“With the first overall pick, the Kansas City Chiefs select…”

Il Draft. Un rito più vecchio del Super Bowl, più vecchio della NFL stessa, (prima edizione: 1936!). Elettrizzante, imprevedibile, pazzo, una meravigliosa scienza inesatta. Perché non c’è esercito di scout, o Combine, o Pro Day che tenga. Non è possibile prevedere con certezza assoluta se un determinato atleta, scelto fra la miriade di atleti dello sterminato panorama collegiale americano, potrà essere un Campione. Certo, lo si può supporre, ma sempre con un margine di incertezza. In fondo, non è il Draft ad essere imprevedibile; lo è il Football.

Ed ecco allora che se ci addentriamo nella storia di questo evento troviamo di tutto: campioni annunciati, topiche madornali (i cosiddetti bust), colpi di genio (gli steal), azzardi stravaganti, strani intrecci di destini. Io mi sono addentrato un po’ nei meandri di questa Storia (con la maiuscola), e ho scelto di riportare queste storie (con la minuscola). Sperando di aver fatto cosa gradita e alleviare così l’attesa per la notte del 25 aprile, quando il commissioner Roger Goodell pronuncerà le parole sopra citate. Buona (spero!) lettura!

La Prima Scelta che scelse….di andare a lavorare!

Jay Berwanger

Jay Berwanger

Il primo NFL Draft della storia va in scena l’8 febbraio del 1936, al Ritz-Carlton Hotel di Philadelphia. Nove team a scegliere, nove giri, i nomi degli atleti scritti su una grande lavagna, agli Eagles l’onore della prima scelta. Che ricadde sull’halfback da Chicago University Jay Berwanger, il primo Heisman Trophy della storia (anche se ancora non si chiamava così). Peccato che gli Eagles non potessero fronteggiare le richieste economiche di Berwanger (1000 $ a partita) e cedettero i suoi diritti ai Bears di George Stanley Halas. Ma Berwanger non volle firmare subito, per mantenere il suo status di dilettante e competere per le selezioni della squadra di Decathlon per i Giochi Olimpici di Berlino. Sfumata questa opportunità, lui e Halas si sedettero al tavolo delle trattative ma non riuscirono a trovare un accordo economico, pare per un divario tra domanda e offerta di circa 1500 $. Poco dopo Berwanger accettò l’offerta di lavoro di una compagnia di Chicago e salutò il mondo del football senza mai aver visto un campo da pro. Altri tempi, altra America, altro mondo. In realtà, non solo Berwanger fece una scelta simile. All’epoca nel football non giravano cifre faraoniche, e un posto fisso aveva delle innegabili attrattive. Fatto sta che la Prima Scelta Assoluta di tutti i tempi rifiutò il football per andare a lavorare come un impiegato qualsiasi! Con questo esordio, poteva il Draft avere una storia normale?

Buffalo può attendere

Con la prima scelta assoluta al Draft del 1979, i Buffalo Bills selezionarono il LB da Ohio State Tom Cousineau. Il quale, però, non aveva la benché minima intenzione di vestire la casacca blu dei Bills, e accettò un’offerta dei… Montreal Alouettes, squadra militante nella Canadian Football League, che gli offrì il doppio dei soldi. Cousineau giocò in Canada tre stagioni, e divenne una star della CFL, vincendo anche da MVP la Grey Cup, l’equivalente canadese del Super Bowl. Quando nell’82 volle ritornare a giocare negli States, i Bills, che ancora ne detenevano i diritti per la NFL, scottati per il rifiuto di 3 anni prima lo girarono immediatamente ai Cleveland Browns in cambio di una prima scelta al Draft dell’83. Ma il nostro eroe, forse annebbiato dagli anni di gioco in un Lega di livello inferiore, non riuscì a mantenere le altissime aspettative che gravano su ogni prima scelta assoluta. Cousineau fu uno degli uomini più odiati di Buffalo, eppure i tifosi di Orchand Park dovrebbero essergli grati, perché con quella famosa prima scelta ottenuta dai Browns i Bills selezionarono il Qb Jim Kelly, l’uomo che regalerà alla franchigia il periodo di massimo splendore. Peccato però che anche Kelly, al momento della chiamata dei Bills, fosse tutt’altro che entusiasta di ritrovarsi a giocare nella poco attraente e fredda Buffalo, e accettò la lauta offerta degli Houston Gamblers, team della neonata USFL, lega concorrente della NFL. Kelly tornò a Buffalo solo 2 anni dopo, e solo a causa del fallimento della USFL, di cui era diventato un uomo copertina. Porterà i Bills a 4 SB consecutivi (tutti persi) anche grazie all’esperienza accumulata nella Run and Shoot offense dei Gamblers. Corsi e ricorsi storici: anche questo è il Draft!

Ci vuole un fisico bestiale!

Ki-Jana Carter

Ki-Jana Carter

Ogni squadra NFL ha alle proprie dipendenze un esercito di scout, gente che di mestiere gira gli States e viviseziona i futuri professionisti, cercando di valutarne il talento. Peccato che a volte si facciano abbagliare dalle prove fisiche delle Combine, o che a volte la sfortuna ci metta lo zampino. Il fisico infatti tradì Ki-Jana Carter, Rb da Penn State prima scelta assoluta dei Cincinnati Bengals nel ’95. Il buon Ki-Jana, dopo aver strappato un contratto settennale da record con la sua nuova franchigia, pensò bene di frantumarsi il ginocchio alla terza portata di palla della prima partita di…preseason! Tornò poi a giocare, ma non superò mai quell’infortunio, tanto che in 7 stagioni ebbe un season high di sole 465 yds. Eh sì, per giocare in NFL ci vuole un fisico bestiale. Il 1989 invece fu per la NFL un’annata fantastica, con un Draft eccezionale in cui 4 delle prime 5 scelte assolute hanno oggi il loro mezzo busto esposto nella Hall of Fame di Canton, Ohio. A leggerne i nomi vengono i brividi: Troy Aikman, Barry Sanders, Derrick Thomas, Deion Sanders. Peccato però che tra questi 4 fenomeni abbia trovato posto un brutto anatroccolo di nome Tony Mandarich, la seconda scelta assoluta chiamata dai Green Bay Packers. Offensive Takle da Michigan State, Mandarich vantava doti atletiche talmente eccezionali da spingere Sports Illustrated a dedicargli una cover story e definirlo “il miglior prospetto di sempre nel suo ruolo”. Peccato però che Mandarich, oltre a quella per i pesi in palestra, avesse anche una fervente passione per l’alcool, gli antidolorifici e gli steroidi (di cui ammise l’uso nel 2008). Aveva fiutato l’hype che si era creato intorno a lui e cercò di ottenerne i massimi benefici economici, restando in holdout per tutta la preseason e facendosi notare per i suoi comportamenti sopra le righe negli spogliatoi, regalando proclami tipo:” Non mi importa se il mio modo di fare non piace ai compagni, io non sono un giocatore come gli altri, io sono Tony Mandarich!” Fu tagliato dai Packers dopo 3 stagioni a dir poco mediocri, finì in rehab, giocò altre 3 stagioni nei Colts senza impressionare e si ritirò nel ’98, con Sports Illustrated che gli dedicò la seguente cover story:” The NFL incredibile bust!”. Perché per giocare in NFL ci vuole un fisico bestiale, ma senza testa non si va da nessuna parte!

Controcorrente

C’è un ruolo nel football sempre un po’ bistrattato, di cui si parla poco nonostante spesso sia fondamentale. Quello del Kicker/Punter. Pure al Draft vengono spesso snobbati, scelti solo negli ultimi giri quando va bene. Ma ci sono state delle eccezioni. Tre per la precisione. E due di queste hanno come protagonista il mitico Al Davis, il colorito e compianto proprietario dei Raiders, che nel 1973 scelsero al primo giro il punter Ray Guy (unico punter della storia in lizza per accedere alla HoF), e nel 2000, con la 17a scelta assoluta chiamarono il K Sebastian Janikowski, detto “il fucile polacco” e da allora stabilmente tra i migliori kicker della Lega. Al Davis, evidentemente aveva l’occhio lungo (almeno per quelli che giocavano la palla coi piedi!). Non altrettanto lungo invece lo ebbero i Saints, quando nel ’79 chiamarono con l’11a scelta assoluta un texano dal cognome impronunciabile: Russell Erxleben, punter. Che nella sua prima partita da pro, in pieno overtime, si distinse per essersi fatto passare sopra la testa uno snap. Con il pallone vicino alla propria Goal Line, tentò poi un disperato passaggio che finì subito tra le braccia di un  avversario, che lo riportò in endzone. In realtà, nonostante l’inizio discutibile, Erxleben non fu poi un disastro, ma certo non riuscì a ripetere al piano superiore le ottime gesta compiute a livello collegiale, tanto che la sua carriera durò solo 5 stagioni (più un tentativo di rientro durato poco). E comunque se l’è cavata meglio sul campo che ne fuori, dato che poi avrà diversi problemi con la legge per affari poco puliti che lo terranno diversi anni in carcere. Dove tra l’altro è appena rientrato.

Mr. Irrelevant e lo strano caso di Jimmy Walker

Ok, finora abbiamo parlato solo di prime scelte, assolute o no. Ma il Draft non finisce certo lì, anzi. La formula attuale prevede 7 giri di chiamate, e all’ultimo giocatore chiamato in assoluto, spetta il titolo di “Mister Irrelevant”. Il detentore di tale titolo (attualmente Chandler Harnish, Qb da Northern Illinois chiamato per 253° dai Colts) vince una settimana di vacanza a Newport Beach (nella cosiddetta “Irrelevant Week”, serie di eventi ideata dall’ex Wr Paul Salata) e il Lownsman Trophy, una parodia dell’Heisman in cui il giocatore non è ritratto mentre porta la palla, ma mentre commette un fumble. Va però detto che il “vincitore” accetta tale “premio” sempre di buon grado, perché è comunque un modo per ritagliarsi uno scampolo di notorietà e perché essere draftati, seppur per ultimi, nell’ipercompetitivo mondo del football USA, è sempre e comunque un successo. Raramente i Mr Irrelevant sono stati capaci di diventare “rilevanti” per il loro team (se li han scelti per ultimi, di solito un motivo c’è!), solo pochi sono riusciti a costruirsi una solida carriera NFL. Tra di loro segnaliamo il FB Jim Finn (Giants) e il LB David Vobora (Rams), con qualche presenza da titolari, mentre il più “rilevante” di tutti forse è il K Ryan Succop, titolare nei Chiefs con un buon 80% di realizzazione nei FG.  

E poi c’è lo strano caso di Jimmy Walker, Mr Irrelevant 1967, scelto dai Saints. Una chiamata piuttosto strana, se si considera che Jimmy, al College, non aveva mai giocato a football, ma solo a basket! Walker infatti declinò l’offerta dei Saints, per diventare, pochi mesi dopo, la prima scelta assoluta nel Draft a lui più gradito, quello NBA! Da Mr Irrelevant a prima scelta assoluta, seppure in due sport diversi. Only in America!

Iwo Jima, Bust, Steal, Undrafted….di tutto un pò!

Sapevate che tra le prime scelte assolute al Draft c’è anche un paisà? Si chiamava Angelo Bertelli, Qb da Notre Dame ed Heisman Trophy 1943, prima scelta assoluta al Draft dell’anno successivo, chiamato dai Boston Yanks, con cui non giocò mai. Perché quando lo scelsero, Bertelli era già stato chiamato in servizio dalla Marina, che lo spedì a combattere nel Pacifico. Combattè tra l’altro nella famosa battaglia di Iwo Jima, rischiando di restarci secco per un colpo di artiglieria giapponese esploso a pochi metri da lui. Tornato dal fronte, giocò una stagione coi Los Angeles Dons e due con i Chicago Rockets, quindi, a causa dei ripetuti infortuni al ginocchio, si ritirò.

JaMarcus Russell

JaMarcus Russell

Parliamo di bust. Chiamare un Qb con la prima scelta assoluta, ricoprirlo di dollari e ritrovarsi un brocco con la testa ovunque tranne che sul football. E che si armava di sana cattiveria agonistica solo il 27 del mese. E’ accaduto agli Oakland Raiders di Al Davis quando nel 2007 chiamarono JaMarcus Russell, da LSU, un ragazzone con fisico da TE (1.98 m per 140 KG!) e un bazooka al posto del braccio. E un portafoglio bello grosso da riempire, dato che andò in holdout fino alla prima di campionato, quandò lui e i Raiders si accordarono per un contratto di 6 anni con 32 milioni di dollari garantiti. Il suo esordio avvenne solo nell’ultima gara di regular season, dove lanciò un Td pass, ma con 2 intercetti e un fumble perso. Purtroppo per i Raiders, questi furono solo i primi scricchiolii. Russell infatti si rivelò come atleta un Balotelli 2 volte più grosso, ma con meno della metà del talento di Balotelli. Chiuse la sua rapida carriera NFL con più intercetti che Td (23-18), un misero 52% di completi e un desolante rating di 65.2, con 15 fumble persi. Il suo ricordo a Oakland è ancora talmente vivo che quando il Qb Terrell Pryor chiese di indossare la maglia n°2, quella di Russell, l’allora HC Hue Jackson gliela negò senza tanti giri di parole. Mai più un Qb col n°2 a Oakland. Una sorta di ritiro della maglia, ma al contrario.

Chiamare un Qb con la 199a scelta assoluta, così, tanto per far numero, e ritrovarsi tra le mani uno dei Qb più grandi di tutti i tempi. E’ accaduto nel 2000, un Draft in cui la prima scelta assoluta ( il DE Courtney Brown, chiamato dai…Browns) si rivelò un talento stroncato dagli infortuni; ebbene, in quel Draft i New England Patriots scelsero al 6° giro,  dopo “fenomeni” come Giovanni Carmazzi e Tee Martin (fenomeni sì, ma nella NFL Europe) un tal Tom Brady. Che dopo un anno di apprendistato in panchina, prese il posto di titolare e cominciò a riscrivere la storia del football: 5 Super Bowl, 3 vinti, di cui 2 da MVP, il record di TD pass in una stagione, 8 convocazioni al Pro Bowl, 2 volte MVP della stagione, e una serie di statistiche da capogiro. Il più grande steal della storia del Draft. Ed è curioso che il suo più serio rivale al trono di miglior Qb di tutti i tempi, Joe Montana, fu anch’esso uno steal. Infatti, nel Draft del ‘79 fu chiamato dai 49ers a fine terzo giro, per 82esimo (dietro gente come Jack Thompson e Todd Fuller). Perché anche un esercito di scout a volte sbaglia. La storia del Draft è piena di steal. Qualche altro nome? Terrell Davis, Rb grande artefice delle fortune dei Broncos a fine anni ’90, fu solo una sesta scelta. Shannon Sharpe, 3 anelli al dito, Hall of Famer e fra i più grandi TE di sempre fu chiamato solo al settimo giro. L’ultimo steal in ordine di tempo? Alfred Morris, Rb scelto dai Redskins al 6° giro e grande protagonista del ritorno ai Playoff del team della Capitale.

E poi c’è chi, come il DT John Randle, ha atteso invano di sentire il proprio nome chiamato al Draft, ed è diventato un undrafted free agent. A cui è stato offerto un provino dai Buccaneers (squadra dove giocava il fratello) ma fu scartato perché il coaching staff lo riteneva troppo undersized per giocare tra i pro. John venne reclutato poi dai Vikings a training camp iniziato, e divenne uno dei più forti DT della storia del football. Perché il Draft è la scienza inesatta per eccellenza, quasi un giro di roulette. In cui gente come Kurt Warner, Warren Moon, Wes Welker o Arian Foster ha potuto godere di una seconda possibilità, e l’ha sfuttata in pieno.

Il Draft 2013 non farà eccezione. Ci saranno scelta azzardate, scelte scontate, bust, steal, e undrafted che si faranno valere. Tutti si proclameranno vincitori, ogni tifoso sognerà che il proprio team abbia trovato il campione in grado di scrivere pagine leggendarie. Poi, a settembre, arriverà puntuale il campo, unico giudice insindacabile. Alcuni sogni si infrangeranno, altri voleranno ancora più in alto, altri sorgeranno all’improvviso.

E’ il football, gente! E buon Draft a tutti!

 

 

 

4 thoughts on “Questo pazzo, pazzo, pazzo Draft NFL!

  1. avrei aggiunto il famoso draft del 1998 quando ci furono i dibattiti su chi doveva essere la prima e la seconda scelta assoluta… Peyton Manning e Ryan Leaf… il secondo fu uno dei più grossi flop (da mettere in un’ipotetica top 5) della storia dell’NFL, il primo, beh, sappiamo tutti chi è…

  2. Bell’articolo, non vedo l’ora che sia il 25! Il mio personalissimo mock verrà sicuramente sbagliato già dalla prima chiamata

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