La splendida visuale all'interno dello stadio di Wembley

Domenica scorsa l’NFL International ha tenuto l’ormai consueto match europeo in quel di Londra al Wembley Stadium.

Chi vi scrive Ă© alla sua prima esperienza londinese in assoluto ed Ă© stata anche la prima volta che ha potuto assaggiare dal vivo un match NFL.

Emozioni a 360 gradi quindi, condensate in poco piĂą di 48 ore.

La partita in programma prevedeva i San Francisco 49ers “ospitare” i Denver Broncos, due franchigie in decisa difficoltĂ , 1-6 i primi, 2-5 i secondi. Pronosticare uno scarso spettacolo in termini di gioco era del tutto plausibile, ma l’NFL arriva solo una volta all’anno per noi d’oltre oceano e il richiamo risulta estremamente forte per i fans dell’american football: lo stadio conterĂ  alla fine 83.941 paganti.

Così appena uscito dalla stazione di Wembley Park in compagnia di mia moglie, la vista cade prima sul caratteristico arco dello stadio per poi perdersi sul quel fiume di persone dirette all’ingresso: un esercito multi colore.

Sebbene vi era una netta supremazia dei Red & Gold seguiti con un certo distacco dai Blue & Orange, ognuno manifestava il proprio credo indossando la maglia del proprio giocatore preferito.

Dai giocatori storici, ho perso il conto dei Montana, dei Young e dei Rice così come degli Elway, ma anche Sanders, Bettis, McNair (io), piuttosto che giocatori attuali quali Gore, Willis, Lloyd, Orton o McNabb (sponda Washington), solo per citarne alcuni.

Ho visto persone di tutte le età: il viaggio in metro l’ho fatto in compagnia di due nonne californiane tifose, ovviamente, niners. Ma ho visto anche mamme che camminavano allegramente con le loro bimbe indossando maglie NFL.

Una festa per gli occhi e una gioia per il cuore, ma anche l’amarezza di comprendere che situazioni del genere risultano attualmente improbabili per il panorama italiano.

Lo stadio di Wembley è maestoso. Il mio unico metro di paragone risulta essere il Meazza di San Siro e la sensazione avuta è che la struttura londinese sia sensibilmente più grossa ma a differenza dello stadio milanese, un poco più bassa.

Arrivare al proprio posto è stato facile ed immediato. Appena varcata la soglia che porta sugli spalti il fiato si mozza: inizi a guardarti in torno e non ti capaciti di quanta gente possa esserci (in quel momento non eravamo ancora a conoscenza del numero esatto), tutta pazza per l’NFL.

Io ero affiancato da tifosi, o per lo meno simpatizzanti, 49ers (come me) mentre la fila alle mie spalle era di territorio Broncos. Ci siamo sfottuti allegramente per tutta la durata dell’incontro tra un De–fense incitato dallo schermo gigante e coordinato dalle movenze delle cheerleaders di San Francisco, e i cori “Go Broncos Go!” provenire da poco più su.

Ero seduto “sopra” il tunnel d’ingresso al campo da gioco, così, sporgendomi dalla ringhiera, mi son gustato l’entrata delle due squadre. Purtroppo è stata la end zone meno battuta della serata e le situazioni migliori sono capitate nell’altra metà campo. Lungimiranti come sono gli americani i due maxi schermi posti dietro le porte sono stati di fondamentale importanza. Anche perché seguire il football dal vivo non è così semplice: capire dove sta andando la palla in alcune situazioni è complicato.

Ecco che un bel replay ti fa rivedere l’azione appena terminata. Inoltre lo speaker comunicava sempre quante yards percorse, da chi e chi lo ha fermato non che il numero di down e quante yards a chiuderlo. In mancanza dei riferimenti e delle sovraimpressioni televisive queste informazioni erano di vitale importanza per poter seguire il match al meglio.

Ho provato a vedere partite del campionato italiano ed effettivamente la mancanza di tutto questo (ma soprattutto il maxi schermo per i replay) risultavano penalizzanti.

Dicevo della probabilità per una partita poco entusiasmante e se consideriamo che il primo tempo è finito 3 a 0 per i 49ers possiamo trasformare in certezza la nostra sensazione. Ma se sul divano in salotto l’abbiocco sarebbe stato un must, l’atmosfera dello stadio, e le cheerleaders, mantenevano alta l’attenzione.

Il secondo tempo è stato di altro spessore con tanto di finale thrilling e se ha fatto palpitare me, semplice simpatizzante, posso immaginare le emozioni per chi, invece, fosse coinvolto maggiormente.

Dal vivo si percepisce meglio l’intensità del gioco, la vigorosità degli impatti e la velocità delle azioni. Pur sapendo di quanto sia fisico questo sport e di quante energie siano necessarie sono rimasto impressionato dalla durezza e dalla difficoltà dello spettacolo che i giocatori in campo devono darci.

Se l’ingresso allo stadio è scaglionato nel tempo, l’uscita è di “massa” ed è stata, perciò, più lenta. Stanchi, un po’ infreddoliti, armati di pazienza e soddisfatti ci siamo infilati nel mucchio per raggiungere l’underground, approfittando di una delle soste imposte dalla polizia per fermarci alla bancarella per i souvenir del caso.

Durante i passi lenti un pensiero è andato alla tragedia di Duisburg. Ma ero fiducioso nelle forze dell’ordine spiegate a controllo della situazione: ogni 100/150 metri una schiera di 4 policeman a cavallo. Particolarmente impressionato dall’immobilità dei quadrupedi inevitabilmente urtati dalla folla e spesso volontariamente accarezzati da chi gli passava accanto.

Il rientro in albergo è stato molto desiderato dopo una giornata intensa ed impegnativa, ma con la gioia di aver vissuto un esperienza indimenticabile.

Marco Zanelli

3 thoughts on “Metti una domenica allo Wembley Stadium

  1. Ho avuto la fortuna di esserci anch’io a Wembley con moglie e tre figli piccoli, non posso che confermare quanto molto ben descritto da Marco Zanelli, esperienza indimenticabile

  2. Complimenti bell’articolo. Anche io c’ero!!!! Secondo anno sempre una grande emozione…e ora in attesa del 2011…

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