’ex Oklahoma State in favore di Brian Hoyer, che stava dando una forte mano all’attacco nel risollevarsi ed infortunatosi gravemente proprio sul più bello, per poi rivolgersi ad un veterano affidabile seppure non straordinario come Jason Campbell, guardando esplodere Josh Gordon sotto gli occhi di tutti, qualunque fosse il regista a posizionarsi sotto il centro. Silurare un coach dopo una sola stagione significa non avere un fondamento per costruire di anno in anno dei costanti progressi per la franchigia. Dodici mesi non possono essere un tempo sufficiente per permettere ad un allenatore di lavorare bene su meccanismi complessi come quelli del football americano, specialmente se il personaggio in questione non è stato il responsabile di alcune scelte tecniche del recente passato, e si è trovato a dover lavorare con il materiale che gli è stato fornito da altri, che per nascondere i propri errori mettono finn troppo comodamente davanti a tutti la faccia di un’altra persona.

Nella Nfl non serve a niente avere fretta di vincere, la storia di questi ultimi tempi lo dimostra ampiamente. Bisogna saper costruire con astuzia ed abilità, progredire a piccoli passi e diventare una vera contender di conseguenza.

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Fretta ce l’ha avuta anche Mike Shanahan, che abbandona Washington e le speranze dei Redskins di ritornare ad essere una squadra gloriosa come fu durante il suo stesso passato. Troppa fretta, perché pur di vincere si è abusato del fisico di un quarterback troppo giovane per decidere da solo se e quando rimanere in campo con conseguenze disastrose, si è velocizzato un processo di recupero fisico ed atletico che avrebbe meritato maggiore cura ed un rientro meno forzato, ed infine gli si sono pure tolti i gradi di titolare mettendone in discussione la credibilità di leader dello spogliatoio, il tutto confezionato a tre giornate dalla fine solo per mettere in vetrina Kirk Cousins, che nel complesso ha giocato maluccio (0-3) e che se scambiato in offseason non frutterà la scelta alta che Washington sperava di recuperare, proprio nell’anno in cui dovrà pagare ai Rams l’ultima parte del prezzo per Griffin, che nel 2014, dato il penoso 3-13 dei Redskins, equivale alla seconda selezione assoluta. Shanahan ha effettuato diverse ottime scelte a livello di giocatori (Alfred Morris, Jordan Reed), ma non è piaciuta la sua gestione delle partite. Da un anno all’altro sono cambiate troppe cose, le corse sono state spesso abbandonate quando invece dovevano essere, come in un 2012 chiuso con la vittoria della Nfc East a sorpresa, la base su cui far girare l’attacco e le playaction su cui poggiavano tutti i big play offensivi. La difesa di Jim Haslett è stata inguardabile, e degli special teams probabilmente è meglio neanche parlare.

Quindi, neanche la cura Shanahan è servita, ed ora Washington deve ricostruire ancora una volta tutto daccapo, dopo aver patito in free agency per due anni di multa sul salary cap a seguito delle violazioni commesse nell’uncapped year, il 2011 (ma le aveva anche Dallas, comunque…) e dopo aver dato tante risorse per assicurarsi un quarterback che è stato utilizzato e gestito male, e che l’anno prossimo deve farsi valere soprattutto a livello tattico, laddove ha subìto un’involuzione preoccupante. Chissà che cosa deciderà Dan Snyder, intanto si fanno i nomi di David Shaw, Art Briles (ex coach di Griffin a Baylor) e Kevin Sumlin, ma se a cambiare fosse il proprietario non sarebbe meglio per tutti?

Leslie Frazier Indifferent FaceChiudiamo con i Vikings, che in Leslie Frazier hanno avuto, a conti fatti, un semplice traghettatore tra Brad Childress ed il futuro head coach della franchigia. Frazier paga anni scadenti in termini di vittorie cui non ha fatto grosso eco una stagione 2012 chiusa a 10-6 e caratterizzata dalla qualificazione ai playoffs, ottenuta più che altro grazie alle prestazioni da alieno di Adrian Peterson e del suo ginocchio chirurgicamente ricostruito.

Minnesota ha sbagliato tantissime scelte, e per questo non è riuscita a costruire un attacco vicino alla decenza. Ha creduto che Christian Ponder fosse una scelta di primo giro quand’era fin troppo evidente che lo stupore per la sua chiamata così esageratamente alta aleggiava ancora oggi tra gli addetti ai lavori, sono arrivati tantissimi turnovers e persino la firma di Josh Freeman, che ha potuto non solo usufruire di un’opportunità che non meritava vista la sua etica professionale, ma che dopo la prima disastrosa apparizione non ha nemmeno più messo piede in campo risultando come un nullafacente a libro paga, profumatamente stipendiato. Non ha giovato a Frazier, che dei Vikings in precedenza era stato defensive coordinator, il fatto di aver presentato una difesa incapace di opporsi ai passaggi e non eccezionale neanche contro le corse, un aspetto tecnico che sarebbe dovuto essere la sua specialità. Immaginiamo che non faticherà a trovare un posto da coordinatore in futuro, tuttavia le sue decisioni sulla gestione delle situazioni di partita non hanno mai convinto, e ne fanno il classico caso di un coach inadatto ad agire da capo ed altresì perfetto per comandare un solo reparto.

One thought on “Licenziamenti sensati…e non

  1. Il problema è i Redskins costano quasi 2 miliardi di dollari!Chi se li compra? Sono poche le persone sulla terra che si possono permettere un investimento simile.

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