Durante la scorsa settimana è venuto a mancare Art Modell, ed assieme a lui è sicuramente venuto a mancare un grande pezzo di storia della National Football League.

L’inizio del campionato e la voglia frenetica di rivedere le squadre in azione non hanno dato il tempo di riflettere approfonditamente sulla scomparsa di una persona che ha fatto e dato tanto e non solo alla Nfl, ma che nel contempo verrà sempre ricordato per aver tradito la città di Cleveland, da lui (temporaneamente) spogliata dai leggendari Browns.

Modell, 87 anni, si portava appresso un sacco di acciacchi, tipici di un anziano signore che il cui corpo conteneva quattro bypass, e che in più di qualche occasione aveva dovuto fare i conti con la parola infarto, segno che la salute stava cominciando un pò alla volta ad andarsene.

Ha rappresentato la storia dei Cleveland Browns che ha tanto amato, ed allo stesso tempo ne è stata la principale causa di disgrazia per via di quei meccanismi, tipicamente americani, secondo i quali se è necessario spostare o sostituire qualcosa di storico non è necessaro porsi tanti problemi, ciò che è stato è stato, e via dritti per la propria strada. Chi conosceva bene il personaggio, sapeva che lo stesso si portava dentro parecchi rimpianti per quanto accaduto, nonché per il fatto che se avesse potuto attingere da maggiori risorse finanziare avrebbe senza dubbio preso altre decisioni, e per non aver mai avuto modo di riappacificarsi con una città che di lui non voleva nemmeno sentir pronunciare il nome.

Art Modell aveva acquistato i Browns nel 1961, nel momento più splendente della loro storia, ben lontano dall’ideologia di Mistake On The Lake che ha spesso caratterizzato la città di Cleveland. Allora la squadra aveva vinto ben sette titoli Nfl sotto le direttive del leggendario head coach Paul Brown, che venne licenziato nel 1963 proprio da Modell per alcuni aspetti evidentemente non conciliabili tra i due, dal momento che la squadra vinceva, e non parevano esserci altri problemi di sorta.

La mossa fu impopolare ma fruttifera, se vogliamo di efficacia a parallela rispetto a quella effettuata anni dopo da Jerry Jones a Dallas, il quale mandò via lo storico Tom Landry andando a vincere tre titoli negli anni successivi. I Browns, dopo l’allontanamento del loro allenatore più carismatico di sempre, vinsero il campionato del 1964 battendo i Baltimore Colts (ironia della sorte…) per 27-0, mandando la mente lontana da quella decisione controversa, la quale non sarebbe stata l’ultima da parte del loro proprietario.

Modell diventò una persona sempre più influente per la Nfl, era un consigliere personale del commissioner dell’epoca, Pete Rozelle, e faceva parte di una stretta cerchia di proprietari che stava cercando di rivoluzionare il modo di interpretare la vendita del football americano al pubblico, in un periodo storico dove le partite a cui si voleva assistere andavano viste quasi solo ed esclusivamente dal vivo, non avendo i mezzi per godere di ulteriori alternative.

Fu lui a spingere per la creazione di un evento che fa parte della tradizione più radicata del football: il Monday Night. Verso la fine degli anni sessanta nacque l’idea, anche se molti degli altri owners non ne erano particolarmente affascinati, per il fatto che nessuno, a loro modo di vedere, sarebbe andato allo stadio di lunedì sera quando il martedì ci si doveva alzare presto per andare a lavorare, e che quindi restava la domenica il giorno più adatto a disputare le partite in calendario.

Rozelle, che aveva già sperimentato la partita del lunedì mettendo una manciata di incontri tra il 1964 ed il 1969, appoggiò l’idea di Modell secondo il quale il Monday Night doveva diventare un appuntamento televisivo fisso, ed il medesimo owner dei Browns recitò un ruolo prominenete nel chiudere le trattative con la Abc, al tempo emittente di secondo, se non terzo piano.

Il primo Monday Night ufficiale venne giocato nella stagione 1970, e Modell si offrì volontario per carpire gli effetti di quella che era stata anche una sua creatura. Per attirare maggiori affluenze, chiese solamente di poter giocare contro i Jets di Joe Namath, la star del momento, al resto ci avrebbe pensato lui mettendo a disposizione il capiente Municipal Stadium per una prima esibizione dir poco storica che portò alla vendita di 85.000 tagliandi, il più gran risultato di sempre nella storia sportiva di Cleveland, la cui gente venne da ogni possibile parte della città. I Browns vinsero per 31-21. Il resto è storia.

Senza il Monday Night Football, la Nfl non sarebbe la stessa. Senza i contratti televisivi ideati e discussi da Modell, la lega ed i proprietari delle squadre non sarebbero ricchi così come lo sono oggi. Senza di lui i giocatori non godrebbero degli stessi diritti che detengono nei nostri giorni, in quanto fu lui ad essere decisivo per la creazione del primo contratto collettivo di lavoro della National Football League.

I Browns vissero un altro periodo di splendore nella seconda parte degli anni ottanta, quando arrivarono vicinissimi all’accesso al primo Super Bowl della loro storia per ben tre volte. Il sogno era lì ad un passo, ma un certo John Elway ed i suoi Denver Broncos rovinarono la festa più e più volte.

L’11 gennaio del 1987 il Municipal Stadium era pronto ad esplodere di gioia quando, con 5 minuti rimasti sul cronometro e gli avversari schiacciati sulla linea delle 2 yards, la squadra di casa era in vantaggio per 20-13. Elway riscrivette la storia del gioco dirigendo magistralmente il suo attacco percorrendo le 98 yards che separavano i Broncos dal pareggio (il famoso “The Drive”), quindi il piede di Rich Karlis infilò, in overtime, il field goal della vittoria e del biglietto per la finalissima.

L’anno dopo arrivò l’occasione per la rivincita a campo invertito, ancora una volta c’era in palio la vittoria dell’Afc Championship, e dopo un primo tempo dove erano stati sotto per 21-3, i Browns rimontarono fino ad arrivare al 31 pari. Dopo un touchdown di Denver sul finire del quarto periodo, i Browns, condotti dal quarterback Bernie Kosar, giunsero fino alla linea delle 8 yards con la possibilità di pareggiare, ma il running back Earnest Byner commise un turnover che condannò nuovamente Cleveland alla sconfitta, azione passata alla storia come “The Fumble”.

Marty Schottenheimer, il coach di quelle squadre lasciò la franchigia dopo le numerose sconfitte ai playoff (ne era arrivata una terza al Championship, ancroa contro Denver, nel gennaio del 1990), in parte lamentandosi del fatto che Modell interferiva con lo spogliatoio troppo spesso, e che a tutti e due avrebbe fatto bene prendere strade diverse. Le decisioni dell’owner tornarono di stretta attualità qualche anno dopo quando, nel 1993, appoggiò la richiesta dell’head coach Bill Belichick di tagliare la bandiera Kosar mentre la squadra capeggiava la propria division, in una stagione dove non si fecero nemmeno i playoff.

Modell stava chiaramente cominciando ad avere problemi nel governare una squadra dalla quale non prendeva soldi, facendo pervenire i primi timidi segnali di scricchiolio nel rapporto con la sua città adottiva – era nato a Brooklyn – alla quale aveva donato diverse infrastrutture, tra le quali il nuovo ospedale di Cleveland.

Aveva chiesto insistentemente alle autorità politiche locali un sostegno per poter costruire un nuovo stadio, promessa fatta ai tifosi in numerose occasioni, ma non ottenne mai l’aiuto sperato. I Browns, oramai in discesa, subirono decisioni affrettate e pericolose per le loro finanze, tanto che alcune banche rifiutarono il prestito che Modell aveva chiesto per pagare il signing bonus di Andre Rison, wide receiver preso per tentare una svolta offensiva ma che mai giocò bene come aveva fatto ad Atlanta. Questo ed altri flop crearono una situazione non più sostenibile.

Il 6 novembre del 1995 Modell annunciò che avrebbe trasferito i Browns a Baltimore, supportato dai consigli della moglie Pat, al quale è stato legato per 42 anni di matrimonio (è mancata l’anno scorso), la quale gli chiese il motivo per cui si ostinasse a rimanere a Cleveland dopo tutto quello che aveva fatto per la città quando i politici locali avevano chiaramente dimostrato di non supportarlo nel progetto del nuovo stadio.

A Cleveland scoppiò la rivoluzione, e l’ultima partita di regular season, vinta dai Browns, finì in una specie di guerriglia specialmente nella famosa sezione del Dawg Pound, il settore appartenente ai tifosi più affezionati. Anni dopo, l’owner avrebbe svelato che se non avesse spostato i Browns, avrebbe dovuto dichiarare bancarotta.

Quello che tolse ad una città, Modell lo regalò ad un’altra in quanto Baltimore aveva sofferto la perdita degli amati Colts nel 1984. Muovere i Browns fu un delitto per la tradizione storica della squadra e della lega, ridare il football a Baltimore attraverso i neonati Ravens fu un atto che nel Maryland ricordano con grande affetto e stima, in particolar modo vista la vittoria nel Super Bowl XXXV contro i Giants attraverso una memorabile prestazione difensiva comandata da un giovane Ray Lewis. L’unica cosa positiva? La città di Cleveland mantenne i diritti ed il nomignolo della squadra di football, che venne riesumata a partire dal campionato 1999, giocando in quello stadio che a Modell non era mai stato concesso.

Nel 2004 Modell vendette la parte rimanente delle proprie quote a Steve Bisciotti, l’attuale proprietario dei Ravens, al quale aveva già ceduto parte della proprietà nel 1999. Tenendo per sè solamente l’1% delle quote continuò a seguire la sua squadra, che nel 2002 lui stesso aveva dato in gestione manageriale ad Ozzie Newsome, ex tight end dei Browns passato alla storia per essere divenuto il primo general manager afro-americano della Nfl.

Proprio Newsome ha sottolineato il lato più apprezzato di Art Modell, ovvero la capacità di tirar fuori una battuta dietro l’altra, qualità confermata da chiunque sia stato intervistato in merito. Durante i meeting  tra i proprietari, se da un lato del salone partivano delle risate, sicuramente Art faceva parte del gruppo.

“Oggi in cielo si sentiranno un sacco di risate. E’ arrivato Art.”

Pioniere, personaggio controverso, ancora oggi odiato per quello che ha fatto a Cleveland tanto da indurre i Browns ad evitare di rendergli omaggio prima della gara contro gli Eagles per evitare possibili imbarazzi, uomo dalla riconosciuta grande simpatia, contribuente storico per lo sviluppo del marketing del football, e classico uomo americano partito dal piccolo per arrivare al grande, indubbiamente meritevole di una futura appartenenza alla Hall Of Fame per quanto dato alla National Football League.

Arthur Bertram Modell (25 giugno 1925 – 6 settembre 2012)

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