Mike Shanahan sta cercando di riportare i Redskins alla loro tradizione vincente.

Da un paio di giorni è cominciato il nuovo league year, ovvero è ufficialmente iniziato quel periodo di offseason 2012 dove è possibile trattare free agents e discutere nuovi contratti, effettuare scambi e dove ogni mossa portata a termine riesce già a fare assaporare un piccolo pezzettino di ciò che verrà a settembre. I roster cominciano a svuotarsi e da riempirsi nuovamente quasi allo stesso tempo, tanti nomi che da tempo erano sul mercato si sono accasati altrove, e molte squadre avranno un’identità diversa rispetto a quella con cui hanno chiuso il campionato appena vinto dai New York Giants.

I Washington Redskins hanno sempre recitato un ruolo primario non appena il periodo di caccia ai migliori giocatori dal contratto scaduto veniva ufficialmente aperto, pratica che sotto il regime dello spendaccione Dan Snyder, uno che ha sempre desiderato vincere tanto e subito senza mai neanche avvicinarvisi, è diventata costante quasi fosse un immancabile rito annuale. Da quando è stato assunto Mike Shanahan, operazione coincisa con l’inizio dell’incarico di general manager da parte di Bruce Allen, figlio del leggendario coach dei Redskins George Allen, la cultura dello spogliatoio e dela franchigia sono cambiate, e le scelte al draft hanno improvvisamente ripreso ad essere valorizzate come ogni franchigia vincente – i fatti parlano da soli – riesce a fare.

Sono passati i tempi della firma fantastiliardaria di Albert Haynesworth e del suo molliccio fondoschiena poco propenso al lavoro duro, delle trade-suicidio o dei mega-contratti per giocatori mediocri quali Brandon Lloyd all’epoca o Antwaan Randle-El, e con essi è, seppure a fatica, cominciata a passare l’idea che Washington fosse sempre pronta a tuffarsi a pesce su qualsiasi cosa attirasse l’attenzione, accaparrandosela come se per vincere il campionato bisognasse ammassare talento senza criterio alcuno, giusto per sfoggiare dei nomi e far vedere agli altri che sulla carta si era potenzialmente più forti. I risultati poi ottenuti, purtroppo, hanno sempre dato torto marcio ad un modo di operare che ha reso i Redskins una barzelletta, uno status davvero poco consono ad una delle squadre più storiche e vincenti nella storia della Nfl.

Vero: la domanda che chiunque legga sta per farsi, o si sarà già fatto, riguarda il blockbuster deal, come chiamano negli Stati Uniti gli scambi clamorosi che coinvolgono pacchetti di giocatori o di scelte, che Washington ha finalizzato con i St. Louis Rams, ottenendo quindi il diritto a scegliere alla posizione numero due assoluta, con l’evidente intenzione di portare nella capitale il pezzo mancante più importante, in un ruolo dove la stabilità è mancata da due decenni. Una mossa azzardata per una franchigia che sta tentando di valorizzare il draft come appena detto sopra.

I Redskins hanno sempre pescato di tutto, ma si sono sempre dimenticati di firmare un franchise quarterback.

Vista così, la situazione non è poi differente da quella che c’era qualche anno fa, dove sperpero e mancanza di criterio erano all’ordine del giorno. I Redskins, non appena intravista la possibilità di mettere le mani su ciò che cercavano, hanno messo in piedi un’altra operazione fulminea che ha immediatamente escluso qualsiasi concorrente dal poter dire la propria, mettendo sul piatto un numero di scelte mai visto nella storia con una decisione che da una parte ha una certa logica di fondo, e che dall’altra potrebbe costare, in caso fallimento, altre stagioni di dolore ad un’organizzazione che non sa più che cosa significa essere vincente.

Robert Griffin III vestirà la maglia dei Washington Redskins, a meno di clamorose sorprese.

La scelta numero due al prossimo draft significa una sola cosa: il franchise quarterback tanto agognato vestirà finalmente il casco pellerossa, ed ha già un nome ed un cognome, Robert Griffin III, niente meno che l’ultimo Heisman Trophy in ordine cronologico, un ragazzo che ha messo l’università di Baylor in una posizione di rilievo all’interno di una conference storicamente per essa avara di soddisfazioni, ottenendo vittorie importanti contro avversari di spessore. Ovvio, tale sbilanciamento nella previsione di scelta deriva dal fatto che gli Indianapolis Colts, i primi a chiamare il loro ragazzo del futuro, andranno al 99.9% su Andrew Luck, l’asso di Stanford che avrà l’arduo compito di sostituire Peyton Manning e di porre quanto prima fine ad un processo di ricostruzione che nell’Indiana non vedono da più di un decennio.

Proprio Manning, il free agent più ambito nella storia recente, è stato la causa indiretta della grande decisione. Una volta stilata la lista delle destinazioni preferenziali il buon Peyton aveva difatti escluso Washington, secondo lui non attrezzata per vincere nell’immediato come i suoi problemi al collo – nonchè i 36anni – richiedono, facendo svanire da subito qualsiasi sforzo per tentare di prenderlo e portarlo alla corte di Shanahan. La logica conseguenza è stato il contatto con i Rams, che qualche settimana prima avevano manifestato l’intenzione di scendere dalla posizione numero due e dare la scelta al miglior offerente. La trattativa si è svolta con la concorrenza dei Cleveland Browns, altra squadra molto interessata a migliorare il proprio roster nel settore quarterback.

Washington ha chiuso la partita con tre prime scelte ed una seconda, un prezzo mai pagato per scambiare di posizione con un’altra franchigia. Ai Rams sono andate la scelta numero 6 assoluta – con la quale il management ritiene di poter ugualmente soddisfare le proprie necessità – e la scelta di secondo giro 2012 appartenente ai pellerossa, comprendendo pure le scelte di primo giro 2013 e 2014.

Washington sacrifica quindi un pezzo consistente di futuro per prendersi un talento irripetibile, in un draft che per i quarterback arriva solo una volta ogni tanto. La franchigia, da quando ha vinto l’ultimo Super Bowl con Mark Rypien a guidarla, non ha mai avuto un quarterback in grado di avvicinarsi allo status di soluzione a lungo termine. Il ruolo è stato paragonabile alla porta girevole di un albergo, le aspettative sono state tradite con una puntualità allucinante, i nomi visti sono stati tanti, e presto dimenticati. Dalla scellerata scelta di Heath Shuler all’era di Gus Frerotte, dalla Florida Connection portata da Steve Spurrier (Danny Wuerfell e Shane Matthews) alla speranza Jason Cambpell, professionista serissimo ma dal potenziale limitato, dalla trade forzata per Donovan McNabb, fallimentare, all’affrontare un’intera stagione con Rex Grossman e John Beck quali uniche opzioni, francamente inaccettabile.

Shanahan e McNabb non hanno gestito al meglio il loro rapporto.

La disperazione ha dettato il resto. La questione andava chiusa, non importa se con un punto esclamativo così grande da attirare immediate critiche nell’ambiente. Shanahan e la dirigenza si sono visti passare davanti un’opportunità unica per mettere a posto il ruolo per la prossima decade, ed hanno deciso di pagare il prezzo che andava pagato, che nel post-lockout è inoltre più caro che non in passato, perchè inversamente proporzionale allo stipendio che i rookie prendono oggi rispetto ai contratti principeschi firmati prima. Un grande giocatore ad un prezzo più basso, non poteva che costare di più se si voleva salire a prenderlo.

Robert Griffin III non ha mai messo piede dentro ad uno stadio Nfl da giocatore, ma le sue potenzialità sono straordinarie. Non va confuso all’interno degli stereotipi che avvolgono i registi di colore, spesso considerati superficialmente solo capaci di correre e di tirare qualche missile una volta ogni tanto, un tabù che giocatori come Cam Newton stanno frantumando a suon di ottime prestazioni complessive, sia nell’una che nell’altra fase del gioco. E come Newton, anche Griffin pare essere un regista completo sotto ogni punto di vista, un ragazzo che si adatta perfettamente alla West Coast Offense giocata dai Redskins grazie ad una mobilità di enorme livello, ed un’adattabilità che sembra possa aiutarlo con facilità a passare dal dirigere una spread offense collegiale ad un attacco di tipo professionistico, giocando sempre sotto il centro. E visto che uno dei problemi di Washington è la linea offensiva, la sua velocità di piedi per improvvisare e sbrogliare situazioni dove Grossman e McNabb finivano puntualmente per le terre non può che rendere ancora più ricco il piatto di opzioni che con lui si possono attuare in campo.

Washington ha ancora una volta dato via delle scelte alte, ma stavolta, si spera, non le ha gettate in mare per portare a casa il grande nome già affermato, che non aveva più bisogno di chiedere nulla alla sua carriera. Il programma culturalmente rivoluzionario di Shanahan non poteva muoversi senza un quarterback degno di tale nome. I notevoli miglioramenti registrati in difesa, la digestione della nuova 3-4, le 12 scelte portate a casa nel draft 2011 con mosse degne dei Patriots (peraltro tenendo all’attualità tutti e 12 i giocatori ancora presenti a roster), non sarebbero servite a nulla senza acquisire un regista dal talento superiore, in grado di guidare la squadra ai playoff. L’attacco è da anni uno dei peggiori della Nfl, motivo per cui la free agency si è aperta con le firme di Pierre Garcon e Josh Morgan, due ricevitori che svecchiano il reparto e che ampliano la rosa di opzioni a disposizione per un reparto offensivo oggi asfittico.

Rex Grossman ha perso molti palloni, e l'attacco ne ha risentito.

Quindi, nonostante nei prossimi due anni la franchigia non disporrà di una scelta di primo giro a meno di altre trade, l’impressione è che il buon senso di Shanahan ed Allen prevalga su tutto, e che quanto fatto per portare McNabb in città e le dichiarazioni di fiducia fatte su Grossman e Beck un anno fa erano una diretta conseguenza dell’impossibilità di avere margini di movimento. I Redskins hanno pagato prezzi spropositati per giocatori finiti o di talento insufficiente ad elevarli, continuando a pagare le cattive decisioni effettuate in passato.

Tuttavia, va anche considerato il fatto che la nuova dirigenza ha operato molto bene nella valorizzazione dei giovani (le scelte di Kerrigan, Hankerson, Trent Williams, e più indietro di Brian Orakpo lo dimostrano), e quindi il pensiero ci si possa comunque garantire elementi in grado di dare profondità ai vari ruoli ed incidere anche utilizzando pick bassi, non è poi così lontano dalla realtà.

Era semplicemente ora di scrivere la parola fine a tutto questo, e di mettere a roster un giocatore giovane, di potenzialità da superstar, che potesse cambiare sul lungo periodo le prospettive perdenti che da anni si respirano da quelle parti.

Shanahan ed Allen hanno deciso che Robert Griffin III è il loro uomo e che l’opportunità non sarebbe passata una seconda volta.

Il tempo dirà la sua, come sempre.

3 thoughts on “Washington Redskins: storia di una decisione necessaria

  1. Bellissimo articolo Dave ti quoto in tutto e per tutto. Non resta che sperare. Dopo aver preso Garcon (e Josh Morgan, tra l’altro nativo di Washington ed ex V-Tech), bisognerà cercare di trovare una buona safety al draft e qualcosa per dare profondità alla O-line e per quest’anno siamo a posto. Certo, non per vincere, ma per continuare a costruire seriamente, aggiungendo stavolta il pezzo che mancava. Ricordiamoci che quest’anno avremo anche Jarvis Jenkins seconda scelta dell’anno scorso…Hail to the RedSkins!

  2. Bellissimo articolo. Certo che i Reds hanno rischiato tantissimo (a mio avviso anche troppo) però la fortuna a volte aiuta gli audaci. Ora devono migliorare la linea d’attacco, poi spazio al ragazzino da Baylor.

Commenta

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.