Philip Rivers urla le ultime istruzioni ai ricevitori, i linebacker si muovono freneticamente cercando di disorientare l’attacco, il centro aggiusta la protezione di linea.

Il Qb inizia la cadenza pre-snap, la linea di scrimmage è una batteria di corpi, muscoli tesi e concentrazione, ma dietro c’è lui, maglia blu elettrico numero 21, immobile, leggermente piegato in avanti con le mani sulle ginocchia, sembra quasi rilassato.

Scruta e legge la difesa, osserva tutti i movimenti, ma i difensori non possono rispondere allo sguardo perché il visore è nero ed abbassato, una maschera impenetrabile. Questa è la calma prima della tempesta, una delle visioni più terrificanti per una difesa NFL nell’ultima decade.

In due parole: LaDainian Tomlinson.

Sono queste le immagini che prima di tutte affiorano in mente nell’apprendere la decisione del fortissimo runningback di ritirarsi dal football giocato dopo 11 anni di carriera, di cui ben 9 spesi con i suoi amati San Diego Chargers e gli ultimi due passati alla corte di Rex Ryan e dei New York Jets.

LT si ritira, esce di scena un grandissimo di questo gioco, un campione dentro al campo ma anche fuori, sempre pronto a sorprendere con la sua onestà e classe, caratteristiche non proprio ricorrenti nelle superstar odierne. Nonostante una carriera sfavillante e un posto nella Hall of Fame sicuro già da parecchi anni, Tomlinson non ha mai dimenticato chi fosse né da dove venisse, tutto ciò che ha avuto se lo è dovuto guadagnare lavorando più duro degli altri, imponendo volta per volta le sue qualità a dispetto dei cosiddetti “esperti” che non lo ritenevano all’altezza.

Al liceo a Waco (Texas) l’allenatore lo ha schierato prima linebacker, poi fullback, e infine solo nell’ultimo anno runningback. Il giovane LT dimostra subito le sue qualità, vincendo il premio di giocatore offensivo dell’anno, ma al momento di reclutare le nuove leve i grandi college guardano oltre non considerando il texano, che finirà a TCU, Texas Christian University. Immediatamente spostato a fullback e poi riserva, LaDainian riconquista in breve tempo la fiducia dello staff tecnico, facendo la fortuna degli Horned Frogs portandoli nel 1998 alla vittoria nel Sun Bowl contro USC dopo un’attesa di ben 41 anni. Tomlinson rimane per tutti e quattro gli anni all’università, guidando per due volte la nazione in yard corse e guadagnandosi fama e rispetto.

Al draft NFL del 2001 i San Diego Chargers hanno la prima scelta assoluta, che decidono di mandare ad Atlanta in una trade. Scesi allo spot numero 5 selezionano il runningback da TCU. Nonostante fosse un recente candidato per la vittoria del trofeo Heisman, Tomlinson passa nel giro di una notte dallo stato di corridore più forte del Draft a quello di “tizio che è stato scambiato per Micheal Vick”, che i Falcons avevano scelto con la numero 1.

LT si ritrova in una squadra scadente, devastata dalla trade del 1998 che ha portato con sé Ryan Leaf, uno dei bidoni più clamorosi nella storia del football, e da una gestione del roster discutibile. Ma che il ragazzo sia un fenomeno si fa presto a capirlo, già nella stagione da rookie fa registrare numeri importanti, correndo per 1200 yard in una squadra terribile, dimostrando una grandissima velocità ma soprattutto un’abilità di leggere il gioco e di taglio e cambio di direzione fuori dal mondo, senza considerare l’enorme forza di volontà ed il coraggio che dimostra nel voler risollevare una franchigia che dal 1995 non faceva registrare una stagione vincente.

Nell’anno da sophomore arrivano quasi 1700 yard, 14 touchdown e la prima di 4 convocazioni al Pro Bowl, mentre nel 2003 diventa il primo giocatore nella storia dell’NFL a correre per più di 1000 yard e ricevere almeno 100 palloni, dimostrando di saper fare tutto su un campo da gioco. E’ infatti solo il settimo giocatore in assoluto a correre, ricevere e lanciare un touchdown nella stessa partita.

LaDainian continua a crescere e migliorare, e con lui i Chargers, che ritrovano i playoff nel 2004, perdendo in overtime contro i Jets, mentre il General Manager A.J. Smith assembla un roster di valore, trovando in Philip Rivers un degno sostituto di Drew Brees, partito dalla California con una spalla distrutta, e pescando nel draft campioni del calibro di Nick Hardwick, Marcus McNeill, Shawn Merriman, che prima degli infortuni era un vero e proprio terrore, Antonio Gates e altri ancora.

Il 2005 è un anno interlocutorio, ma nel 2006 Tomlinson raggiunge l’apice della carriera e trascina i Bolts ad un record di 14-2, il migliore dell’NFL. Sul campo da gioco il numero 21 è letteralmente inafferrabile, devastando le difese avversarie senza fatica, segnando touchdown a piacimento sia tramite lunghe galoppate che con azioni di forza dall’interno della red zone, dove i suoi salti sopra la mischia che si va a formare in prossimità della goal line sono diventati un’icona, il suo marchio di fabbrica.

I numeri a fine anno sono mai visti prima, molti record cadono sotto i colpi del texano che riscrive la storia. LT chiude con 2323 yard totali, 31 touchdown in stagione regolare, 28 su corsa e 3 su ricezione, mai nessuno come lui, battendo il primato fatto registrare l’anno precedente dal runningback dei Seattle Seahawks Shaun Alexander.

Segna addirittura 19 touchdown in sole sei partite, segna ben 4 touchdown in tre partite diverse, contro i malcapitati 49ers, Bengals e Broncos. E’ il primo di sempre a mettere a segno almeno 3 td in tre partite consecutive ed è il più veloce di sempre a raggiungere quota 100 marcature su corsa, impiegando solo 89 partite di stagione regolare contro le 93 di Walter Payton ed Emmitt Smith. Una cascata di premi si abbatte sulla squadra, e il premio di NFL MVP è sacrosanto e meritato.

Ma i playoff sono una bestia completamente diversa dalla regular season, e sebbene i Chargers siano imbattuti al Qualcomm Stadium e Tomlinson sfoderi una prestazione all’altezza, nel Divisional Round arriva una sconfitta demoralizzante contro i New England Patriots per 24 a 21, grazie anche ad un errore madornale del safety Marlon McCree che ancora oggi grida vendetta.

L’anno successivo la musica si ripete, con una grande stagione regolare, ottimi numeri, non sui livelli stratosferici dell’anno prima ma abbastanza per guidare la lega per numero di yard corse e conquistare la AFC West, ma con una sconfitta nell’AFC Championship sempre contro Brady e soci per 21 a 12.

Dopo la partita molti esponenti dei media americani accusano Tomlinson, che a parte un paio di snap guarda la partita dalla panchina a causa di un infortunio al ginocchio, con il casco a coprire il viso, di scarsa volontà e resistenza al dolore, soprattutto dopo che Rivers aveva completato quella stessa partita con il legamento crociato anteriore rotto. Solo dopo si venne a sapere che l’infortunio era più grave di quanto si potesse pensare e che tornare in campo non era proponibile.

Anche se all’epoca non era evidente, quello fu l’inizio della fine per Tomlinson e per le opportunità di titolo per San Diego. I problemi fisici si fecerosempre più frequenti e i tempi di guarigione si allungarono sempre di più. Nel 2008 problemi all’alluce e all’inguine tormentarono il runningback per tutta la stagione, facendo calare le sue yard a 1100 e costringendolo a saltare la sfida playoff contro i Pittsburgh Steelers, l’ennesima sconfitta ed eliminazione.

Il 2009 va anche peggio: 14 partite giocate, infortuni a ripetizione e neanche 300 yard guadagnate. I playoff arrivarono, come arriva puntuale la sconfitta per mano dei Jets. LT non riesce più a fare la differenza, questo è evidente, e il GM Smith prende l’impopolare decisione di liberarsi dell’ormai 30enne campione del Texas.

Le ultime due stagioni ai Jets viene quasi voglia di non considerarle, anche queste costellate di problemi fisici e distrazioni, a tutti noi faceva uno strano effetto vedere il numero 21 in maglia verde, lui che al pari del compianto Junior Seau era soprannominato Mr.Charger, nelle cui vene scorre sangue color powder blue. E’ anche per questo motivo che la dirigenza di San Diego ha fatto firmare a LaDainian un contratto da un giorno di durata, in modo da permettergli di ritirarsi come un Charger, un atto dovuto e senza dubbio significativo.

Tomlinson lascia l’NFL con molti record all’attivo: oltre al già citato numero di td in una stagione, detiene il primato per punti messi a segno in una stagione (186), è l’unico ad aver fatto registrare ben sette stagioni consecutive con più di 1200 yard su corse e nessuno ha avuto più stagioni di lui con almeno 10, 11,12,13,14, 15, 16, 17, 18 e 20 touchdown. Numeri da capogiro, per il corridore che insieme a Marshall Faulk è sicuramente il più versatile della storia del football.

Ora per LT inizierà una nuova fase della sua vita, sicuramente lo rivedremo nel 2018 a Canton dove c’è già un busto ed una giacca nuova di zecca ad aspettarlo, e anche se so già che i tifosi dei Chiefs, Raiders e Broncos non la penseranno come me, sono sicuro che mi mancheranno le domeniche con il 21 in maglia blu, visore nero come la notte, un attimo è immobile a studiare l’inferno che lo circonda, l’attimo dopo è in end zone con l’ovale nelle mani, dietro di lui una difesa che si sta chiedendo cosa diavolo sia successo.

4 thoughts on “Il ritiro del grande LaDainian Tomlinson

  1. Oggi è un giorno triste. Appende le scarpette al chiodo un vero campione, fenomeno assoluto,che ha avuto la sfortuna di trovare davanti a se squadre troppo organizzate per poter vincere ciò che avrebbe meritato. (steelers,patriots).

  2. Bellissimo articolo.
    Io seguo il Football dal 1999, praticamente da quando LT ha iniziato a muovere i primi passi in NCAA. La mia “carriera” da spettatore è iniziata con la sua da giocatore. Ora mi fa un certo effetto vedere che uno dei miei grandi idoli si ritira.
    Stupendo il paragone con Vick. 11 anni fa LT era quello scambiato per Vick. Ora pensare a quella che è stata la carriera e la vita privata di LT rispetto al fallimento totale del QB nativo della South Carolina mette i brividi.

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