Era il 6 ottobre 1999 quando l’allora commissioner Paul Tagliabue annunciò l’assegnazione di una nuova franchigia (la 32esima della lega) alla città di Houston. Per la gioia dei tifosi texani, ancora abbacchiati per il trasferimento  dei gloriosi  Oilers in Tennessee (ora Tennessee Titans), nascevano gli Houston Texans.

E il debutto della “matricola” avvenne col botto: esordio nella NFL e vittoria (19-10) contro i rivali dello stato, Dallas Cowboys. Di sicuro il proprietario della squadra, oggi come allora Bob McNair, si aspettava un cammino più agevole, 2-3 stagioni di rodaggio prima di approdare alla postseason. Invece la storia dei Texans non è stata affatto costellata di successi da tramandare ai posteri. In 9 anni, soltanto una stagione vincente (2009, 9 vinte e 7 perse), tante occasioni sprecate, molte scelte rivelatesi deludenti al Draft, vedi David Carr.

Quest’anno però la musica sembra cambiata. Houston, infatti, ha conquistato la vetta della AFC South con un record 6-3 ed è la più autorevole candidata a sbaragliare la concorrenza all’interno della division, conquistando così il diritto a disputare i primi playoff della sua breve storia.

Ma cosa ha trasformato una franchigia perdente in una compagine tosta in grado di dare del filo da torcere a chiunque? I detrattori sostengono che l’annata sin qui positiva degli uomini di coach  Kubiak sia dovuta più ai demeriti degli avversari che ai meriti propri: l’infortunio di Peyton Manning ha subito tolto di mezzo gli Indianapolis Colts (ma anche con il futuro Hall of Famer in campo il ciclo dei Colts sembrava al capolinea), i Tennessee Titans sembrano vivere un anno di transizione, in attesa che il rookie qb Jake Locker studi il playbook dei pro alle spalle del veteranissimo Hasselbeck e che Chris Johnson si ricordi di avere nelle gambe 2000 yds a stagione, i Jacksonville Jaguars non sono nè carne nè pesce.

Tuttavia, è ingeneroso ritenere che la crescita dei Texans non dipenda da altri fattori: innanzitutto, in estate è arrivato il nuovo defensive coordinator, Wade Phillips, reduce da una sfortunata esperienza come capoallenatore ai Cowboys, ma autentico guru della difesa.

E il beneficio è evidente; basti pensare che lo scorso anno, i Texans erano la terzultima peggior difesa per yards concesse (30esimi su 32), quest’anno, attenzione attenzione, dopo 9 giornate sono la difesa n. 1 della NFL!!! Inoltre, sono la quarta miglior difesa contro le corse (statistica basilare per chi vuole avanzare nella postseason) e hanno costretto i qb avversari alla più bassa percentuale di passaggi completati di tutta la lega.

E tutti questi risultati sono stati raggiunti, nonostante la perdita di Mario Williams. Il DE da North Carolina State, ex prima scelta assoluta del draft 2006, si è procurato un serio infortunio ai muscoli pettorali durante l’incontro della quinta giornata contro Oakland, infortunio che gli farà saltare il resto della stagione. Brutto colpo per i Texans, visto che Williams era il punto di forza della 3-4 di Houston.

Questo aumenterà il carico dei 4 fenomenali LB, specie Demeco Ryans e Brian Cushing in primis e costringerà il defensive coordinator a responsabilizzare maggiormente il sostituto di Williams, cioè il rookie J.J. Watt, il quale peraltro sta rispondendo molto bene.

E se la difesa ha mostrato miglioramenti impressionanti, l’attacco è sempre stato il punto di forza della gestione di Kubiak. Fu proprio Kubiak a volere investire su Matt Schaub come qb-franchigia. E il ragazzo da Virginia non ha mai tradito le attese, nemmeno quest’anno, potendo contare su una chimica esplosiva col WR Andre Johnson, uno dei 5 top receivers della NFL ed il più pagato della lega. Peccato che l’ex stella dell’università di Miami sia out da qualche settimana (pare peraltro vicino il suo rientro), perché questo ha senz’altro limitato l’arsenale offensivo di Schaub nel gioco aereo.

Il reparto devastante degli Houston Texans è stato finora quello delle corse. Sia Arian Foster (costretto anch’egli a qualche turno di stop per malanni fisici) che il backup Ben Tate hanno spesso asfaltato le difese avversarie (i Texans sono attualmente il 2° miglior attacco su palla a terra, l’8° complessivo nonostante le defezioni di cui sopra).

Foster, ingaggiato da Houston come undrafted free-agent nel 2009, sta ripetendo la fantastica stagione scorsa. Tate, invece, dopo avere saltato quasi per intero la scorsa annata da rookie causa rottura di una caviglia, ha mostrato grandissime doti, fornendo una validissima alternativa a Foster quando questi era al palo, andando oltre le 100 yds nelle prime due giornate di campionato. Il tandem Foster-Tate si è consolidato come il più prolifico duo di runningback dell’intera lega.

Nel complesso l’intero team si è mostrato in palla in quasi tutte le occasioni, steccando soltanto alla 5a, quando si è fatta rimontare in casa dai Raiders. Le altre due sconfitte, a New Orleans e a Baltimore ci possono stare. Se i Texans riusciranno a mostrare solidità di reparti nelle rimanenti partite (il calendario è buono, soltanto le gare contro Atlanta in casa e a Cincinnati contro i lanciatissimi Bengals, presentano qualche grattacapo), per l’ultimo expansion-team della Nfl si spalancheranno le porte del paradiso.

Un paradiso chiamato playoff. Un paradiso atteso da 12 anni, da quel lontano 6 ottobre 1999.

 

4 thoughts on “Il paradiso non può più attendere

  1. Play off sicuri.
    In piu rischiano anche di saltare il primo turno di play off, visto la guerra terribile delle altre division, altrimenti Sarà sicuramente una grandissima partita di wild card in quel di Houston (pensando alle possibili rivali Pittsburgh, Baltimora, Jets, New England o Buffalo).

  2. Solo un appunto su un piccolo errore nell’articolo(ottimo tra l’altro), non e` JJ Watt il sostituto di Mario Williams tra i LB ma Brooks Reed(sempre rookie)

    • Hai ragione sul fatto che Watt non ha preso il posto di Marione. Perdona la svista

  3. NON perdono nulla perché non c’è nulla da perdonare, solo un piccolo refuso su un OTTIMO articolo!

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