Mike Williams, quarto giro del draft, potrebbe essere il rookie dell'anno.

Tre squadre, tre sorprese che hanno mosso onde nel presente campionato Nfl, e che hanno tutte diversi apsetti in comune: sono tutte ripartite ricostruendo con criterio dopo stagioni di sconfitte accumulate, con la differenza che nessuno prevedeva che già da quest’anno si sarebbero arrampicate in cima o vicino alla cima delle proprie divisions. Ecco a voi la prima di tre parti che trattano le grandi sorprese positive di questo campionato: i Buccaneers.

Alzi la mano chi aveva sperato di poter prevedere una partenza così convincente da parte dei Tampa Bay Buccaneers. Non c’erano riusciti nemmeno in America, dove le previsioni sul team della Florida erano nero pece, basate su una stagione 2009 al limite del disastro e della piena ricostruzione, dalla quale non si capiva se vi potessero essere delle possibilità di miglioramento più o meno immediato. La squadra si era portata appresso una striscia di sconfitte che perdurava dal 2008, giunta a quota 10 in fila conteggiando le prime sette settimane di campionato scorso, dove i Bucs avevano rimediato insuccessi in misura spesso netta, come lo shut-out contro i Giants, la disfatta di Londra contro i Patriots, fino ad arrivare ad un sognatissimo turno di bye, il che era significato potersi riposare, mettere assieme un po’ di idee per ripartire, e tirare le somme di una prima frazione chiusa a quota 0-7.

Lo stop aveva portato indubbi benefici ai Bucs, vincenti in casa contro gli ex rivali divisionali di Green Bay, contro i quali avevano sfoggiato le divise retrò, quelle arancioni e bianche, le stesse abbinate al lungo periodo perdente della franchigia, che per un giorno avevano assunto un significato completamente diverso per via del 38-28 con cui i ragazzi di coach Raheem Morris si erano imposti su un team da playoffs come i Packers.
I risultati non furono immediati, ma il solo fatto che Josh Freeman, rookie da Kansas State, fosse stato nominato starter in quella circostanza al posto di Byron Leftwich, gettava un bel colpo di spugna sul passato, ottenendo l’effetto psicologico di ritrovare speranza nel futuro. Tampa avrebbe sfiorato l’impresa arrivando corta di due punti nella sfida statale contro Miami, avrebbe vinto altre due gare, peraltro consecutive, contro Seattle ed i futuri campioni, i Saints, subendo in stagione qualcosa come 276 punti, mettendone a referto solo 177.

Si ripartiva dunque da un 3-13, con mezza squadra da rifare nell’ottica dell’operazione di cleaning house, per dirla all’americana, che Morris e soci avevano messo in funzione. Nuova fiducia, e ci mancherebbe, a Freeman, autore di 18 turnovers ma con margini di miglioramento assicurati dati dalla sua capacità di recuperare alcune partite nel quarto periodo, ma anche a Cadillac Williams, miracolosamente recuperato da un infortunio terminale a dir poco e già straordinario nella caparbietà dimostrata nel tornare in campo a tempo pieno, ed autore della sua prima stagione piena tra i pro, registrando tra l’altro le migliori statistiche di sempre escludendo il solo anno da rookie, che già era stato indicativo del suo talento.

Nell’ambito dell’operazione largo ai giovani erano giunti, dal draft, due ricevitori del calibro di Arrelious Benn e Mike Williams, quest’ultimo scelto al quarto giro per via dei noti problemi caratteriali e rivelatosi sinora un autentico steal con la S maiuscola, nonché i rinforzi per il cuore della difesa, Gerald McCoy e Brian Price, con il secondo recentemente inserito in injured reserve per infortunio. Tolti di mezzo i pesi morti, vale a dire Derrick Ward, Michael Clayton, Antonio Bryant, Chris Hovan e Dre Moore, i Bucs hanno scommesso pesante sulla gioventù dando ruoli da titolare a personale inesperto, mossa che quasi sempre coincide con risultati negativi in attesa che i giovani si facciano le ossa nella transizione dal mondo del college football, ed invece a Tampa si sta parlando di una delle più grandi sorprese che si potessero concepire in un campionato confuso come questo.

Morris, anch’egli di un anno più esperto essendo stato esordiente nel 2009, e i suoi ragazzi sono lì, in vetta alla Nfc South in coabitazione con gli Atlanta Falcons, proprio i loro prossimi avversari, ed hanno opportunamente approfittato delle momentanee difficoltà dei Saints, staccati dal gruppo di testa di una sola sconfitta ma con ancora la bye week da scontare, e della disgraziata annata di Carolina, che forse ha più problemi di quanti non ne avesse Tampa un anno fa di questi tempi. Le coincidenze, tuttavia, sono l’ultimo dei motivi per cui i Buccaneers sono così consistenti e così vincenti.

La squadra tira fuori il carattere nel quarto periodo, qualità di fondamentale importanza per chi vuol cominciare un percorso vincente dal basso. Escludendo le sole sconfitte con Pittsburgh e New Orleans, dove la differenza in campo è stata palesemente riscontrabile, i Bucs hanno deciso le loro prestazioni nel quarto più importante, lasciando da parte la stanchezza ed eseguendo correttamente gli aggiustamenti in corsa ordinati dal coaching staff.
Un po’ di sano ghiaccio nelle vene è stato quanto di meglio riscontrato nei confronti di Josh Freeman (6 rimonte in carriera nel quarto periodo), che ha commesso solamente tre turnovers fino a questo momento, ed ha condotto drives vincenti che sono conseguiti nei successi contro Cincinnati, Cleveland, tenuta a secco per tutto il secondo tempo dopo l’iniziale vantaggio, St. Louis, con uno spettacolare TD pass raccolto a tempo oramai scaduto da Cadillac Williams grazie alla capacità di Freeman di tenere viva l’azione sotto pressione.

Che più o meno rispecchia quanto accaduto la scorsa domenica contro Arizona, lasciata colpevolmente rientrare in partita, per merito di un touchdown di LeGarrette Blount, undrafted free agent tagliato da Tennessee che ha trovato casa nell’assolata Florida, che ha pagato in sede di draft quel pugno infame che aveva scagliato nel viso di un avversario di Boise State nella giornata di apertura del campionato collegiale 2009, minando la sua affidabilità caratteriale e ricevendo una punizione esemplare da parte della sua università, Oregon. Oggi Blount è uno dei motivi ben celati per cui l’attacco di Tampa si possa definire bilanciato (5.2 yards a portata e 3 mete il suo bottino), ed i suoi problemi disciplinari sono curiosamente collegabili ai sospetti avuti dagli scout sul compagno Mike Williams, un nome come tanti ma un talento come pochi, tribolato dai numerosi guai occorsi fuori dal rettangolo di gioco e dal fatto di avere lasciato la sua Syracuse a cinque giornate dal termine del campionato, un segno di estrema debolezza che lo aveva fatto scivolare dritto fino al quarto round del draft, nonostante le sue qualità fossero da sicuro first rounder.

Williams, ad oggi, non ruberebbe nulla a nessuno se fosse nominato rookie dell’anno: il suo fatturato di 470 yards e 4 mete fanno di lui il miglior wide receiver a roster già con così poca esperienza alle spalle, è oramai diventato un punto di riferimento fisso sul profondo per Freeman, con cui la connessione sta funzionando a meraviglia, e le sue cifre staccano di gran lunga quelle di Benn, scelto due giri prima di lui, ma in ritardo nel processo di adeguamento al tipo di gioco professionistico.

Oltre a quanto appena sostenuto, la linea offensiva, una delle fonti di preoccupazione in vista di questa stagione, sta giocando costantemente bene e si è dimostrata un’unità coesa nonostante qualche cambiamento avvenuto in corsa, e vede il suo miglior elemento nel left tackle Donald Penn, Kellen Winslow, altro caratterino particolare, è uno dei migliori giocatori Nfl a referto quando si tratta di convertire un terzo down, fonte di continuità per i drives dell’attacco, e la difesa può contare su giovani pilastri come il linebacker Barrett Ruud, oramai abbonato fisso nel guidare la squadra in placcaggi, e Aqib Talib, già a quota 5 intercetti stagionali, senza considerare la sorpresa fornita da Cody Grimm, figlio del grande Russ Grimm, safety cresciuto in fretta e furia per ovviare alla squalifica di Tanard Jackson e alla perdita di considerazione di Sabby Piscitelli, che ha sbagliato un numero considerevole di tackles e che si è probabilmente giocato le ultime possibilità di convincere il coaching staff di appartenere ad un progetto a lungo termine. Ah, poi ci sarebbe pur sempre Ronde Barber, che è pur sempre il miglior ritornatore di intercetti nella storia della franchigia (14), ed ancora non sente il calo fisico patito anzitempo dal gemello Tiki.

La seconda più giovane squadra della Nfl ha bruciato le tappe, Morris ha le idee chiare e parla di playoffs senza aver paura di farlo, dando un messaggio forte ed ispirato al suo spogliatoio. “Normalmente si arriva alla postseason vincendo 10 partite, noi siamo a metà strada e ce la faremo.”

Se non ci crede lui, chi altro dovrebbe crederci?

4 thoughts on “Dalle stalle alle stelle (parte I) – Tampa Bay Buccaneers

  1. Domenica contro i falcons sara’ dura , forse questa giovane squadra non e’ ancora pronta per i big match ma sta ponendo solide basi per il successo. the future is bright!!!!!! go bucs. grazie per il bell’articolo.

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