John Harbaugh

John Harbaugh

Baltimore è una città dalle nobili origini: ha vissuto momenti memorabili, come la battaglia di Fort McHenry dove le armate americane sconfissero le truppe di sua maestà la Regina d’Inghilterra, ma anche grandi tragedie come quando nel 7 febbraio 1904 un incendio devastò la città portando alla distruzione di oltre mille edifici.

La storia sportiva della città del Maryland è legata alla squadra di baseball dei Orioles quando correva il diciannovesimo secolo, e al football dove prima i Colts e poi i Ravens hanno scaldato l’ambiente dell’Inner Harbor.

Proprio dei Baltimore Ravens voglio venire a parlarvi perché saranno i prossimi protagonisti del Super Bowl in programma questa domenica al Superdome di New Orleans.

Digerita la pesante sconfitta rimediata nel Championship Game contro i Patriots l’anno scorso per colpa di un field goal sbagliato da Billy Cundiff, la squadra portata via da Cleveland dal pioniere Art Modell ha dovuto affrontare diversi problemi nella scorsa off season.

In primis l’infortunio al tendine d’Achille occorso a Terrell Suggs durante il training camp privato in Arizona, quindi l’età anagrafica che non ha fatto che segnalare il progressivo invecchiamento dell’asse portante della difesa formato da Ray Lewis e Ed Reed, per infine concludere con i dubbi legati alla costanza del quarterback Joe Flacco.

Una squadra affidata perennemente alle magie della sua difesa si è trovata in breve a dover chiedere un grosso favore al proprio attacco, ricco di pezzi pregiati ma non sempre all’altezza delle aspettative del general manager Ozzie Newsome e del head coach John Harbaugh, l’uomo che ha selezionato e scommesso su Flacco.

Il front office ha svolto un solido lavoro in sede di mercato ingaggiando Jacoby Jones come terzo wide receiver mancante, aggiungendo qualità al roster con delle chiamate al draft attualmente molto producenti rispetto ai risultati mediocri di inizio stagione.

Torrey Smith

Torrey Smith

La bombola d’ossigeno di Flacco

La scelta di affidare maggiori responsabilità a Joe Flacco facendogli giocare anche la no huddle, ha portato alla solita conclusione: Flacco è un giocatore con qualità da franchise quarterback purtroppo non realizzatosi per colpa di una frequente discontinuità.

La parte iniziale della stagione ha confermato il suo handicap alternando prove da campione ad altre da giocatore mediocre; alla fine dell’anno i touchdown lanciati sono stati 22 con 3817 yards e 10 intercetti, tutto sulla stessa linea degli anni passati.

Se non fosse stato per qualche infortunio di troppo a Pittsburgh e un inizio di stagione a rallentatore dei Bengals, il record di 10-6 difficilmente sarebbe stato raggiunto per via di alcune partite strappate grazie al solito orgoglio della difesa e dell’altra faccia dell’attacco in maglia viola, corrispondente in Ray Rice.

Il folletto uscito da Rutgers alla sua quinta esperienza tra i professionisti, si è reso protagonista di un’altra stagione con oltre mille yards (1143 con 4.4 a portata) e nove marcature aggiungendo un solido contributo negli screen pass ricevendo ben 61 passaggi per 478 yards e un td. E’ stato sempre la risposta ad ogni problema di Flacco, commettendo un solo fumble e realizzando giocate decisive per le sorti delle partite.

Il proseguo della stagione ha dato la possibilità di istaurare il gap decisivo tra la squadra di Harbaugh e le diretti concorrenti per la vittoria della Afc North, rivelando al mondo tutte le qualità di velocista della vera sorpresa e di questa cavalcata viola, vale a dire Torrey Smith.

Il prodotto del Maryland ha superato il trauma della scomparsa del fratello giocando tutte le partite da titolare, realizzando 49 prese, 855 yards e ben 8 td ricevuti, molti propiziati dal potente braccio di J-5, abile a cogliere gli spazi creatosi tra il numero 82 e gli avversari.

L’altro componente decisivo del reparto offensivo è stato Anquan Boldin, accusato di essere avviato verso la fase calante della carriera ma protagonista di un’altra stagione positiva. L’esperto wr ha ricevuto 65 palloni per 921 yards e 4 td, attirando spesso i raddoppi della difesa aprendosi spazi interessanti per i protagonisti silenziosi di questi Ravens.

Dennis Pitta

Dennis Pitta

I protagonisti silenziosi

Dietro le critiche su Flacco e le magie di Rice, un quintetto d’archi ha dato un contributo solido per le sorti della stagione: in primo il full back Vonta Leach, run blocker di primo livello e leader taciturno di un reparto corse invigorito della crescita del rookie Bernard Pierce, meritevole terzo giro con oltre 500 yards corse.

Ad offrire opzioni nel passing game dell’offensive coordinator Jim Caldwell ci ha pensato il duo di tight end composto da Ed Dickson e dal continuo Dennis Pitta, arrivato a 60 prese, 670 yards e ben sette palloni catturati nella end zone dimostrandosi un bersaglio sicuro in tutte le circostanze.

A fare da perfetto legame tra corse e passaggi è stato il lavoro della linea offensiva la quale ha contenuto qualsiasi avversario capitatogli di fronte. L’allineamento posizionato con Bryant McKinnie e Michale Oher agli estremi, Kelechi Osemele, Matt Birk e Marshall Yand all’interno ha reso la vita difficile a chiunque offrendo tecnica, potenza ed esperienza.

La fase finale della stagione segnata da quattro sconfitte su cinque ha dato segnali di cedimento, l’età di alcuni personaggi significativi per il rendimento del roster influiva sulle prestazioni generali della squadra e il solito Wacco Flacco non riusciva ad uscire dal bocciolo.

La vittoria nella propria Division ha concesso alla squadra della Charm City di disputare la wild card contro i Colts nelle mura amiche del M&T Bank Stadium dando la possibilità a Ray Lewis di esibirsi per un’ultima volta davanti al suo pubblico, quello che lo ha amato e rispettato fin dal suo esordio fino alla fine dei suoi giorni.

Ed Reed

Ed Reed

Sorry, I don’t wanna miss a defense

Non dimentichiamoci però del reparto difensivo perché se scrivi “Ravens” si legge “difesa”, almeno fino all’anno scorso, e pure quest’anno l’undici difensivo ha risposto ancora una volta presente nonostante gli infortuni di Lewis e del cornerback Webb abbiano privato il reparto di alcune colonne portanti della squadra.

Il passivo di 350 yards di media subite a partita conferma le difficoltà incontrare durante la stagione, ma nella maggior parte dei momenti cruciali delle partite il reparto è riuscito a contenere gli avversari tenendo l’inerzia a favore della propria squadra.

Onore al veterano defensive end Haloti Ngata, spesso in campo con problemi fisici e sempre tra i migliori del front seven, e a Paul Kruger, giocatore taciturno capace di realizzare 9 sacks sostituendo l’infortunato Suggs.

Ecco su T-Sizzie è corretto spendere due paroline: rientrato in anticipo rispetto alla data stimata all’inizio, ha giocato otto partite senza essere al massimo della forma e, di conseguenza, costretto numerose volte a fermarsi sulla sideline per riposare. Per fortuna dietro ci ha pensato il solito Ed Reed a metterci una pezza alle lacune dei compagni, intercettando quattro palloni e deviando 16 palloni. Intramontabile.

Joe Flacco

Joe Flacco

I play off e le loro stranezze

Poi la post season, la quinta nei cinque anni della gestione Harbaugh. Una favola per quello che sembravano i Ravens di fine anno, a corto di energie e di idee per un territorio così ostico dove per ben due volte si sono arresi alla base del gradino più alto. La soluzione?

E’ vero che nel football vince il complessivo e non il singolo, però se quell’ individuo è Joe Cool allora tutto si travolge. Infatti, dopo la vittoria non così netta contro i Colts, ecco la scintilla che libera nel cielo il grido dei corvi: a Denver, Flacco e compagni giocano una partita spettacolare, pareggiando il risultato a tempo ormai scaduto con un touchdown che i Broncos ricorderanno per l’errore della safety Moore e non per il gesto di Jones.

Intanto Ray Lewis riprende la sua posizione in mezzo alla difesa dopo aver recuperato dall’infortunio al tricipite destro patito nella week 6 contro i Cowboys, e lo fa alla sua maniera mettendo a segno in tre partite 44 placcaggi, non uno scherzo per un signore di 37 anni e unico reduce di quel Super Bowl vinto nella stagione 2000/01.

I supplementari premiano la franchigia del Maryland grazie al field goal del rookie kicker Justin Tucker, un’altra delle piacevoli sorprese dell’ultimo draft, che condanna i lanciatissimi Broncos alla resa e lancia i corvi a Boston, la terra degli odiati Patriots.

Al Gillette Stadium è una rivincita e i padroni di casa partono ancora con i favori dei pronostici seppure non così netti; la partita si sblocca nel terzo quarto dove i Ravens allungano e Tom Brady non riesce più a recuperare la gara venendo oscurato da un’altra prova superlativa di Flacco, davvero inarrestabile nei play off.

Finisce 28 a13 in favore degli uomini con il corvo sul casco nero ed uno sconsolato Brady abbandona il terreno di gioco, castigato ancora e lasciato fuori dal palcoscenico dove ha vinto tante volte.

Super Bowl, rieccoci qua!

superbowl62-ap_display_image

Flash Back: Lewis eletto Mvp del SB 2000

E’ fatta: Flacco abbraccia Harbaugh e i due sorridono, Lewis si china sul prato, piange e ringrazia i compagni per avergli dato ancora una partita, l’ultima della sua straordinaria carriera. Dopo dodici anni i Ravens tornano al Grande Ballo, di fronte avranno i 49ers, una vera e propria corazzata forte di un attacco solido,di una difesa poco permissiva e con allenatore tanto bravo quanto antipatico.

I bookmakers danno la squadra della Baia come favorita, ma dall’altra parte i Ravens non staranno di certo a guardare vantando di un’esperienza ai play off più continua rispetto ai Niners, reduci della seconda post season consecutiva dopo un digiuno che durava dal 2002.

Entrambe le formazioni sono imbattute al Super Bowl dove i californiani vantano un 5-0 da fare invidia, però dall’altra parte del campo c’è una formazione ritrovata, la cui difesa sta punendo come ai tempi migliori, l’attacco sbaglia poco e raramente nei momenti decisivi.

Tutto pronto quindi, domenica l’America si ferma per una partita che promette spettacolo. Per i Ravens c’è un motivo in più per vincere: regalare a Ray Lewis l’ultima gioia di una carriera passata a difendere l’onore della Charm City.

2 thoughts on “Road To The Super Bowl: Baltimore Ravens

Commenta

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.