Brandon Flowers, il numero 24, festeggia una delle sue tante giocate difensive di qualità.

Joe Montana, Elvis Grbac, Derrick Thomas, Neil Smith, Marty Schottenheimer. Cinque nomi che hanno un minimo comune denominatore, ovvero l’essere appartenuti, a tempo debito, all’ultimo grande ciclo vincente dei Kansas City Chiefs, dove la parola vincente si traduceva nel costante raggiungimento dei playoffs con l’apice dell’Afc Championship giocato proprio con Golden Joe alla guida dell’attacco, in tempi, i mitici anni novanta, dove riempire l’Arrowhead Stadium era pratica d’obbligo per i rumorosi fans del team sito nel Missouri.

Poi ecco arrivare nuove leve, nuovi allenatori, l’era contraddistinta dal futuro Hall Of Famer Tony Gonzalez, il duo di running backs formato da Priest Holmes e Larry Johnson, le nove vittorie consecutive per aprire la stagione 2003, nessun Super Bowl vinto o nemmeno odorato a livello di partecipazione, ma se non altro, restava l’idea della tradizione positiva e vincente che si era instaurata in questa franchigia per quasi due decenni, un segno di continuità con pochi eguali. Quindi la decadenza, le sofferenze, la perdita dell’anziano e leggendario owner Lamar Hunt, e soprattutto tante sconfitte, dure da digerire per un popolo di affezionati che era abituato ad almeno tre partecipazioni annuali al Monday Night Football, segno che la squadra vinceva costantemente tanto, di anno in anno. Due stagioni con sole quattro vittorie, nessuna partecipazione ai playoffs dal 2006 ad oggi, la perdita graduale di tanti giocatori simbolo delle ultime edizioni vincenti del team, tra cui Larry Johnson e Jared Allen, il primo per problemi disciplinari sfociati in un taglio, il secondo andato a cercare dollari freschi in quel di Minneapolis.

La offseason che precedette la stagione 2009, quella scorsa, è stata molto importante a livello strategico e tattico, perché ha decretato una piccola svolta positiva per la direzione futura da intraprendere, sul modello di quanto già spiegato per i Bucs.

Tale periodo è difatti coinciso con l’arrivo di Scott Pioli, general manager che aveva procurato gran parte delle fortune dei Patriots eseguendo per loro scelte sempre oculate sia in free agency che in termini di draft, dove l’attenzione alla valorizzazione corretta dei costi e l’attenzione posta nei giovani da far crescere per il futuro sono state due tra le qualità più importanti per giustificare e capire appieno la dinastia di New England. Determinante pure l’approdo di Todd Haley, chiamato per risolvere diversi problemi, soprattutto offensivi, lui che era stato coordinatore di quei Cardinals che arrivarono al Super Bowl,ed allo stesso tempo per garantire una nuova figura in termini di disciplina, visti gli ultimi problemi avuti con qualche superstar di squadra.

Il 2010, per come è iniziato, sta dimostrando che i Chiefs stanno effettuando le scelte giuste, sotto tutti i punti di vista.

Kansas City è una squadra molto diversa da ciò che è stata in questo ultimo triennio perdente, Haley ha costruito il suo sistema partendo dal presupposto di dover difendere molto bene sulle corse scegliendo per questo motivo di praticare la 3-4, e di correre con efficacia egli stesso dall’altra parte del campo, con due running backs di caratteristiche diverse, uno fisico e l’altro più scattante, da far imperversare per il campo stancando le difese avversarie.

Una parte della spiegazione per il 5-2 con cui la squadra ha cominciato questo cammino sta proprio qui. La valorizzazione dei giovani di cui si parlava ha prodotto scelte al draft molto ben riuscite, Jamaal Charles, running back scovato al terzo giro del draft 2008 per sostituire un domani Larry Johnson, è il giocatore offensivo più significativo di un reparto che offre il miglior gioco di corse della Nfl, supportato dalle diverse caratteristiche ma dall’eguale efficacia di un veterano come Thomas Jones, sacrificato dai Jets in offseason ma ancora pieno di risorse ed energie per poter correre dritto e forte com’è sempre piaciuto a lui.

Corsa e dominio del cronometro, due elementi che bene si abbinano ad un quarterback anti-spettacolare come Matt Cassel, importato da Pioli proprio dai suoi vecchi Patriots, una scelta che non ha mai convinto e che non vi riesce tutt’oggi, ma che ha un senso ben preciso. A Cassel non vengono assolutamente chiesti gli straordinari in termini di mettere in aria il pallone, il ragazzo ha nel contempo dimostrato di sapere come gestire una partita a livello di decisioni prese sul campo ed è aiutato da un tandem di corridori che gli toglie tantissima pressione dalle spalle, e che gli consente di ampliare le soluzioni del playbook attraverso l’uso della playaction, che spesso vede recapitare palloni che producono punti in direzione delle due valvole di sfogo preferite da Cassel, Dwayne Bowe e Tony Moeaki.

Bowe è stato un giocatore sopravvalutato fino a tre settimane fa, quando l’ennesima partenza incerta ne aveva fatto il bersaglio preferito delle ire dei tifosi, che dinanzi a tanta classe e ad un fisico costruito appositamente per ricevere nella redzone, non comprendevano l’assenza di statistiche adeguate alle capacità presentate. L’ex wide receiver di Lsu, che in passato ha avuto problemi disciplinari anche con Haley e non aveva mai dimostrato la voglia e la cattiveria necessarie per raggiungere le sue potenzialità da star, è esploso all’improvviso, segnando 5 mete in 3 gare consecutive, una striscia ancora aperta, e sta finalmente diventando il ricevitore numero uno di squadra, ovvero ciò che da sempre gli era stato chiesto di fare.

Moeaki è un’altra gemma di Pioli, preso la terzo giro dello scorso draft in uscita da Iowa, un tight end che ha restituito alla posizione quella minaccia aggiuntiva che nel post-Gonzalez era perennemente venuta a mancare. La fiducia tra lui e Cassel è cresciuta partita dopo partita, risultando in 24 ricezioni per 281 yards e 2 mete, una delle quali ottenuta attraverso una spettacolare presa ad una mano.

Le scelte al draft hanno pagato dazio anche in difesa, dove la 3-4 dei Chiefs è messa in funzione attraverso la preziosa crescita di due giocatori scelti molto alti e che inizialmente avevano deluso le aspettative, nel senso che Glenn Dorsey e Tyson Jackson, sarebbero stati considerati grandi se e solo avessero messo assieme un numero vicino alla decenza in termini di sacks, fatto che non è mai accaduto nella loro pur breve esperienza pro. La loro vera importanza, tuttavia, è quella di offrire solidità contro il gioco di corse avversario, il pallino di coach Haley, e pazienza se non portano troppa pass rush, perchè al resto ci pensa la batteria di playmakers provenienti dalla zona centrale della difesa, nella quale Tamba Hali, convertito a linebacker, e Derrick Johnson, scoppiato in ritardo ma giocatore di grande efficacia, riescono sovente a seminare il panico. Di tanto in tanto si fa ancora notare anche il veterano Mike Vrabel, altro trait d’union con i Patriots, che ha mantenuto il vizio già esibito in passato, ovvero quello di schierarsi di tanto in tanto da tight end aggiunto e segnare una meta su ricezione.

Le secondarie, infine, vantano la presenza di uno dei cornerbacks emergenti più forti della Nfl, Brandon Flowers, specialista nelle coperture e nel creare turnovers da riportare in meta, cui si affianca la grezza gioventù del colpitore Eric Berry, scelto al primo round da Tennessee dove di ricevitori ne aveva già stesi parecchi, mentre per il futuro si conta su Javier Arenas, che partecipa alle situazioni di nickel e dime e si diletta nel produrre giocate con la sua specialità di casa, i ritorni di punt, pratica che svolgeva più che volentieri anche al college, ad Alabama.

I Chiefs sono primi nella Afc West contro ogni pronostico, nonostante le critiche mosse ad Haley, reo secondo qualche giornalista di chiamare un numero eccessivo di quarti down alla mano rinunciando a calci più o meno facili per Ryan Succop (Mr. Irrelevant 2009 – altra paicevole sorpresa!) hanno vinto una gara divisionale importante contro i Chargers, hanno messo alle strette i Colts difendendo come meglio non si poteva contro Peyton Manning, ed hanno perso un’occasione d’oro facendosi sorprendere all’ultimo istante da Houston, in una gara che se vinta come doveva e poteva essere, li avrebbe proiettati alla pari delle migliori squadre della Afc.

Domenica sono attesi da un’altra delicata prova divisionale contro i misteriosi Raiders, che di volta in volta presentano una versione differente della loro squadra, con la conseguenza di ottenere risultati alterni (sempre migliori che in passato – ndr). Oakland sarà un ottimo banco di prova per testare seriamente le capacità di restare ad alti livelli di questi Chiefs rinnovati e profondamente motivati, in una sfida che se portata a casa staccherebbe di netto Kansas City dalle altre tre avversarie. Messa così, è una partita da vincere a tutti i costi.

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