Steve Johnson, la nuova sensazione dei Buffallo Bills

“Why so serious?”
“Perchè così serio?” scrive sulla maglietta Steve Johnson, nuova sensazione dei Buffalo Bills, nella partita vinta contro i Bengals, la seconda consecutiva dopo un inizio piuttosto travagliato.

Allora sì, “why so serious?” si chiede il nativo di San Francisco, arrivato con le 3 mete di domenica scorsa a 9 TD in 10 incontri, davvero notevole per un ricevitore come lui che, entrato nel terzo anno di militanza nella Lega, aveva mostrato poco o niente per aspettarsi da lui un’esplosione del genere.

Steve “Stevie” Johnson è nato 24 anni fa nella terra del sole, delle prugne secche (perchè no?) e, da poco, anche del vino (che da piemontese brucia tantissimo scriverlo); dotato di un sorriso contagioso, genuino e di una personalità guascona e sempre aperta allo scherzo, non ha dovuto aspettare molto per entrare nel cuore dei tifosi rosso-blu.

L’attuale numero 13 dei Buffalo Bills, da poco anche ribattezzato “The Joker” (vedremo poi perché), inizia il suo percorso sportivo vicino a casa alla Angelo Rodriguez High School a Fairfield.

Conclusa la sua carriera alla high school, Johnson non sviluppa l’appeal necessario per farsi notare dalle gradi università californiane, subissate dalla marea di giovani talenti che ogni anno “invadono” i loro campus, così Stevie, piuttosto che mollare il colpo, accetta la proposta di un junior college, il Chabot College, in cui rimane dal 2004 al 2006.

A questo punto, l’imprevisto colpo di scena: la carriera dell’atleta di Frisco viene scombussolata dalla chiamata inattesa dell’università di Kentucky, che lo vuole per la stagione successiva per rimpolpare il parco ricevitori che si è assottigliato, poiché alcuni studenti erano sul punto di concludere il loro cursus universitario.

S.J. avrà sicuramente accettato con quel suo grande sorriso, valutando i pro e i contro: certo che le possibilità che un college e un team come quello dei Wildcats ti presentano in termini di visibilità e di competitività valgon bene l’acquisto di qualche cappotto in più, che gli inverni più rigidi di Lexington giustificano nei confronti di quelli più miti californiani.

Lì, a Lexington, Johnson spende gli ultimi due anni della sua carriera universitaria, confermando l’occhio lungo di coach Rick Brooks, che all’inizio di quest’anno ha deciso di concludere la sua carriera da allenatore, mettendo insieme cifre degne di nota, come per esempio i 13 TD della sua stagione da senior, oppure i due Music City Bowl conquistati con la sua squadra, prima contro Clemson e, l’anno seguente, contro Florida State.

Ora, davanti al ricevitore di UK si spalancano porte che, non meno di due anni prima, sembrava pura fantascienza: il draft non è più il sogno di bambino, ma concreta attualità, così i Buffalo Bills decidono di spendere una chiamata del settimo giro del 2008, la 224esima, per scommettere su un atleta che ha dimostrato di possedere i cosiddetti “numeri”, ma ancora totalmente immaturo al livello più alto.

Il primo anno comunque, S.J. (nel frattempo diventato S.J.13, il suo numero di maglia, così come va di moda tra i professionisti degli sport d’oltreoceano e, da qualche anno, anche al di qua dell’Atlantico) compie il “solito” anno di apprendimento sulla sideline, anche se la penuria di alternative nel ruolo, gli permettono di mettere a referto 2 TD, assolutamente non disprezzabile per un ragazzo che viene dal nulla.

Il 2009, l’anno che dovrebbe garantire un ruolo da protagonista per il nostro, si tramuta invece in terribile frustrazione: i Bills preferiscono per il rilancio il 36enne affermato Terrell Owens, piuttosto che un 23enne dal grande sorriso, ma che ha ancora tutto da dimostrare.

Nonostante l’amarezza per la mancata promozione (il numero 13 sarà protagonista di sole 10 ricezioni in tutto l’anno), si può dire che l’anno passato sia stato il vero punto di svolta per il ragazzo della Bay Area: forse proprio grazie al suo carattere, di cui stiamo lodando la positività e la genuinità che traspaiono dalle sue brevi interviste televisive e dai suoi comportamenti in campo, il californiano super tatuato (una delle sue grandi passioni) non si butta giù di morale e non si perde psicologicamente, cosa che è già costata la carriera a più di un giovane talento dotato di “skills”, ma acerbo nell’aspettare il proprio momento.

Per farla breve, un altro momento decisivo per l’ex Wildcat, che lo lancia verso la grande stagione che sta vivendo, è il training camp di quest’anno, quando i Bills decidono di cercare all’interno del loro entourage il ricevitore che partirà opposto a Lee Evans, dopo che T.O. ha lasciato la franchigia dello stato di New York per migliori (almeno così lui credeva…) lidi in Ohio, così da fare comunella con l’amico Ochocinco per la versione aggiornata di “Batman & Robin”.

A sorpresa, Johnson viene nominato dal nuovo head coach Chan Gailey ricevitore titolare per lo spot numero 2, vincendo la concorrenza di Hardy (che si toglie subito di mezzo con un infortunio che gli conclude la stagione), Roscoe Parrish e il rookie David Nelson.

Nonostante il buon feeling dimostrato con lo starting QB Trent Edwards in preseason, le prime due uscite di regular season per il numero 13 e per Buffalo non sono facili, due opache prestazioni contro Miami e Green Bay, che fanno crollare le azioni di Johnson nei confronti di Parrish e che convincono coach Gailey e il management a dare il benservito a Edwards, promuovendo Ryan Fitzpatrick.

Da lì in poi la stagione di S.J.13 prende decisamente il volo, come le statistiche testimoniano (6 TD in 5 gare), ma l’hype nei suoi confronti non cresce sensibilmente, a causa della disastrosa situazione di classifica della sua squadra.

Un assaggio della sua personalità esuberante, il ricevitore dei Bills la dà nella terza gara stagionale, persa contro i Patriots: dopo il primo touchdown stagionale, Johnson si abbandona nell’imitazione dell’utilizzo di un fucile, nel cui scontro a fuoco contro un’invisibile entità, cade abbattuto dai colpi del fantomatico avversario.

Dopo la sesta giornata, quella del BYE per i Bills, Stevie ha forse il career game: 158 yards ricevute contro una delle difese più temibili e aggressive della NFL, quella dei Ravens.

Il nuovo QB dei Bills, Fitzpatrick, ha ormai una fiducia cieca nel suo ricevitore: nelle ultime 5 partite disputate, per ben 2 volte gli regala 8 ricezioni, mentre contro i Bears l’ex Kentucky è andato persino in doppia cifra nel conto delle palle ricevute, con 11.

Dopo l’ultima sfida vinta contro i Bengals, con una rimonta che non si vedeva da 13 anni, alcuni giornalisti hanno provato a chiedere all’ex regista di Harvard qual è il segreto della fantastica stagione che Johnson sta disputando e riguardo a ciò ha dichiarato: “Non lo so, Stevie ha una capacità fuori dal comune nel farsi trovare sempre libero, lontano dai difensori avversari e per me è molto più facile”.

Proprio nell’ultimo confronto, Terrell Owens ha ritrovato i suoi vecchi compagni, tra cui anche Johnson che non si è scordato dell’auto-investitura a Batman che l’ex compagno aveva pubblicamente dichiarato ad inizio stagione, così quale miglior momento per manifestare nuovamente il suo carattere allegrone e un po’ bambinesco?

In occasione di uno dei tre TD messi a segno contro Cincinnati, S.J. ha alzato la divisa di gioco, sotto cui teneva una maglietta su cui campeggiava la citata frase “Why so serious?”, sghignazzando sotto il casco come Heath Ledger nel Cavaliere Oscuro, mettendo bene in chiaro che se i più famosi colleghi erano Batman & Robin, quest’anno lui sarà l’incubo di tutte le difese avversarie e non sarà facile togliergli dalla faccia quel sorriso con cui sta conquistando la NFL.

2 thoughts on “Steve Johnson, il sorriso che conquista la NFL

  1. L’articolo è stato scritto l’altra settimana.
    Quindi i parametri conclusivi sono quelli della sfida vinta contro i Bengals.

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