La storia di Dennis Byrd è di grande ispirazione per i New York Jets...

Le stranezze oltre oceano non mancano mai, vediamo quindi cosa succede nell’universo delle quattro squadre che cercheranno di strappare il viaggio al Dome di Dallas per giocarsi il Superbowl.

Dai Jets agli Steelers, dai Bears ai Packers tutte le Wild things cercate e scovate eccezionalmente per gli amanti della palla ovale.

New York Jets e la maglietta numero 90

I New York Jets di coach Ryan scenderanno in campo con l’intento dichiarato di vincere il Championship della AFC per procurarsi il biglietto per Dallas e oltre al talento, l’atletismo e la fame di vittoria ci sarà la spinta di un tifoso molto molto speciale che sosterrà i bianco verdi.

Il tifoso speciale di cui stiamo parlando è un ex-giocatore della NFL, è un ex-giocatore proprio di New York, è il defensive end Dennis Byrd che non solo sostiene gli atleti con le sue parole piene di passione ma anche con una immagine ben chiara che difficilmente sarà dimenticata da coloro che assisteranno allo spettacolo.

Byrd,la cui carriera si è tragicamente interrotta nel 1992 a causa di un tremendo infortunio al collo che lo ha lasciato paralizzato per settimane e a tutt’oggi gli crea moltissimi problemi di postura e di deambulazione, porta ancora con orgoglio la sua maglia numero 90 bianco verde mentre la maglia dell’incidente del 1992 è stata spedita alla squadra che si appresta ad affrontare i Pittsburgh Steelers di Big Ben Roethlisberger.

Byrd in una toccante intervista all’ESPN ha dichiarato: “Ho mandato la mia maglietta ai ragazzi mercoledì con l’intento di condividere qualcosa con loro, l’ho mandata per coach Ryan che amo guardare come allena, lui ha capito il significato di questo gesto; dietro quella maglietta e quell’infortunio c’era la fame e la voglia di vincere, i ragazzi hanno un corpo, una mente e una volontà ed è su quest’ultimo soprattutto che si deve fare conto perché corpo e mente possono essere danneggiate ma la volontà quella no”.

Ad aiutare Byrd in quest’iniziativa c’è lo storico scout dei Jets Marv Sunderland che ho suggerito all’ex defensive end di fare della sua maglietta un segno e un’ispirazione per la squadra attuale. Sunderland ha inoltre convinto Ryan a invitare Byrd per parlare con la squadra prima della partita contro i Patriots al Gilette Stadium.

Nello spogliatoio dello stadio di Foxborough le parole e la maglia di Byrd hanno generato una prestazione monstre contro Tom Brady e compagni, annichilendoli a casa loro. Continua Byrd alla tv privata americana: “Significa molto per me adesso, e se vincessero anche con Pittsburgh significherebbe ancora di più. È tempo che i Jets dimostrino a tutti quanti di che pasta sono fatti. È quel tempo in cui devi cogliere la sfida che conta di più e che ti eccita e vincere. Il colore verde dei Jets è il solo colore che ho indossato e dopo l’infortunio cercavo di vivere una vita tranquilla senza mai perdere un match dei miei amati Jets. Non so se mi piacerebbe giocare questo match, so che posso guardarlo sulle mie gambe e per me è molto. Spero vincano i Jets con la mia maglietta nello spogliatoio”.

Attenzione quindi al numero 90 sulla ruota di Pittsburgh.

Chicago Bears e la body-painting

C’è un pittore che soggiorna nell’anima e nel corpo, di circa 136 chilogrammi, di un uomo. Sulla sua pelle usa colore acrilici perché le pitture ad olio sono più difficili da lavare sotto una calda doccia e viste le temperature previste nel nord-est del paese per il Championship della NFC sarà l’esposizione di un artista sofferente.

Si chiama Michael Lyp e non è un tifoso normale ma, come avrete capito, è un body-painter che dalla testa al pube si pittura di blu e arancio restando nudo nella tundra del Soldier Field. Come tutti gli artisti Micheal si sente incompreso, chi lo vede allo stadio o in tv crede sia solo pazzo o completamente ubriaco ma Lyp afferma con forza di non essere né l’uno ne l’altro ma solo un tifosissimo che esprime in modo artistico e leggermente estremo la sua passione e il suo amore.

Lyp dice: “Morirei per i Bears ma non letteralmente, non sono ubriaco perché alle partite non bevo mai e quando il vento aumento puoi sentire come mille aghi che ti entrano nella pelle per il freddo. Passo più di un’ora nella doccia a pulirmi tutto ma non è un sacrificio per me!”.

Lyp, 38 anni, viene da Lake in the Hills, e dal 2004 segue costantemente i Bears, è proprietario di una ditta di tovaglie e di una taverna chiamata Sammy’s Bar & Grill nel sobborgio Huntley nel nordest di Chicago.

Nella sua particolare arte viene sempre aiutato dal suo amico del cuore Mike Doris che lo aiuta nel pitturare il volto di blu e arancio dividendolo a metà, le braccia sono dipinte a striscie arancioni e blu e una grande lettera C troneggia sulla pancia di Micheal.

Anche contro i Packers sarà presente con la promessa al Chicago Tribune di un body painting tutto speciale per il Championship. Non resta che aspettare e vedere quale soggetto particolare la creativa mente di Lyp ha partorito questa volta per supportare i suoi amati Chicago Bears.

Pittsburgh Steelers e il generale Inverno

Oltre alle squadre in campo, ai giocatori, allo coaching staff, alla dirigenza, ai giornali e alle tv ci sarà un altro atteso protagonista per il Championship della AFC. Il servizio meteo nazionale ha previsto difatti una situazione atmosferica molto particolare a Pittsburgh nell’Heinz Field; potrebbe difatti esserci il record di freddo in una partita degli Steelers.

La temperatura attesa è addirittura inferiore a quella prevista a Chicago nella sfida NFC contro i Packers. Brad Rehak meteorologo celebre come il nostro colonnello Giuliacci ha affermato che sarà una delle gare più fredde a cui si sarà mai assistito fin dal lontano 4 gennaio 1976 nella sfida tra Raiders e Steelers passata alla storia come Pittsburgh Ice Bowl, allora la temperatura scese a circa meno 10 gradi sotto lo zero.

Phil Villapiano, linebacker dei Raiders disse: “La palla sembrava di roccia, si scivolava, era come un incubo ghiacciato”.
Terry Bradshaw, leggendario quarterback degli Steelers affermò: “ Il meteo fu un fattore, campo scivoloso, mani e gambe ghiacciate, sensazione persa nelle dita, un vero e proprio incubo”.

Ad oggi la gara più fredda di un match di playoff è stata quella del 23 gennaio 2005 tra Steelers e Patriots che vide quest’ultimi uscire vincenti per poi trionfare al Superbowl, in quella serata fredda il termometro segno circa meno 20 gradi.

Keith Brewster, 50 anni, un meteorologo e ricercatore della University of Oklahoma a Norman, mette il “Pittsburgh Ice Bowl” nelle partite citate dalla NFL Weather Hall of Fame, insieme all’originale “Ice Bowl” tra Packers e Dallas Cowboys, lo “Snowplow Game” nel quale i Patriots usarono la neve per pulire il punto esatto del field goal vincentel, al “Leon Lett’s Skating Rink” giocato a Dallas, allo “Snow Bowl” tra Patriots e Raiders in cui nacque la carriera di Brady e alla suddetta gara tra Steelers e Pats del 2005.

Il freddo quindi nel prossimo AFC Championship dovrebbe raggiungere circa i meno 30 gradi secondo le previsioni e questo sarà un problema anche per i tifosi sugli spalti e per tutti qjuesti che stazioneranno silla sideline.

Non serviranno molto le panchine riscaldabili, i tessuti termici e tutti gli accorgimenti anti freddo che le squadre prenderanno perché al di sotto del meno 25 il freddo penetra nelle ossa come lame ghiacciate e ti taglia la pelle a fette.

Ma Jack Lambert, ex linebacker degli Steelers nel 1976 contro i Raiders può dare coraggio con le sue parole a Big Ben e compagni: “Non mi ha mai interessato giocare con il caldo o il freddo, credo sia tutta questione di mente che può auto condizionarti, basta concentrarsi e il freddo va via da solo”.

Gli attuali giocatori per ordine del coaching staff non si pronunciano sulle condizioni meteo ma solo su questioni tattiche e tecniche, forse risparmiano il fiato per scaldarsi le mani ma di sicuro se ho sempre invidiato chi ha visto un match di playoff dal vivo per una volta amo la mia tv via satellite al caldo della mia taverna. Buona fortuna alle due squadre più infreddolite del weekend.

Che la forza sia con voi.

Green Bay Packers e il ricordo di Pearl Harbor

L’incontro di domenica tra Green Bay Packers e Chicago Bears al Soldier Field in sarà il 182esimo incontro/scontro tra le due storiche franchigie. Ma, incredibilmente è solo il secondo che si gioca nei playoff. Il primo difatti fu la finale di Western Division giocata il 14 dicembre del 1941, i Bears vinsero per 33 a 14 e andarono a giocare contro i campioni dell’Eastern Division, i New York Giants, per il titolo nazionale.

Sono quindi oltre settant’anni che queste due squadre si odiano nel senso migliore del termine. Come guelfi e ghibellini, sith e jedi, alfa e omega, Bears e Packers da quel lontano 1941 stanno su due lati di una stessa gloriosa medaglia.

Il 14 dicembre erano passati pochi giorni dal sanguinoso e infame attacco giapponese nelle Hawaii alla baia delle perle. La nazione era sgomenta di fronte alla tragedia dei soldati morti nelle portaerei e nelle corazzate, si stava per entrare nelle seconda guerra mondiale e non si avevano certezze ma solo paure e poche speranze.

Quella partita tuttavia catalizzò l’attenzione del popolo americano che per la durata del match si dimenticò dei dolori e delle angosce per godersi uno spettacolo prima di allora raramente visto. La partita attirò 43425 spettatori al Wrigley Field dove i Bears hanno giocato dal 1921 fino al 1970; la settimana seguente, nonostante la maggiore importanza della finalissima contro i Giants gli spettatori furono 13341.

Nel 1996 uscì un libro “Mudbaths & Bloodbaths: The Inside Story of the Bears-Packers Rivalry.” In cui un anziono Ken Kavanaugh, defensive end dei Bears nel 1940 raccontò di come fosse più di un semplice match ma una sorta di ripartenza per una nazione in ginocchio che doveva reagire.

“Credo che George Halas aggiunse dei seggiolini attorno al campo. Green Bay portava sempre il sold out ma quella volta si andò ben oltre il prevedibile, la gente non voleva pensare e la rivalità aiutò non poso a creare tutta quell’attenzione”.

Nello stesso libro Harry Jacunski, defensive end dei Packers dal 1939 al 1944 ricorda: “ Erano i nostri nemici mortali e volevamo vincere a tutti i costi per dedicare la vittoria ai caduti di Pearl Harbor, la nostra mente era con loro e con i ragazzi che stavano per partire per la guerra in Europa”.

Da quella partita uscirono vincenti Bears e da quella guerra usci vincete una anzione di giovani uomini e giovani donne che credevano in un unico scopo. Quel match fu presentato come la sintesi della guerra, lottare per un centimetro, aiutare il compagno, un’unica meta, un unico traguardo da raggiungere tutti insieme, lottando, sudando e sputando sangue.

Il football è la guerra dissero ma la guerra vera si accorsero nel tempo fu tutta un’altra amarissima realtà. Da allora la rivalità continuò, domenica si giocherà come detto la 182esima partita di cui solo 2 di post season, per fortuna oggi a differenza di allora non c’0è nessuna guerra mondiale imminente. Oggi c’è solo uno spettacolo sportivo da gustarsi e una rivalità da osservare con appassionata reverenza. Da Halas a Lambeau fino a Rodgers e Cutler un filo di passione che dura dal 1941.

Queste le stranezze e le curiosità dei Championship, appuntamento per il grande ballo.

Al Super Bowl saremo presenti con altri nuovi Wild Things.

4 thoughts on “Wild Things in Championship

  1. Voglio uscire dal coro: francamente alcune di queste “Wild Things” mi sembrano un po’ troppo quiet per essere annoverate come WIld…a volte per amor di coerenza stilistica si perde di vista la realtà dei fatti. Comunque complimenti per l’impegno…

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