La chiamano TitleTown (come dire Scudettopoli…). E a ragione, perché Green Bay, cittadina di poco più di 100.000 abitanti sul lago Michigan, è il regno dei Green Bay Packers, 4 Superbowl e 13 NFL Championship in bacheca.
Fino ad un paio di anni orsono, dicevi Green Bay Packers e la mente correva a Vince Lombardi, Bart Starr o a Brett Favre. Dallo scorso febbraio, quando i gialloverdi del Wisconsin hanno riportato a casa il titolo sconfiggendo i Pittsburgh Steelers nel XLV Superbowl, nella galleria degli eroi in maglia Packers è entrato di diritto il quarterback Aaron Rodgers, eletto MVP dell’incontro.
Al giro di boa della stagione in corso – 8 partite vinte su altrettante disputate, di cui 5 giocate lontano dal Lambeau Field – i campioni in carica sembrano avere tutte le carte in regola per ripetersi (gli ultimi a riuscirci furono i New England Patriots di Tom Brady nelle annate 2003 e 2004).
Gran parte del merito va ascritto proprio a Rodgers, ragazzo cresciuto in un minuscolo college della California, trasferitosi poi alla più prestigiosa Berkeley, qb snobbato da 23 squadre al Draft del 2005 (venne scelto al 1° giro, col numero 24 e lasciato 2 anni interi in panchina a fare il backup di Favre, allora titolare indiscusso), autore sin qui di prestazioni “mostruose”: 24 passaggi TD (in soli 8 incontri!) con solo 3 intercetti subiti, oltre il 72% di passaggi completati ed un rating di 129,1.
Ma soprattutto, Aaron Rodgers ha dispiegato una leadership che sta facendo oscurare un idolo come Favre, coinvolgendo tutto l’arsenale offensivo a disposizione, da Greg Jennings a Ryan Grant, da James Jones al ritrovato TE Jermichael Finley (che lo scorso anno aveva saltato quasi tutta la stagione per un brutto infortunio) sezionando chirurgicamente le difese avversarie e dominando con freddezza nei momenti chiave di ogni match.
Rodgers e compagni hanno mostrato una solidità e una determinazione da grande squadra, e la cosa si è notata in svariate occasioni. Come nella 2a giornata, recuperando 13 punti contro i Panthers del rookie Cam Newton e imponendosi 30-23. Oppure nella 5a giornata quando, sotto 0-14 ad Atlanta contro i Falcons nel 2° quarto, hanno finito per rimontare e vincere 25-14.
L’unico punto debole della franchigia allenata da coach McCarthy potrebbe essere quest’anno rappresentato dalla difesa, debole contro il gioco aereo, ottima contro le corse (statistica basilare per fare tanta strada nella postseason), aggressiva come da tradizione (anche ieri 2 TD ritornati in meta) ma che sta finora incassando troppi punti e concedendo troppe yards (terzultima nella lega in questa statistica) agli avversari.
Se l’attacco però continua a girare come un orologio svizzero (34,4 punti a partita sul tabellone in media), dando l’impressione di poter segnare in qualunque down, obiettivamente resta difficile fermare la marcia di Green Bay.
Sulla strada dei Packers, prima dei playoff, rimangono 3 sfide impegnative, le due contro i rivali di division, i Detroit Lions e una contro i New York Giants. I Lions, guidati da un grande Stafford in cabina di regia, dopo anni da peggior squadra della lega (non sono mai stati al Superbowl e non vincono un titolo NFL dal 1953 !) sono cresciuti sino a diventare una delle compagini più complete e spettacolari. I Giants sono una squadra dalla mentalità vincente e possono sempre piazzare il colpaccio (vedi domenica contro New England).
Ad ogni modo negli Stati Uniti già si comincia a parlare di perfect season: nel passato, solo i Miami Dolphins nel 1972-73 riuscirono nell’impresa di vincere tutti gli incontri della stagione. Ancora fresco è il ricordo del 2007 quando i New England Patriots dominarono incontrastati la regular season vincendo tutte le partite, più i primi due incontri di playoff per poi soccombere davanti ai New York Giants nell’atto finale del Superbowl I tifosi più accaniti dei Packers, i cosiddetti cheeseheads, dal nome del copricapo a “fetta di formaggio” fanno i debiti scongiuri….
Quello che è certo è che Green Bay rimane la squadra da battere e il nomignolo TitleTown è tutt’altro che usurpato, anzi…

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