Randy Moss, la bestia nera dei Packers

Ooooops, I did it again!

Sì, lo so. Intitolare un articolo di football come una insulsa canzoncina dell’ancor più insulsa Britney Spears non è il massimo, e probabilmente non depone neanche a favore di chi lo scrive.

Ma domenica, in quella sbornia di football che caratterizza la week 1 (maledetta offseason, sempre troppo lunga!), non mi è venuta in mente altra espressione con cui etichettare tre eventi a cui ho avuto la fortuna di assistere comodamente seduto sul divano di casa.

Tre personaggi diversissimi, tre azioni di gioco spettacolari quanto importanti, e soprattutto, tre storie di corsi e ricorsi storici che le rendono così particolari da meritare di essere raccontate nel dettaglio. Perché il football è sì strategia, atletismo e business miliardario, ma anche e soprattutto storia di squadre, luoghi e uomini, vincitori o vinti che siano.

Randy Moss, Demaryius Thomas, Tracy Porter (più una guest star d’eccezione). Ecco le loro storie condensate in un’azione.

L’incubo del Lambeau Field

Qualsiasi appassionato di football conosce il Lambeau Field. E’ lo stadio, o per meglio dire il “tempio”, dei Green Bay Packers. E’ un luogo in cui, già all’ingresso, passando accanto alla statua del mitico Vince Lombardi, respiri la storia di questo sport. E’ un catino di vecchia generazione, lo stadio più old style di tutta la Lega, quello in cui dopo un touchdown puoi letteralmente tuffarti in mezzo ai tifosi, detti le cheeseheads, le “teste di formaggio”, per via del loro caratteristico copricapo.

Qui si sono scritte pagine epiche di football, specie in inverno, quando il gelo del Wisconsin fa il suo dovere e il campo si trasforma nella mitica Frozen Tundra. Randy Moss conosce bene questo posto. Da nemico, però.

Perché se sei scelto al draft dai Minnesota Vikings, sai già che quel posto per te diventerà “La tana del nemico” per definizione, tale è la rivalità tra Vikings e Packers. Il luogo in cui la vittoria, per un tifoso purple&gold, vale doppio, se non triplo.

Randy lo sa. E nel 1998 fa in modo che il suo debutto su tale palcoscenico resti ben impresso nella memoria delle cheeseheads. 5 ricezioni, e fin qui nulla di straordinario, ma per….190 yds!!! E 2 td pass ricevuti, uno da 52 e uno da 44 yds!

Moss diventa subito un idolo a Minneapolis, e un incubo a Green Bay. Un incubo che, il 9 gennaio 2005, diventa psicosi. E’ un wild card game, dentro o fuori. I Packers, largamente favoriti, ospitano i Vikings, che nella loro storia, mai erano riusciti ad espugnare il Lambeau Field nei playoffs.

I Vikings sfornano una partita pressoché perfetta, e Randy (che già aveva timbrato il cartellino), nell’ultimo quarto, ci mette la ciliegina. Un Td dei suoi, su un passaggio lungo, in cui fa valere tutto il suo strapotere fisico e atletico sui malcapitati defensive-back gialloverdi. E’ il game over.

Randy lo sa, e si avvicina alla curva delle cheeseheads, si gira di spalle e… fa finta (per fortuna solo finta!) di calarsi le braghe e mostrare le terga ai tifosi avversari! Joe Buck, il commentatore della Fox, in diretta lo definì un atto disgustoso, e la NFL lo multò per comportamento antisportivo.

Fu l’apoteosi per il n°84, anche se, ironicamente, quello fu l’ultimo Td in maglia purple&gold per Randy. Che probabilmente ripensava a tutto questo domenica pomeriggio, mentre varcava, con la casacca biancorossa dei 49ers, la soglia del Lambeau Field.

E’ tornato a 35 anni, dopo un anno di ritiro. Troppa voglia di football. Troppa voglia di mettere al dito quell’anello che gli manca. Nelle schiene delle cheeseheads passa un brivido, e una domanda: sarà ancora lo stesso? Sarà ancora un incubo o gli anni lo avranno ormai disinnescato?

Secondo quarto: palla sulle 14 dei Packers, Moss trova un’autostrada in mezzo alla secondaria gialloverde. Alex Smith lo vede. Il passaggio è un laser. Touchdown!

Randy corre verso le cheeseheads, si gira di spalle e… no, niente calata di braghe. Con i pollici, indica il proprio nome sulla maglia. “Hey, sono ancora io! Vi eravate dimenticati di me?”. No Randy, non si erano dimenticati. Ma avevano sperato di poterlo fare.

Ancora tu?

E’ domenica notte a Denver, Colorado. Al Mile High Stadium (scusate, ma non riesco proprio a chiamarlo Sports Authority Field) va in scena il Sunday Night game, Broncos vs Steelers.

I riflettori sono tutti puntati sul ritorno di Peyton Manning. Ma la partita per gli arancioni è difficile. Siamo a metà del 3°quarto, gli Steelers hanno appena segnato il FG del 13-7. L’attacco giallo nero riesce a macinare drive lunghissimi, Big Ben distribuisce impeccabilmente palloni ai suoi target (Wallace, Brown, Sanders, Miller), la difesa Broncos vacilla, Peyton e l’attacco marciscono in panchina. Solo una scossa può girare la partita.

Palla sulle proprie 29 yds. Peyton è costretto a cercare un passaggio corto, quasi uno screen, per il Wr Demaryius Thomas. Lui si libera del difensore, riceve, e comincia a correre. La S Troy Polamalu è tagliata fuori, la secondaria Steelers è sbilanciata. Il left guard Zane Beadles, mostrando una velocità sorprendente per un lineman, va a fare un blocco sull’ultimo ostacolo…. Demaryus ingrana la quinta…. Touchdown di 71 yds!

Ma nella testa dei tifosi Broncos e Steelers c’è un certo senso di deja vù. Come un film che si ripete, e neanche a distanza di molto tempo. Basta risalire all’8 gennaio di quest’anno. Wild card game, Denver vs Pittsburgh.

I Broncos, pur giocando in casa, sono sfavoritissimi. In fondo, come abbiano fatto ad arrivare ai playoff è già di per sé per molti un mistero. Eppure quella sera c’è partita, eccome. E’ 23 pari, si va all’overtime.

Gli Steelers hanno inseguito tutta la partita, ma sono riusciti a rimontare, e l’inerzia sembra essere tutta dalla loro. La palla è dei Broncos, sulle proprie 20 dopo un touchback. Tim Tebow spara un proiettile sul medio lungo per chi? Per Demaryius Thomas! Che prende il pallone, si libera del difensore ecc. ecc. e… Touchdown da 80 yds!!! Steelers fuori, Broncos al Divisional. L’overtime più veloce della storia (11 secondi)!

Certo, domenica l’impresa di Thomas non ha avuto la stessa risonanza mediatica. Ma oltre all’avversario, c’è un’altra cosa in comune. Quella sera, tutti andarono a celebrare non Demaryius, ma Tim Tebow. Domenica sera, qualcuno ha celebrato Demaryius? No! Hanno celebrato Peyton Manning. Non prendertela Demaryius. Riprovaci ancora. Ma intanto però, evita di farti vedere in giro per Pittsburgh…..

Se non puoi batterlo, fattelo amico!

Siamo sempre al Mile High Stadium, è la stessa partita: Broncos-Steelers. Mancano poco più di 2 minuti alla fine. I Broncos sono avanti 25-19, e Big Ben Roethlisberger è impegnato ad orchestrare il drive del possibile sorpasso finale. E gli è già riuscito altre volte (chiedere ai tifosi degli Arizona Cardinals, ad esempio).

La palla è sulle 43 degli Steelers. Big Ben lancia, ma….intercetto! E’ Tracy Porter a pizzicare il pallone, e a riportarlo in endzone. Game over! Sulla sideline, Peyton Manning osserva. Nella sua testa scorre un film, quello del SuperBowl XLIV.

Lui indossa la casacca dei Colts, presentatisi a quel Grande Ballo da favoriti, ma ora in grossa difficoltà. Mancano 3 minuti e 12 secondi alla fine, i Saints a sorpresa sono avanti 24-17. Peyton ha guidato i suoi magistralmente fino alle 26 yds in territorio Saints. E’ però un 3°down. Manning lancia verso il suo bersaglio preferito, il Wr Reggie Wayne. Ma chi è che spunta fuori invece?

Tracy Porter, all’epoca in maglia Saints, che intercetta il pallone e lo riporta in endzone per 74 yds, e dà il titolo ai Saints. Chissà quante volte Peyton avrà ripensato a quel passaggio. E ci avrà ripensato anche domenica sera, vedendo Porter involarsi verso la endzone.

Ma stavolta, dopo quell’attimo di smarrimento tipico dopo un deja vù, specie se traumatico, Peyton ha guardato Tracy, si è guardato, e ha visto che entrambi indossavano una maglia arancione. E allora, dopo aver tirato un grosso sospiro di sollievo (della serie “ma allora non è capitato solo a me”), ha esultato anche lui. E ha sicuramente capito quanto sia importante avere dalla propria parte Tracy Porter, l’uomo da cui stare lontani nei finali di partita.

Ovviamente, non so se le cose siano andate effettivamente così, non posso entrare nelle teste dei giocatori. Ma così le ho viste io, e così mi piace raccontarle, sperando che a voi così sia piaciuto leggerle.

4 thoughts on “Ooooops, I did It again (in NFL)!

  1. Belle pillole di storia recente.
    Solo un appunto: la cattiveria gratuita contro la povera Britney grida vendetta!
    p.s.:
    non capivo allora e non capisco ancora oggi come si potesse dire che i saints partissero sfavoriti nel superbowl XLIV. Il loro attacco squarciava le difese con una facilitĂ  allucinante, sembravano destinati all’anello sin dalle prime settimane.

  2. Bell’articolo, complimenti per come hai raccontato queste storie che lo sport americano ci regala in così grande quantitĂ . Continua così!

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