E’ festa nel Wisconsin, dove tutti gioiscono per i Green Bay Packers, tornati a dominare la National Football Conference dopo tredici stagioni e, di rimando, a qualificarsi per il Super Bowl XLV a discapito degli acerrimi rivali Chicago Bears, al termine del confronto numero 182 della loro storia, che racchiude alcune delle più grandi pagine di questo sport in una sfida ormai vecchia quanto il football stesso.

Sam Shields, protagonista indiscusso del Cahmpionship e arma in più dei Packers in questa postseason.

Bears e Packers, rivali oggi come nell’era pionieristica del football professionistico, rivali da sempre, arrivati a giocarsi l’accesso al Grande Ballo in un match che metteva di fronte due squadre solide ed alquanto sorprendenti, visto che ad inizio stagione erano state inserite dietro i Minnesota Vikings nella NFC North.

Una North dominata alla grande da Chicago che aveva impressionato tutti alla prima apparizione ai playoffs, abbattendo senza alcuna remora le difese dei Seattle Seahawks che solo una settimana prima avevano cancellato i sogni di back to back dei campioni in carica, i New Orleans Saints.

Una Chicago che indubbiamente ci credeva, e ci credeva tanto, anche perchè tra le mura amiche del Soldier Field non è mai stato facile imporsi per nessuno, ancor più per i rivali divisionali del Wisconsin, già battuti nel corso della stagione regolare, nel Monday Night disputato il 27 settembre, quando i padroni di casa si imposero per 20 a 17.

Risultato che speravano di ripetere, se non nei numeri, almeno nell’esito finale, invece, complice anche gli infortuni di Jay Cutler e Todd Collins, così non è stato, e di certo Caleb Hanie non è riuscito a ripercorrere la strada di Willie Beamen nel famoso “Any Given Sunday”, quando il giovane ed un po’ sciagurato terzo quarterback viene spedito in campo al posto del titolare e della prima riserva infortunati salvando baracca e burattini.

Salvataggio che non è riuscito a mettere in atto il ragazzo da Colorado State, prospetto sicuramente interessante ma forse ancora un po’ troppo acerbo per il battesimo di fuoco di un Championship, anche se per un attimo, per un momento nel rush finale dell’ultimo quarto, ha davvero sfiorato l’impresa, prima di farsi intercettare dal semisconosciuto Sam Shields, undrafted rookie diventato, in una sola sera, il peggior incubo di tutti i tifosi dei Bears.

Uscito da un’università che ha sempre sfornato grandi talenti nelle secondarie, Miami FL, l’ex Hurricanes ha dominato in lungo e il largo nel match di domenica disputando una partita da professionista navigato, ed eguagliando una prestazione in postseason che, di recente, la si era vista sfornare solo a Rodney Harrison, grandissimo protagonista del Super Bowl XXXIX, chiuso con 2 intercetti e 1.0 sack.

Stessi numeri messi insieme da Shields, che oltre a pizzicare due volte i quarterbacks avversari e mettere a tappeto Cutler, ha totalizzato 4 tackles e 1 forced fumble, risultando uno dei migliori elementi difensivi dei Packers, all’interno di un reparto dove è sempre più leader Clay Matthews, atleta esplosivo che ha dato vita ad un bellissimo match a distanza con il collega di Chicago Brian Urlacher.

Il numero 54 dei Bears, che è risultato il miglior giocatore difensivo della paritta con 10 placcaggi, 1.0 sack, 1 intercetto e 1 pass defended, ha giocato un’altro match ad altissimi livelli, tenendo in piedi la squadra in cui gioca ormai da dieci stagioni fino alla fine, e regalandogli quell’ultima, importantissima, possibilità che Hanie ha di fatto bruciato facendosi intercettare da Shields a pochissimi secondi dal termine.

Urlacher e Matthews, atleti simili, potenti, fisici, conoscitori del gioco come pochi altri, e incapaci di risparmiarsi, i classici giocatori che fanno la fortuna delle squadre che hanno la bravura di sceglierli al Draft ed investire su di loro; un investimento che nel caso del californiano è appena iniziato, visto che per lui si tratta della seconda stagione da professionista, ma che promette di dare ottimi frutti.

Trascinatore indiscusso, punto fermo di un reparto che ha saputo rinascere amalgamando alla perfezione l’esperienza di atleti esperti come Charles Woodson, per lui altra partita impeccabile, e la freschezza dei tanti volti nuovi arrivati in Wisconsin negli ultimi due anni, ha concluso la sua seconda apparizione annuale al Soldier Field totalizzando 6 tackles e 0.5 sack, come il compagno di reparto A.J. Hawk, ripresosi da una stagione che lo ha visto viaggiare su ritmi piuttosto incostanti.

Ritmi che invece ha saputo mantenere sempre ad altissimo regime l’altro giovane B.J. Raij, che in un sol colpo mette a segno il primo intercetto e segna il primo touchdown della carriera in postseason mettendo Green Bay sui binari giusti e regalandogli quel vantaggio di sette punti, quattordici in quel momento del match, che permetteranno alla squadra di Mike McCarthy di vincere la partita.

Già, Mike McCarthy, un head coach spesso criticato, soprattutto da chi segue da lontano le vicende dei Packers, ma che alla fine ha dimostrato di aver avuto ragione su tantissime cose, a cominciare dal puntare con decisione sui runningbacks che aveva a roster senza iscriversi all’asta per Marshawn Lynch, runner che qualcuno, forse quasi tutti, avrebbero ritenuto imprescindibile dopo l’infortunio occorso a Ryan Grant, tailback titolare della squadra.

Il capo allenatore di Green Bay ha invece deciso di affidarsi completamente alle gambe di Brandon Jackson e, soprattutto negli ultimi tempi, James Starks, talento da Buffalo pescato al sesto giro del Draft 2010 dai Packers, che l’hanno attivato dalla practice squad il 9 novembre; da allora l’ex Bulls ha trovato saltuariamente spazio nel backfield delle “teste di formaggio” fino a diventarne il titolare durante la postseason, la prima della carriera.

In campo fin dalla wild card contro Philadelphia, nei tre match di playoffs disputati finora ha mantenuto una media superiore alle 20 portate a partita, rivelandosi fondamentale per distogliere le attenzioni delle difese avversarie dal gioco aereo e mostrando tutto quel talento di cui molti parlavano quando uscì dal college alla fine dello scorso anno accademico; gli mancava solo una cosa, segnare un touchdown, il primo da professionista, e ha deciso di tenerlo da parte per la partita più importante della stagione, quella che regala l’accesso al Super Bowl e che consegna nelle mani dei vincitori il titolo di campioni della conference e il George Halas Trophy.

Un trofeo che indubbiamente avrebbero messo volentieri in bacheca i Bears, per i quali Halas è stato tutto, un giocatore, un allenatore, un owner, il primo, ma che non sono riusciti a portare a casa soprattutto per l’ennesima, grande, prestazione di Aaron Rodgers, quarterback eccezionale arrivato forse ad una maturazione completa in questa stagione dopo un 2009 giocato in maniera più che convincente.

Il ragazzo da Chico, California, a 27 anni si trova ad essere uno dei migliori QB della lega, un trascinatore indiscusso capace di raccogliere la pesante eredità lasciatagli da Brett Favre, che prima di tradire Green Bay era stato l’ultimo a portarli al Grande Ballo e a vincerlo, rinverdendo i fasti di un passato glorioso che sembrava sempre più destinato a scomparire a causa della più classica delle storie, quella del grande che divora il piccolo, ovvero i Packers, unica franchigia NFL guidata dall’azionariato popolare  e con sede in una piccola città.

Già negli anni ’90 il traguardo del Super Bowl sembrava irraggiungibile, nonostante la gloriosa storia alle spalle, una delle più belle e vincenti dell’intera lega, ma un fuoriclasse, attorniato da una squadra di campioni e da un indimenticabile fenomeno, Reggie White, era riuscito a riportare la franchigia del Wisconsin in vetta alla NFL, vincendo il Super Bowl XXXI nel 1996.

Da allora Green Bay aveva costruito le sue fortune sulle prestazioni di uno dei più grandi quarterback che avesse messo piede in NFL, l’ultimo a portarli al traguardo più importante e l’ultimo a vincere una partita di playoffs, nel 2007, prima di lasciare il testimone al giovane collega; alla prima apparizione in postseason, 2009, infatti Rodgers non riuscì a guidare i Packers oltre l’ostacolo, e pur settando il record di yards lanciate in un match di postseason, 422 e 4 TD, uscì sconfitto dal testa a testa con i Cardinals di Kurt Warner.

Una vittoria che invece è arrivata quest’anno, sancendo una crescita del quarterback californiano arrivata al culmine in questo 2010, quello che può essere considerato, senza alcun dubbio, l’anno della sua definitiva consacrazione e della solidificazione della sua leadership, all’interno dello spogliatoio e della squadra.

Cuor di leone sul campo, professionista inattaccabile fuori, Aaron Rodgers si presenta al suo primo Super Bowl in uno stato di forma notevole e in possesso di una consapevolezza nei propri mezzi che forse non ha mai avuto in precedenza; alla precisione e all’accuratezza nei passaggi ultimamente ha aggiunto anche doti di scrambler inaspettate, e anche se logicamente non è il tipo di giocatore in grado di piazzare una corsa da 70 yards alla Michael Vick, spesso e volentieri, con le sue gambe ha regalato diversi primi down ai Packers, avanzando la catena anche in momenti clou del match e spronando i compagni di squadra a gettare il cuore oltre l’ostacolo per raggiungere l’obiettivo prefissato.

Primo giocatore nella storia della NFL ha lanciare per oltre 4,000 yards nelle prime due stagioni da starter, per appena 78 yards non è riuscito a fare il tris quest’anno, fermandosi a 3,922 a causa della partita persa per l’infortunio subito contro i Detroit Lions, il numero 12 dei Packers sembra avere le carte in regola per riportare a Green Bay il Vince Lombardi Trophy, tra le mura di quello stadio che ha goduto più di ogni altro delle gesta di questo indimenticato head coach, entrato, assieme alla franchigia del Wisconsin, nella leggenda.

Per affiancare il suo nome a quello di Bart Starr e Brett Favre non gli resta che fare di tutto per superare un ultimo ostacolo, rappresentato dagli ostici Pittsburgh Steelers, squadra con la quale, sommate, i Packers contano tredici partecipazioni al Super Bowl, praticamente un consistente pezzo di storia della National Football League.

9 thoughts on “Green Bay regina della NFC

  1. Aaron ha 27 anni.ne compirà 28 il 12 febbraio prossimo.la stessa età che aveva Brett Favre nel 1996….anno dell’ultima grande festa per le ” teste di formaggio”…….e per chi crede nella cabala…questo sono segnali ben precisi.

    • Io non credo molto nella cabala però spero in una gran partita dei GB Packers poichè ci vorrà un prestazione super da parte dei nostri per battere gli Steelers; poi se la cabala vorrà darci ragione ben venga!

  2. andrevikings permettimi solo di dissentire sul passaggio che elogia Rodgers per la prestazione nel Championship, che è stata tutto fuorchè grande.
    Aaron Rodgers vicino ai nomi di Bart Starr e Brett Favre? Purtroppo, se vincerà, accadrà. E’ una posizione personale, pur vedendo in Rodgers un ottimo QB.

  3. Brett, ho parlato di una grande prestazione perchè anche se è andato in difficoltà, teniamo anche conto che gliocava contro una delle migliori difese della lega, ha comunque sempre tolto le castagne dal fuoco a Green Bay, riuscendo a muovere quasi sempre la catena e chiudendo in prima persona alcuni down fondamentali, tra i quali uno fin dentro l’endzone avversaria.

    Devo ammettere che fino all’anno scorso avevo molti dubbi sulle reali potenzialità di Aaron, però quest’anno credo abbia fatto ricredere chiunque, perchè ha giocato una stagione a livelli altissimi, e sul campo ha mostrato una sicurezza degna dei migliori; certo, attualmente è uno dei top QB della NFL e per diventare uno dei più grandi di sempre dovrà ancora darsi da fare parecchio, però, secondo me, è sulla strada giusta e penso che, rispetto al recente passato, mostra di avere molto più carattere sul campo; e poi gli sta riuscendo qualsiasi cosa…

    Concordo anche sul fatto che sia lontano da leggende come Bart Starr e Brett Favre, però, come giustamente ammetti anche tu, se dovesse imporsi contro gli Steelers avrà le carte in regola per sedersi al loro fianco.

    Comunque nonostante “sia” un rivale divisionale dei Packers, sono contento di vederli al SB, perchè è una franchigia che nonostante abbia a disposizione un bacino molto meno ricco delle altre 31 compagini, ha sempre scritto la storia della lega, anche in questi tempi moderni, quando sembra che solo i grandi abbiano cià che serve per imporsi; nel loro piccolo, o meglio, nel piccolo della loro comunità, Green Bay ha sempre onorato la grandissima storia che ha alle spalle, e credo che non solo il Wisconsin tiferà per loro al di là dell’Oceano.

  4. Rodgers la sua prestazione mostruosa l’ha fatta in quel di Atlanta! Non certo a Chicago dove a fine intervista ha anche ammesso di aver fatto quel che poteva… in una partita ben diversa dalla precedente. Del resto a guardar le cifre di Big Ben ci si dovrebbe chiedere qualcosa, ma non sono le cifre alla fine a dare il valore, ma molto di più: la leadership e Rodgers la sta tirando fuori. E’ sbocciato un fiore nuovo!

  5. Rodgers non ha fatto una grande partita, ma le statistiche non spiegano tutto.
    Credo (datemi conferma) che il qb con le statistiche migliori (contando tutte le partite dei playoff) sia stato Sanchez (neanche un INT) ma se stiliamo la classifica dei qb che erano ai playoff penso che per molti possa occupare l’ultimo posto.
    Rodgers è un grande qb così come Big Ben (l’ultimo passaggio completato contro NY è valso non solo il 1° down, ma le statistiche tengono conto solo di quello), hanno carattere e leadership, solo il tempo ci dirà se paragonarli ai grandissimi del passato.

  6. Spero che vinca Green bay, gli Steelers e Roethlisberger non li sopporto proprio

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